Missione in Giamaica
- Dettagli
- Scritto da Benedetta Landi
- Categoria: Attualita
Desidero innanzitutto ringraziare la redazione de “Lo Spekkietto” per aver preso in esame la possibilità di devolvere parte del ricavato delle vendite a questo progetto e per l’attenzione dimostrata nei confronti di una missione che mi sta molto a cuore.
Conosco questa realtà, nata per opera di un sacerdote polacco, dal 1897. Inizialmente la sede era situata in Bolivia, poi dopo 15 anni è stato creato un istituto anche in Giamaica, Paese ancora più povero. Nel febbraio del 2015 ho avuto la possibilità di visitare personalmente la sede di questo progetto, localizzata nella città di Maggotty (provincia di Sant Elisabeth, a ovest della Giamaica) e posso pertanto parlarvi di quelle che sono le attività realizzate da Suor Emilia e da tutti i suoi collaboratori.
L’attività principale è quella svolta dal poliambulatorio, nel quale si alternano medici di varie missioni che si occupano di ginecologia, cardiologia, diabetologia e pneumologia (quest’ultima in particolare è molto importante, viste le gravi problematiche a livello respiratorio di cui soffr la popolazione a causa della grande umidità presente nel Paese). L’ambulatorio è frequentato soprattutto da donne e bambini, e la media giornaliera di persone che si accostano a questo poliambulatorio va dalle 150 alle 200 persone. L’ospedale più vicino si trova a 150 km, pertanto accedono al poliambulatorio tutti coloro che necessitano di cure mediche di qualsiasi natura (ad esempio, mettere i punti ad una ferita, estrarre un dente o più semplicemente farsi prescrivere dei farmaci).
La fila d’attesa al poliambulatorio
Il tutto è gratuito, ma viene richiesto alla popolazione di ricambiare in qualche modo le cure ricevute. Ognuno dà quello che può: chi ne ha la possibilità, porta qualcosa da mangiare, in modo che tutti, durante l’attesa, possano condividere un pasto all’interno di una cucina comunitaria. Chi non può permetterselo, può invece dare il proprio contributo impegnandosi nella pulizia degli ambulatori, nel taglio dell’erba o in qualche altro servizio utile alla comunità.
Festa di Primavera - Galleria FOTOGRAFICA
- Dettagli
- Scritto da LoSpekkietto
- Categoria principale: Attualita
- Categoria: Festa di Primavera
CASOLA INSIEME - 24 aprile 2021 - ore 19
- Dettagli
- Scritto da LoSpekkietto
- Categoria: Eventi

Pizzeria Incontro: 0546 73949
Pizzeria Casol'è: 3492382763
Ristorante Fava: 0546 73908
Shop's Cafè: 3939263058 (solo aperitivi)
Ristorante La Locanda: 3392000308
Piadineria Da Lori: 3391782830
Bar Nuovo: 3891794821
Bar Centrale: 3455089061
La Cremeria: 3485760718


