Attualita
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- Scritto da Riccardo Albonetti
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Il nostro giro di perlustrazione dell’estro casolano non si ferma mai e questa volta abbiamo deciso di rivolgere qualche domanda a Erika Linguerri. Per intenderci, le sue creazioni sono quelle esposte nella vetrina dei Carlò, la ex ferramenta di Carlo Conti. Sarà sicuramente capitato anche a voi lettori, durante le vostre passeggiate serali nel centro di Casola, o più banalmente mentre girate per fare la spesa, di fermarvi anche solo qualche minuto e dare un’occhiata alle novità in vetrina. Chissà che cosa ha colpito la vostra attenzione. I colori? L’atmosfera sognante delle immagini?
Ciao Erika. Partiamo dalla domanda più classica di tutte. Quando è iniziato questo percorso?
Ciao, ormai sono passati molti anni da quando ho frequentato la scuola di ceramica “Ballardini” di Faenza. È lì che ho appreso le principali tecniche riguardanti la lavorazione della ceramica .
Che cosa ispira il tuo lavoro?
Tutto quello che mi circonda, tendo ad osservare molto.
Se tu dovessi individuare delle peculiarità proprie del tuo lavoro artistico, quale indicheresti?
In realtà io non ho uno stile proprio, non mi sento legata solo alla ceramica, trasformo carta, cartoncino legno… cerco di insegnare ad Azzurra a non limitarsi a guardare gli oggetti per quello che sono, ma di andare sempre oltre. Anche un semplice rotolo può trasformarsi in mille altre cose.
So che lavori anche su commissione, nel senso che le persone ti contattano e ti fanno richieste. È diverso lavorare per accontentare le richieste di una persona dal lavorare completamente di fantasia?
Devo dire che chi mi contatta mi lascia piena libertà di espressione, diciamo che va sulla fiducia…
Immagino tu abbia una sorta di laboratorio a casa. Lancio lì un’idea. Perché non aprire una vera e propria bottega?
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- Scritto da LoSpekkietto
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Questa volta ci è piaciuto riportare alla luce una storia, un diario ritrovato che ha attirato subito la nostra attenzione per l'immediatezza e la fluidità della scrittura. Lidia Badini aveva una penna veloce, diretta, coinvolgente: nel diario racconta del periodo in cui -sfollata da Bologna- si rifugiò nelle colline casolane passando di casa in casa in cerca di alloggio e protezione. La seconda guerra mondiale era al momento della svolta? Quello che il diario di Lidia racconta molto bene è la situazione di sospensione dopo l'armistizio del 43: l'illusione della pace e il periodo di stenti, bombardamenti, rappresaglie e guerra civile nel quale l'italia - e piu da vicino Casola Valsenio - si trovava.
Questo libro è stato presentato il 20 Dicembre al centro culturale G.Pittano (Biblioteca di Casola) ed è il frutto del lavoro della nostra redazione: il ritrovamento del diario, la lunga ricerca dei parenti della scrittrice per il benestare alla pubblicazione e le ricerche storiche per l'introduzione che colloca questo testo nello spazio e nel tempo; un piccolo volume che si presta molto bene alla lettura di grandi e piccoli, ora disponibile da Ciata, in via Marconi.
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- Scritto da Benedetta Landi
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Sabato 4 settembre è stata una giornata all’insegna della cultura, della tradizione e dei diritti civili.
Alle ore 16.30, è stata inaugurata la Biblioteca Comunale “G. Pittano”, dopo gli interventi di manutenzione e riqualificazione realizzati nel corso dell’ultimo anno, e in questa occasione si è celebrato anche il 100° anniversario della nascita del Prof. Giuseppe Pittano.
Alle 17.15, è avvenuta la cerimonia di intitolazione della piazzetta antistante la Biblioteca al “25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne”. È stata apposta una targa e sono state installate due panchine, una rossa e una arcobaleno, simbolo rispettivamente della lotta contro la violenza sulle donne e della lotta contro l’omofobia.
Infine, alle 18, è stato inaugurato il murales dedicato ai carri allegorici di gesso e di pensiero, realizzato dalla pittrice Alessandra Carloni.
In questa occasione, il nostro gruppo è stato chiamato ad intervenire sul tema della violenza. Assieme a noi erano presenti Antonella Oriani, in rappresentanza di SOS Donna, e Monia Visani, che assieme ai musicisti della Lega del Suono Buono, ha interpretato un brano dedicato a questa tematica. La nostra portavoce è stata Benedetta Landi, e di seguito riportiamo il suo discorso.
"Buon pomeriggio a tutti. Grazie per essere qui presenti oggi, e grazie all’Amministrazione Comunale per aver scelto di dare voce anche agli Amici della Biblioteca in questa importante giornata.
In quello che sarà il mio discorso non voglio citare i numeri riguardanti la violenza sulle donne, numeri che purtroppo quotidianamente sentiamo in televisione e leggiamo sui giornali. Vorrei piuttosto riflettere sul simbolo che oggi viene posto davanti alla biblioteca.
Perché la panchina?
Cosa ha suscitato in noi, Amici della biblioteca, questo simbolo?
Questa panchina ci ha subito portato alla mente l’immagine di un luogo dove potersi fermare a riflettere, dove potersi prendere una pausa dalle attività quotidiane e dove poter chiacchierare con gli amici. La panchina è anche un luogo dal quale ci si può guardare attorno, dal quale si possono osservare e ammirare il paesaggio, le persone che passano e la vita che scorre attorno a noi.
Una panchina è anche un ottimo luogo nel quale leggere un libro, ed è un luogo pronto ad accogliere tutte le età della vita: i bambini possono sedersi sopra di essa per scambiarsi figurine o decidere le regole di un nuovo gioco, gli adolescenti possono darsi appuntamento lì con il proprio innamorato o con la propria innamorata, gli adulti possono sostare sulla panchina assieme ai propri figli, durante una passeggiata, e gli anziani possono riposarvi sopra o ritrovarvi il piacere della condivisione e del dialogo con gli amici nelle calde sere d’estate.
