Visita al frantoio - Intervista ad Alex e Massimo Santandrea
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- Scritto da Paoletta
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Azienda Prata Casola Valsenio
Vado ad intervistare Alex e Massimo in una giornata ventosa e nuvolosa di questo strano maggio agitato e nervoso come in pochi altri anni è capitato di vedere.
Con l’auto mi immetto nella strada che lambisce il parco del Cardello, mi inoltro un po’ in una direzione che rimane pianeggiante e non sale in alto, come altri sentieri della zona. Il paesaggio intorno a me è gentile, con tanti olivi dalle foglie argentate e la macchia mediterranea, con cento tonalità di verde, del parco. Ad ogni bivio compare l’indicazione” FRANTOIO”.
Ecco, sono davanti a “Prata”, una casa di campagna ristrutturata, con a lato un grande capannone e di nuovo l’indicazione FRANTOIO.
Ho un appuntamento sul primo pomeriggio perché in questi giorni i lavori dell’azienda agricola richiedono molte ore e non posso chiedere troppo tempo per un’intervista, anche se per il nostro glorioso “Spekkietto”.
Mi sono preparata una serie di domande, ma la chiacchierata fluisce veloce e spontanea per cui riassumo sotto forma di intervista una vera e propria e semplice conversazione.
Da quanti anni funziona il vostro frantoio?
Nel 2016 abbiamo deciso di comprare un frantoio per noi, per fare il nostro olio con le olive dei nostri ulivi, un frantoio a pressa. Poi qualcuno ci ha chiesto di molire anche le loro olive, poi qualcun altro ancora, con il passaparola abbiamo ricevuto sempre più richieste, così abbiamo deciso di cambiare il frantoio, non più a pressione ma a forza centrifuga a freddo, e da allora non ci siamo più fermati, abbiamo continuamente acquistato nuove macchine ed aggiornato le nostre competenze.
Che differenza c’è tra i due tipi di frantoio?
Nel vecchio frantoio a pressa l’olio prendeva luce, aria, sbalzi di temperatura, ma per fare il nostro olio andava bene. Nel frantoio a forza centrifuga, a freddo, l’oliva non incontra luce, aria, temperatura esterna. L’olio è una vera spremitura, una semplice estrazione che mantiene al meglio le qualità del succo delle olive: puro olio extra vergine, con le migliori proprietà organolettiche e chimiche. Da allora usiamo macchine toscane che sono leader mondiali in questo settore.
Intervista alla nuova Pediatra
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- Scritto da Benedetta Landi
- Categoria: Attualita
A partire da aprile 2021, ha preso servizio a Casola, con incarico definitivo, la nuova pediatra di libera scelta. Si chiama Alessandra Rollo, vive a Bologna, e con molta disponibilità e cortesia ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda.
Buongiorno Dottoressa Rollo, innanzitutto benvenuta a Casola! Vuole una presentarsi brevemente alla cittadinanza e alle famiglie dei suoi piccoli pazienti?
Cari bimbi e cari mamme e papà, piacere di conoscervi, sono la Dott.ssa Alessandra Rollo, la nuova Pediatra di libera scelta di Riolo Terme e Casola Valsenio. Vivo a Bologna, città che mi ha adottato da un po' di anni, nella quale mi sono laureata e specializzata in Pediatria. Qui ho conosciuto mio marito ed insieme abbiamo due bimbi bellissimi, Beatrice di quasi 6 anni ed il piccolo Edoardo di 1 anno e mezzo. Sono molto entusiasta di intraprendere questa nuova avventura nella vostra comunità che si è già dimostrata molto accogliente nei miei confronti. Mi impegnerò affinché si possa stabilire fin da subito un rapporto di reciproca fiducia e collaborazione e spero un po’ alla volta di conoscervi tutti personalmente. So che negli ultimi mesi si sono susseguiti diversi pediatri “provvisori”, e ci tengo a rassicurarvi che il mio è un incarico definitivo, per cui mi auguro di rimanere con voi a lungo e di accompagnarvi nella crescita dei vostri bimbi. Vi lascio i miei riferimenti e alcune regole per l’accesso in ambulatorio. L’accesso in ambulatorio è consentito solo su appuntamento. Gli orari di ricevimento sono:
Lunedì: Riolo Terme 10.30 – 13.00
Martedì: Casola Valsenio 14.00 – 17.00
Mercoledì: Riolo Terme 14.00 – 17.00
Giovedì: Casola Valsenio 10.30 – 13.30
Venerdì: Riolo Terme 10.30 – 13.30
Un Viaggio Spaziale
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- Scritto da Mimi Pozzi
- Categoria: Attualita
16/08/2021 un messaggio su whatsapp: "Ciao Marghe, so che sei in ferie ma il Coordinamento Regionale Emilia Romagna delle Unità di strada* ha chiesto disponibilità per il Free Party " Space Travel" di Valentano"
Prima reazione: che razza di legna (tradotto in gergo casolano: entusiasmo potente, disponibilità massima).
