L’industria della carne: tra scienza e bioetica
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- Scritto da Lorenzo Sabbatani
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Di recente, è diventata celebre l’inchiesta di una giovane giornalista romagnola – Giulia Innocenzi – che ha indagato sulla connessione tra l’industria della carne, le lobby e il potere politico, all’interno dei paesi UE. L’inchiesta prende forma nel docu-film investigativo Food for Profit (aprile 2024) [Proiezione ai VECCHI MAGAZZINI 11 giugno 2024], da lei diretto assieme al regista internazionale Paolo d’Ambrosi. Il documentario è apparso – in versione ridotta – in una recente puntata di Report su Rai 3 (visibile in streaming), programma in cui Giulia aveva già partecipato con un’indagine sotto copertura in cui era riuscita ad entrare nel maxi allevamento-grattacielo di maiali in Cina (sempre visibile in streaming su Rai), oltre ad essere proiettato in molti cinema italiani proprio in queste settimane. Il film ha l’intento demistificatorio di portare alla luce le controverse intenzioni di alcuni rappresentanti della politica a Bruxelles che, sull’impulso delle lobby dei grandi allevamenti intensivi, vorrebbero investire sempre più miliardi – e già lo fanno – nel settore agro-alimentare. Ma i finanziamenti pubblici della PAC – Politica agricola comunitaria – vanno per oltre la metà al 10% agli imprenditori più ricchi e solo il 6% delle sovvenzioni al 50% di quelli più poveri, anche se attualmente le riforme stanno cambiando (dati Matthews 2022). Oltremodo, l’obiettivo è sicuramente quello di raccontare, attraverso la crudezza delle immagini, le condizioni aberranti a cui sono sottoposti certi animali – gli stessi a cui l’Unione Europea dovrebbe garantire i diritti per evitare loro sofferenze e inutili maltrattamenti – nonché quello di riprendere situazioni gravi che in quanto tali avrebbero un impatto ecologico sul territorio e di conseguenza sul pianeta.
Premessa – l’articolo che segue non ha alcun interesse a screditare l’attività degli allevatori o della loro professione in generale, di chi lavora onestamente, delle aziende agricole dislocate anche sul nostro territorio. L’inchiesta riportata da Giulia nel suo film si riferisce agli allevamenti che non rispettano le normative europee: qui non facciamo di tutta l’erba un fascio. Proprio per evitare discriminazioni di categoria, è stata condotta una piccola ricerca sul territorio, raccogliendo opinioni diverse tra allevatori e professionisti del settore, al fine di avere gli elementi necessari in grado di formare anche l’opinione dei lettori di questo articolo, che vestono i panni dei consumatori nella realtà quotidiana. L’obiettivo è proprio quello di fare chiarezza sul tema e generare un dibattito aperto che possa stimolare la riflessione sui contenuti qui proposti.
Problematiche e dati alla mano
Siamo franchi: molti di noi mangiano carne, spesso. Personalmente, mangio carne da tutta la vita. A volte, se manca la pasta o la carne, mi pare di non aver nemmeno pranzato. Quindi non ho mai disdegnato: la bistecca di vitello, la costola d’agnello, la fiorentina, lo stufato, la salsiccia grigliata; ma anche gli insaccati, il brodo con il lesso dentro, il ripieno dei cappelletti (i nostri di collina), il ragù, le polpette ecc. In Romagna, poi, l’alimentazione e lo stare a tavola rientrano nella nostra cultura più intima e casereccia, a cominciare da quella trasmessa dai nostri nonni, molti dei quali contadini, che, nel periodo invernale, uccidono il maiale per fare scorta tutto l’anno. Il maiale può essere considerato l’animale simbolo della Romagna dal punto di vista alimentare, la cui storia rimanda agli antichi confini di queste terre: Longobardi (poi Franchi) e Bizantini. A pensarci, la piadina nasce con lo strutto, non con l’olio. Ergo, l’allevamento porta con sé un enorme valore culturale da cui non possiamo prescindere e non è semplicemente finalizzato alla mera alimentazione. Questo porta a coinvolgere i sentimenti e a complicare i ragionamenti. Personalmente, tutto ciò mi è sempre andato bene (almeno finora): d’altra parte, se la carne si vuol mangiare, l’animale si deve uccidere.