Una panchina insomma è un luogo di pace e tranquillità, non di scontro. Dalla nostra panchina, non possiamo assistere a episodi di violenza e sopraffazione.
E se ci capita di assistere ad azioni di questo genere, dobbiamo alzarci, non possiamo stare seduti. Nello sport, sta seduto in panchina chi è pronto ad intervenire nel caso in cui ci sia bisogno del suo aiuto. E lo stesso dobbiamo fare noi: tutti dobbiamo farci carico del problema della violenza e tutti dobbiamo essere pronti ad alzarci in piedi quando i diritti di un’altra persona vengono calpestati.
E la panchina deve essere un simbolo che ci ricordi costantemente questo impegno."
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- Scritto da Riccardo Albonetti
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Già alcuni numeri fa mi ero occupato della street art a Casola e avevo cercato di analizzare nello specifico il murales del cortile delle case popolari. Nel mentre anche le Poste avevano abbellito la sede che le ospita con dei simpatici e allegri disegni. Questa volta le mie considerazioni di ordine generali ve le risparmio (le potete comunque recuperare in quel vecchio numero del giornale) e mi esprimo direttamente secondo il mio punto di vista totalmente soggettivo: il murales di via Roma non è niente male. Sarà forse perché funge anche da vera e propria porta d’ingresso del centro abitato, sarà perché ti si presenta in maniera così imponente che non puoi fare a meno di darci almeno un’occhiata, sarà perché riconosco qualcosa di casolano. Quindi per queste tre motivazioni il lavoro mi piace: funge da “benvenuti a Casola” perché ha messo una pezza al senso di spaesamento sorto dopo la desertificazione del viale del cimitero; l’abbattimento dei pini avrà anche lasciato spazio ad una porzione più ampia di cielo, ma certamente non ha accresciuto il senso di accoglienza a chi fa ingresso in paese da nord. Se Casola è il Paese dei Frutti Dimenticati, delle orbe officinali, della lavorazione del gesso, della speleologia, adesso è anche Paese dei Carri (proporrei semplicemente CARRI, poi il resto della dicitura “di pensiero e di…. “ce lo mettiamo a voce). Il lavoro dell’artista Alessandra Carloni occupa una metratura notevole e se proprio non hai svoltato trecento metri prima per andare alla Storta, ci sbatti lo sguardo contro. Oltretutto nella geografia carresca (termine inesistente nella lingua italiana, ma in quella casolana ben presente) siamo nei pressi della strettoia di Bruscò che rappresenta un punto nevralgico, qualcosa che sta nelle enciclopedie dei luoghi fantastici; luogo di motoseghe, di misurazioni, di manovre incredibili di trattoristi provetti, luogo di imprecazioni e sussulti di gioia. Il terzo motivo per cui il murales mi è piaciuto l’ho semplificato nella frase “ha qualcosa di casolano” e qui il punto si fa veramente spinoso. Già definire qualcosa come casolano è una sorta di impresa titanica, una categoria sfuggente e impalpabile, una categoria forse dello spirito, chissà. Semplicemente intendo dire che a guardarlo bene, il murales contiene degli elementi che appartengono intrinsecamente al modo di pensare e di realizzare i carri. Per dimostrare questo cercherò di fare un’analisi dell’opera e mi calerò nelle parti di un critico d’arte, che ovviamente non sono.
Partiamo dal basso. Per prima cosa troviamo il carro nella forma che i costruttori conoscono bene, l’equivalente della tela bianca per un pittore. È da lì che si parte, da aspetti puramente concreti ed ingegneristici (misure, pesi, bilanciamenti). È la base concreta da cui prendono slancio i sogni. Questo aspetto è evidente dal fatto che il carro non è appoggiato sulla strada, sull’asfalto, ma su leggere nuvole color violetto (uno dei toni principali di tutta l’opera). Con i piedi ben saldi sulle nuvole si trovano due personaggi raffigurati con i tratti che caratterizzano tutte le figure umane del lavoro dell’artista Alessandra Carloni. È una sorta di marchio di fabbrica, un elemento proprio della sua cifra stilistica. Il personaggio sulla sinistra lavora di sega, simbolo della fatica e della cura del dettaglio, quello di destra tiene tra le mani una corda. Per ancorare il carro alle nuvole?
Con i piedi appoggiati sul carro troviamo la figura principale, la Primavera. L’opera è per l'appunto intitolata “Allegoria della Primavera”. Come da tradizione si tratta di una giovane donna perché la stagione primaverile porta con sé tutta una simbologia legata alla rinascita. Pensate alla Primavera più famosa al mondo, quella di Botticelli. Nella nostra Primavera il vestito è lento, in testa porta una corona di fiori, però non ha nessuna grazia rinascimentale, non ci sono rimandi alla classicità, il viso non ha espressione, il corpo è quello di un burattino con le giunture ben visibili. La posizione forse non è delle più azzeccate perché non si intuisce con la dovuta immediatezza che cosa stia facendo. Sorregge Casola? La spinge indietro? A mio modestissimo parere è il punto debole dell’opera.
Continuando a salire troviamo diversi elementi urbanistici identificativi di Casola (torre dell’orologio, chiesa di sopra, ecc...) a cui l’artista ha aggiunto altri elementi desunti da carri allegorici delle ultime edizioni: riconosco i mulini a vento di un carro Nuova Società Peschiera e una cima di un carro Extra.
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- Scritto da Riccardo Albonetti
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Musicalmente a Casola si respira un’aria buona, basti pensare all’attività dei tanti professionisti del settore che ottengono riconoscimenti in giro per l’Italia oppure alla ricostituita Lega del Suono Buono che si è già messa in mostra per una serie di iniziative durante l’estate. Senza nulla togliere ai musicisti più navigati, vorrei questa volta dedicarmi ai giovani, ma veramente giovani. Se volessi utilizzare un termine molto sanremese direi che anche noi del giornale abbiamo sempre dato ampio spazio alle “nuove proposte” per fare conoscere nuove band e musicisti che si affacciano al mondo della musica e al palcoscenico. Oggi abbiamo il piacere di conoscere un giovane producer casolano, Fabrizio Benericetti e faremo quattro chiacchiere con i Wonderrof, gruppo che abbiamo già intervistato un paio di anni fa ma che sta sfornando importanti novità.
