Le Lauree al tempo del Covid 19
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- Scritto da Stefano Rossi
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"Cari studenti e studentesse, in ottemperanza all'ordinanza della Regione Emilia Romagna, l'Ateneo ha disposto la sospensione delle attività didattiche dal 24 al 29 febbraio compresi".
Con questa mail il rettore Francesco Ubertini dell'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, annunciava la sospensione di tutte le attività universitarie, lezioni, esami e tirocini. Inizialmente in molti, me compreso, hanno pensato che si trattasse di una fase transitoria e veloce, soprattutto era la speranza dei miei amici che avevano in programma di laurearsi per la sessione di marzo. "Nel peggiore dei casi si tratterà di fare slittare di qualche giorno le date degli appelli di laurea". Questo pensavamo. Ma ben presto le nostre speranze sarebbero andate ad impattare con la realtà. Con il DCPM del 9 marzo l'Italia diventava zona rossa, le lezioni universitarie continuano on line, e così pure le sessioni di laurea, ma non si potrà festeggiare, almeno non come eravamo abituati a farlo, con canti goliardici, con un po' di baracca e uniti.
Sono in sei a Casola ad essersi laureati nel mese di marzo, di varie età e che hanno frequentato facoltà molto diverse, accomunati però dall'aver passato il giorno più importante della loro carriera universitaria a casa, davanti a un PC, e alcuni di loro in ciabatte.
Il 12 marzo è stato il gran giorno di Lorenzo Sabbatani, neo dottore in Scienze Filosofiche. In quei giorni le restrizioni non erano ancora stringenti come lo sono oggi, erano ancora consentite le passeggiate all'interno del proprio comune, quindi con alcuni amici ci siamo trovati fuori dalla casa di Lori, tenendo rigorosamente il metro di distanza per congratularci con lui: "Laurea particolarissima, ma col senno di poi mi sono divertito comunque, sono stato contento di averla svolta in questa modalità a distanza. Avendo già sperimentato la laurea triennale, avrei dovuto ripetere la stessa procedura, l'unica pecca è stata non poter condividere il momento con amici e parenti. Mi sono svegliato presto, ho fatto la mia solita colazione e ho aspettato davanti al computer la chiamata. Nell'attesa con una mia amica di Riolo, che si laureava lo stesso giorno, ci siamo inviati delle gran foto buffe dei nostri outfit: vestiti bene e tirati a balestra dal busto in su, con camicia e papillon, nella parte sotto la vita, pigiama e ciabatte. Nel momento della chiamata io e la mia famiglia ci stavamo facendo i fatti nostri in giro per casa, mi sono precipitato subito e ho iniziato la discussione da solo, senza i miei, quando per fortuna se ne sono accorti è partito un gran via vai per precipitarsi da me, ogni tanto mi voltavo e vedevo mia mamma con il camice da cucina e il cucchiaio in legno mescolare il ragù, mio babbo aveva appena lavorato in giardino e anche lui come me, indossava le mitiche Crocks, è stato molto divertente. Certo sono una persona a cui piace festeggiare, ma questa modalità è stata veramente comoda, ed ero talmente stanco che appena conclusa mi sono tornato a letto.
Avremo comunque tempo per fare baracca, ma quando mi ricapiterà di laurearmi in pantofole?"
Il giorno dopo Lorenzo, il 13 marzo, è il turno di Giacomo Naldoni, ora dottore in Ingegneria Meccanica. Quella di Giacomo se vogliamo è una laurea ancora più particolare delle altre, a differenza dei suoi colleghi non si è laureato nella propria dimora: "Siccome la mia connessione non riusciva a reggere una chiamata con una condivisione della presentazione, in cui erano presenti anche dei video, ho chiesto al sindaco una stanza del comune. Lui ha accettato e mi ha messo a disposizione la stanza del consiglio comunale. Ovviamente a causa delle norme sanitarie non potevo portare amici o parenti, ho dovuto gestire tutta l'ansia da solo. Non sono però mancati gli incoraggiamenti da parte dei dipendenti comunali e di Giorgio Sagrini, che ringrazio. Grazie alla fibra del comune non ho avuto problemi e tutto è filato liscio".