Negli ultimi anni, tuttavia, il tema della produzione di carne è tornato alla ribalta in conseguenza all’emergenza climatica: all’esigenza di invertire la rotta in termini di emissioni di CO2, alle ragioni del discorso ecologico e dell’economia sostenibile. Riportiamo qui alcuni dati scientifici, ad oggi ancora oggetto di dibattito tra gli esperti:
- l’allevamento tradizionale sarebbe responsabile di circa il 14% delle emissioni di gas serra e il 32% delle emissioni di gas metano riconducibili all’attività umana, ed è anche una delle principali cause di perdita di biodiversità – perché per nutrire il bestiame grandi aree boschive vengono convertite in monocolture (come la soia per esempio). Tuttavia si sta discutendo molto sull’impatto effettivo causato dal settore agricolo: il dato scenderebbe di molto se si considerano gli assorbimenti (l’emissione di CO2 in Europa scenderebbe dall’11% al 4%); inoltre, bisognerebbe distinguere i gas a vita breve (metano) da quelli a vita lunga (CO2), utilizzando parametri differenti. Sul tema dell’assorbimento, per esempio, si dovrebbe tenere conto che gli animali allevati, come i bovini, trasformano foraggi e cellulosa in proteine nobili (carne e latte), mentre rilasciano, per metabolismo, metano e CO2 – che sono altro rispetto alle sostanze inquinanti emesse in atmosfera per combustione. Di vero, però, c’è da dire che gli allevamenti intensivi impattano molto a partire dai liquami degli animali, i quali generano particolato secondario (fonte Greenpeace e ISPRA, 2020: in Italia gli allevamenti intensivi sono responsabili del 17% di emissioni di PM2.5, dannosi per la qualità dell’aria). È importante però distinguere, per esempio, il letame dal liquame: il primo deriva da allevamento su paglia, si trasforma in humus che lentamente genera fertilità nei campi, mentre il secondo è un sottoprodotto dell’agricoltura industriale – altro non è che l’acqua nera proveniente dal lavaggio delle stalle – e non subisce trasformazioni ma va diretto nel terreno, con rilascio di nitrati in falda acquifera e ammoniaca in atmosfera.
- Riguardo all’impronta idrica della carne – ossia l’utilizzo dell’acqua nel processo di produzione della carne, che tiene conto quindi della produzione dei mangimi, l’allevamento, la depurazione degli ambienti e la macellazione – convenzionalmente si aggirerebbe intorno ai 15.000 litri per 1kg di carne (anche se il Water Footprint Network non terrebbe conto che la maggior parte dell’acqua utilizzata è piovana evo-traspirata dal terreno delle colture destinate ai mangimi, e torna dunque al suo ciclo naturale: in tal senso, il dato si ridurrebbe di parecchio, circa dell’80%). Di fatto, l’impronta idrica per la produzione alimentare in generale vede al primo posto la carne: quella bovina – seguita da fragole e frutta secca – poi ovina, suina e pollame.
- Una cosa è però certa: la carne ha anche e soprattutto un impatto sulla salute. Citiamo pure che l’OMS ha dichiarato la carne rossa dannosa a lungo andare per l’organismo (malattie cardiovascolari, diabete), consigliandone un consumo moderato, e ha inserito le carni lavorate (insaccati, salsicce, wurstel, hamburger ecc.) nel gruppo 1 dei prodotti sicuramente cancerogeni (secondo l’IARC esiste una netta correlazione tra questi alimenti e il rischio di sviluppare il cancro) anche a causa della presenza di nitriti e nitrati utilizzati per processarle, conservarle e proteggerle dai patogeni esterni. Inoltre, con l’avvento dell’età globalizzata, siamo diventati i più grandi consumatori di tutti i tempi, anche e soprattutto di carne, mangiando 3 volte il corrispettivo delle generazioni precedenti (a dispetto della dieta mediterranea).