Partiamo da Fabrizio
Nome d’arte?
Bicio.
Ha un significato particolare?
No, in realtà non ho un vero nome d’arte, ma “Bicio” è il nome con il quale tutti mi conoscono e mi chiamano da sempre. Per questo motivo sono molto legato ad esso e mi piace essere riconosciuto così anche in ambito artistico/musicale. Non escludo però che più avanti possa cambiarlo.
Adesso ti chiediamo di fare un piccolo sforzo e di tendere una mano ai nostri lettori meno esperti di musica. Che cosa significa producer?
Il producer è colui che si presenta con l’idea in studio, cioè con il progetto completo in mente. Il progetto viene poi passato al beatmaker che si dedica al suo sviluppo e quindi alla creazione del brano mettendo insieme: parti melodiche (sample, synth, ecc…), parti ritmiche ed effetti, arrivando infine alla realizzazione di una base musicale (beat).
Spesso i compiti di producer e beatmaker sono realizzati dalla stessa persona, oppure il beatmaker crea delle bozze per facilitare il producer a realizzare l’idea.
Io in questo momento preferisco definirmi un beatmaker piuttosto che un producer, anche se spesso lavorando da solo, o in due, alla fine mi trovo a fare entrambi i ruoli con i limiti dettati dalle capacità che attualmente possiedo.
Che musica fai?
Il genere di musica di cui principalmente mi occupo è il rap e i suoi sottogeneri come: la trap di Atlanta e la uk drill, ma in realtà cerco di spingermi anche verso altri stili di musica, sia per curiosità e passione, sia per cercare di integrare sonorità diverse.
Quali sono i tuoi punti di riferimento?
Ci sono tanti artisti italiani e stranieri che apprezzo molto, nel campo italiano ad esempio: Sick Luke, Mace e i 2nd Roof che sono produttori che hanno sonorità innovative e molto interessanti. Allargando invece in campo extraeuropeo seguo: Metro Boomin, Southside e Dr. Dre che credo siano un punto di riferimento anche per gli esperti del settore qui in Italia. La loro peculiarità è la capacità di creare suoni così particolari da renderli sempre identificabili.
Stai lavorando a qualcosa di preciso?
Sì, sono in costante attività: con un amico di Palazzuolo con il quale mi trovo per produrre insieme, abbiamo una pagina Instagram chiamata: prod_bxr (bicioxraffa) dove carichiamo periodicamente alcune delle nostre produzioni.
Inoltre sto anche lavorando ad un progetto con due miei cugini per la produzione di un disco.
Il progetto ha l’intento di creare il disco con una sonorità rap/trap/hip-hop associata a testi dai contenuti ricchi di significato. La difficoltà di questo progetto è la distanza, abitiamo in luoghi lontani tra noi e siamo costretti a lavorare attraverso videochiamate, per questo motivo si tratta di un progetto a lungo termine. Ma nonostante questo sono molto preso ed entusiasta per come si sta evolvendo la cosa.
Infine, aggiungo che sono ancora in continua formazione, seguendo corsi e cercando sempre di migliorare le mie capacità.
Grazie Fabrizio e stai certo che resteremo sulle tue tracce.
Passiamo adesso ai Wonderrof.
Avete sfornato un nuovo EP dal titolo Six Complaints (From Disgruntled Kids), descriveteci questo progetto.
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- Scritto da RRC
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Una lunga estate siccitosa e calda. Frase breve e laconica che nasconde una situazione critica sul fronte degli approvvigionamenti idrici e su alcune colture. E’ il secondo anno di fila che riusciamo per un pelo a non cadere in regime di razionamento nell’acquedotto pubblico. Il calo brusco delle temperature e qualche acquazzone intenso ci hanno salvato in extremis almeno per le forniture idriche domestiche. Diverso è stato per le colture dove la siccità ha condizionato l’esito dei raccolti che sono stati magri soprattutto per la medica e il castagno.
Complice anche un’allegagione che aveva caricato di ricci le chiome dei castagni la carenza di piogge ha fatto maturare frutti molto piccoli. Pochi i marroni di buona o discreta pezzatura che una volta caduti a terra hanno poi subito l’appetito famelico di caprioli e di cinghiali che hanno falcidiato il già magro raccolto. I prezzi alti non hanno compensato la perdita di reddito dei castanicoltori.
Per gli altri frutteti l’aiuto compensativo per la carenza di pioggia è stata l’irrigazione. Già da parecchi anni una parte delle aziende agricole di Casola fruisce dell’acqua irrigua che viene tesaurizzata durante l’inverno negli invasi progettati dai tecnici del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale.
Abbiamo posto alcune domande a Rossano Montuschi che dirige il distretto montano di competenza del Consorzio e che ha seguito personalmente tanti progetti proprio nel nostro territorio comunale. Lo ringraziamo anche per averci messo a disposizione la tabella che pubblichiamo in calce. Riguarda la piovosità misurata nella stazione di Casola dei primi nove mesi dell’anno, periodo entro cui si svolgono i cicli colturali delle principali colture agrarie e che ne condiziona lo stato vegetativo. Se la media negli ultimi venti anni è stata di quasi 630 mm, negli ultimi due è calata di un terzo raggiungendo appena i 430 mm nel 2021 addirittura un pelo sotto al famoso 2003 che tutti ricordiamo per la disastrosa siccità.
D1) Siamo a fine ottobre e si può ormai dire che la stagione siccitosa è conclusa. Anche per il kiwi, ultimo frutto irriguo a essere staccato, è partita la raccolta. Gli invasi irrigui casolani e anche quelli del circondario sono riusciti a a far fronte alla siccità?
R1) Si, si può affermare che la stagione irrigua è conclusa per la totalità delle colture irrigue più importanti del nostro territorio. Le tre strutture interaziendali presenti nel fondovalle del territorio casolano (invaso di Rio della Nave, delle Mighe e del Tufo) hanno ampiamente fatto fronte alla carenza di piovosità che sta caratterizzando quest’ultimo ventennio (vedi immagine). Tuttavia le situazioni più critiche si registrano nelle fasce pedecollinari a monte degli abitatati di Imola, Castel bolognese e Faenza mentre l’impatto della carenza di precipitazioni nel territorio casolano è sensibilmente inferiore.
