A San Donato c'è solo il caldo
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- Scritto da Michele Righini
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Fabio Donatini firma una nuova regia, un documentario dal titolo San Donato Beach. Prodotto da Zarathustra Film, è stato presentato all'ultimo Torino Film Festival, riscuotendo un successo andato ben oltre le aspettative. Se volete vedere il trailer lo trovate qua: https://www.youtube.com/watch?v=p2m-y0h8PIE. Di seguito alcune considerazioni, anche personali, se invece volete capire di cosa parla trovate un sacco di recensioni in rete.
Sono certo che tutto sia iniziato nell’estate del 2003, estate dolce per alcuni versi (che non sto qui a dirvi) e famigerata per altri che invece vi dirò. Quell'anno iniziò quel caldo folle che prima non esisteva e che invece adesso è normale nei mesi estivi. Iniziò il due maggio 2003 (quindi tecnicamente non era nemmeno estate...) e non mollò il colpo fino a fine settembre. Sono certo che tutto sia iniziato allora perché io c’ero, io abitavo in San Donato quell’estate, avevo una nuova morosa (alla fine vi dirò anche perché fu un’estate dolce se vado avanti così...) e tre coinquilini: Albo, che dormiva con la testa nel terrazzino di 80 cm quadrati per combattere il caldo, Lori, con il quale ci disputavamo l’uso dell’unico sgangherato ventilatore di casa, e Fabio che adesso su quel caldo ci ha fatto un film.
Secondo me anche l’idea di questo film ha iniziato a frullargli in testa in quella torrida estate di 17 anni fa, una delle prime trascorse a San Donato. Si deve essere reso conto già allora che non rimane molta gente in agosto in quel giro di strade che sta subito al di là del ponte: via Amaseo, via Galeotti, piazza Mickiewicz... Un discount, un bar a fare da punto di riferimento e, come dice Patrizia all’inizio del film, un gran caldo.
Quando in un posto è molto caldo, o molto freddo, la gente tende ad andarsene. Pensate al deserto che di giorno è caldo caldo e di notte freddo freddo, non ci sono molte cose nel deserto. Quindi le poche cose che ci sono si notano, emergono, colpiscono l’occhio di chi lo osserva (e magari ci si ritrova dentro per caso, errore, necessita, o perché si è perso). Se va bene quello che si nota in lontananza è un’oasi. Nella maggior parte dei casi invece è un cactus. Che ha comunque una sua utilità, ci insegnano i western. Credo che sia successa la stessa cosa con questo film: Fabio, bloccato nel caldo agostano di San Donato, ha notato i cactus, le poche persone rimaste in quello stretto giro di vie. Persone, non personaggi, che normalmente si mimetizzano fra la folla ma che in quel deserto spiccavano come cactus. Con le loro spine e con una scorta d’acqua chiusa dentro di sé, invisibile per tutti quelli che non hanno la voglia, il tempo, la curiosità di farci due chiacchiere. Fabio, lo credo io poi dirà lui se è vero, ha semplicemente inciso quei cactus (poi la smetto con questa similitudine, promesso) per fare sgorgare le loro storie. Non li ha intervistati, è rimasto lì ad ascoltarli mentre parlavano e raccontavano. Il fatto che avesse con sé una telecamera e qualcuno che gli desse una mano a girare (“una troupe ridotta al minimo e attrezzatura leggera”, dicono le note inviatemi dall’ufficio stampa) era un dettaglio di fronte all'urgenza di potere raccontare, per la prima volta, le proprie sfortune, i propri rimpianti, le rare gioie e le scarse ma tenaci speranze.
