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Questa è la piccola-grande storia di un organismo dai tratti bizzarri, una pianta che ha avuto grande fortuna nell’adattarsi alle difficili condizioni che la vita pone costantemente, durante il suo perenne movimento evolutivo. Eppure l’organismo in questione ha bisogno di presentazioni. Se stiamo alle parole di Darwin, infatti, l’incredibile varietà di specie e sottospecie, sia animali che vegetali, sarebbe prodotto non da un equilibrio provvidenziale – la Creazione della vita nel suo eterno stato d’immobile armonia – quanto semmai dal caos delle mutazioni, dal marasma dei rapporti interorganici, dalla silenziosa guerra per la sopravvivenza. Questo è uno dei punti-chiave presenti nella celebre teoria di Darwin, quella che vede l’evoluzione per «selezione naturale». Ma non fu facile per il gentlemen inglese divulgare il proprio lavoro, frutto di un’indagine duratura che lo vide protagonista di un glorioso viaggio intorno al mondo sul brigantino Beagle, durato ben 5 anni. Tornato finalmente in madrepatria, dovette aspettare altri 19 anni prima di pubblicare la sua opera magna, L’origine delle specie (1859).
Il motivo è presto detto: come si può dimostrare qualcosa che c’è ma non si vede? Se ci volgiamo alla natura e la contempliamo dal nostro punto di vista, quello di semplici osservatori, la vita ci pare quasi immutabile, fissata come in un quadro. Non siamo in grado di cogliere le disuguaglianze genetiche tra individui e generazioni di una data specie. Le nostre colline pullulano di vegetazione che sembra non variare se non al ciclo delle stagioni; così gli animali appaiono sempre gli stessi, con qualche sfumatura di nuovo nell’aspetto, ma i comportamenti sono pressoché i medesimi. In fondo, le piante sono piante, gli animali sono animali. Nessuno vive abbastanza a lungo da notare un cambiamento netto nella differenza di specie. Nessuno può oltremodo affermare come e quando ciò sia accaduto nella storia del mondo, se non avvicinandosi per verosimiglianza, facendo una stima del tempo che fu con i dati che abbiamo nel presente. All’epoca di Darwin, tra le prove scientifiche che rafforzavano la sua teoria, si annoverano le scoperte della moderna paleontologia: il ritrovamento di antichi fossili, come quelli dei grandi rettili del passato, testimoniava il lento ma costante processo di trasformazione degli organismi. Non solo: anche la geologia muoveva passi da gigante, rivelando come la Terra fosse molto più antica di quanto si credesse allora (la tradizione religiosa datava l’origine del mondo circa nel 6000 a.C., periodo in cui la Bibbia faceva coincidere l’evento del Diluvio Universale). Tutto ciò era esplicativo di un lento meccanismo di variazioni in cui gli esseri viventi sono coinvolti da sempre, dalla loro prima comparsa sul pianeta. L’evoluzione diventa così una trama sotterranea impercettibile ai sensi, poiché, per manifestarsi, necessita di tempi lunghissimi, così lunghi che è impossibile da immaginare.
Negli anni subito prossimi alla pubblicazione del suo capolavoro, l’ormai celebre naturalista si dedicò completamente allo studio delle piante, nel giardino privato di Down House. In primo luogo perché la teoria, con i suoi effetti, aveva sconvolto non solo la comunità scientifica, ma gran parte dell’opinione pubblica di tutto il mondo (non dimentichiamo le vignette satiriche pubblicate al solo scopo di porre in ridicolo le idee di Darwin). Le sue implicazioni non si ponevano solo in antitesi con l’immagine millenaria della natura – il “paradiso terrestre”, lo stato di perenne armonia tra le creature – ma portava con sé conseguenze sociali tali da giustificare – ne saranno l’esempio i futuri nazionalismi – l’ascesa di certi popoli a discapito di altri. La botanica rappresentava un campo del sapere dove poter fare ricerca senza il rischio di altri scompigli, un luogo sicuro, estraneo alla sfera pubblica e fuori portata dagli attacchi degli antievoluzionisti. In secondo luogo, proprio attraverso la sperimentazione, Darwin poteva osservare direttamente i cambiamenti che avvenivano fra le generazioni delle molteplici specie provenienti dal suo giardino (immaginiamo che, esattamente negli stessi anni, Gregor Mendel indagava sulle leggi dell’ereditarietà nell’isolato monastero di Brno).
Forse non tutti sanno che, proprio in questo periodo, Darwin pubblicò una monografia dedicata esclusivamente alle orchidee:
«Nel mio studio sulle Orchidacee nessun altro fatto forse mi ha tanto colpito quanto la indefinita varietà di struttura, — la prodigalità dei mezzi per raggiungere uno stesso ed identico scopo, vale a dire la fecondazione di un fiore col polline di un’altra pianta».
A parere dell’inglese, le piante mostravano capacità di adattamento incredibili e meccanismi di sopravvivenza che nulla avevano da invidiare alle facoltà animali o umane. In Fecondazione delle orchidee (1862) – questo è il titolo dell’opera – l’autore elenca una vasta gamma di generi e specie, descrivendo, con un misto di accuratezza e visibilio, le singolari tecniche dei fiori atte alla «dicogamia» (ossia la “fecondazione incrociata”). Con tale scritto, Darwin apriva ufficialmente una nuova stagione di studi botanici in cui centrale era il rapporto interspecifico: la conformazione dei fiori di una data pianta va compresa a partire dall’interazione col suo insetto impollinatore. Secondo Darwin, l’indagine sugli esseri viventi non poteva prescindere dai loro rapporti con altre forme di vita (fino a quel momento, le scienze naturali si limitavano alla mera classificazione e descrizione morfologica degli organismi, presi nella loro singolarità). Così, data la centralità dell’impollinazione nelle piante, Darwin si accorse che si poteva desumere l’aspetto di un insetto a partire dalla struttura di un dato fiore (e viceversa). L’esempio più memorabile riguarda l’ipotesi che proprio l’autore dell’opera fece a proposito di una falena del Madagascar all’epoca sconosciuta: prendendo in esame una specie di orchidea originaria dell’isola – l’ Angraecum sesquipedale – Darwin ipotizzò che dovesse esistere un lepidottero (farfalla o falena) in grado di fecondarla. Quarant’anni dopo quella predizione si rivelò veritiera: nel 1903 due entomologi individuarono una falena notturna, la Xanthopan morganii, che possedeva una spiritromba lunga quanto il nettario del suo fiore (25 cm). Gli studiosi affibbiarono alla falena l’epiteto «praedicta» in onore della celebre intuizione di Darwin:
«Si può domandare, a quale scopo possa servire un nettario di una lunghezza tanto sproporzionata. […] Restiamo stupiti che un insetto qualsiasi possa essere capace di raggiungere questo nettare. […] ma nel Madagascar devono esistere farfalle notturne la cui proboscide può essere allungata sino a dieci o undici pollici!»
