“LA CHIOCCIOLA DEI GESSI“ di Genny Morara
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- Scritto da Paoletta
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Genny mi dice che in certe giornate, quando le foglie degli alberi intorno non si muovono, quando il caldo non è troppo insistente, nel silenzio dell’angolo di terreno dove ha impiantato l’allevamento, si sente come un leggero crepitio, una specie di gocciolio grattoso, un sottofondo di leggero tramestio: le circa 27 mila chiocciole dell’allevamento stanno mangiando, con i microscopici denti, le foglie di cavolo, di bietole, di cicoria dei 24 piccoli orti recintati dove vivono, in località San Ruffillo.
Genny Morara mi racconta anche che non avrebbe mai potuto continuare a lavorare in un ufficio, troppo vivo l’attaccamento alla terra, all’azienda di famiglia, alla libertà dei ritmi lavorativi legati alle stagioni ed alla natura.
Durante una chiacchierata con delle amiche emerse, quasi per scherzo, l’ipotesi che allevare lumache poteva essere una buona possibilità per avviare un progetto che comprendesse: rimanere in azienda, essere imprenditrice indipendente, stare a contatto con la natura, rinnovare, investire in qualcosa di nuovo. E così in pochi mesi Genny ha deciso di buttarsi in questa avventura: l’allevamento di chiocciole.
La vado ad intervistare e lei è ben contenta di comunicare quello che sta imparando e vivendo da pochi mesi, da luglio precisamente.
Come è nata l’ide a di iniziare questo tipo di allevamento?
Per me che amo la terra e l’azienda agricola di famiglia, ma non guido i mezzi agricoli e ho varie allergie, cosa potevo inventare, dove mi potevo applicare per lavorare nell’azienda dei miei? Per caso, quasi per scherzo, una chiacchierata tra amiche è stata illuminante. In giro ci sono già alcune esperienze di questo tipo, a Imola e nei dintorni di Faenza, ma qui in zona no. Ho chiesto a babbo di concedermi un pezzo di terra e così dove c’erano vecchi prugni abbiamo preparato i recinti degli orticelli per allevare le chiocciole.
Sono orticelli di circa 3 metri x 40. Li visito con la sua guida, in una tranquilla giornata autunnale.
In effetti è estremamente affascinante la disposizione degli orticelli, uguali e regolarmente distanziati, brillanti di verdi e tenere verdure, suggeriscono una disposizione armonica e ideale progettata da un giardiniere più che da un allevatore, un posto ideale per le lumachine!!!
JADER, FABIO E GLI ABILISSIMI PROTAGONISTI
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- Scritto da Michele Righini
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Da qualche anno, all'interno del Progetto “Abilissimi protagonisti” della Zarathustra Film, Fabio Donatini ha realizzato laboratori legati al cinema indirizzati a persone con disabilità. Pochi mesi fa è stato presentato a Bologna un cortometraggio, intitolato Se il mio film avesse le ruote e che potete vedere su Facebook (https://fb.watch/9FIQ5LXy2J/), che rappresenta un po' la summa del lavoro compiuto e “rilegge” alcuni classici cinematografici dal punto di vista della disabilità, con ironia e profondità. Lo Spekki(ett)o ha pensato di raccontare questa esperienza, anche perchè Fabio non è l'unico casolano coinvolto. Fra i protagonisti infatti c'è anche Jader Cavina, che alle multiformi attività a cui partecipa – lo abbiamo visto recentemente travestito da clown per intrattenere i bambini pronti a vaccinarsi nell'hub di Faenza, ma Jader balla anche (e di questo parleremo fra poco) – ha aggiunto anche quella di attore.
Oggi come oggi però non è semplice mettere insieme una intervista fra 3 persone che abitano in luoghi diversi... Certamente avremmo potuto fare una videoconferenza, ma quella si sarebbe esaurita in poco tempo, mentre volevamo darci il tempo per riflettere su cosa chiedere e rispondere. Abbiamo quindi adottato una modalità eccentrica, una chat a 3 su Watsapp in cui ogni tanto buttare lì una domanda, una riflessione, anche a distanza di giorni. Ecco quindi quello che ne è venuto fuori, preliminari compresi.
FABIO: Ciao Jader, ciao Michele. Jader, dopo ti giriamo alcune domande qui in chat. Potrai rispondere con dei vocali se vuoi. @MicheleRighini se hai qualcosa da dire scrivi pure.
JADER: Ok perfetto capito.
SPEKKIETTO: Ciao Jader, ciao Dona, grazie mille per avere accettato la proposta, ci fa molto piacere. Facciamo che inizia Fabio con le domande, poi aggiungo io.