Che gli allevamenti influiscano sull’impatto ambientale, come ogni attività umana, non c’è dubbio. Se cerchiamo il pelo nell’uovo, tentando di definire che cos’è l’allevamento “intensivo”, entriamo in un dibattito controverso. In effetti, quando si parla di allevamento intensivo ci viene restituita un’immagine di animali ammucchiati in grandi capannoni, costretti nei loro box ad alimentarsi e riprodursi rimanendo pressoché immobili. E in questo, in buona parte, è vero: soprattutto se pensiamo alle mucche da latte, alle scrofe, ai polli e alle galline ovaiole (a riguardo dei pulcini maschi delle ovaiole – non geneticamente selezionati per la carne – si apre un capitolo a parte, dato che vengono soppressi a migliaia dopo la nascita perché non sono vantaggiosi economicamente. Anche sull’allevamento di vitelli e agnelli ci sarebbe da fare una questione a sé). Ma ci sono dettagli che per buona informazione vanno citati: come l’esistenza di norme che regolamentano l’ampiezza di tali spazi e la distribuzione dei capi di bestiame. Se i detrattori dell’allevamento intensivo lo considerano un’attività di tipo “industriale” che non rispetta il benessere animale ed è fonte di pericolo per igiene e salute, i sostenitori ritengono che tali allevamenti garantiscano invece protezione, un’adeguata disponibilità di alimenti e acqua che riduca gli sprechi, nonché maggiore controllo e possibilità di curare gli animali da malattie infettive. Esistono dei protocolli molto severi – in Italia ancora di più – che prevedono controlli serrati, dalla nascita dell’animale fino al termine del suo ciclo vitale, dall’alimentazione all’allattamento e svezzamento dei cuccioli, ecc. L’allevamento estensivo – il quale ci riporta ad un’immagine bucolica del rapporto uomo-natura – influisce sì sul benessere dell’animale, garantendogli una vita quanto più simile allo stato brado, ma – secondo i tecnici – ciò non significa necessariamente che l’animale libero sia sempre e comunque più sano. A livello sanitario, inoltre, la normativa attualmente sarebbe quella di somministrare antibiotici il meno possibile, a causa della resistenza batterica sempre maggiore (con cui dovremo fare i conti in un futuro non lontano). Insomma, la zootecnia vorrebbe rassicurarci presentandoci il modello intensivo “più vicino” all’esigenze dell’animale – almeno idealmente – che non il crudele “tritacarne” a cui siamo abituati a pensare. Le condizioni di igiene e benessere approssimative, che quarant’anni fa potevano essere considerate normali, oggi non sono più tollerate: in passato gli animali non avevano diritti, erano maltrattati e subivano una fine più brutale. Parlando con un zootecnico, chiaramente mi dice che: non è nell’interesse di nessuno lasciare che l’animale patisca sofferenze o stress eccessivo, dato che ne influirebbe sul suo rendimento in termini di sviluppo e sul prodotto finale.
LAVORI PUBBLICI ORDINARI E STRAORDINARI
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- Scritto da Roberto Rinaldi Ceroni
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Intervista al vice sindaco Maurizio Nati
In questi ultimi mesi diverse son state le occasioni pubbliche che hanno affrontato i temi del post alluvione.
Il 6 febbraio al cinema Senio un folto pubblico ha ascoltato e dibattuto per più di due ore le questioni legate alle procedure di richiesta dei danni e delle risorse disponibili. Erano presenti il vice presidente della regione Irene Priolo, il nostro sindaco, il responsabile della Protezione Civile della Prov. Di Ravenna Geologo Marco Bacchini, la consigliera Manuela Rontini.
Nella serata del 9 dopo un primo momento informativo è stato proiettato il docu film “la grande frana” con la sala gremita di persone che hanno potuto rivivere il dramma di quei tragici giorni di maggio. Matteo Bellini che ha curato la regia, il montaggio e girato parte delle scene ha saputo rievocare i sentimenti crudi e intensi di quei giorni riproponendo il 23 la seconda parte del suo lavoro.