Veniamo dunque a capo di questa lettura. Sulle nostre colline, in primavera, sbocciano i fiori di un’orchidea abbastanza comune in tutta Europa, denominata Ophrys apifera. Tuttavia, a colpo d’occhio, senza un’adeguata conoscenza, non siamo in grado di cogliere i suoi elementi più fondamentali. L’organismo, infatti, se osservato con attenzione, rivela un aspetto insolito, tant’è che pure Darwin, nella sua monografia, si domandava per esempio come mai tale pianta presentasse caratteri discordi tra loro: la presenza di organi sessuali sia maschili che femminili nei fiori indicavano la pratica dell’auto-impollinazione (come accade nei fiori ermafroditi), ma la concomitanza di altri organi peculiari riflettevano senza dubbio una fecondazione per incrocio: «Giudicando dalla struttura dei fiori di O. apifera, mi sembra quindi quasi certo che essi, in un periodo anteriore, siano stati accomodati per una fecondazione incrociata […]». In sintesi, è come se l’Ophrys apifera sia stata «costruita» – dice Darwin – per entrambi gli scopi, sebbene abbia infine favorito l’autoriproduzione, considerato che nessun insetto pronubo la visiti (infatti, non possiede nettare). Ancora una volta, dopo tanti anni, la scienza ha mostrato come i dubbi di Darwin fossero fondati: ad oggi, infatti, possiamo dire che Ophrys apifera abbia subito un’evoluzione tale che, sotto la spinta della selezione naturale, sia mutata per il venir meno del suo insetto impollinatore. Ma come ciò sia stato possibile ha dell’incredibile.
Gli ultimi studi condotti sull’orchidea fanno emergere che essa sia stata anticamente visitata da un insetto che ora è creduto estinto. Se la si guarda da vicino, infatti, si può notare che il labello presente sui fiori ricorda l’addome di alcuni insetti. Siamo di fronte a un caso di «mimesi sessuale», fenomeno per cui alcune specie emulano nell’aspetto (forma e pelosità), nel colore e nell’odore le femmine degli insetti impollinatori, al fine di attrarli sui propri fiori. La strategia di fecondazione qui descritta è unica della famiglia delle orchidee e riguarda le Ophrys del Mediterraneo, nonché pochi altri generi di orchidee australiane. Inoltre, il peculiare rapporto tra orchidee ed impollinatori è così stretto che molte specie sono fecondate da una o pochissime tipologie di insetti. Altre piante, invece, adoperano una tecnica diversa ma con lo stesso fine: moltissimi generi di orchidee, per esempio, approfittano dell’innato comportamento alimentare degli insetti per trarli in una “tresca biologica”: i colori vistosi, l’ampia forma del labello, la finta presenza di una ricompensa (come il nettare) catturano l’attenzione degli ignari visitatori che vengono così ad impollinarne i fiori (la «mimesi alimentare» si ha in Orchis, Disa, Cephalanthera). Tali orchidee fioriscono a inizio primavera poiché, essendo i loro impollinatori appena fuoriusciti dalla stagione invernale, non sono ancora capaci di distinguere le piante nettarifere da quelle ingannatrici.
Ophrys apifera, probabilmente, deve aver mutato le sue caratteristiche a seguito della scomparsa del suo insetto. Sotto la pressione della selezione naturale, si è salvata adattandosi alle nuove condizioni che la natura le aveva sottoposto. Tuttavia, l’orchidea porta nel presente i tratti del suo passato evolutivo, nonché il fantasma di un antico vissuto: con sé ha mantenuto le tracce di un organismo di cui ora abbiamo solo uno sfocato ricordo. La “teoria dell’inganno”, comprovata dagli studi più recenti, non era condivisa all’epoca da Darwin, che giustificava la coevoluzione di piante ed insetti come frutto del caso. Diversamente, Federico Delpino, suo ammiratore e corrispondente italiano, fu tra i primi sostenitori di quest’idea, immaginando una natura soggetta sì ai mutamenti accidentali, ma capace nel contempo di attuare le più brillanti e ingegnose strategie che svelano, negli organismi complessi, un’intelligenza atavica in mutamento.
Secondo il parere di chi scrive, la teoria scientifica è rimasta fossilizzata, per certi aspetti, sulla dottrina evoluzionistica classica, tanto da sottovalutare ancora molti fenomeni organici, antichi quanto la vita stessa. Come si può evincere dalla storia di una piccola orchidea, ignorando la complessità dietro a manifestazioni che riteniamo comuni o prive di significato, siamo portati a trascurare le grandi verità sul nostro presente – come la nostra completa dipendenza dall’attività fotosintetica o come la presenza di organismi eucaroitici, vecchi milioni di anni, a cui dobbiamo la nostra permanenza sulla Terra.
Nulla va dato per scontato; nulla viene per caso.
Lorenzo Sabbatani
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- Scritto da Riccardo Albonetti
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PLAYLIST AUTUNNO 2021
Salmo - La Chiave (frat. Marracash) - 2021: quasi anacronistico un disco hip hop debitore della clamorosa scena "made in Italy" degli anni '90, ma qua siamo al TOP! L'entrata del Marra è spaziale.
Carcass - Kelly's Meat Emporium - 2021: i maestri indiscussi del gore sono tornati con un disco strepitoso, dinamico come pochi negli ultimi anni, ma maledettamente efficace. Indistruttibili!
Billie Eilish - Happier Than Ever - 2021: nemmeno 20 anni e già due album meravigliosi all'attivo. Lei e suo fratello, un connubio incredibile.
Limp Bizkit - Dad Vibes - 2021: il tremendo Fred Durst torna con un pezzo bomba e la band risulta pure devastante.
Adele - Easy On Me - 2021: l'ex ragazza prodigio torna con una ballad emozionante, cose che in Italia ci scordiamo da decenni...Fantastica!
Metallica - Some Kind Of Monster - 2003: procuratevi il documentario che prende il nome da questa canzone (attualmente su Netflix) e scoprite quanti problemi (molto gravi) possono esserci in una macchina oliata e attira soldi come quella dei 4 Horsemen...
Velvet Revolver - Fall To Pieces - 2004: 3/5 dei Guns n' Roses insieme al compianto Scott Weiland degli Stone Temple Pilots: probabilmente la miglior rock ballad mai partorita dopo il '00.
Nirvana - In Bloom - 1991: quest'anno si festeggiano le 30 primavere per 3 album fantastici, ecco il primo (con dedica ai "Radjans", a Albo, Tizi, Sandro, Kekko e soprattutto a Guz).
Pearl Jam - Jeremy - 1991: il secondo "trentello" è per "Ten", un disco da tramandare ai posteri. Dedica alle giovani leve.
Red Hot Chili Peppers - Funky Monks - 1991: il capolavoro assoluto dei R.H.C.P. Anche in questo caso, dedica ai giovani amanti della musica, perchè possano avvicinarsi alla grandiosità dell'alternative rock "made in nineties".
