La rubrica “Casolane coraggiose” è ormai una costante del nostro giornale. Ci piace raccontare le storie delle nostre concittadine che hanno trovato fortuna all’estero, vedendo ripagati il sacrificio e l’impegno profusi negli studi e nella carriera lavorativa. Si parla spesso di “orgoglio italiano all’estero” e di “cervelli in fuga”, e anche noi casolani, nel nostro piccolo, possiamo vantare una lunga carrellata di ragazzi e ragazze che hanno esportato il loro talento e le loro capacità fuori confine.

Questa volta giochiamo “in casa”, in quanto l’intervistata di oggi è Giulia Rivola, mia cugina, classe 1988. Ho realizzato questa intervista proprio a Casola, in occasione del suo rientro a casa per le vacanze estive.

Giulia, parlaci del tuo percorso.

Il mio percorso è iniziato presso il Liceo Linguistico “S.Umiltà” di Faenza, dove ho studiato inglese, francese e tedesco. Finito il liceo, nel 2008, sono andata a Londra con l’intento di migliorare l’inglese. Dopo 3 mesi di studio presso l’International House sono tornata in Italia, dove mi sono iscritta all’Università di Bologna, studiando lingue a indirizzo letterario.

Nel 2014 ho deciso di trasferirmi a Valencia per fare un’esperienza all’estero. Inizialmente l’idea era quella di starci solo un paio di mesi, al fine di familiarizzare con lo spagnolo, una lingua che non avevo mai studiato a livello scolastico. Questi due mesi sono diventati poi due anni e mezzo, durante i quali ho lavorato presso un ristorante italiano. Imparare lo spagnolo è stato più difficile di quello che pensassi! C’è lo stereotipo che per parlare lo spagnolo basti aggiungere una “S”, ma non è così. È una lingua diversa dall’italiano a livello grammaticale e lessicale.

Dopodiché ho capito che Valencia non era la città che faceva per me, quindi ho deciso di cambiare aria, trasferendomi ad Amsterdam nel luglio del 2017, dove vivo tutt’ora. Questa scelta è scaturita dal fascino che ha sempre avuto su di me la cultura del nord Europa.

Inizialmente, appena arrivata, ho lavorato come cameriera: questo è il modo più semplice e veloce per trovare lavoro e per imparare la lingua, essendo a diretto contatto con il pubblico. Successivamente ho iniziato a lavorare presso un gruppo turistico che si occupa di tour organizzati presso musei e attrazioni turistiche di Amsterdam. Fino al 2020 mi sono occupata di accompagnare in queste visite guidate i turisti italiani, spagnoli e inglesi. Poi, con l’arrivo del Covid, tutto il turismo si è fermato. Il turismo interno ora sta riprendendo, quindi alcuni settori della compagnia sono tornati attivi, mentre quello che mi coinvolgeva direttamente è ancora in stand-by.

In questo periodo di pausa forzata ne ho approfittato per studiare l’olandese e mi sono reinventata mettendo a frutto le competenze linguistiche acquisite nel corso degli anni: ho iniziato a lavorare come insegnante privata di inglese, spagnolo e italiano. In questo ambito ho avuto anche il privilegio di contare tra i miei “studenti” alcuni personaggi famosi a livello internazionale nell’ambito sportivo.

È stato difficile imparare da zero spagnolo e olandese, due lingue straniere che mai avevi studiato in ambito scolastico e universitario?

In spagna ho dovuto imparare la lingua da autodidatta, mentre la città di Amsterdam mette a disposizione gratuitamente due corsi di 6 mesi ciascuno di lingua olandese per gli stranieri residenti regolarmente in Olanda. Ho seguito i corsi due volte alla settimana, apprendendo così le basi di una lingua tutt’altro che semplice e intuitiva. La conoscenza del tedesco mi ha aiutata molto a orientarmi.

Per vivere ad Amsterdam è comunque richiesta prevalentemente la conoscenza dell’inglese, lingua quasi ufficiale là in quanto città turistica e universitaria, quindi non ho avuto difficoltà di comunicazione fin dal principio, conoscendo bene la lingua inglese.

Ora parli moltissime lingue! Quante esattamente?