D2) Qui a Casola il Consorzio gestisce numerosi acquedotti rurali. Qual è la situazione delle sorgenti che li alimentano e che un tempo, prima che per alcuni di essi si realizzasse il collegamento con l’acquedotto di Casola, erano l’unica fonte idrica?
R2) Sono presenti numerosi acquedotti rurale alimentati fin dagli ’60 con sorgenti perenni che sono stati oggetto di ammodernamento ed adeguamento con le risorse rese disponibile dagli utenti e dalla regione Emilia Romagna nell’ambito del PSR 2007. Questo ha consentito di interconnettere queste strutture con la rete pubblica e pertanto si è in grado di sopperire alla carenza di risorsa e alla scarsità delle sorgenti che nel periodo estivo riducono le portate di circa il 50%.
Tuttavia voglio sottolineare l’importanza di queste strutture che - se ben gestite - garantiscono l’alimentazione di fabbricati rurali sparsi sfruttando l’unica risorsa disponibile in aree extra urbane.
D3) L’estate appena trascorsa ci ha rammentato che sulla disponibilità della risorsa acqua si gioca la sostenibilità dell’agricoltura soprattutto in collina. Va detto che il Consorzio già da tempo ha messo in cantiere opere fondamentali per affrontare questa criticità. Avete altri progetti in merito?
R3) Se una ventina di anni fa si ipotizzava la realizzazione di strutture irrigue interaziendali unicamente al servizio di colture maggiormente idro-esigenti ad esempio il kiwi e il pesco ora la situazione è cambiata radicalmente in quanto si assiste ad una carenza di precipitazioni che rende difficile il completamento del ciclo produttivo di qualsiasi coltura. Faccio un esempio relativamente vicino: nella zona pedecollinare della valle Senio segnalo che quest’anno sono caduti 190 mm di piogge nei primi nove mesi dell’anno. Con il permanere di un regime delle precipitazioni di questa tendenza e in assenza di strutture irrigue non è pensabile la permanenza di aziende agricole economicamente vitali ancora per molti anni.
I progetti che stiamo portando avanti riguardano l’ampliamento di un sistema irriguo nella valle del Torrenete Sintria, nella porzione di comprensorio ricadente nel Comune di Casola Valsenio oltre ad uno studio di fattibilità per l’area di Pagnano a monte del capoluogo comunale.
Con buona probabilità nel primo semestre del prossimo anno dovrebbero riaprire i bandi a valere sulla misura 4.1.03 del PSR 2014-2020 che sarà prorogato – causa COVID – nel biennio 2022 e 2023.
A cura di Roberto Rinaldi Ceroni
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- Scritto da Paoletta
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Azienda Prata Casola Valsenio
Vado ad intervistare Alex e Massimo in una giornata ventosa e nuvolosa di questo strano maggio agitato e nervoso come in pochi altri anni è capitato di vedere.
Con l’auto mi immetto nella strada che lambisce il parco del Cardello, mi inoltro un po’ in una direzione che rimane pianeggiante e non sale in alto, come altri sentieri della zona. Il paesaggio intorno a me è gentile, con tanti olivi dalle foglie argentate e la macchia mediterranea, con cento tonalità di verde, del parco. Ad ogni bivio compare l’indicazione” FRANTOIO”.
Ecco, sono davanti a “Prata”, una casa di campagna ristrutturata, con a lato un grande capannone e di nuovo l’indicazione FRANTOIO.
Ho un appuntamento sul primo pomeriggio perché in questi giorni i lavori dell’azienda agricola richiedono molte ore e non posso chiedere troppo tempo per un’intervista, anche se per il nostro glorioso “Spekkietto”.
Mi sono preparata una serie di domande, ma la chiacchierata fluisce veloce e spontanea per cui riassumo sotto forma di intervista una vera e propria e semplice conversazione.
Da quanti anni funziona il vostro frantoio?
Nel 2016 abbiamo deciso di comprare un frantoio per noi, per fare il nostro olio con le olive dei nostri ulivi, un frantoio a pressa. Poi qualcuno ci ha chiesto di molire anche le loro olive, poi qualcun altro ancora, con il passaparola abbiamo ricevuto sempre più richieste, così abbiamo deciso di cambiare il frantoio, non più a pressione ma a forza centrifuga a freddo, e da allora non ci siamo più fermati, abbiamo continuamente acquistato nuove macchine ed aggiornato le nostre competenze.
Che differenza c’è tra i due tipi di frantoio?
Nel vecchio frantoio a pressa l’olio prendeva luce, aria, sbalzi di temperatura, ma per fare il nostro olio andava bene. Nel frantoio a forza centrifuga, a freddo, l’oliva non incontra luce, aria, temperatura esterna. L’olio è una vera spremitura, una semplice estrazione che mantiene al meglio le qualità del succo delle olive: puro olio extra vergine, con le migliori proprietà organolettiche e chimiche. Da allora usiamo macchine toscane che sono leader mondiali in questo settore.
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- Scritto da Benedetta Landi
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A partire da aprile 2021, ha preso servizio a Casola, con incarico definitivo, la nuova pediatra di libera scelta. Si chiama Alessandra Rollo, vive a Bologna, e con molta disponibilità e cortesia ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda.
Buongiorno Dottoressa Rollo, innanzitutto benvenuta a Casola! Vuole una presentarsi brevemente alla cittadinanza e alle famiglie dei suoi piccoli pazienti?