A cura di Manuel Andreotti
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- Scritto da Benedetta Landi
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In occasione dell’8 marzo, giornata internazionale della donna, l’Amministrazione Comunale di Casola Valsenio ha deciso di dar vita ad una mostra fotografica (rigorosamente online, nel rispetto delle restrizioni imposte dal difficile periodo che stiamo vivendo) con il fine di presentare una carrellata di biografie di grandi donne che hanno fatto la storia. Caterina Sforza, Federica Pellegrini, Coco Chanel, Anna Frank, Cleopatra, Giovanna d’Arco, Franca Viola, Liliana Segre, Lady Diana, Margherita Hack, sono solo alcune delle grandi donne illustrate in questa mostra dal titolo “La storia è donna”. Tra queste, compare anche il profilo di un’altra grande personalità: Antonietta Cimolini. Sicuramente il suo nome è meno evocativo rispetto agli altri, i quali ci riportano subito alla mente i volti e le conquiste di queste importanti figure femminili.
Figlia di Carlo Cimolini e di Penelope Frassineti, Antonietta Cimolini nacque nel 1878 a… CASOLA VALSENIO! Ma cosa fece di tanto importante questa Casolana? Antonietta fu la prima donna a volare in mongolfiera. Appena ventenne sposò il forlivese Giuseppe Silimbani, di professione fornaio, tenore dilettante e sportivo in molte discipline. Egli fu uno dei pionieri del volo in areostato, passione che trasmise ben presto anche alla moglie. Nel 1898 la coppia, assieme alla figlia Ofelia, emigrò in Sud America. Qui i coniugi si esibirono come cantanti lirici nei teatri ma soprattutto in spettacolari voli con il pallone aerostatico, voli che Antonietta compiva sia assieme al marito che da sola.
Fu proprio questa sua grande passione a costarle la vita: il 13 marzo del 1904, durante un’esibizione aerea, precipitò nelle acque del Rio de la Plata. Fu una tragedia che commosse immensamente gli abitanti di Buenos Aires, accorsi per assistere alla manifestazione, durante la quale Antonietta e il marito avrebbero dovuto pubblicizzare un noto marchio di sigarette, facendo apparire in cielo il nome della fabbrica e lanciando volantini dalla mongolfiera. Nella targa commemorativa posta sul luogo dell’incidente, Antonietta viene definita come un’ "Aviatrice italiana, precursora dell'aeronautica argentina".
Antonietta, rampolla di una famiglia della piccola borghesia, colta, bella e di forte temperamento, fu una donna intrepida e rivoluzionaria: andò contro il volere dei genitori sposando Giuseppe Silimbani e inseguì il suo grande sogno, diventando così la prima donna alla guida di una mongolfiera. Oggi nella zona del quartiere Ronco a Forlì c’è una via intitolata a lei, ma il tributo maggiore a questa donna si trova in Argentina, dove, nel 1954, sono state posizionate due lapidi in suo onore: una voluta dall’Aereo Club locale, l’altra dalla Federazione Generale delle Società Italiane in Argentina. È ormai trascorso più di un secolo, ma è stato bello poter ricordare anche a Casola, in occasione dell’8 marzo, la storia di questa giovane ed intrepida pioniera della navigazione aerea, così che la sua grande avventura possa essere ancora oggi ricordata, e che Antonietta - nostra concittadina - possa continuare ad essere un simbolo di libertà e coraggio.
Benedetta Landi
Benedetta Landi
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“Libertà e vita”: 43°giornata per la vita 2021
La pandemia ci ha fatto sperimentare in maniera inattesa e drammatica la limitazione delle libertà personali e comunitarie, portandoci a riflettere sul senso profondo della libertà in rapporto alla vita di tutti: bambini e anziani, giovani e adulti, nascituri e persone in fin di vita. Nelle settimane di forzato lockdown quante privazioni abbiamo sofferto, specie in termini di rapporti sociali! Nel contempo, quanta reciprocità abbiamo respirato, a riprova che la tutela della salute richiede l’impegno e la partecipazione di ciascuno; quanta cultura della prossimità, quanta vita donata per far fronte comune all’emergenza!
Qual è il senso della libertà? Qual è il suo significato sociale, politico e religioso? Si è liberi in partenza o lo si diventa con scelte che costruiscono legami liberi e responsabili tra persone? Con la libertà che Dio ci ha donato, quale società vogliamo costruire?
Sono domande che in certe stagioni della vita interpellano ognuno di noi, mentre torna alla mente il messaggio chiaro del Vangelo: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32). I discepoli di Gesù sanno che la libertà si può perdere, fino a trasformarsi in catene: “Cristo ci ha liberati – afferma san Paolo – perché restassimo liberi; state saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5,1).
Una libertà a servizio della vita
La Giornata per la Vita 2021 stata un’occasione preziosa per sensibilizzare tutti al valore dell’autentica libertà, nella prospettiva di un suo esercizio a servizio della vita: la libertà non è il fine, ma lo “strumento” per raggiungere il bene proprio e degli altri, un bene strettamente interconnesso.
A ben pensarci, la vera questione umana non è la libertà, ma l’uso di essa. La libertà può distruggere se stessa: si può perdere! Una cultura pervasa di diritti individuali assolutizzati rende ciechi e deforma la percezione della realtà, genera egoismi e derive abortive ed eutanasiche, interventi indiscriminati sul corpo umano, sui rapporti sociali e sull’ambiente. Del resto, la libertà del singolo che si ripiega su di sé diventa chiusura e violenza nei confronti dell’altro. Un uso individualistico della libertà porta, infatti, a strumentalizzare e a rompere le relazioni, distrugge la “casa comune”, rende insostenibile la vita, costruisce case in cui non c’è spazio per la vita nascente, moltiplica solitudini in dimore abitate sempre più da animali ma non da persone. Papa Francesco ci ricorda che l’amore è la vera libertà perché distacca dal possesso, ricostruisce le relazioni, sa accogliere e valorizzare il prossimo, trasforma in dono gioioso ogni fatica e rende capaci di comunione (cfr. Udienza 12 settembre 2018).
Responsabilità e felicità
Il binomio “libertà e vita” è inscindibile. Costituisce un’alleanza feconda e lieta, che Dio ha impresso nell’animo umano per consentirgli di essere davvero felice. Senza il dono della libertà l’umanità non sarebbe se stessa, né potrebbe dirsi autenticamente legata a Colui che l’ha creata; senza il dono della vita non avremmo la possibilità di lasciare una traccia di bellezza in questo mondo, di cambiare l’esistente, di migliorare la situazione in cui si nasce e cresce. L’asse che unisce la libertà e la vita è la responsabilità. Essa è la misura, anzi il laboratorio che fonde insieme le virtù della giustizia e della prudenza, della fortezza e della temperanza. La responsabilità è disponibilità all’altro e alla speranza, è apertura all’Altro e alla felicità. Responsabilità significa andare oltre la propria libertà per accogliere nel proprio orizzonte la vita di altre persone. Senza responsabilità, libertà e vita sono destinate a entrare in conflitto tra loro; rimangono, comunque, incapaci di esprimersi pienamente.