CARRI APS
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- Scritto da Riccardo Albonetti
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Nel momento in cui scriviamo, ci troviamo in una situazione di forte incertezza e abbiamo oramai capito come è difficile organizzare eventi a lunga scadenza. Sappiamo però che la Festa di Primavera edizione 2020 è saltata, cosa che non accadeva dal secondo conflitto mondiale. Prima che la pandemia fermasse tutto però nell’ ambiente c’era un certo fermento, trapelavano notizie, si intuiva una gran voglia di fare per portare in piazza i carri allegorici. Tra i tanti rumors, le indiscrezioni che di norma filtrano dalla stanza in cui si riuniscono i rappresentanti delle società che li costruiscono (Extra, Sisma e Nuova Società Peschiera 1984) e i discorsi delle persone, ne circolava una particolarmente interessante: il fatto che sarebbe nata un’associazione ad hoc esclusivamente per occuparsi della Festa di Primavera in tutti i suoi aspetti.
Ne abbiamo parlato con il Presidente della Pro-Loco Bruno Boni nonché, da quanto abbiamo potuto capire, presidente della neonata associazione che si occuperà nei prossimi anni della Festa di Primavera.
Anzitutto una domanda semplice semplice. Il nome dell’associazione?
CARRI APS (Associazione di Promozione Sociale)
Da quale esigenza nasce l’idea di scorporare la Festa di Primavera dalla gestione della Pro-Loco e di creare un’entità a sé stante?
L’associazione nasce per la necessità di tutelare i volontari che ogni anno partecipano alla costruzione dei carri; ovviamente con la creazione di questa non si vuole andare a togliere l’organizzazione alla proloco ma dargli un supporto.
Chi fa parte di questa associazione?
MASSIMO E’ IL NUOVO SINDACO DI FAENZA
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- Scritto da Tiziano Righini
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- “Pronto?…ohi Cava, cosa mi dici?”
- “Massimo è diventato sindaco di Faenza e stasera suoneremo in piazza a Faenza!” –
Quando Cristiano Cavina mi ha chiamato, nel pomeriggio del giorno successivo alle elezioni, sinceramente, dentro di me ho pensato: “Lo sapevo già dal 1990 che Massimo avrebbe, prima o poi, ricoperto un ruolo politico importante e credo che sia solo l’inizio di un lungo percorso!”
Fra noi giovani ragazzi degli anni ’90, a Casola, Massimo Isola è sempre stato un leader, un trascinatore, ed io ho sempre percepito il suo entusiasmo nell’inventare tutto ciò che, in quegli anni (profondamente diversi da oggi) mancava ai giovani in un piccolo paese dell’Appennino Romagnolo: praticamente quasi tutto.
In realtà, credo che la generazione del ’74, a Casola, sia stata speciale e non lo dico solo perché sono il primo nato in quell’anno funestato da crisi economica e terrorismo. Ne sono profondamente convinto perché ho avuto modo di stringere amicizie vere, con persone dotate di grandi virtù e capacità intellettive frutto anche delle importanti esperienze del passato, vissute dai nostri genitori.
Con Massimo ho condiviso gli anni in cui l’evoluzione fisica e mentale corre veloce. Un giorno ti svegli e ti senti profondamente legato ai tuoi giochi dell’infanzia, il giorno dopo sogni di guidare l’auto e scorrazzare senza patente sulle colline di notte, con i tuoi amici (fatto poi avveratosi in una calda notte d’agosto del ’91).
Ogni giorno sognavamo di fare qualcosa e diventare qualcuno. Prima il calcio, che ci ha legato indissolubilmente nei ricordi magici raccontati e magistralmente cristallizzati per sempre da Cristiano nel suo romanzo Un’ultima stagione da esordienti. Poi la musica, la cui scoperta fu un intenso percorso che partì dalle origini del rock fino ad arrivare al noise-punk e ai centri sociali, nel giro di 5 anni.
Nella nostra compagnia di amici (maschi-prevalente) nonostante fossimo tutti dotati di carattere e temperamento tutt’altro che scialbo, non vi erano grandi gerarchie.
Ho sempre pensato che ognuno di noi fosse in realtà un leader, a modo proprio. Questo si percepiva, silenziosamente, e veniva in un certo senso riconosciuto, senza doverne parlare. C’era chi dimostrava le proprie doti a scuola, chi nello sport, chi nella musica, chi nei rapporti umani e chi… con le ragazze! Il nostro denominatore comune era comunque il riconoscimento reciproco della personalità, del carattere talvolta sanguigno che contraddistingue tipicamente il romagnolo-montanaro.