JADER: Va bene. Se scrivo la risposta invece di inviare il vocale?
SPEKKIETTO: Fai come preferisci Jader.
JADER: Sì, anche perchè secondo me è più chiaro.
FABIO: @CavinaJader che rapporto hai con il cinema? È un tuo compagno di vita?
JADER: Il cinema per me è una forma di espressione, con esso mi sono messo in gioco e devo dire che è stato divertente e lo rifarei altre volte. Collaborare a questo progetto mi è piaciuto molto, in particolare la vicinanza di Fabio e il supporto mi ha permesso di vivere il momento con leggerezza, sapendo che con lui avrei appreso molto.
FABIO: Lo rifaresti, bene, ne sono felice. Hai sentito vicinanza con la guardia di Star Wars disabile? [Jader in Se il mio film avesse le ruote non lo vedrete in faccia perchè coperta dal casco bianco delle guardie imperiali presenti nella trilogia originale di Star Wars, n.d.r.]
JADER: Sì, mi è piaciuto molto anche perchè ero nello spazio... no, scherzi a parte, interpretare quel personaggio è stato bello in modo particolare perchè ero nel pianeta di sabbia, nel pianeta di terra sarebbe stato troppo facile.
FABIO: E cosa, parlando di film o serie che segui, ti piacerebbe fare o interpretare?
Intervista a Erika Linguerri
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- Scritto da Riccardo Albonetti
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Il nostro giro di perlustrazione dell’estro casolano non si ferma mai e questa volta abbiamo deciso di rivolgere qualche domanda a Erika Linguerri. Per intenderci, le sue creazioni sono quelle esposte nella vetrina dei Carlò, la ex ferramenta di Carlo Conti. Sarà sicuramente capitato anche a voi lettori, durante le vostre passeggiate serali nel centro di Casola, o più banalmente mentre girate per fare la spesa, di fermarvi anche solo qualche minuto e dare un’occhiata alle novità in vetrina. Chissà che cosa ha colpito la vostra attenzione. I colori? L’atmosfera sognante delle immagini?
Ciao Erika. Partiamo dalla domanda più classica di tutte. Quando è iniziato questo percorso?
Ciao, ormai sono passati molti anni da quando ho frequentato la scuola di ceramica “Ballardini” di Faenza. È lì che ho appreso le principali tecniche riguardanti la lavorazione della ceramica .
Che cosa ispira il tuo lavoro?
Tutto quello che mi circonda, tendo ad osservare molto.
Se tu dovessi individuare delle peculiarità proprie del tuo lavoro artistico, quale indicheresti?
In realtà io non ho uno stile proprio, non mi sento legata solo alla ceramica, trasformo carta, cartoncino legno… cerco di insegnare ad Azzurra a non limitarsi a guardare gli oggetti per quello che sono, ma di andare sempre oltre. Anche un semplice rotolo può trasformarsi in mille altre cose.
So che lavori anche su commissione, nel senso che le persone ti contattano e ti fanno richieste. È diverso lavorare per accontentare le richieste di una persona dal lavorare completamente di fantasia?
Devo dire che chi mi contatta mi lascia piena libertà di espressione, diciamo che va sulla fiducia…
Immagino tu abbia una sorta di laboratorio a casa. Lancio lì un’idea. Perché non aprire una vera e propria bottega?
ALLEGORIA DELLA PRIMAVERA
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- Scritto da Riccardo Albonetti
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Già alcuni numeri fa mi ero occupato della street art a Casola e avevo cercato di analizzare nello specifico il murales del cortile delle case popolari. Nel mentre anche le Poste avevano abbellito la sede che le ospita con dei simpatici e allegri disegni. Questa volta le mie considerazioni di ordine generali ve le risparmio (le potete comunque recuperare in quel vecchio numero del giornale) e mi esprimo direttamente secondo il mio punto di vista totalmente soggettivo: il murales di via Roma non è niente male. Sarà forse perché funge anche da vera e propria porta d’ingresso del centro abitato, sarà perché ti si presenta in maniera così imponente che non puoi fare a meno di darci almeno un’occhiata, sarà perché riconosco qualcosa di casolano. Quindi per queste tre motivazioni il lavoro mi piace: funge da “benvenuti a Casola” perché ha messo una pezza al senso di spaesamento sorto dopo la desertificazione del viale del cimitero; l’abbattimento dei pini avrà anche lasciato spazio ad una porzione più ampia di cielo, ma certamente non ha accresciuto il senso di accoglienza a chi fa ingresso in paese da nord. Se Casola è il Paese dei Frutti Dimenticati, delle orbe officinali, della lavorazione del gesso, della speleologia, adesso è anche Paese dei Carri (proporrei semplicemente CARRI, poi il resto della dicitura “di pensiero e di…. “ce lo mettiamo a voce). Il lavoro dell’artista Alessandra Carloni occupa una metratura notevole e se proprio non hai svoltato trecento metri prima per andare alla Storta, ci sbatti lo sguardo contro. Oltretutto nella geografia carresca (termine inesistente nella lingua italiana, ma in quella casolana ben presente) siamo nei pressi della strettoia di Bruscò che rappresenta un punto nevralgico, qualcosa che sta nelle enciclopedie dei luoghi fantastici; luogo di motoseghe, di misurazioni, di manovre incredibili di trattoristi provetti, luogo di imprecazioni e sussulti di gioia. Il terzo motivo per cui il murales mi è piaciuto l’ho semplificato nella frase “ha qualcosa di casolano” e qui il punto si fa veramente spinoso. Già definire qualcosa come casolano è una sorta di impresa titanica, una categoria sfuggente e impalpabile, una categoria forse dello spirito, chissà. Semplicemente intendo dire che a guardarlo bene, il murales contiene degli elementi che appartengono intrinsecamente al modo di pensare e di realizzare i carri. Per dimostrare questo cercherò di fare un’analisi dell’opera e mi calerò nelle parti di un critico d’arte, che ovviamente non sono.