Dire “sì” alla vita è il compimento di una libertà che può cambiare la storia. Ogni uomo merita di nascere e di esistere. Ogni essere umano possiede, fin dal concepimento, un potenziale di bene e di bello che aspetta di essere espresso e trasformato in atto concreto; un potenziale unico e irripetibile, non cedibile. Solo considerando la “persona” come “fine ultimo” sarà possibile rigenerare l’orizzonte sociale ed economico, politico e culturale, antropologico, educativo e mediale. L’esercizio pieno della libertà richiede la Verità: se desideriamo servire la vita con vera libertà occorre che i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà s’impegnino a conoscere e far conoscere la Verità che sola ci rende liberi veramente. Così potremo accogliere con gioia “ogni vita umana, unica e irripetibile, che vale per se stessa, costituisce un valore inestimabile (Papa Francesco, 25 marzo 2020, a 25 anni dall’Evangelium vitae). Gli uomini e le donne veramente liberi fanno proprio l’invito del Magistero: “Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà, pace e felicità!”.
Roma, 23 settembre 2020
Ll Consiglio Episcopale Permanente della Conferenza Episcopale Italiana
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- Scritto da Michele Righini
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Durante il lockdown sono stati molti i concorsi lanciati online, in particolare indirizzati ai bambini: l'arcobaleno più bello, il racconto più originale, disegni e illustrazioni di ogni tipo. Un modo per occupare il loro tempo, costretti in casa com'erano, ma anche per invitarli a riflettere su quello che stava succedendo. Noi lo sappiamo bene perchè anche “Lo Spekki(etto)” ne ha promossi un paio che hanno visto una partecipazione numerosa ed entusiasta che ci ha fatto grandissimo piacere. Alcuni di questi concorsi avevano respiro locale come i nostri – anche se potenzialmente la Rete cancella ogni limite geografico e ogni parete che ci imprigiona – altri invece erano davvero “universali”.
Uno dei più originali lo ha proposto una delle scrittrici per ragazze e ragazzi (e non solo) più amata e letta degli ultimi 20 anni: J.K. Rowling. Proprio lei, la creatrice del mondo magico, in tutti i sensi, di Harry Potter. Il cortocircuito mentale, scrivendo queste righe, mi scatta automatico: quanti anni fa “Lo Spekki(ett)o” aveva lanciato un concorso per superlettori di Harry Potter? Non ricordo, si era molto più giovani quindi meglio non interrogarsi troppo. Anche perchè questa sarebbe tutta un'altra storia, torniamo ai nostri giorni. Cosa ha fatto la Rowling? Ha rispolverato una storia scritta una decina di anni fa e rimasta chiusa nel cassetto, intitolata The Ickabog. Fino a giugno solo i suoi figli l'avevano ascoltata, letta dalla madre un capitolo a sera. Il lockdown ha suggerito un'idea alla scittrice: rispolverare quella storia e proporla in Rete un capitolo al giorno, come anni prima aveva fatto nella cameretta dei figli. Successo garantito, naturalmente, ma il valore aggiunto era proprio nel concorso legato a questa pubblicazione a puntate (e in molte lingue, naturalmente): i bambini erano invitati a illustrare, giorno per giorno, la storia che leggevano, in piena e totale libertà. Trasformare le parole in disegni, una delle cose che tutti i bambini, ma solo pochi adulti, sanno e amano fare. I disegni dovevano poi essere spediti utilizzando un sito apposito. Le illustrazioni più belle di ogni paese avrebbero illustrato l'illustrazione cartacea del libro. Per capirci: le illustrazioni più belle inviate dai bambini italiani, sarebbero finite nell'edizione italiana del libro. 34 illustrazioni per 34 capitoli, e 34 bambini vincitori, scelti da una giuria di esperti nel campo dell'editoria e dell'illustrazione come, per fare solo un esempio, lo scrittore e sceneggiatroe di fumetti Matteo Bussola, conosciuto dal grande pubblico soprattutto per il successo del suo Notti in bianco e baci a colazione.
E indovinate un po' chi si è conquistato un posto fra i 34? Leonardo Lodi, 7 anni, casolano DOC. Leonardo frequenta la terza elementare (ok,primaria, ma per gli over 40 non è facile abituarsi...) ed evidentemente ha un talento per il disegno. Anche perchè il concorso era destinato a bambine e bambini da 7 a 12 anni, quindi Leonardo era fra i partecipanti più... giovani fra i giovani.
I complimenti a Leonardo sono scontati, ma vogliamo ribadirli, per la vittoria certo, ma anche per avere saputo trasformare un momento complicato come quello della “quarantena” in qualcosa che certamente rimarrà come un ricordo positivo e incancellabile. Estendiamo i complimenti ai genitori Erika e Andrea, che di sicuro – chi ha figli piccoli sa bene cosa ha significato la gestione di compiti, passatempi, noie, ecc. ecc. dei bambini chiusi in casa – hanno sostenuto Leonardo e si sono anche loro impegnati per permettergli di partecipare al concorso.
Ma quando si ottiene un bel risultato, è giusto e necessario, soprattutto per un bambino, ricevere un premio: che cosa ha vinto Leonardo? Intanto, come detto, avrà la soddisfazione di vedere il proprio disegno pubblicato nell'edizione del libro, L'Ickabog, che uscirà in libreria il 10 novembre. E già questo non è poco, anzi probabilmente per Leonardo sarà questo il premio più bello. Ma non sarà l'unico. Riceverà anche una copia del libro autografata dalla stessa J.K. Rowling stessa. Ma c'è di più perchè, in maniera molto intelligente e sensata, il concorso prevede anche un premio per la comunità in cui vivono i vincitori. Ognuno di loro potrà infatti segnalare una scuola o una biblioteca a sua scelta e l'editore del libro – in Italia quindi Salani, editore storico della Rowling – donerà all'istituzione indicata libri per un valore di 500 euro. Non sappiamo di più su questo aspetto, se i libri si potranno scegliere e nel caso chi li sceglierà – la scuola o biblioteca scelta? Leonardo? L'editore? Non è un aspetto trascurabile – ma siamo certi che il premio sarà un arricchimento per altri bambini (ma anche adulti) che sui quei libri passeranno qualche ora e, forse, speriamo, si innamoreranno della lettura, dei libri, delle figure e delle parole che “sporcano” la pagina bianca.
A questo punto, dopo i complimenti, dopo la soddisfazione di vedere un giovane casolano cogliere questo bel “successo”, rimane la curiosità: di leggere L'Ickabog, naturalmente, ma soprattutto di vedere il disegno di Leonardo e di tutti gli altri piccoli vincitori.
Tutti in libreria il 10 novembre, mi raccomando!
Michele Righini
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- Scritto da Riccardo Albonetti
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Facciamo finta (ma forse neanche troppo) che i nostri lettori non conoscano per nulla Gianni Farina se non per il fatto di essere il figlio di, l’amico di, quello che viveva ecc ecc.. Facciamo finta di doverlo presentare ai nostri lettori. Quindi la prima domanda che dovrei porre è:
Che mestiere fai?