Seconda reazione: siamo in mezzo ad una pandemia mondiale, ha senso?
Considerazione finale: dato che il Rave c'è è giusto esserci.
Esserci, presenti e attenti. Esserci nel rapporto con le persone, la relazione come significato e valore di quello che facciamo. Esserci perché mi interessa quello che ti sta succedendo. Esserci perché voglio fare la mia parte, poter aiutare le persone a preservare la salute, pur tenendo conto del consumo di sostanze.
Senza preconcetti, senza giudizi morali ma con informazioni utili che possano metterti nella condizione di non incorrere in rischi o pericoli. Cercare di ridurre i danni nei contesti del divertimento.
A Casola sono conosciuta come Mimì, formalmente sono Margherita Pozzi e dal 2016 lavoro al Servizio Dipendenze Patologiche di Forlì come educatore professionale.
Nell'ambito degli interventi finalizzati al contrasto e alla prevenzione delle dipendenze le unità di strada svolgono funzioni di prossimità sul territorio intervenendo tramite informazione, sensibilizzazione e riduzione dei rischi nei contesti del divertimento e attua interventi di riduzione del danno rivolti a persone con dipendenza patologica nel contesto di strada. La nostra Unità di strada si chiama "Info.Pusher" tradotto: spacciatori di informazioni. Dietro ad un banchetto "di sostanza" diamo la possibilità di fare l'etilometro gratuitamente e diamo informazioni "stupefacenti" rispetto ai consumi e ai rischi connessi. Ci presentiamo come Servizio e cerchiamo di monitorare le situazioni urgenti dove è necessario intervenire.
Ma torniamo al Rave: si arriva al Rave alle 8 e 30 a Valentano. Per prima cosa vediamo posti di blocco delle forze dell'ordine alle entrate/uscite del Free Party. Controllano i nostri documenti, diamo i riferimenti dei Responsabili del coordinamento e gli raccontiamo brevemente che cosa andremo a fare. Ci salutiamo facendoci l'in bocca al lupo a vicenda.
Arriviamo alla postazione operativa, la chill out: lo spazio di decompressione, poco più dislocato rispetto alla "festa", provvista di materiale sanitario e generi di conforto.
Incontriamo colleghi da tutta Italia ed il responsabile di turno, ci informa della situazione precedente e attuale; spiega il materiale presente e gli interventi che si andranno a fare durante la giornata.
Da operatori Ser.D. (Servizio Dipendenze Patologiche) era il nostro primo rave, un gigante rave!
Si presentava come un campo enorme con parcheggiati numerosi camper, camion, incredibili mezzi di trasporto modificati, anzi trasformati, tante persone che si spostavano nelle varie postazioni sound. Differenti spazi decorati, con davanti muri di casse, musica elettronica di svariati generi suonata da diversi dj. Le persone ballavano con vestiti originali e trasgressivi, in allestimenti magici, quasi fantasy.
I così detti "fuori dal sistema".
Un vero e proprio viaggio in un altro spazio. Uno spazio pieno di fascino, di originalità e curioso.
IL BAR NUOVO, 50 anni fa
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- Scritto da Maurizio Giordani
- Categoria: Sport
Recentemente, mentre sistemavo una parte del contenuto della casa dei miei genitori, è rispuntata una vecchia foto datata luglio 1970 che ha catturato la mia attenzione. La foto raffigurava la squadra di calcio del BAR NUOVO prima della partita di inaugurazione dell'allora famoso torneo notturno di Borgo Tossignano. Immediatamente la mia mente ha iniziato a viaggiare indietro nel tempo e a rivivere alcuni momenti di quel periodo così lontano e diverso da oggi.
Avevo dieci anni quando, nel 1968, i miei genitori acquistarono licenza e contenuto del BAR NUOVO, "il bar del prete" per qualche casolano. Ricordo che l'idea di lasciare la mia Borgo Rivola e gli amici non mi piaceva affatto, ma molto presto l'ambiente casolano e i nuovi amici allontanarono ogni sensazione negativa.
Nei giorni feriali al bar c'era sempre la fila per prendere il caffè dopo pranzo e mio babbo sosteneva che per offrire un servizio dignitoso bisognava essere almeno in tre. Dopo il caffè i clienti facevano un po' di chiacchiere, qualche discussione o una partita a carte prima del ritorno al lavoro, che per la maggior parte di loro era alle 14.