Partiamo dal basso. Per prima cosa troviamo il carro nella forma che i costruttori conoscono bene, l’equivalente della tela bianca per un pittore. È da lì che si parte, da aspetti puramente concreti ed ingegneristici (misure, pesi, bilanciamenti). È la base concreta da cui prendono slancio i sogni. Questo aspetto è evidente dal fatto che il carro non è appoggiato sulla strada, sull’asfalto, ma su leggere nuvole color violetto (uno dei toni principali di tutta l’opera). Con i piedi ben saldi sulle nuvole si trovano due personaggi raffigurati con i tratti che caratterizzano tutte le figure umane del lavoro dell’artista Alessandra Carloni. È una sorta di marchio di fabbrica, un elemento proprio della sua cifra stilistica. Il personaggio sulla sinistra lavora di sega, simbolo della fatica e della cura del dettaglio, quello di destra tiene tra le mani una corda. Per ancorare il carro alle nuvole?
Con i piedi appoggiati sul carro troviamo la figura principale, la Primavera. L’opera è per l'appunto intitolata “Allegoria della Primavera”. Come da tradizione si tratta di una giovane donna perché la stagione primaverile porta con sé tutta una simbologia legata alla rinascita. Pensate alla Primavera più famosa al mondo, quella di Botticelli. Nella nostra Primavera il vestito è lento, in testa porta una corona di fiori, però non ha nessuna grazia rinascimentale, non ci sono rimandi alla classicità, il viso non ha espressione, il corpo è quello di un burattino con le giunture ben visibili. La posizione forse non è delle più azzeccate perché non si intuisce con la dovuta immediatezza che cosa stia facendo. Sorregge Casola? La spinge indietro? A mio modestissimo parere è il punto debole dell’opera.
Continuando a salire troviamo diversi elementi urbanistici identificativi di Casola (torre dell’orologio, chiesa di sopra, ecc...) a cui l’artista ha aggiunto altri elementi desunti da carri allegorici delle ultime edizioni: riconosco i mulini a vento di un carro Nuova Società Peschiera e una cima di un carro Extra.
LA MIA GUERRA - Diario di una sfollata a Casola
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- Scritto da LoSpekkietto
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Questa volta ci è piaciuto riportare alla luce una storia, un diario ritrovato che ha attirato subito la nostra attenzione per l'immediatezza e la fluidità della scrittura. Lidia Badini aveva una penna veloce, diretta, coinvolgente: nel diario racconta del periodo in cui -sfollata da Bologna- si rifugiò nelle colline casolane passando di casa in casa in cerca di alloggio e protezione. La seconda guerra mondiale era al momento della svolta? Quello che il diario di Lidia racconta molto bene è la situazione di sospensione dopo l'armistizio del 43: l'illusione della pace e il periodo di stenti, bombardamenti, rappresaglie e guerra civile nel quale l'italia - e piu da vicino Casola Valsenio - si trovava.
Questo libro è stato presentato il 20 Dicembre al centro culturale G.Pittano (Biblioteca di Casola) ed è il frutto del lavoro della nostra redazione: il ritrovamento del diario, la lunga ricerca dei parenti della scrittrice per il benestare alla pubblicazione e le ricerche storiche per l'introduzione che colloca questo testo nello spazio e nel tempo; un piccolo volume che si presta molto bene alla lettura di grandi e piccoli, ora disponibile da Ciata, in via Marconi.
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