Nell’ambito della cinquantesima mostra-mercato nazionale del tartufo bianco di San Miniato una delegazione di casolani è stata invitata a consegnare il premio Stagnaza ospite della Pro Loco locale per ricordare un nostro compaesano che in quella comunità ha lasciato una traccia indelebile e un’eredità a dir poco preziosissima.
Mentre qui nel suo paese natale se ne è perso il ricordo, di Stagnazza, al secolo Stanislao Costa, nel comune di San Miniato, in particolare nella frazione di Balconevisi, dove risiedeva emigrato da Casola e dove aveva trovato moglie (Amelia Pieragnoli), la sua memoria è ancora molto viva.
Andiamo per ordine: chi era Stagnazza? Stanislao Costa , classe 1875, soprannominato Stagnazza (il perché non lo sappiamo ma l’assonanza potrebbe essere con un mestiere o suo o del padre allora molto diffuso cioè lo stagnino che girava i paese e le campagne per rattoppare il pentolame della cucina) apparteneva a quella schiera di braccianti che stagionalmente scavallavano il crinale verso la toscana alla ricerca di un’occupazione saltuaria.
Il centro storico del paese di San Miniato è situato sulle prime colline a ridosso dell’Arno in una posizione strategica fra le città di Firenze e Pisa. Dall’alto della torre che sovrasta il paese si osserva il corso dell’Arno che ora defluisce in sicurezza idraulica dopo aver accolto parte delle acque che scolano dall’appennino pistoiese. Un tempo però il fiume non aveva argini e dilagava ad ogni piena nella pianura circostante. La zona fu oggetto di bonifica già a partire dall’epoca medievale. Durante il Granducato di Toscana si pose mano alla bonifica di tutta l’area a valle di San Miniato con un’impostazione tecnico giuridica all’avanguardia per l’epoca nel panorama dell’intera penisola. Lo stato italiano riprese l’iniziativa degli Asburgo Lorena e cercò di portare a termine il processo di prosciugamento della valle inferiore dell’Arno che con le sue piene produceva miseria e devastazione ma anche pesanti lutti con le epidemie di malaria.
A cavallo fra ottocento e novecento i braccianti romagnoli potevano recarsi sui cantieri toscani o a piedi con un lungo e faticoso cammino attraverso il passo Ronchi di Berna del Carzolano poi verso Borgo San Lorenzo e Firenze oppure con la nuova ferrovia Faenza-Firenze inaugurata nell’aprile del 1893. Ma per il nostro Stagnazza, che arrotondava le magre sue finanze con i proventi della vendita del tartufo, l’opzione era una soltanto: a piedi. Già perché nelle ferrovie del Regno era severamente vietato il carico dei cani e ogni buon tartufaio che si rispetti gira sempre in compagnia del suo inseparabile compare a quattro zampe.
Arrivati a destinazione sicuramente i braccianti cercavano di trovare alloggio lontano dal fondovalle dove risiedevano invece i cantieri di lavoro per evitare la calura umida e i “ miasmi” che si credevano portatori delle febbri malariche ( la scoperta del plasmodio come causa e della zanzara come vettore avverrà solo nel 1898).
Chissà: forse Stagnazza avrà lasciato in custodia il cane presso un podere oppure lui stesso, terminato il duro turno al cantiere, alloggiava presso una famiglia in collina, fatto sta che scoprì come in quei boschi crescesse a meraviglia il tartufo bianco pregiato ( Tuber magnatum Pico). I contadini del posto sapevano di questi bei tuberi profumati ma non ne facevano commercio tanto che a goderne erano soltanto i maiali portati al pascolo nei boschi di querce. Per un tartufaio provetto come Stagnazza erede della scuola casolana dei cercatori di tartufo quel territorio si palesava come un vero e proprio Eldorado.
A Stagnazza si affiancarono altri raccoglitori e, di seguito, commercianti intraprendenti che della attività di ricerca , raccolta e commercio del tartufo ne fecero una vera professione. Si deve ad un altro cercatore di Tartufi di Balconevisi, Arturo Gallerini , soprannominato il “Bego” il ritrovamento del tartufo bianco più grande del mondo, nel 1954 ( pesava 2,5 Kg e fu regalato al Presidente degli Stati Uniti) .
A San Miniato non si sono dimenticati di Stagnazza ed in occasione dell’ annuale “Mostra Mercato Nazionale” che si svolge ogni anno negli ultimi tre week end di Novembre si ricorda anche la figura di quel nostro antico compaesano che diede origine a questa prospera attività.
Nella domenica dell’ultimo fine settimana della festa un gruppo di casolani fra cui il sindaco Giorgio Sagrini, il presidente della nostra Pro Loco Bruno Boni e altri compaesani sono stati accolti nella sala del consiglio dal primo cittadino di San Miniato e dalle autorità locali per un saluto e per ricordare la figura di Stagnazza.
Nella nostra rappresentanza spiccava la presenza di Tullio Sagrini unico discendente della famiglia Costa che ha potuto abbracciare le tre nipoti di Stanislao. Infatti Costa Clelia, sorella di Stanislao, aveva sposato Sagrini Giacomo , il padre di Tullio, ma era morta, vittima forse della terribile epidemia di Spagnola. In seconde nozze Giacomo aveva poi sposato Maria Fiorentini, Mariuccia, dalla cui unione è nato Tullio.
A detta dei casolani in trasferta a San Miniato la visita alla mostra mercato del tartufo è stata molto interessante. Hanno colpito, oltre all’altissima affluenza di pubblico, gli altissimi prezzi dei tartufi.
In chiusura riportiamo dalla stampa locale: “Nel pomeriggio, sotto lo stand centrale della festa, è stato attribuito il premio Stagnazza da parte dell’associazione tartufai delle colline Sanminiatesi che è andato all’associata più longeva e che mantiene l’ambiente: Luciana Manetti. A conferire il premio c’erano il sindaco e una delegazione di Casola Valsenio, a consolidare il legame creato da Stanislao Costa: “Approfondiremo questa conoscenza, ha detto il sindaco Sagrini, felici di questo incontro e felici di avervi portato qui, grazie al nostro concittadino, la cultura del tartufo”. L’incontro è avvenuto grazie ai presidenti delle Pro Loco”.
Alessandro Righini e Roberto Rinaldi Ceroni