Se mi è rischiesta una riposta precisa dico che sono regista, drammaturgo, light and sound designer. Se posso essere sintetico rispondo che faccio teatro. Ho fondato il gruppo Menoventi nel 2005 insieme agli attori Consuelo Battiston (di Fiume Veneto - un paesino friulano che aluni casolani conoscono bene: nel ‘96 ospitò un raduno degli speleologi) e Alessandro Miele (di Pompei, che ora ha lasciato la compagnia per fondare un suo gruppo a Lecce), ma a volte lavoro per progetti non direttamente connessi a Menoventi.
Lasciamo perdere le domande del tipo “ma è un mestiere?”, “ma ci campi?”, e vari altri ma che nascono da questo tipo di risposta. Un aspetto che reputo sempre interessante per un’intervista è conoscere come sono nate le passioni dei miei interlocutori A volte si tratta di un suggerimento dato da un amico, a volte da uno spunto a scuola o da una situazione che si presenta inaspettata. Nel più classico degli schemi una passione nata in famiglia. Nel tuo caso?
È frutto della somma di tanti piccoli passi, non riuscirei a individuare un momento X. Riesco però a ritrovare alcuni momento salienti. Il teatro mi ha sedotto subito dopo le medie, grazie a una coraggiosa e intensa esperienza che alcuni gruppi romagnoli - allora quasi sconosciuti e ora ai vertici del panorama europeo - realizzarono tra Casola e Tredozio. Tra questi c’era il Teatrino Clandestino, la formazione della nostra compaesana Fiorenza Menni, che mi fece anche scoprire il Festival di Santarcangelo, una rivelazione mozzafiato per un quindicenne. In seguito, alle superiori, frequentai diversi laboratori e feci le prime esperienze sul palco, ma le contingenze economiche mi suggerirono di incamminarmi su strade meno incerte: ho fatto il cameriere, metalmeccanico, elettricista… è stato un percorso decisamente atipico per mio attuale settore, popolato per lo più da persone di un’altra estrazione sociale. Nel 2001 anni ho saputo di un ottimo corso di formazione per attori, proprio a Santarcagnelo, e ho deciso di tentare: mi sono licenziato (era necessaria l’iscrizione all’ufficio di collocamento) senza sapere se avrei superato la selezione e mi è andata bene. Finito quel percorso ho ripreso la vita del cameriere, ma parallelamente non ho più mollato il teatro, fino a quando nel 2005 ho debuttato come regista con il gruppo menoventi. Lo spettacolo è andato molto bene e nel giro di tre anni ho smesso di fare altri lavori per mantenermi. Ovviamente tiro ancora molto la cinghia, il tetro non è la televisione.
Poi sappiamo che il sacro fuoco dell’arte non è sufficiente e diventano necessarie la volontà, la tenacia, la voglia di imparare e di migliorarsi, il bisogno di un maestro. Sbaglio?
Sul maestro posso aggiungere che ho incontrato almeno 4/5 persone che mi hanno cambiato la vita; mi hanno trasmesso curiosità, dedizione, uno sguardo più lucido sulla temibile struttura sociale che il genere umano ha generato. Grinta e argomenti, quindi, ma anche la necessità di avviare una ricerca formale onesta.
E la Fortuna?
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- Scritto da Benedetta Landi
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Dopo due anni di lavoro, è uscito l’ultimo testo per l’insegnamento musicale redatto dal nostro concittadino Renato Soglia, assieme a Pier Giacomo Zauli e a Giuliana Pezzi, edito da Rizzoli (marchio Sansoni per la Scuola), in collaborazione con Erickson.
L’opera, rivolta alle scuole secondarie di primo grado, si suddivide in tre volumi (Fare musica, Ascoltare e comprendere la musica, Generi e forme musicali), ai quali si aggiunge la Guida per gli insegnanti, e si caratterizza come un percorso operativo, graduale e inclusivo. Operativo in quanto, attraverso i diversi volumi, si può imparare “facendo e ascoltando”, grazie ad attività che possono essere svolte sia singolarmente, sia con l’intero gruppo classe. Graduale poiché è corredato da esercizi e brani di diverse difficoltà, a partire da quelli molto semplici, che permettono di coinvolgere i ragazzi fin dall’inizio del percorso di insegnamento musicale. Infine inclusivo, vista la presenza, al termine di ogni unità, di mappe concettuali a cura di Erickson, che permettono di rappresentare graficamente e in modo facilmente comprensibile a tutti gli alunni (anche a coloro che presentano particolari difficoltà nell’ambito dell’apprendimento), le informazioni presenti nel testo.
I libri includono un repertorio di 260 brani, appartenenti a diversi generi musicali, dotati delle rispettive basi musicali. Esse sono raccolte in 29 cd, la cui realizzazione è stata seguita personalmente dai tre autori. Tutti i volumi hanno anche una versione digitale, grazie alla quale è possibile accedere a vari materiali multimediali (audiolezioni, video, mappe modificabili e basi musicali). Il corso è inoltre affiancato dall’applicazione “HUB MUSIC”: grazie a questa App, gli esercizi e i brani sono disponibili in un ambiente che consente all’insegnante la proiezione degli spartiti in classe e agli studenti uno studio della pratica musicale assistito (grazie al video-metodo) e autocorrettivo (grazie alla funzione tutor, capace di indicare gli errori di esecuzione). HUB Music permette inoltre visualizzazioni facilitate degli spartiti.
Questo testo riserva un’attenzione particolare anche al metodo di studio: ogni lezione è corredata da domande che orientano gli studenti durante la lettura, indicando loro le informazioni principali cui devono prestare attenzione. Inoltre, nelle unità di storia della musica le lezioni terminano con brevi schemi da completare per imparare a schematizzare, che si rivelano utili anche come traccia per l’esposizione orale.
Si tratta di un’opera completa e innovativa per quanto riguarda la didattica musicale, pertanto non possiamo che complimentarci con il Maestro Renato Soglia e con i suoi colleghi per il lavoro svolto!
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- Scritto da Gruppo Bibilioteca
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Adesso la biblioteca di Casola Vaslsenio è chiusa per colpa del Corona-Virus, ma noi del gruppo Lettura continuiamo a leggere e potreste farlo anche voi (Vedi in fondo a questo articolo le modalità di consegna anche durante la quarantena).
Vi proponiamo alcuni libri con un parere, una breve recensione.
Li abbiamo letti in questi giorni di pensieri bui, paure e restrizioni pesanti.
Hanno tutti un comune denominatore: sperare, lottare, avere fiducia, apprezzare!
L’EDUCAZIONE di Tara Westover
Un’autobiografia forte e drammatica: Tara è cresciuta in una famiglia mormona sulle montagne dell’Idaho. Non è mai andata a scuola e non è mai stata visitata da un medico. Fin da piccola è stata costretta a lavorare insieme ai genitori, prima come aiutante-levatrice, poi nella discarica del padre. Questa situazione cruda e difficile viene vissuta dalla Tara bambina come normale, che non può essere modificata fino al giorno in cui scopre “l’educazione”. Spronata da uno dei suoi fratelli inizia a frequentare prima il college poi l’Università. Questo distacco dalla famiglia è lento e doloroso , ma pian piano Tara riesce a capire tutti i soprusi che ha dovuto subire…..scopre la possibilità di emanciparsi.