Lo sport ufficiale praticamente non esisteva, la società di calcio sarebbe rinata soltanto nel 1978, ma c'era comunque un proliferare di tornei e gare amatoriali e improvvisati che ai miei occhi avevano un qualcosa di affascinante e magico.
Ricordo il primo torneo di pallavolo a cui ho assistito, che si disputava alla "Arena", dove adesso è situato l'ufficio postale. Quel torneo fu vinto dalla squadra del BAR NUOVO, per la quale ovviamente facevo il tifo, grazie alle splendide prestazioni di Franco Rinaldi Ceroni, soprannominato Francone e giocatore della Spem Faenza, che oltre a giocare per tre era come un vero allenatore in campo per i compagni Dino Dall'Osso, Araldo, Lamberto Venturi…
In estate si disputava anche il torneo di tennis e io, a 11 anni, ebbi l'onore di fare il raccattapalle nella finalissima vinta da Nino Carli Moretti (Ninone). Ricordo di avere seguito i tornei seguenti per tifare Beppe Guidi, personaggio simpaticissimo che tutte le estati organizzava con l'Anna Maria (guai a non sottolinearlo), a casa sua, la bellissima serata della polenta, dove erano invitati tutti gli amici, rigorosamente clienti del BAR NUOVO.
Non mancavano certamente gare di ciclismo. Ogni anno si disputava la classica denominata "Giro di Marradi". I partecipanti, per la maggior parte clienti del BAR NUOVO, iniziavano mesi prima a denigrare e a provocare gli avversari, esaltando le proprie future gesta, ma alla fine vinceva sempre quello che se ne stava zitto, Poggiali, soprannominato il Rocétt’. Ho ricordi del bar nei giorni precedenti la gara, pieno di premi per i corridori offerti dai vari commercianti casolani.
Grande interesse avevano poi i tornei di calcio dei bar, che i casolani seguivano in massa con grande passione. Il BAR NUOVO partecipava al torneo del prosciutto di Borgo Rivola – riservato ai giocatori non tesserati e dove giocavano tutti casolani e clienti del bar – e al più qualificato torneo di Borgo Tossignano, dove, per essere competitivi, oltre ai migliori casolani bisognava anche rinforzarsi con giocatori di fuori paese e tesserati nelle squadre più importanti della zona (Imolese, Faenza, Baracca Lugo, Ravenna, ecc.).
La caccia al rinforzo al BAR NUOVO era qualcosa di coinvolgente per un sacco di persone: chi consigliava, chi partecipava attivamente andando di domenica a cercare di convincere qualche giocatore che si trovava al mare sotto l'ombrellone e addirittura chi si impegnava a trovare e a pagare (di tasca propria) il campione che avrebbe fatto vincere la squadra, con il grosso rischio di venire sbeffeggiato regolarmente per un bel po' di tempo nel caso il campione in questione non si fosse dimostrato all'altezza.
Nella foto della squadra che prese parte alla partita inaugurale si riconoscono in piedi da sinistra:
Giovanardi, casolano di origine che giocava nel Faenza;
Giordani Orfeo, presidente (mio babbo);
Lama, riolese e fidanzato con una casolana, giocava nell'Imolese;
Albonetti Carlo (Carlone), casolano;
Cantagalli Pietro (Paia o Pirì), casolano;
Franco Rinaldi Ceroni (Francone), il pallavolista che giocava nella Spem;
Suzzi Ivano, casolano.
Accosciati, sempre da sinistra:
Frostituri, partecipò soltanto a quella partita in sostituzione di Negrini, mi sembra di ricordare fosse il portiere del Solarolo;
Ballardini, giocava nel Faenza;
Dall'Osso Dino, casolano;
Albonetti Franco (Franchino), casolano;
Visentin, giocava nel Faenza;
Farina Franco, casolano trasferitosi a Faenza, non ricordo in quale squadra aveva militato nella stagione appena conclusa, ma so per certo che qualche anno prima aveva giocato nel Ravenna;
Rivola Domenico (Farinè), casolano.
Il selezionatore era il mister Diego Dall'Osso che nella foto non appare.
Di quella partita ricordo molte cose. Ero troppo giovane per poter capire la disposizione tattica della squadra, ma ricordando la numerazione dei giocatori e conoscendo le idee di Diego per averlo avuto 8 anni come allenatore, sono certo di indovinarla.
Frostituri con il numero 1 era il portiere.