Cari bimbi e cari mamme e papà, piacere di conoscervi, sono la Dott.ssa Alessandra Rollo, la nuova Pediatra di libera scelta di Riolo Terme e Casola Valsenio. Vivo a Bologna, città che mi ha adottato da un po' di anni, nella quale mi sono laureata e specializzata in Pediatria. Qui ho conosciuto mio marito ed insieme abbiamo due bimbi bellissimi, Beatrice di quasi 6 anni ed il piccolo Edoardo di 1 anno e mezzo. Sono molto entusiasta di intraprendere questa nuova avventura nella vostra comunità che si è già dimostrata molto accogliente nei miei confronti. Mi impegnerò affinché si possa stabilire fin da subito un rapporto di reciproca fiducia e collaborazione e spero un po’ alla volta di conoscervi tutti personalmente. So che negli ultimi mesi si sono susseguiti diversi pediatri “provvisori”, e ci tengo a rassicurarvi che il mio è un incarico definitivo, per cui mi auguro di rimanere con voi a lungo e di accompagnarvi nella crescita dei vostri bimbi. Vi lascio i miei riferimenti e alcune regole per l’accesso in ambulatorio. L’accesso in ambulatorio è consentito solo su appuntamento. Gli orari di ricevimento sono:
Lunedì: Riolo Terme 10.30 – 13.00
Martedì: Casola Valsenio 14.00 – 17.00
Mercoledì: Riolo Terme 14.00 – 17.00
Giovedì: Casola Valsenio 10.30 – 13.30
Venerdì: Riolo Terme 10.30 – 13.30
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- Scritto da Mimi Pozzi
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16/08/2021 un messaggio su whatsapp: "Ciao Marghe, so che sei in ferie ma il Coordinamento Regionale Emilia Romagna delle Unità di strada* ha chiesto disponibilità per il Free Party " Space Travel" di Valentano"
Prima reazione: che razza di legna (tradotto in gergo casolano: entusiasmo potente, disponibilità massima).
Seconda reazione: siamo in mezzo ad una pandemia mondiale, ha senso?
Considerazione finale: dato che il Rave c'è è giusto esserci.
Esserci, presenti e attenti. Esserci nel rapporto con le persone, la relazione come significato e valore di quello che facciamo. Esserci perché mi interessa quello che ti sta succedendo. Esserci perché voglio fare la mia parte, poter aiutare le persone a preservare la salute, pur tenendo conto del consumo di sostanze.
Senza preconcetti, senza giudizi morali ma con informazioni utili che possano metterti nella condizione di non incorrere in rischi o pericoli. Cercare di ridurre i danni nei contesti del divertimento.
A Casola sono conosciuta come Mimì, formalmente sono Margherita Pozzi e dal 2016 lavoro al Servizio Dipendenze Patologiche di Forlì come educatore professionale.
Nell'ambito degli interventi finalizzati al contrasto e alla prevenzione delle dipendenze le unità di strada svolgono funzioni di prossimità sul territorio intervenendo tramite informazione, sensibilizzazione e riduzione dei rischi nei contesti del divertimento e attua interventi di riduzione del danno rivolti a persone con dipendenza patologica nel contesto di strada. La nostra Unità di strada si chiama "Info.Pusher" tradotto: spacciatori di informazioni. Dietro ad un banchetto "di sostanza" diamo la possibilità di fare l'etilometro gratuitamente e diamo informazioni "stupefacenti" rispetto ai consumi e ai rischi connessi. Ci presentiamo come Servizio e cerchiamo di monitorare le situazioni urgenti dove è necessario intervenire.
Ma torniamo al Rave: si arriva al Rave alle 8 e 30 a Valentano. Per prima cosa vediamo posti di blocco delle forze dell'ordine alle entrate/uscite del Free Party. Controllano i nostri documenti, diamo i riferimenti dei Responsabili del coordinamento e gli raccontiamo brevemente che cosa andremo a fare. Ci salutiamo facendoci l'in bocca al lupo a vicenda.
Arriviamo alla postazione operativa, la chill out: lo spazio di decompressione, poco più dislocato rispetto alla "festa", provvista di materiale sanitario e generi di conforto.
Incontriamo colleghi da tutta Italia ed il responsabile di turno, ci informa della situazione precedente e attuale; spiega il materiale presente e gli interventi che si andranno a fare durante la giornata.
Da operatori Ser.D. (Servizio Dipendenze Patologiche) era il nostro primo rave, un gigante rave!
Si presentava come un campo enorme con parcheggiati numerosi camper, camion, incredibili mezzi di trasporto modificati, anzi trasformati, tante persone che si spostavano nelle varie postazioni sound. Differenti spazi decorati, con davanti muri di casse, musica elettronica di svariati generi suonata da diversi dj. Le persone ballavano con vestiti originali e trasgressivi, in allestimenti magici, quasi fantasy.
I così detti "fuori dal sistema".
Un vero e proprio viaggio in un altro spazio. Uno spazio pieno di fascino, di originalità e curioso.
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- Scritto da Benedetta Landi
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Ho intervistato Matteo Termali, un giovane Casolano con una passione e un talento particolari. Matteo è un cercatore di tartufo DOC, e da qualche anno ha affiancato a questo suo interesse anche la realizzazione di vanghetti e attrezzature per la ricerca del tartufo. Si tratta di un’attività artigianale molto particolare, che Matteo realizza con cura e dedizione.
Matteo, com’è nata la tua passione per la ricerca del tartufo?
È nata quando ero ancora un bambino, grazie ai miei nonni. Dopo la scuola indossavo vestiti vecchi e scarponi e mi avventuravo assieme a loro in mezzo ai boschi, alla ricerca di funghi e tartufi. Non appena ho preso la patente, sono diventato un cercatore indipendente, anche se questo non possedeva il fascino delle giornate trascorse assieme ai miei nonni! Allora non avevo cani o attrezzature mie, così utilizzavo le loro… fino a che non ho preso il mio primo cane e non ho iniziato a creare io stesso gli strumenti necessari.
Com’è nata l’idea di produrre questi strumenti?
L’idea di produrre vanghetti è nata quasi di pari passo con la passione della ricerca del tartufo. Cercavo infatti un attrezzo adatto alle mie esigenze, ma sul mercato non trovavo niente che mi soddisfacesse. Per me un vanghetto è un accessorio, così come lo possono essere un paio di scarpe o un paio di occhiali: lo devi sentire tuo, e deve darti emozione quando lo usi. Ho così iniziato a lavorare il legno e l’acciaio per dare vita a qualcosa di mio. Sono riuscito a realizzare uno strumento funzionale, e nonostante fosse il primo era già abbastanza curato nei dettagli, come piace a me.