A tutte le serate era presente anche Maurizio Nati che ha rendicontato lo stato dei finanziamenti , dei lavori realizzati e in corso d’opera.
Maurizio ci puoi aiutare a fare il punto della situazione complessiva dei lavori pubblici straordinari e ordinari che interessano il nostro comune?
Partiamo dalle risorse. Ad oggi il nostro comune ha potuto saldare tutti i lavori della prima fase, quella cosiddetta di somma urgenza, per un importo pari 2.521.942,00 € di cui 480.000,00 soltanto per il ripristino della viabilità nel tratto delle Case Bruciate. Ora siamo nella fase di messa in sicurezza delle strade comunali che ricordiamo hanno uno sviluppo di 91 chilometri quelle asfaltate e 13 Km quelle bianche. Con l’ordinanza commissariale numero 13 sono stati messi a disposizione del nostro comune 1.896.000,00 €. A queste risorse dobbiamo aggiungere 103.658,00 € relativi ai danni subiti dall’alluvione sul nuovo campo sportivo e i 124.000,00 € per lavori sulla piscina comunale. Altri 123.000,00 € ci sono stati assegnati per i danni della piena del 2 novembre, quella che a Palazzuolo ha devastato il tratto urbano del Senio.
Cosa si intende per messa in sicurezza?
Vuol dire che interverremo sui tratti più critici dove ancora il transito dei veicoli è permesso ai mezzi di soccorso e ai residenti. Dobbiamo riuscire a far sì che le attività economiche delle nostre campagne dalla coltivazione dei campi, alla conduzione degli allevamenti, all’accesso agli agriturismi avvengano in sicurezza.
Quindi i tracciati delle strade comunali con tutte le rettifiche seguite all’emergenza rimarranno così come li vediamo o verranno sistemati ?
La terza fase, dopo la somma urgenza e la messa in sicurezza, sarà la ricostruzione. A quel punto procederemo a risistemare i tracciati. Dovremo redigere i progetti per ricostruire le strade procedendo agli espropri laddove necessario e aprendo i cantieri per le opere necessarie. Purtroppo ad oggi la struttura commissariale non ci ha ancora fornito alcuna notizia né sui tempi né sulle risorse.
Parliamo delle condizioni di sicurezza del centro storico. Il tratto sul fiume di via Matteotti ha subito cedimenti e il Senio ha eroso la base della scarpata. Sappiamo che a metà febbraio hai coordinato un sopralluogo della protezione civile. Quali sono le prospettive?
Siamo stati a visionare tutto il tratto che va dalla chiesa del Suffragio fino alle ultime case che si affacciano sul fiume prima della piscina. Da subito la protezione civile regionale interverrà per mettere in sicurezza il tratto che dà sul Rio di Casola sotto al ponte dei Poggi. Sarà sistemato il muro in sasso nella zona torre del Galbetto lato destro Rio Casola, verrà collocata una rete di protezione sulla riva sinistra del rio Casola zona depuratore e ripristinato l’alveo sopra il tombinamento del Rio Casola, liberandolo dalle frane che anno ostruito i pozzetti d’ispezione. Servono interventi importanti di consolidamento anche nella zona riva sinistra fiume senio sdi sostegno al centro storico, dalla Torre Civica a Piazza L. Sasdelli, come a suo tempo si fece nel muraglione fino alla curva prima del ponte della Soglia, altri interventi di sostegno e protezione sempre sulla parte sinistra del fiume senio dovranno interessare il tratto tra Piazza Sasdelli fino alla strada SP 63 di Zattaglia e zona piscina . Per questo abbiamo già sollecitato e interessato la Regione e gli organi competenti, sono interventi importanti serviranno molte risorse ma estremamente importanti e urgenti .
E’ impressionante come il Senio abbia mutato il suo aspetto. In certe anse ha scavato nella roccia e in altre ha accumulato enormi masse di inerti così che si fa fatica a capire quali saranno gli esiti delle future piene.