Parlo 7 lingue: italiano madrelingua, inglese e spagnolo a un livello avanzato C1, francese e olandese a un livello B2 e tedesco e portoghese a un livello B1. E ovviamente bisogna aggiungere alla lista anche il dialetto romagnolo!!!

Hai fatto conoscere Casola in terra olandese: il tuo fidanzato Michael e alcune tue colleghe di lavoro sono venuti più volte in visita qua. Cosa ne pensano del nostro piccolo paese?

L’aspetto naturalistico è piaciuto molto a tutti loro! I nostri bei paesaggi collinari sono inesistenti là. Una delle loro mete preferite è stata senz’altro Monte Battaglia. E ovviamente hanno apprezzato molto il cibo, specialmente i tortelli di nonna! Michael sta imparando a cucinare italiano, ama la pasta e la parmigiana di melanzane.

Quali sono le principali differenze tra l’Italia e l’Olanda?

Innanzitutto esiste una grande differenza a livello climatico: in Olanda l’estate dura circa un mese; il resto dell’anno è freddo e piovoso… un clima che io adoro!

In Italia il costo della vita è molto più basso: una pizza margherita costa 3,50 euro, mentre ad Amsterdam 13,50 euro. Ovviamente è tutto bilanciato: uno stipendio medio va dai 2500 ai 3000 euro al mese.

Altra grande differenza è costituita dalla sanità: in Olanda è privata, e ogni mese bisogna pagare un’assicurazione sanitaria.

Gli olandesi sono poi molto più schematici e freddi rispetto a noi italiani. La cosa positiva che hanno è l’efficienza, sotto tutti gli aspetti: poche parole e tanti fatti. Ma a differenza nostra, sono meno affettuosi e calorosi nelle relazioni. Subito dopo essermi trasferita avevo l’impressione di non piacere a nessuno: io ero abituata ad abbracciare tutti per presentarmi, ma loro si irrigidivano! Poi ho scoperto che era un loro modo di essere e non un astio nei miei confronti. Anche tra amici, il massimo del contatto fisico per loro è costituito da una stretta di mano.

Il cibo ovviamente è migliore in Italia!! Loro non hanno una vera e propria cultura culinaria, non ci sono veri e propri piatti tipici. Michael, il mio ragazzo, è stato sorpreso dalla quantità di cibo che mangiamo in Italia: antipasto, primo, secondo, dolce… là per pranzo e cena si accontentano di un panino o di una bistecca con le verdure. Per fortuna ad Amsterdam ci sono un sacco di negozi e ristoranti italiani, per quando viene la nostalgia della nostra buona cucina!

Un’altra enorme differenza è rappresentata dal fatto che in Olanda sono più attenti alle questioni ambientali. Un esempio: quando vai al supermercato e compri acqua o bibite, ti viene aggiunta una sovrattassa di 15/20 centesimi. Se una bottiglia d’acqua costa 1 euro, la spesa totale diventa per esempio 1,15 euro. Quei soldi ti vengono poi restituiti nel momento in cui porti indietro le bottiglie vuote: dentro ad ogni supermercato, infatti, c’è una macchina nella quale è possibile inserire lattine, bottiglie di plastica o vetro, di ogni formato (1 litro, 1 litro e mezzo, mezzo litro o anche formati più piccoli) e che ti restituisce i soldi che avevi anticipato al momento dell’acquisto. Questi soldi “extra” costituiscono una sorta di cauzione, che assicurano il fatto che tu poi restituirai le bottiglie vuote. Penso sia un ottimo incentivo per convincere le persone a riportare indietro la plastica e il vetro, che verranno poi riciclati.

Ci hai parlato del tuo lavoro, che è stato bruscamente interrotto dalla situazione di emergenza sanitaria. Qual è la situazione Covid in Olanda? Com’è stata gestita la pandemia?