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- Scritto da Nicola Rinaldi Ceroni
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Intervistiamo l’assessore Flavio Sartoni che da ottobre 2020 è entrato nella Giunta comunale con le seguenti deleghe: Turismo, Cultura, Biblioteca, Associazionismi, Politiche e servizi ambientali, Politiche per l’integrazione, Scuola pubblica istruzione, Politiche giovanili e Sport. Per onor di cronaca ricordiamo che il Sindaco Giorgio Sagrini ha conferito l’incarico dopo alcuni mesi dalle dimissioni di Marco Unibosi per ragioni lavorative e non politiche. Con l’ingresso di Sartoni in Giunta il Sindaco ha pensato di rivedere la distribuzione delle deleghe. È buona abitudine di un organo di stampa fare domande a chi, in un determinato momento, ricopre un incarico pubblico, ma poiché le deleghe sono tante, in questa intervista cercheremo di concentrarci solo su alcuni temi, non necessariamente i più importanti, ma quelli che oggi pensiamo meritino una certa attenzione.
Cosa ti ha spinto ad impegnarti così tanto per Casola?
Perché fin da quando sono arrivato a Casola nel “lontano” 2002 mi sono reso conto che è un paese speciale, diverso da tutti gli altri. Mi rendo conto che possa sembrare una risposta fin troppo semplice, ma credo che a Casola sia presente un fortissimo senso di comunità che ti porta a desiderare fortemente di farne parte. Personalmente sento il forte bisogno di mettermi in gioco, e non per “apparire” od “elevarmi”, ma per contribuire per quanto posso, a preservare l’anima e l’identità di un paese che ho imparato in poco tempo ad amare e in cui ho trovato tutto quello di cui avevo bisogno. Mi sono fatto un po’ di ossa in Pro Loco, e lì sono venuto a contatto con persone speciali che mi hanno insegnato a prendersi cura del posto in cui si vive. Il volontariato ti insegna molto, ti accresce e arricchisce, e il passo fino a ruoli più “istituzionali” non è poi tanto lungo. Certo, cambiano temi, ruoli e sicuramente responsabilità, ma l’importante è mantenere viva quella voglia di fare, a volte forse ingenua, ma sicuramente onesta e caparbia.
Stiamo vivendo un momento non buono per il turismo. Gli effetti del Covid hanno fatto saltare molte feste e manifestazioni molto importanti per Casola che vive in piccola parte anche di turismo. Avete qualche idea per rilanciare e rinnovare le nostre feste paesane? Negli ultimi anni, cosa che sta avvenendo in molte realtà, i paesi hanno cercato di trovare un brand. Casola ha scelto di puntare tutto su “Paese delle erbe e dei frutti dimenticati”. Mi viene in mente l’idea del calendario “CasolAromatica”. Credete che sia ancora questa la strada da percorrere o ci sarà qualche strada nuova?
Credo che il tema Erbe e Frutti Dimenticati abbia ancora un grande valore e un infinito potenziale. Negli anni passati diverse persone hanno portato avanti un grandissimo lavoro per riuscire ad identificare Casola, e spesso dimentichiamo che hanno fatto un piccolo miracolo, inventando un brand fondamentalmente dal nulla, cosa che pubblicitari professionisti possono provare a fare per anni senza riuscire a combinare nulla. Negli anni novanta e nei primi duemila Casola è stato per davvero il “Paese delle Erbe e dei Frutti Dimenticati”, tutti ricordano le folle che accorrevano a visitare il mercatino serale, le erbe officinali piantate un po’ ovunque e la splendida Strada della Lavanda. E’ evidente che negli anni, per una serie svariata di motivi, l’entusiasmo, la cura e l’attenzione sono andati gradualmente diminuendo. Credo che sia da folli buttare via lo straordinario lavoro fatto, e penso che questi temi vadano riaffrontati con estrema urgenza, scegliendo senz’altro strade e soluzioni diverse, ma consci del fatto che non è troppo tardi, e che il tema “Erbe e Frutti” può rappresentare ancora un trampolino di lancio per il turismo e l’economia casolana. Fortunatamente esiste ancora una realtà molto forte, quella del Giardino delle Erbe Augusto Rinaldi Ceroni. Penso che ad oggi ci sia bisogno da ripartire dalla base, progettando un’intensa valorizzazione del verde urbano con la piantumazione di lavanda e altre erbe aromatiche, al fine di riguadagnarsi lentamente la denominazione di Piccola Provenza e presentare ai visitatori un paese ricco di colori e profumi. Sono certo che un progetto di questo tipo e strutturato con accuratezza possa trovare ampio consenso tra abitanti di Casola, e rappresentare un nuovo punto di partenza. Oltre a questo, coltivo da sempre il sogno di portare a Casola musica e artisti importanti. L’attuale situazione non permette nemmeno di pensarci, ma quando le cose si sistemeranno mi piacerebbe considerare seriamente la possibilità di organizzare concerti e rassegne musicali che possano identificare ulteriormente Casola. Il nuovo panorama musicale offre scelte e possibilità raggiungibili, che farebbero felici anche i nostri ragazzi più giovani. Dobbiamo ricordare che quando si parla di feste ed eventi gli attori principali sono le varie associazioni che li organizzano. Di una cosa sono certo, questa amministrazione (ed io per primo), è pienamente conscia che senza il loro lavoro prezioso sarebbe impossibile concretizzare qualsiasi progetto, e farà di tutto per aiutarle e supportarle in qualsiasi momento.
La pandemia ha costretto e spronato le persone a riscoprire il piacere di stare a contatto con la natura ed anche noi Casolani ci siamo accorti della bellezza del nostro territorio. Tanti sono gli sport che si possono praticare nel nostro territorio. Molti comuni stanno promuovendo in maniera insistente il turismo sportivo. Riolo Terme, per esempio, sull’onda dei Mondiali di ciclismo, sta puntando anche sulla bici proponendo diversi percorsi tematici sia per MTB che per bici da strada. Quali sono le opportunità già presenti a Casola? Avete delle nuove proposte da sviluppare nei mesi a venire? Non avete pensato ad una sinergia ad esempio tra i comuni collinari dell’Unione dei Comuni?