Sul Senio, insieme alla Protezione Civile, abbiamo individuato alcune criticità: a Mercatale dove sta scavando sotto il centro abitato, a Baffadi sotto la Canova, in via dei Mulini e al Molinetto. Ma dobbiamo considerare anche i suoi affluenti e cominceremo a intervenire per primi su quelli a ridosso del paese. Il Consorzio di Bonifica ha a disposizione 650.000,00 € per la sistemazione del Rio di Casola, del rio della Peschiera e del Cestina dove i laghetti che riforniscono l’acquedotto hanno subito danni non lievi. Entro febbraio almeno quest’ ultimo cantiere dovrebbe essere concluso.
Proviamo a lasciare da parte i lavori seguiti agli eventi straordinari dell’alluvione e riprendiamo il filo di quelli che riguardano l’ordinarietà con una breve carrellata.
Se l’andamento climatico ci assiste il campo sportivo dovrebbe essere pronto nei prossimi mesi di maggio / giugno. Per le medie dovremmo assegnare i lavori entro aprile. Per il consolidamento del ponte della Soglia la Regione ha adeguato l’importo aggiungendo altri 40.000,00 € e a breve sarà ripetuta la gara d’appalto dei lavori. Un cantiere importante sarà l’adeguamento sismico delle scuole; sarà aperto alla chiusura dell’anno scolastico ma è difficile pensare che si concluda in un paio di mesi.
Casola Valsenio onora il Mito: intitolato un parco a Marco Pantani
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- Scritto da Filippo Cantagalli
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"Buongiorno a tutti,
oggi 06 aprile 2024 siamo qui riuniti presso il parchetto antistante l’ex campo sportivo Nannini per l’intitolazione al grande campione di ciclismo Marco Pantani. Per noi amanti della bicicletta, in una piccola realtà come Casola Valsenio è un grande onore e motivo di orgoglio, non potranno mai bastare poche righe per descrivere quanto Pantani ha fatto per il ciclismo e per lo sport Italiano, Marco era un campione più unico che raro, completamente fuori dagli schemi, con il suo modo così arrembante di attaccare i suoi avversari quando la strada iniziava a salire, (e per questo lo avevano battezzato il pirata) al primo tornante li sfiancava, al secondo li umiliava, al terzo non lo vedevano più, insomma prendeva il volo, ma la cosa più simpatica era vedere questo omino di una cinquantina di kg di Cesenatico (località marittima e non dolomitica) con questa pelata luccicante, l’orecchino, due orecchie abbastanza importanti, sguardo concentratissimo fisso in avanti, mani basse sul manubrio, battersi contro delle sfingi tutta forza e potenza, per primo lo spagnolo Indurain, poi il russo Tonkov, il tedesco Ullrich, ed infine l’americano Armstrong, nel corpo a corpo in salita non c’era storia, il più spettacolare, incollava allo schermo della tv anche coloro che di ciclismo non importava nulla, si sentiva spesso una celebre frase in dialetto “ u se cavè e capel e ades u saveia “ delirio, ma non solo salita, era anche un grandissimo discesista, si buttava giù in picchiata a 90 all’ora con il sedere dietro la sella sfiorando la ruota posteriore, per stare più basso e aerodinamico, in quella posizione non si ha una gran padronanza del mezzo, bastava una piccola buca per volare in aria, ma Pantani era questo, in tre parole, talento forza follia. L’anno 1998 è stato quello della doppietta Giro d’Italia e Tour de France, impresa riuscita solo a pochi, il primo a riuscirci fu un Italiano, la leggenda Fausto Coppi, e per ultimo sempre un altro Italiano, Romagnolo, Marco Pantani. Attaccando da lontano, in fuga, ribaltando la classifica e vincendo per distacco, un uomo solo al comando.