(CONSIGLIATO A CHI VUOLE CONOSCERE STORIE DI DONNE VINCENTI!!!)
I LEONI DI SICILIA di Stefania Auci
Un romanzo appassionante, fatto di coraggio, ambizione e riscatto sociale. Un romanzo da divorare,nel quale si intrecciano eventi storici ( i moti del 1818, l’epidemia del colera, lo sbarco di Garibaldi) con le vicende personali dei Florio, una delle famiglie più ricche e potenti della Sicilia.
(CONSIGLIATO A CHI VUOLE CONOSCERE LA STORIA DI UNA FAMIGLIA VINCENTE)
LA MOGLIE IMPERFETTA B.A. Pari
Possiamo fidarci o no delle nostre intuizioni? Quattrocento pagine che ci conducono negli angoli più oscuri della psiche, un thriller che permette al lettore di immedesimarsi facilmente nella protagonista, riuscendo a percepirne le angosce, i dubbi, i sensi di colpa. Un libro dal finale per nulla scontato che ci invoglia a finirlo per scoprirne la verità. Ma la verità fa intuire un bel domani.
(CONSIGLIATO A CHI, TRA DUBBI, PAURE, ANGOSCE, ANSIE, SCOPRE DI POTERCELA FARE, ANCHE SE TUTT’INTORNO IL MONDO E LE PERSONE MINACCIANO IL NOSTRO EQUILIBRIO)
NEL CONTAGIO di Paolo Giordano
Lui è l’autore del famoso “ La solitudine dei numeri primi” un matematico. Dice Giordano che ciò che stiamo attraversando ci svela la complessità del mondo con le sue logiche sociali, politiche, economiche interpersonali e psichiche. Nel contagio siamo un organismo unico, una comunità che comprende l’interezza degli esseri umani. Una bella riflessione. Anche per non sentirci soli ad affrontare questo nemico invisibile.
(CONSIGLIATO A CHI VUOLE IMMAGINARE UN CAMBIAMENTO IN MEGLIO DOPO L’EPIDEMIA)
LA PESTE di Albert Camus
Avevo letto il libro più di 40 anni fa, da ragazzina.
Mi era piaciuto molto, avevo colto il valore morale dell’impegno contro la peste che l’autore voleva comunicare, mi era piaciuto il protagonista, medico ed eroe laico, mi era piaciuta la similitudine che l’autore poneva tra le epidemie, le guerre, tutto ciò che fa male all’uomo. Ora, nel rileggerlo durante questa epidemia, mi sono risultati più comprensibili e più vicini i sentimenti di chi, in quella città algerina colpita dalla peste, era tagliato fuori dalla vita a causa di un nemico invisibile che non perdonava. Sentimenti e sensazioni che appaiono incredibilmente attuali per noi.
(CONSIGLIATO A CHI SA CHE NON SI PUO’ VINCERE SEMPRE, MA CHE SA CHE BISOGNA SEMPRE LOTTARE!!!)
TERESA DEGLI ORACOLI di Arianna Cecconi
Una lettura piacevole e coinvolgente, un romanzo suggestivo che fa riflettere su molte situazioni della vita. C’è un gruppo di donne al capezzale della nonna immobile sul letto al centro del salotto: ci sono le figlie Irene e Flora, la cugina Rusi, la badante peruviana Pilar con le sue tradizioni andine e Nina, la nipote che racconta la storia.
Un romanzo per volare un po’ sopra la vita “come nei quadri di Chagall”.
Il saluto definitivo alla nonna, alla storia della sua vita, è vissuto coralmente dall’intera famiglia… Rispetto a ciò che succede oggi (tempo di epidemia) un capolavoro di addio.
(CONSIGLIATO A CHI VUOLE DARE UN SIGNIFICATO ALLA MORTE)
STONER di John Williams
“ Stoner”è la storia di un uomo che in apparenza ha una vita desolata, eppure Williams ne fa una vicenda appassionante e profonda che attraversa con grazia chi ha la fortuna di leggerla. E la traccia che lascia è indelebile.
(CONSIGLIATO A CHI APPREZZEREBBE ANCHE UNA VITA MODESTA E TRANQUILLA, SENZA ESAGERAZIONI)
CEDI LA STRADA AGLI ALBERI di Franco Armino
Perennemente parcheggiato sul mio comodino sta, tra i vari libri che vanno e vengono, lo scritto “ Cedi la strada agli alberi”di Franco Arminio, il poeta del silenzio, dei sassi, dei borghi abbandonati, delle piccole insignificanti cose della natura. Un po’ Tonino Guerra, un po’ Rumiz. Lo so che la poesia non è di moda, ma vi assicuro che questo libriccino vi affascinerà. Da leggere e rileggere e rileggere…. Un piccolo assaggio:
“ Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, di gente che sa fare il pane, che ama gli alberi e riconosce il vento. Più che l’anno della crescita, ci vorrebbe l’anno dell’attenzione. Attenzione a chi cade, al sole che nasce che muore, ai ragazzi che crescono, attenzione anche ad un semplice lampione, ad un muro scrostato…….”
(CONSIGLIATO A TUTTI PERCHE’ TUTTI ABBIAMO BISOGNO DI POESIA; ED ARMONIA; E PERCHE’ TUTTI CREDIAMO CHE LA NATURA CI POSSA SALVARE…….VIRUS A PARTE:::!)
Ed ora tocca a voi…. Buona lettura!
A cura del Gruppo Lettura Biblioteca
La biblioteca di Casola si sta organizzando per fare arrivare a casa libri e DVD. Potete inviare le vostre richieste alla mail della biblioteca: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
oppure chiamare i numeri di telefono 054676168 / 0546976522.
Sul catalogo
https://scoprirete.bibliotecheromagna.it/opac/Opac.do
e sulla app di Scoprirete della Rete bibliotecaria di Romagna e San Marino potete vedere in tempo reale le disponibilità.
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- Scritto da Manuel Andreotti
- Categoria: Cultura
Pubblichiamo su Lo Spekkietto la nuova PLAYLIST della quarantena compilata dal nostro fidato intenditore di musica Manuel Andreotti
- Harry Styles – Adore You – 2019: Voce pazzesca, spruzzatine di funky in un pezzo pop all’ennesima potenza.
- Heaven Shall Burn – Eradicate – 2020: Violenza sonora! Una mazzata metalcore/death “in da face”.
- Lady Gaga – Stupid Love – 2020: singolo che anticipa il nuovo lavoro di Lady Germanotta; sonorità anni ’80 e groove da paura.
- Lamb of God – Memento Mori – 2020: in questo periodo, il pezzo perfetto da ascoltare in cuffia a volume spropositato, pura cattiveria. Testo attualissimo che ne enfatizza la riuscita.
- Dua Lipa – Phisical – 2020: La nuova regina del Pop. Produzione pazzesca e gandissima performer.
- King 810 – Hellhounds – 2020: disagio urbano, schifofrenia in musica. Perla di rara bellezza, in un panorama musicale sempre più privo di fantasia.