La fame di sapere e sperimentare ha sempre caratterizzato Massimo, come confermato in età adulta nelle sue prime missioni politiche, in particolare come Assessore alla Cultura, proprio in quel di Faenza. Seppur seguendo dalla fredda vetrina dei social network il suo operato, in questi ultimi anni, ho sempre percepito nei suoi sguardi lo stesso entusiasmo che ci accompagnava nei lunghi pomeriggi estivi a comporre canzoni o ascoltare a luci spente i Pink Floyd, a tutto volume, così forte che coprivano le lamentele dei vicini. Un assolo di David Gilmour suonato in via Cenni (dove abitava Massimo, nella Casola alta) poteva essere percepito chiaramente fino in Piazza Sasdelli (dove abitavo io), tant’è che mia mamma una volta mi disse - “Ma non sarete mica voi che tenete la musica così alta, in paese?!”
Ogni giorno, per tutti noi, doveva diventare speciale per non cadere nella noia che a quell’età, quando hai poco, rischia di trascinarti in una dimensione apatica. Forse questo lo percepivamo involontariamente, istintivamente e quindi ci adoperavamo in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo per coltivare i nostri sogni, piccoli o grandi che fossero. Quello che ci mancava, lo creavamo noi.
COME STA IL NOSTRO CARO FIUME SENIO?
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- Scritto da Maria Teresa Rinaldi Ceroni
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E’ dal settembre del 2017 che i proprietari delle abitazioni di via Cantone n.10, 12, 14 e 16 hanno portato a conoscenza della provincia di Ravenna il timore di frane sulle loro proprietà proprio sul fiume Senio, forse per perdite di acqua dei condotti idrici, delle piogge eccessive e di altro. Sulla frana del campo sportivo, avvenuta il 26/02/2015, siamo tutti a conoscenza. Quello che abbiamo evidenziato è un altro punto pericoloso che si trova nella corsia della strada provinciale oltre il km 22 verso il ponte, dove si nota un avvallamento del manto stradale, provocato da infiltrazioni di acqua e anche dal vuoto del terreno sottostante. Abbiamo fatto presente questo alla Provincia, chiarendo che nel passato, oltre il guard-rail, c’era un passaggio su cui il mezzadro conduceva i mezzi agricoli (anche il trattore) da un campo all’altro; poi il terreno è franato e si sta facendo un vuoto pericoloso. Il sindaco, attento a questa problematica, ha segnalato, in data 11/11/2019, alla Provincia di Ravenna il timore di cedimento lungo la scarpata a valle della strada. La Provincia ha inviato alcuni esperti, i quali, dopo un sopralluogo sul posto, hanno riscontrato che i movimenti in atto nella scarpata a valle della strada appaiono stabilizzati; allo stato attuale, non comportano problematiche di sicurezza per la circolazione stradale e hanno garantito controlli da parte del personale provinciale di sorveglianza.
Tutta la documentazione degli scritti è presente negli uffici competenti del comune di Casola Valsenio.
Perché, caro fiume Senio, ho fatto questa premessa?