Questa domanda mi permette di comunicare che Casola Valsenio è da pochi giorni diventata partnership di un progetto molto importante ideato dalla Coop Trasporti di Riolo in collaborazione con il comune di Riolo Terme e coordinato da IF Tourism Company: il Bike Hub Valle del Senio. Il progetto è partito da Riolo ma sta velocemente interessando tutti i Comuni dell’Unione e sono certo potrà rappresentare un importante trampolino di lancio per il nostro territorio. Oltre a questo, come molti avranno notato, stiamo portando avanti il progetto “Sentieri nel Territorio di Casola Valsenio”. Grazie ad un bando regionale dedicato alla sentieristica, siamo riusciti ad aggiudicarci i fondi per ultimare gli interventi sul progetto, che prevedono una revisione della carta e dei tracciati, la posa di bacheche informative in luoghi strategici del paese e la promozione del progetto a livello nazionale. L’epidemia non ci ha ancora permesso di valorizzarlo a dovere, ma sono certo che questa è la strada giusta. Casola possiede itinerari fantastici che aspettano solo di essere scoperti. Il turismo green è esploso e noi abbiamo tutte le carte in regola per accoglierlo alla grande. Il progetto dei Sentieri è stato ideato, realizzato e difeso con i denti da due persone che stimo moltissimo e che non mi stancherò mai di ringraziare: Massimo Tabanelli e Oriano Baracani. Grazie a loro Casola potrà vantare una rete di sentieri chiara, estesa e di immenso valore turistico.
Parliamo ora di Ambiente: come ha funzionato la raccolta differenziata da quando sono stati inseriti i diversi cassonetti in tutte le aree del paese?
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- Scritto da Riccardo Albonetti
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Sicuramente l’AVIS non ha bisogno di presentazioni, infatti è una delle associazioni storiche del nostro paese e da diversi decenni svolge un ruolo importantissimo. Come accade a tutte le associazioni, ci sono dei momenti in cui alla strada consolidata si aggiungono esperienze nuove ed in questo caso si tratta di AVIS GIOVANI. A questo proposito abbiamo rivolto qualche domanda a Lucrezia Camurani, una delle più giovani associate dell’Avis locale e rappresentante dell’Avis giovanile della provincia di Ravenna, e ad Anna Poli, responsabile della sezione Avis di Casola.
Ciao Lucrezia, una domanda personale. Quando sei entrata nell’associazione? Che cosa ti ha spinto a compiere questo passo?
Ciao! Sono entrata nell'associazione a 18 anni, incuriosita da un incontro che avevo fatto al Liceo. Subito ero solo una donatrice, poi ho deciso che volevo diventare una parte attiva di questa associazione. Quello che principalmente mi ha spinto a compiere questo passo è stato il pensiero di poter donare qualcosa di mio a qualcuno che ne ha davvero bisogno, e mi piaceva l'idea di fare volontariato, visto che fino a quel momento non ero in nessuna associazione di questo tipo.
Che cosa fa esattamente AVIS GIOVANI?
Avis Giovani è una sezione dell'Avis composta appunto da ragazze e ragazzi che hanno voglia di dedicare un po' del loro tempo agli altri. Ci occupiamo della sensibilizzazione della fascia più giovane della popolazione verso la donazione, dell'organizzazione di alcuni eventi Avis, e ultimamente stiamo creando varie collaborazioni con altre associazioni per poter fare un bel lavoro d'insieme.
Quanto è importante sensibilizzare la parte più giovane della popolazione alla donazione del sangue?
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- Scritto da Paoletta
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10 dicembre, ore 17, in biblioteca…. è un po’ freddo, ma qui posso intervistare tranquillamente Benedetta Landi. Infatti, tra le restrizioni per il Covid e i lavori di ristrutturazione che non sono ancora terminati, l’attività della biblioteca è un po’ rallentata. Siamo munite di mascherine, stiamo alla distanza di sicurezza, ma immediatamente la conversazione scorre piacevole e sembra quasi di essere senza tutte queste barriere.
Sono venuta ad intervistare Benedetta, 26 anni, perché sta per uscire fresco fresco di stampa il suo primo libro.
Quando uscirà il tuo libro, come si intitolerà?
Il libro uscirà a breve. E’ un saggio di 160 pagine che tratta il legame nonni-nipoti adulti e si intitola proprio “ Il legame nonni-nipoti”.
E’ un saggio e precisamente la mia tesi di laurea magistrale in pedagogia.
Come sei riuscita a pubblicare un libro?
Il 2 luglio mi sono laureata ed il 18 luglio ho inviato la tesi alla casa editrice Erickson. Dopo un mesetto mi hanno contattato per comunicarmi che avevano deciso di pubblicarla.
Ora io non posso non chiarire ai lettori dello Spekkietto che la casa editrice Erikson con sede a Trento è una casa editrice specializzata in pubblicazioni di carattere educativo pedagogico didattico, organizza convegni, corsi di aggiornamento per educatori ed insegnanti e ciò da lustro al lavoro prodotto da Benedetta. Insomma la Erikson è una casa editrice di prestigio in questo settore e la pubblicazione della tesi può essere veramente motivo di orgoglio .
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- Scritto da Benedetta Landi
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Desidero innanzitutto ringraziare la redazione de “Lo Spekkietto” per aver preso in esame la possibilità di devolvere parte del ricavato delle vendite a questo progetto e per l’attenzione dimostrata nei confronti di una missione che mi sta molto a cuore.
Conosco questa realtà, nata per opera di un sacerdote polacco, dal 1897. Inizialmente la sede era situata in Bolivia, poi dopo 15 anni è stato creato un istituto anche in Giamaica, Paese ancora più povero. Nel febbraio del 2015 ho avuto la possibilità di visitare personalmente la sede di questo progetto, localizzata nella città di Maggotty (provincia di Sant Elisabeth, a ovest della Giamaica) e posso pertanto parlarvi di quelle che sono le attività realizzate da Suor Emilia e da tutti i suoi collaboratori.