“Stato” di convalescenza
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- Scritto da Lorenzo Sabbatani
- Categoria: Attualita
Ho l’impressione che di quarantena sentiremo parlare a lungo, che sia l’argomento caldo non solo di questa ingrata primavera, colma di un sole che ci è negato, ma anche della prossima estate. Probabilmente, se vorremmo andare al mare lo dovremmo immaginare.
Già perché non importa quante restrizioni andranno ad allentarsi d’ora in avanti: il nostro stato di salute – la salute civile di ciascun popolo in questo periodo storico – è quello di chi ha preso un’influenza esagerata e non può muoversi dal letto (è pur vero che di virus stiamo parlando). E per quanto si senta volenteroso di uscire e di spaccare il mondo, il paziente deve essere tenuto in osservazione ancora per qualche giorno (ciò che per noi equivale a parecchi mesi di riposo). Questa è l’attuale condizione di un Paese insofferente e malconcio – il nostro – nell’attesa di essere dimesso dal proprio lettino d’ospedale al più presto. Forse un po’ troppo fiducioso: non è ancora il momento di cedere all’irrequietezza della libertà.
In situazioni di pericolo, la vita organica mette in atto un meccanismo di difesa chiamato “sistema immunitario”. Tornando alla metafora del paziente d’ospedale, piuttosto attuale, il nostro paese non è poi così diverso dall’organismo umano. Si potrebbe infatti immaginare (senza banalizzare) che il personale sanitario equivalga ai nostri agguerriti leucociti, i quali, nelle loro divise bianche, sono specializzati a seconda della loro funzione difensiva; che le persone “coagulate” in casa siano come le piastrine, che prevengono il contatto con agenti patogeni esterni (anche se il Covid-19 si manifesta con i sintomi del raffreddore), mentre il resto delle persone che continuano a lavorare corrisponda all’insieme delle risorse necessarie per sostenere l’integrità del corpo.
Nel nostro stato di convalescenza, che ci separa ma ci accomuna, che ci assimila e al contempo ci allontana, siamo costretti a fare i conti con noi stessi, per la prima volta dopo molto tempo.
Ci sono momenti rari della storia in cui una comunità d’un tratto si percepisce interamente come singolo. E alla base di un tale fenomeno agiscono sempre e principalmente i sentimenti umani. Infatti, se l’unità di un paese si può ottenere dalla coercizione o dalla coesione sociale, tuttavia è solo dal XX secolo che abbiamo finalmente capito una regola fondamentale: veicolare i sentimenti delle persone attorno ad un progetto politico oppure ad un capo carismatico è molto più redditizio che reprimerli nel sangue. Nel caso dell’Italia, questo tipo di coinvolgimento è sicuramente avvenuto per l’Unificazione del 1861 (voluta dagli intellettuali e dai signori), in seguito per l’iniziativa bellica del 15-18 (per la quale una minoranza “chiassosa” ribaltò la volontà del Paese), quindi nei confronti dell’ideologia fascista e del suo capo supremo, infine azzarderei dire che gli anni del miracolo economico (50-60), della FIAT 600 e della Vespa, del cinematografo di Fellini, della Rai e di Mike Bongiorno, abbiano contribuito a plasmare l’immagine dell’Italia nella mente dei suoi cittadini, esportandola nel mondo.
Certo, tendiamo a sperimentare la nostra cittadinanza giorno dopo giorno, ogni volta che andiamo al lavoro, quando paghiamo le tasse, mentre ci rechiamo alle urne. Ma quand’è che ci siamo più sentiti veramente una cosa sola?
Questo, però, non vuole essere un argomento a favore di una qualsiasi forma di nazionalismo, ancora dilagante nei circuiti partitici o nei chiassosi salotti di Rete 4, quelli condotti da opinionisti che si divertono a fare i saltimbanchi in prima serata. Anzi, il vero grave problema è proprio quello di aver finora politicizzato il Covid-19, ossia di averlo reso una questione di confine. Eppure il virus non pone limiti territoriali, li valica; non porta una bandiera sulle spalle, ma ne sgualcisce i colori e ne calpesta le geometrie.