Farinè con il 2 e Ballardini con il 3 i terzini.
Carlone con il 4 lo stopper e Giovanardi con il 5, il libero.
Lama con il 6 era il centromediano metodista, mentre ai lati come mezze ali c’erano Franchino con il 7 e Paia con il 10.
Dino, il numero 9, era il centravanti arretrato di ispirazione ungherese, oggi di ispirazione spagnola, lo chiameremmo falso nueve.
Farina Franco e Visentin, rispettivamente l'8 e l'11, erano le 2 punte.
Franco Rinaldi Ceroni, che era il portiere titolare nel torneo del prosciutto, qui faceva il dodicesimo, mentre il tredicesimo era il giovane Suzzi Ivano. Oggi siamo abituati a vedere panchine di nove o dieci giocatori, ma a quei tempi erano così corte in tutti i campionati ufficiali, partendo dalla serie A.
Assistetti a quella partita con il mio amico Piero Dall'Osso, figlio del mister. Ricordo che ci divertimmo a canzonare un tifoso avversario che fin dal primo minuto aveva preso di mira Franco Farina, urlandogli ripetutamente: "Farina tipo zero". Per fortuna Franco, dopo pochi minuti, si inventò un gol dei suoi con una girata improvvisa che mandò il pallone proprio sotto l'incrocio dei pali, così da far prima tacere e poi dileguarsi con la coda tra le gambe il tifoso provocatore.
Il BAR NUOVO vinse quella partita 2 a 0. Non ricordo bene chi segnò il secondo gol, presumo ancora Franco Farina. Di sicuro non fu Visentin. Avrei tanto desiderato una sua rete, innanzitutto perché aveva il numero 11, lo stesso numero che avevo io quando giocavo, poi perché stava giocando una grande partita. Ricordo poi la prestazione di Lama che entusiasmò tutti per classe ed eleganza, me in particolare, tanto che per un po' di tempo, nelle partite che ero solito organizzare con gli amici, mettevo il numero 6 proprio perché volevo giocare come lui.
Per qualche tempo i giocatori di quella foto sono stati idoli per me, e non avrei mai immaginato che in seguito sarebbero stati miei compagni di squadra. Lama nel Castel Bolognese e nel Casola, nel Faenza ritrovai Giovanardi, che una volta diventato dirigente di quella società mi volle negli anni a venire come allenatore. Con Franco Farina ho giocato a Riolo Terme e con Pietro Cantagalli, Franco Albonetti e Ivano Suzzi a Casola.
Questa foto non mi ha ricordato semplicemente quella partita, ma un periodo in cui, al contrario di oggi, lo sport era molto più praticato che visto, ed era un'occasione di aggregazione sentita da tutto il paese. I sorrisi della squadra ben rappresentano la grande voglia di vivere, di divertirsi e di stare insieme dei casolani di quel tempo.
Maurizio Giordani
Intervista a Matteo Termali
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- Scritto da Benedetta Landi
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Ho intervistato Matteo Termali, un giovane Casolano con una passione e un talento particolari. Matteo è un cercatore di tartufo DOC, e da qualche anno ha affiancato a questo suo interesse anche la realizzazione di vanghetti e attrezzature per la ricerca del tartufo. Si tratta di un’attività artigianale molto particolare, che Matteo realizza con cura e dedizione.
Matteo, com’è nata la tua passione per la ricerca del tartufo?
È nata quando ero ancora un bambino, grazie ai miei nonni. Dopo la scuola indossavo vestiti vecchi e scarponi e mi avventuravo assieme a loro in mezzo ai boschi, alla ricerca di funghi e tartufi. Non appena ho preso la patente, sono diventato un cercatore indipendente, anche se questo non possedeva il fascino delle giornate trascorse assieme ai miei nonni! Allora non avevo cani o attrezzature mie, così utilizzavo le loro… fino a che non ho preso il mio primo cane e non ho iniziato a creare io stesso gli strumenti necessari.
Com’è nata l’idea di produrre questi strumenti?
L’idea di produrre vanghetti è nata quasi di pari passo con la passione della ricerca del tartufo. Cercavo infatti un attrezzo adatto alle mie esigenze, ma sul mercato non trovavo niente che mi soddisfacesse. Per me un vanghetto è un accessorio, così come lo possono essere un paio di scarpe o un paio di occhiali: lo devi sentire tuo, e deve darti emozione quando lo usi. Ho così iniziato a lavorare il legno e l’acciaio per dare vita a qualcosa di mio. Sono riuscito a realizzare uno strumento funzionale, e nonostante fosse il primo era già abbastanza curato nei dettagli, come piace a me.
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