L’attività principale è quella svolta dal poliambulatorio, nel quale si alternano medici di varie missioni che si occupano di ginecologia, cardiologia, diabetologia e pneumologia (quest’ultima in particolare è molto importante, viste le gravi problematiche a livello respiratorio di cui soffr la popolazione a causa della grande umidità presente nel Paese). L’ambulatorio è frequentato soprattutto da donne e bambini, e la media giornaliera di persone che si accostano a questo poliambulatorio va dalle 150 alle 200 persone. L’ospedale più vicino si trova a 150 km, pertanto accedono al poliambulatorio tutti coloro che necessitano di cure mediche di qualsiasi natura (ad esempio, mettere i punti ad una ferita, estrarre un dente o più semplicemente farsi prescrivere dei farmaci).
La fila d’attesa al poliambulatorio
Il tutto è gratuito, ma viene richiesto alla popolazione di ricambiare in qualche modo le cure ricevute. Ognuno dà quello che può: chi ne ha la possibilità, porta qualcosa da mangiare, in modo che tutti, durante l’attesa, possano condividere un pasto all’interno di una cucina comunitaria. Chi non può permetterselo, può invece dare il proprio contributo impegnandosi nella pulizia degli ambulatori, nel taglio dell’erba o in qualche altro servizio utile alla comunità.
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- Scritto da Paola Pozzi
- Categoria: Attualita
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Vedervi.
Ore 8:15, preparo il link. C’è un po’ di trepidazione per la paura di sbagliarsi a cliccare qualche tasto strano…
Alle 8:20 pubblico il link, entro in classroom e vedo la mia faccia come dentro a uno specchio. “Dentro questa riunione non c’è nessuno” leggo sullo schermo. Oddio. Ecco che ho sbagliato davvero. E poi, magicamente compare il primo volto sorridente. “Buongiorno Dario”, e poi un’altra “Buongiorno Lucia”. Sul monitor compaiono molte bolle colorate che pulsano quando parlate e dentro le bolle riesco quasi sempre a veder fiorire i vostri occhi.
Qualcuno si stiracchia, ci sono palpebre pesanti di un sonno e facce da guardare senza mascherina, almeno quello.
E poi ci sono bocche che chiedono, dicono, raccontano … quanto parlano!”Sai Paola che mia nonna….” “Sai che ieri…” “Sai maestra cosa ho fatto…”
Un coro di parole cariche di storie, emozioni, domande e soprattutto desiderio di trovare ascolto, non risposte.
Ma si fa presto a trovarsi dentro ad un flusso di voci che esplodono nella testa e allora è necessario incanalare tutto il vortice rumoroso per dare spazio a tutti, uno alla volta.
“Spegnete i microfoni, per favore e adesso do la parola a …”
Nella classe virtuale valgono le stesse regole della scuola reale. Se vogliamo capirci, allora bisogna saper aspettare.
Già… saper aspettare, non è questo la chiave di tutto? Per noi umani dell’era digitale aspettare è una cosa difficilissima. Vogliamo tutto subito.
Ma saper attendere è uno dei cardini del saper vivere, assaporando il tempo senza scavalcarlo, senza bruciarlo e senza perderlo. La natura ce lo insegna. Io cerco di impararlo dal mio gatto che nella sua infinita sapienza di felino evoluto, conosce questa arte .Lui se ne sta fermo, lì sul davanzale, per ore e aspetta che gli apra. Intanto guarda, osserva e impara ogni fruscio, ogni fremito di ali. Poi entra e aspetta il suo cibo e mi attende per uscire o per oltrepassare le soglie sbarrate da porte chiuse. Imperturbabile, lui aspetta. Senza spazientirsi perchè sa che prima o poi accade tutto quello che deve accadere e allora non ha senso disperdere energie in inutili ansie. In tutto questo suo saper aspettare c’è la stessa magnifica certezza del seme sotto la neve o del fiore che genera il frutto.
Intanto nulla si disperde e ogni cosa viene captata, percepita, ascoltata e carpita dai suoi sensori super specializzati . La sua vita è questa. E la nostra? Noi abbiamo altri bisogni, dobbiamo illuderci, progettare, lavorare, sognare, anche.
_Paola! Mi senti? –
_Sì che ti sento, scusa mi ero distratta un attimo. Stavo dicendo che dovete provare ad aspettare il vostro turno per poterci capire.
Giorgia prende la parola e, guarda caso, vuole parlarmi di Nina, la sua gatta, che cammina sulla tastiera perché anche lei vuole fare la DAD.
All’improvviso gli schermi diventano finestre ed io mi arrampico e vi raggiungo, scavalco i davanzali e vi trovo davanti a me, entro nelle vostre stanze piene di giocattoli, tocco i vostri pupazzi preferiti coi quali andate a dormire.
E la lezione diventa viva, con voi, me, i pupazzi, i gatti e qualche cane che arriva festoso e le mamme che vigilano attente, mentre sbrigano le loro faccende.
Lezioni senza banchi. Senza grembiuli, soprattutto senza mascherine. Un lusso, di questi tempi.
Siete al sicuro. E siamo qui insieme mentre ridiamo di qualche errore buffo che ci servirà per imparare meglio l’ortografia. Perche sbagliando s’impara.
Ora possiamo leggere, a turno. Comprendere quello che abbiamo letto e parlare fra di noi. Riflettere su quello che ci ha fatto pensare quel racconto, quella storia.
C’è sempre così tanto da raccontarsi. Per fortuna.
Siamo così soli,in questo periodo. Dentro alle nostre vite chiuse, con la paura che bussa alla porta. Siamo così fragili senza la forza di un abbraccio o di una stretta di mano. Col cuore rotto per un amico che non ce l’ha fatta.
Mentre vi guardo penso che è tutto così fuggevole. Siamo ali nel vento. E il vento può cessare, a un tratto. E lasciare tutto fermo, immobile, senza respiro.
Raccontiamoci la vita, bambini, mostratemi il vostro arsenale di risate e schiamazzi. Io, qui con voi, penso che la vita vinca.
E sarà così.
Paola Pozzi
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