Playlist 2020 (Quarantine Edition) di MANUEL ANDREOTTI
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- Scritto da Manuel Andreotti
- Categoria: Cultura
Pubblichiamo su Lo Spekkietto la nuova PLAYLIST della quarantena compilata dal nostro fidato intenditore di musica Manuel Andreotti
- Harry Styles – Adore You – 2019: Voce pazzesca, spruzzatine di funky in un pezzo pop all’ennesima potenza.
- Heaven Shall Burn – Eradicate – 2020: Violenza sonora! Una mazzata metalcore/death “in da face”.
- Lady Gaga – Stupid Love – 2020: singolo che anticipa il nuovo lavoro di Lady Germanotta; sonorità anni ’80 e groove da paura.
- Lamb of God – Memento Mori – 2020: in questo periodo, il pezzo perfetto da ascoltare in cuffia a volume spropositato, pura cattiveria. Testo attualissimo che ne enfatizza la riuscita.
- Dua Lipa – Phisical – 2020: La nuova regina del Pop. Produzione pazzesca e gandissima performer.
- King 810 – Hellhounds – 2020: disagio urbano, schifofrenia in musica. Perla di rara bellezza, in un panorama musicale sempre più privo di fantasia.
- Adele – Someone Like You – 2011: Lo so, qua arrivo tardi, ma come suol dire, “meglio tardi che mai”. Voce incredibile, testo strepitoso!
- Christina Aguilera – Fighter – 2002: che voce ragazzi, CHE VOCE!!! L’Italia si scorda di artisti del genere!
- Pink Floyd – High Hopes – 1994: un disco sublime, l’ultimo di una band leggendaria. Pezzo perfetto per le serate malinconiche forzatamente casalinghe.
- Timoria – Sole Spento – 2001: pezzo “nostalgia”. Testo particolarmente adatto al periodo che stiamo vivendo.
BUON DIVERTIMENTO
Santa Messa Domenica 19 aprile 2020 ore 11 - Casola Valsenio
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- Scritto da LoSpekkietto
- Categoria: Eventi
Il giro della Breta è vietato
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- Scritto da Paola Giacometti
- Categoria: Attualita
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Oggi, 12 aprile 2020: Pasqua
La Pasqua ai tempi dell’epidemia
Ho aperto l’uovo di Pasqua , ma non vi ho trovato ciò che desideravo…!
Se potessi trovare nell’uovo di Pasqua…!!!
Voi, quale desiderio avreste voluto fosse esaudito?
Io un lasciapassare! Un Pass…!
Sì...un piccolo desiderio: un lasciapassare, “un pass per fare il giro della Breta”.
Risibile desiderio, insignificante e così piccolo.
Mi trattengo dall’uscire. Non voglio contagiare nessuno, non mi sogno di accorciare le distanze, il metro è sacro. Ma mi dispiace non poter camminare, non poter vedere le strade percorse, i negozi frequentati, le piazze attraversate, gli occhi devono poter incontrare altri sguardi… e mi dispiace non poter camminare nel classico percorso di noi Casolani, amanti dei passi del giro della Breta.
“Ma come, non potete voi casolani percorrere i circa 4 chilometri che costituiscono la lunghezza di questa passeggiata?”
Ebbene no, in tempi di CoronaVirus, anche questo è un desiderio impossibile, come tanti altri ( e ben più seri, sia ben chiaro, lo so).
Noi 40 casalinghe, 50 giovani, 20 badanti, 30 pensionati, 20 ragazzini, 25 convalescenti stiamo aspettando il Pass!
Questo giro della Breta è così legato alla quotidianità di molti Casolani che, in tanti, in fila presso i negozi, in attesa di entrare si lamentano: “Almeno si potesse fare il giro della Breta!Questa quarantena sarebbe più sopportabile!”
Sì, capisco che non ci si può allontanare oltre i 100 metri da casa, ma il giro della Breta è terapeutico!
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