- Adele – Someone Like You – 2011: Lo so, qua arrivo tardi, ma come suol dire, “meglio tardi che mai”. Voce incredibile, testo strepitoso!
- Christina Aguilera – Fighter – 2002: che voce ragazzi, CHE VOCE!!! L’Italia si scorda di artisti del genere!
- Pink Floyd – High Hopes – 1994: un disco sublime, l’ultimo di una band leggendaria. Pezzo perfetto per le serate malinconiche forzatamente casalinghe.
- Timoria – Sole Spento – 2001: pezzo “nostalgia”. Testo particolarmente adatto al periodo che stiamo vivendo.
BUON DIVERTIMENTO
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- Scritto da LoSpekkietto
- Categoria: Cultura
LUGETE VENERES - finalmente svelato il mistero della “MARCIA FUNEBRE N. 9”
https://www.lospekkietto.it/attualita/2227-lugete-veneres.html
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- Scritto da Enrica Dalla Vecchia
- Categoria: Cultura
Già da diversi anni si sente spesso parlare di apprendimento online o e-learning. Con il termine apprendimento online (noto anche come apprendimento in linea, teleapprendimento, teledidattica o con il termine inglese E-learning) si indica l'uso delle tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell'apprendimento facilitando l'accesso alle risorse e ai servizi, così come anche agli scambi in remoto e alla collaborazione a distanza.
Molte istituzioni propongono progetti educativi caratterizzati dalla teledidattica, intesa come percorso didattico rivolto ad utenti aventi difficoltà di frequenza in presenza. Attraverso la teledidattica si facilita la formazione continua e quella aziendale, specialmente per le organizzazioni con una pluralità di sedi.
Tutti i sistemi di e-learning devono possedere alcuni elementi essenziali:
- l'utilizzo della connessione in rete per la fruizione dei materiali didattici e lo sviluppo di attività formative basate su una tecnologia specifica, detta "piattaforma tecnologica" (learning management system, LMS);
- l'impiego del personal computer;
- un alto grado di indipendenza del percorso didattico da vincoli di presenza fisica o di orario specifico;
- il monitoraggio continuo del livello di apprendimento;
- la valorizzazione di:
- multimedialità (l’integrazione tra diversi media per favorire una migliore comprensione dei contenuti);
- interattività con i materiali (per favorire percorsi di studio personalizzati e l’ottimizzazione dell'apprendimento);
- interazione umana (con i docenti/tutor e con gli altri studenti, per favorire la creazione di contesti collettivi di apprendimento).
Le caratteristiche che rendono gli oggetti di apprendimento riutilizzabili sono:
- la facile reperibilità e trasportabilità;
- la possibilità di gestire gli archivi dei contenuti;
- l'assegnazione ai singoli oggetti di insiemi di metadati.
Attraverso la piattaforma tecnologica, si gestisce la distribuzione e la fruizione della formazione: si tratta di un sistema gestionale che permette di tracciare la frequenza ai corsi e le attività formative dell'utente. Tutte le informazioni sui corsi e gli utenti restano indicizzate nel database della piattaforma; questo permette all'utente di accedere alla propria offerta formativa effettivamente da qualsiasi computer collegato a Internet, generalmente senza la necessità di scaricare software ad hoc e a volte perfino senza necessariamente consentire attraverso il proprio browser il deposito e la memorizzazione di cookies. L'utente è totalmente delocalizzato e in virtù di ciò risulta più semplice il suo accesso al proprio percorso formativo modellizzato sul server, ovunque e in qualsiasi momento.
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- Scritto da benedetta
- Categoria: Cultura
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- Scritto da Riccardo Albonetti
- Categoria: Cultura
Cari lettori, siamo qui per dare spazio ad un progetto veramente interessante. Si tratta di ABILISSIMI PROTAGONISTI. Nelle testate locali, ma anche nei quotidiani nazionali questo progetto ha avuto un’eco notevole; per chiarire il tutto facciamo qualche domanda al regista e curatore del progetto, il nostro compaesano FABIO DONATINI.
Ciao Fabio. Anzitutto che cos’è ABILISSIMI PROTAGONISTI?
Ciao Riccardo. Abilissimi Protagonisti è una serie di corsi sui mestieri del cinema dedicati a ragazzi disabili. Un corso di sceneggiatura e scrittura, un corso di tecniche di ripresa, un corso di recitazione e un corso di preparazione al set cinematografico. Il tutto è stato ideato per allargare il concetto di cinema all’universo della disabilità.
Come è partita questa idea?
Ricordo un’estate di due anni fa, insieme a Luca Carubelli. Parlammo molto di come poter organizzare qualcosa che potesse coinvolgere i disabili della vallata. Cercare, dopo corsi introduttivi, di fare un breve film che raccontasse in maniera originale e simpatica la vita di un portatore di handicap. Poi come sempre le cose evolvono, cambiano, trovano sostenitori, partner e patrocini. Una grande mano ci è stata offerta soprattutto dalla Pro – Loco di Casola anche se poi il corso si è svolto soprattutto a Imola.
Perché questo nome al progetto?
Perché la disabilità diventa quasi sempre abilità, anzi abilità “superlativa” e il protagonismo, che è un concetto chiave nel cinema, lo diventa anche per i nostri allievi; allievi che si trovano al centro dell’attenzione, al centro dello sviluppo di una storia, nella scrittura di battute e nell’interpretazione di un ruolo nel breve film che vorremmo realizzare.
Chi ha partecipato al progetto?
Il corso è stato organizzato dalla Zarathustra Film e in particolare da Chiara Nicoletti e Marilisa Murgia. I docenti del corso sono stati lo sceneggiatore Christian Poli, il montatore e produttore esecutivo Nicola Spaccucci, il regista Francesco Merini e l’amico attore e cantante Alan Giagni. Io ho seguito il corso di regia e recitazione. L’ufficio stampa, che cura da sempre il progetto, è invece Stefania Pollastri.
Dal numero di articoli apparsi abbiamo potuto notare che il progetto è stato apprezzato?
Molto apprezzato. Uscire nel corriere nazionale per me è un grande onore. Soprattutto le caratteristiche del breve film che vogliamo girare hanno colpito i media. La volontà di rigirare scene famose della storia del cinema sostituendo disabili ad attori normodotati ha colpito un po’ tutti.
E adesso come procederà il progetto?
Abbiamo deciso di far partire un crowfunding per raccogliere i fondi necessari a girare il nostro breve video che ha come coautori e attori tutti i nostri allievi.
Spiega bene ai nostri lettori che cosa è esattamente il crowfunding?
Traducendo dall’inglese siamo di fronte ad un “finanziamento della folla”, un finanziamento dal basso. Esistono piattaforme web che presentano il progetto attraverso un video e un’attenta descrizione del prospetto. La nostra piattaforma è GINGER (www.ideaginger.it), la quale raccoglie i finanziamenti che possono essere effettuati da tutti in maniera molto semplice. Esiste poi un target economico da raggiungere e/o superare in un arco di tempo specifico, il nostro è tre mesi dal primo dicembre. Nel momento in cui il target è raggiunto i fondi ricavati possono essere utilizzati per sviluppare il progetto in questione: ovvero il nostro film. Per chi non conoscesse l’universo del crowfunding consiglio a tutti di navigare sul sito di GINGER e cogliere il potenziale incredibile di questa modalità di finanziamento dal basso.