Noi Casolani abbiamo piacere di conoscere come è la situazione del corso delle tue acque, dalla frana del campo sportivo fino al ponte del Cantone, dove si è creato un invaso che potrebbe determinare problemi al ponte stesso, cosa che ci preoccupa assai. A questo proposito, nel mese di giugno, insieme al geologo dell’Unione della Romagna Faentina, Alessandro Poggiali, è stata fatta una perlustrazione proprio in questo punto del fiume. Abbiamo percorso la stradina-sentiero che scende prima del ponte del Cantone (quasi chiusa dalla vegetazione e di proprietà di Rinaldi Ceroni Alessandro e Maria Teresa e di Anna Sartoni) e siamo arrivati sull’argine. La visione delle sponde e delle acque del Senio ci ha veramente colpiti. (Personalmente mi sono venuti in mente i felici momenti trascorsi con la mia famiglia, tre bimbi e il nipotino proprio in questo punto; si riusciva a fare il bagno e a giocare sui sassi). Che orribile visione! Ma non è questo il problema. Ci siamo avvicinati alle pile del ponte, ma molto non si è potuto vedere. Amareggiati e, come si suol dire, “con la coda fra le gambe”, siamo risaliti. Come comunicato da Alessandro Poggiali, grazie ad un’approfondita perlustrazione eseguita in canoa dal consigliere Andrea Benassi, lungo il tratto tra il ponte e la frana, sono state scattate alcune fotografie alla base del ponte, successivamente inviate alla Provincia. Questa ha comunicato che non risultano particolari problematiche sulle pile del fiume, riservandosi di eseguire un sopralluogo, ancora non avvenuto. Altro non è stato fatto dalla Provincia.
Beati loro che dormono sonni tranquilli, meno noi che abitiamo in questa zona!!!
INTERVISTA AL SINDACO: CAVA DI MONTE TONDO
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- Scritto da Riccardo Albonetti
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Intervistiamo il nostro Sindaco Giorgio Sagrini per avere alcune delucidazioni sul dibattito intorno alla cava di Monte Tondo, situazione che almeno nell’opinione pubblica casolana si sta caricando di preoccupazioni. Ci teniamo intanto a chiarire che l’intento di questa intervista è di informare i cittadini per fare un punto della situazione preciso. In futuro avremo modo di intervistare le parti in causa, ma al momento abbiamo bisogno di avere punti fermi da cui partire per un ragionamento.
Se non abbiamo letto male e se le informazioni che circolano non sono errate, il punto di rottura sta nella richiesta da parte della Saint Gobain dell’ampliamento della capacità estrattiva nella cava di Monte Tondo. È corretto?
E’ necessario, precisare in premessa che siamo nella fase di verifica e aggiornamento del Piano Infraregionale delle Attività Estrattive. Verifica che, come stabilito dalla L.R.17/1991, Disciplina delle attività estrattive, deve avvenire ogni 5 anni …ed è stato nel corso del 2017 che la Provincia ha provveduto ad eseguire la verifica quinquennale del PIAE (Piano Infraregionale della Attività Estrattive), con validità fino al 2023. La stessa L.R.17/1991 stabilisce inoltre che il PIAE sia sottoposto a verifica generale almeno ogni 10 anni e che alle relative procedure si dia avvio almeno 2 anni prima della scadenza. La Provincia di Ravenna nei tempi sopra indicati ha avviato l’iter per la Variante Generale al PIAE, che dovrà corrispondere ai contenuti ed ai criteri previsti dalla L. R. n° 17/1991.
Obiettivo della Variante Generale al PIAE sarà quello di prevedere il soddisfacimento dei fabbisogni di materiali (argilla, ghiaia, sabbia e gesso) al 2031, garantendo la sostenibilità ambientale delle previsioni.
Ciò premesso e per venire alla domanda, la proprietà della Cava – il Gruppo Saint-Gobain - non ha ad oggi presentato formalmente nessuna richiesta di ampliamento. Ha bensì sottoposto all’attenzione delle Amministrazioni coinvolte, sulla base degli elementi a sua disposizione, una propria analisi che evidenzia diversi ambiti d’incongruità con le previsioni dello studio, risalente ai primi anni duemila, sulle modalità di coltivazione ottimali applicabili al polo estrattivo del gesso, e ha posto l’esigenza di determinare tempi e condizioni della prosecuzione dell’attività estrattiva in funzione delle esigenze produttive e occupazionali dello stabilimento casolano, delle possibili innovazioni dei processi industriali che possano salvaguardare e tutelare il lavoro e il reddito degli addetti diretti e dell’indotto, e per programmare le azioni di tutela, di ripristino e anche di utilizzo a fini turistici e museali della cava.
Da quanto emerge dai documenti ad inizio anni Duemila era stato posto un limite per l’estrazione del gesso. A che punto ci troviamo?
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