Il Covid da noi è arrivato a fine marzo 2020, e inizialmente ci si aspettava (come credo in tutti i Paesi) che in poche settimane la cosa sarebbe finita o perlomeno che sarebbe stata sotto controllo. In realtà, nel corso di questi due anni ci sono stati svariati lockdown, ma non severi come quelli in Italia. Anche da noi scuole, università, cinema e teatri erano chiusi. I ristoranti inizialmente erano chiusi del tutto, poi hanno aperto solo per il delivery e il take away. I supermercati erano aperti con orario ridotto. Non abbiamo però mai avuto l’obbligo di restare chiusi in casa. Potevamo uscire anche 10 volte al giorno, ovviamente indossando le mascherine e rispettando il distanziamento. Attività fisica e passeggiate erano insomma consentite. Non esistevano zone rosse, arancioni e gialle, e una volta presa la decisione di istituire un lockdown non si tornava indietro: per 3 mesi si rispettavano le stesse norme, le quali erano più stabili e durature rispetto a quelle italiane, dove si cambiava spesso versione. Da novembre 2020 a giugno 2021, ad esempio, ad Amsterdam è stata mantenuta la stessa linea di azione, nella quale era compreso il coprifuoco. Ora le misure sono state allentate, tutto è di nuovo aperto. L’unico luogo in cui bisogna ancora indossare la mascherina è sui mezzi di trasporto pubblici, mentre negli altri luoghi – negozi compresi – non è più obbligatoria. Hanno ripreso anche festival e concerti, aperti a tutti coloro che sono in possesso del green pass.

Per quanto riguarda le vaccinazioni, il mio turno è arrivato a fine giugno/inizio luglio. La campagna vaccinale è stata organizzata molto bene e non si sono mai verificate lunghe file di attesa fuori dai centri vaccinali. La vaccinazione in generale è stata accolta bene dalla popolazione, in alcune zone meno che in altre, ma in una città così internazionale, nella quale vivono persone provenienti da tutte le parti del mondo, era molto attesa, perché essere vaccinati vuol dire poter tornare a casa a trovare la propria famiglia: ti toglie un sacco di burocrazia e facilita gli spostamenti. La percentuale di vaccinati a livello nazionale è pari all’81,7%. I giovani soprattutto sono più propensi a farsi vaccinare.

Sono stati poi introdotti i test molecolari gratuiti, e ritengo che questa sia una cosa molto positiva e utile. È sufficiente prendere appuntamento online, e in massimo 36 ore hai il risultato del test via e-mail. Non c’è un limite di test che puoi fare, quindi sei più controllato e ti senti più sicuro negli spostamenti. A luglio e agosto erano gratuiti anche i test che rilasciavano la documentazione necessaria per viaggiare all’estero, e questo ha permesso anche a me di tornare a casa in tutta tranquillità.

I test rapidi invece possono essere acquistati direttamente al supermercato ed effettuati a casa. Un pacco da 5 test costa 12 euro (in Italia 15 euro l’uno).

Parlaci di Amsterdam. Qual è la cosa che ti piace di più di questa città?

Ad Amsterdam c’è un grande numero di immigrati italiani. L’impressione è che molti prendano sotto gamba il fatto di trasferirsi in questa città, vista spesso come “la città del peccato”, dove tutto è legale e tutto è permesso. Una volta che ci vivi invece, ti rendi conto che non è affatto così: non puoi fare ciò che vuoi. È una città molto controllata e sicura, nella quale ti devi comportare responsabilmente.

È anche una città molto cara, nella quale è fondamentale parlare bene l’inglese (e anche un minimo di olandese). Se qualcuno vuole trasferirsi ad Amsterdam deve avere le idee chiare su cosa può fare e su qual è l’effettivo costo della vita. Tra affitto, assicurazione sanitaria e spese, bisogna mettere in conto almeno 1500 euro al mese.

Rispetto alla mia esperienza in Italia e in Spagna, posso dire che ad Amsterdam è più facile fare amicizie internazionali: ci sono persone provenienti da tutte le parti del mondo. Alcune delle mie amicizie più strette sono provenienti da Ungheria, Indonesia, Sudamerica, Portogallo, Filippine, Corea e Giappone. È una cosa positiva, che ti dà modo di conoscere tante culture diverse e di ampliare i propri orizzonti. Questo è uno degli aspetti che amo di più di Amsterdam. Anche tramite il lavoro ho conosciuto persone provenienti da tutti i continenti, compresi Stati Uniti e Australia, le quali mi hanno addirittura invitata ad andarle a trovare... È una città che ti offre quindi molti sbocchi e molte opportunità.

Grazie Giulia per averci raccontato la tua esperienza ad Amsterdam!

Dank jullie wel, grazie a voi!

 

Benedetta Landi

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