Nel tuo caso a cosa serviranno queste risorse?
All’indirizzo https://www.ideaginger.it/progetti/se-il-mio-film-avesse-le-ruote-storia-del-cinema-in-carrozza-a-rotelle.html si possono trovare tutte le specifiche e il fine della raccolta, ovvero le riprese di un piccolo film (10 minuti) intitolato “Se il mio film avesse le ruote” dove, come dicevo prima, verranno riprodotte scene cult della storia del cinema reinterpretate da attori disabili. Da Sergio Leone a Murnau, da Federico Fellini a Ridley Scott, sarà come se questi registi avessero avuto a che fare con attori disabili e circostanze sensibili alle questioni della disabilità. Un piccolo film sulla storia del cinema “diversamente abile”.
E se una persona volesse fare una donazione di persona?
Per una donazione di persona nella Vallata di Casola ci si può rivolgere alla Pro Loco nella figura del presidente Boni Bruno (3471714411) oppure alla sostenitrice del progetto Cavallari Claudia (3356666744) lasciando nominativo, cellulare ed e-mail.
Grazie
Intervista a cura di Riccardo Albonetti
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- Scritto da Andrea Benassi
- Categoria: Cultura
Il Parco della Vena del Gesso, nonostante la sua limitata estensione, non finisce mai di stupire. Questa importante area carsica dell'Emilia Romagna oltre alle esplorazioni speleologiche, ci regala infatti spesso nuove e importanti testimonianze storico-archeologiche. Che molte delle grotte presenti in questo territorio conservino tracce di frequentazione umana non è mai stato un mistero, ma dopo la scoperta nel 2011 del ruolo giocato dall'estrazione del Lapis Specularis durante l'età romana, molti siti hanno subito importanti rivisitazioni e approfondimenti. Dopo ampi studi abbiamo oggi l'immagine di un luogo in cui la vocazione mineraria ha giocato un ruolo importante almeno per alcuni secoli. Eppure molte delle tracce presenti in diverse grotte conservano ancora un alone di mistero apparentemente di difficile interpretazione. Alla luce di tutto questo, e partendo dall'idea che forse anche in questi casi si potessimo trovare davanti a testimonianze di attività estrattive o comunque legate alla ricerca di risorse naturali, nel 2018 ho avviato una survey in alcuni siti. Una revisione critica di alcuni contesti ipogei, alla ricerca di marcatori e tracce che potessero spiegare una tale frequentazione. Ovvero cercando di identificare un pattern o dei marcatori comuni e la presenza di una qualche risorsa naturale utilizzabile. Inaspettatamente attraverso una minuziosa osservazione dei tre siti archeologici ipogei presi in esame, nello specifico Grotta del Re Tiberio (ER RA36), Grotta della Tanaccia (ER RA114) e Grotta dei Banditi (ER RA384), è emersa una diffusa presenza di tracce di lavorazione che interessavano i sedimenti argillosi, i riempimenti limosi e gli interstrati tra i banchi di gesso. Queste tracce, diverse e da non confondere con quelle lasciate dall'attività speleologica di scavo e d esplorazione, permettevano di riconoscere tanto l'utilizzo di strumenti di metallo quanto altri di forma ignota, ma interessavano sistematicamente i sedimenti contenenti abbondanti ossidi e idrossidi di ferro e manganese. Queste mineralizzazione, diffuse nella serie gessosa, conferiscono spesso a questi fanghi un caratteristico colorito giallastro, rossiccio o bruno. A questo punto è stato facile identificare in questi fanghi una discreta presenza di ocra allo stato nativo. L'ocra, nelle tonalità dal giallo fino al marrone, rappresenta da millenni una risorsa fondamentale in molteplici contesti umani. Si tratta infatti di uno dei primi e più usati pigmenti a scopo decorativo, artistico e rituale. Cennino Cennini, importante artista vissuto a cavallo tra il XIV e il XV secolo, in un suo trattato sulle tecniche e i materiali usati nella pittura, cosi ci racconta la sua ricerca di questi pigmenti in una grotticella nella Val d'Elsa a sud di Firenze. “...in una grotta molta salvatica, e raschiando la grotta con una zappa, io vidi vene di più ragioni colori: cioè ocria, sinopia scura e chiara, azzurro e bianco... Ancora in nel detto luogo era vena di color negro.” Per il periodo romano, numerosi autori classici, tra cui Plinio e Vitruvio ci raccontano tecniche e modalità estrattive di questi pigmenti, nonché i processi di depurazione e cottura degli stessi. Sempre in ambito romano è arrivata fino a noi, tramite La Mappae Clavicula, la descrizione del pigmento noto come Lapis Fissus, più tardi conosciuto come Terra d'ombra. Un idrossido di manganese particolarmente scuro di cui troviamo abbondanti depositi proprio tra i sedimenti presenti nella grotta di Tiberio. Anche le altre due grotte hanno restituito sedimenti utilizzabili come pigmenti, mentre il confronto con le ricerche realizzati nella Grotta della Monaca, in Calabria, uno dei pochi studi sulle antiche miniere d'ocra, sembrano conferire consistenza all'ipotesi. Proprio da questo confronto è maturata infatti l'ipotesi che anche alcune ulteriori tracce di difficile interpretazione possano legarsi all'attività estrattiva. In particolare la presenza di una sistematica distruzione di concrezioni e crostoni concrezionati nella Grotta dei Banditi, potrebbe essere la traccia proprio di una modalità estrattiva documentata nella grotta calabrese. Per verificare la resa dei pigmenti raccolti, dopo aver depurato e macinato il materiale grezzo, ho realizzato con leganti a base di albumina, prove di colore sia su pietra che su legno. I composti coloranti ottenuti sono risultati perfettamente utilizzabili dal punto di vista artistico. I siti oggetto della survey, hanno una importante storia di scavi archeologici e attraverso i reperti ritrovati, testimoniano una frequentazione protrattasi lungo un ampio arco temporale, principalmente compreso tra l'età del bronzo e l'età romana. Allo stato attuale è impossibile determinare meglio l'entità, l'importanza e la continuità che potrebbe aver avuto l'estrazione dell'ocra in questi luoghi. Appare però fuori di dubbio che una tale risorsa possa aver giocato un ruolo non secondario nella frequentazione di alcuni contesti, magari anche intrecciandosi con altre motivazioni sociali o rituali. A questo punto, c'è da sperare che ulteriori ricerche possano confermare una tale ipotesi. Anche alla luce della recente candidatura delle aree gessose dell'Emilia Romagna come patrimonio Unesco, la presenza di questa nuova potenziale testimonianza storica non potrebbe che arricchire ulteriormente il valore di questa piccola ma importante area carsica.
Andrea Benassi
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