Dieci anni senza Diego, mio nonno
- Dettagli
- Scritto da Riccardo Albonetti
- Categoria: Attualita
Dieci anni fa mio nonno Diego se ne andava. Era stato un leone per tutta la vita; con la cocciutaggine che lo aveva sempre accompagnato, aveva cercato di combattere contro una malattia, il morbo di Parkinson, che alla fine lo aveva sovrastato nel fisico, non nell’animo. Quando la mia nonna Bidina se n’era andata il mio nonno però era diventato più dolce, aveva voglia di raccontare la sua vita, di mettere insieme tanti pezzi, ovviamente di giustificare gli errori commessi, di trovare ragioni alle scelte compiute e di lasciare ai suoi nipoti un’eredità fatta di valori. La sua memoria era un serbatoio inesauribile di nomi che corrispondevano a rapporti fatti di sincerità, di amicizia, di stima reciproca. E tutte le volte che lo andavo a trovare, finivamo per andare a ripescare episodi della sua vita. Sapevo benissimo che appena aprivo uno spiraglio, mio nonno Diego diventava un fiume e raccontava per ore, senza sosta. Ovviamente continuava ad essere cocciuto come sempre ed anche di fronte al Parkinson pensava di spuntarla attraverso una serie di esercizi che lui definiva determinanti. La verità purtroppo è che la medicina non aveva ancora fatto passi così grandi per fermare gli effetti devastanti della malattia che alla fine, insieme al corpo, si era preso anche la memoria.
Di mio nonno si possono dire mille cose, ma di sicuro non che non abbia avuto una sua personalità, in tutte le cose che faceva ci metteva il suo marchio. Per questo tanti sono stati gli estimatori, così come non sono mancati i detrattori, però sicuramente in vita non ha vissuto nell’indifferenza. Dopo dieci anni, del ricordo di mio nonno rimane poco, non una targa, quasi nulla di tangibile, eppure ha dedicato decenni e decenni della sua vita al calcio. Se cerco di fare un conto approssimativo sul tempo che mio nonno aveva trascorso in un campo da calcio, semplicemente mi rendo conto che è una quantità di tempo incalcolabile, e quando non si trattava di calcio giocato, si trattava di parlare di quello che era successo il sabato o la domenica prima nel rettangolo di gioco e di quello che sarebbe successo il sabato o la domenica dopo. Il calcio in casa di mio nonno era una vera e propria religione, una passione senza confini.
Da giovane mio nonno era stato un portiere molto forte, poi aveva dovuto abbandonare la carriera del calcio giocato per molti motivi, quindi era diventato un allenatore e così squadra dopo squadra, annata dopo annata, stagione dopo stagione, si era fatto conoscere da mezza Romagna, una sorta d’istituzione. Così mi sono sempre immaginato la sua vita costruita su un doppio binario, da una parte le cose che accadono a tutti, le vicende personali, l’infanzia, l’amore, i figli, le case, il lavoro e dell’altra un filo ininterrotto segnato da campi di calcio, panchine, palloni, allenamenti, formazioni, schemi e chi più ne ha più ne metta. Nel suo piccolo e semplice appartamento aveva pochi suppellettili, qualche foto della famiglia, qualche ricordo, ma troneggiavano i riconoscimenti più significativi della sua vita calcistica. Un momento di grandissimo orgoglio per lui era stata la cittadinanza onoraria che il Sindaco Marino Fiorentini gli aveva assegnato. Piangendo ricordava che erano stati i comunisti, mio nonno era un uomo decisamente di destra, ad avergli riconosciuto quello che di straordinario aveva fatto per la nostra comunità. Infatti Diego è stato l’allenatore per centinaia e centinaia di ragazzi che hanno giocato a calcio o che ci hanno anche solo provato. Ha allenato ragazzi che sono diventati bravi e bravissimi, ha allenato brocchi indicibili ma verso i quali ha avuto lo stesso affetto che aveva per i migliori, ha allenato bambini e uomini già fatti, ha addirittura allenato una piccola squadra di calcio femminile tutta casolana. Che fosse stato un sindaco “comunista” a scegliere lui come cittadino casolano che aveva dato lustro al nostro Paese, era stato il segno di quanto il bene comune non abbia in fondo un vero colore politico e che appartenga all’intelligenza e alla dedizione di tutti. Insieme a mio nonno c’erano il padre comboniano Francesco Rinaldi Ceroni e il dottor Filippo La Porta. Mi viene in mente che quando a Casola si pronunciava il nome di Diego, tutti capivano di chi si stava parlando e che il discorso aveva come fulcro il calcio. Oggi rimane poco di quel nome, anche se la sua storia è significativa per Casola. Per fortuna mio nonno ha lasciato una specie di memoria, il suo famoso “Cinquant’anni di calcio” che mio fratello Cristiano sta cercando di sistemare da anni e come accade a molte fatiche storiche che richiedono un lavoro intenso, prima o poi vedrà la luce, perché quando le persone se ne vanno una traccia può rimanere nelle parole.
Riccardo Albonetti
Lo Spekkietto 74 in edicola
- Dettagli
- Scritto da LoSpekkietto
- Categoria: Cronaca

Pagina 12 di 65