L’anno successivo, quel maledetto 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio, al culmine della sua popolarità ed un altro Giro d’Italia praticamente vinto, anzi stravinto, sarà l’inizio della sua fine, con quella scena terribile assediato da giornalisti fotografi e poliziotti, come un criminale che veniva catturato dopo anni di latitanza, “ mi sono sempre rialzato dopo tanti incidenti, stavolta non mi rialzo più, credo ci sia sotto qualcosa di strano… “ in quel periodo il ciclismo e non solo stava attraversando un momento molto difficile, tra scandali e squalifiche legate al doping, Pantani fu cacciato da quel giro alla penultima tappa, non per una positività ma per valore troppo alto di ossigeno nel sangue, una vicenda che per sempre resterà avvolta nel mistero, se ne sono dette e scritte di ogni, tante cose poco chiare, un grido di disperazione del tutto legittimo, il pezzo grosso facile da colpire e il crollo di un campione con le fragilità e sensibilità umane di ogni comune mortale. Fino al giorno della sua morte, il 14 febbraio 2004, a soli 34 anni, in una stanza d’albergo di Rimini, quando vinceva era circondato da migliaia di persone, tutti sul carrozzone, è morto solo, abbandonato come un cane randagio. Figure molto importanti del giornalismo sportivo gli diedero del traditore, politici incompetenti al di fuori di sport e ciclismo dissero “ è stato tutto tranne che un esempio per i giovani “….. Bene, sempre nel 1998 anche io ho provato a fare il corridore di ciclismo su strada, avevo 16 anni, piena adolescenza, un’ età dove ognuno inizia un po’ a formare una sua identità gettando le basi per la vita da adulti, con i miei compagni di squadra ci sfidavamo sempre in salita, ispirandoci a lui, scatti e contro scatti fino in cima, chi si autodefiniva più scalatore, chi più passista, chi più velocista… e l’allenatore ci riprendeva “ ragazzi, guardate che alla vostra età Pantani vinceva per distacco anche in pianura, non è il giusto atteggiamento, se un giorno arriverete al professionismo allora sarà il momento di specializzarsi “ ….. giusto insegnamento, il talento è un dono, il successo è un mestiere, sfortuna e imprevisti sono sempre dietro l’angolo, la carriera di Pantani è sempre stata ostruita da tanti incidenti, su tutti quello alla Milano Torino del 1995, un auto non si fermò all’ordine delle staffette che controllavano la corsa, lo travolse in pieno spezzandogli tibia e perone, uno stop lungo un anno e mezzo, la sua carriera sembrava stroncata sul nascere, ma sacrifici, passione, determinazione, motivazione, riuscì a tornare più forte di prima, direi che non poteva esserci esempio migliore per tutti quei ragazzi della mia generazione cresciuti nel segno del suo mito. Infine vorrei ricordare alcune sue storie che mi hanno colpito, Pantani raggiunse la massima categoria a metà del 1992, si diede un anno di apprendistato e all’inizio del 1994 disse “ ecco adesso o vinco o deciderò di fare qualche cos’altro nella mia vita, potrei andare a fare piadine con mia madre nel chiosco “ la schiettezza romagnola non si smentisce mai. Alla domanda “ Marco, ma perché vai sempre così forte in salita ? per accorciare la mia sofferenza… leggenda. Poi, al suo primo contratto da professionista gli fu detto “ sarai contento, hai fatto un affare! Risposta, “ NO, l’affare l’avete fatto voi… “ aveva ragione, l’ultima, quella per me più toccante, verso fine carriera “ il ciclismo mi mancherà, ma credo che anche io mancherò al ciclismo… “ dopo la sua scomparsa, il ciclismo non fu più lo stesso.
A nome di tutto il gruppo sportivo Alfredo Oriani ringraziamo di cuore il comune di Casola Valsenio, per noi appassionati sarà sempre un piacere ma soprattutto un dovere ricordare con tanto affetto il grande pirata Marco Pantani. Grazie a tutti"
Discorso di Filippo Cantagalli tenutosi all'inaugurazione del Parco Marco Pantani a Casola Valsenio, 6 aprile 2024
Casolani coraggiosi – Intervista a Matteo Magigrana
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- Scritto da Benedetta Landi
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La redazione de Lo Spekkietto dedica sempre con grande piacere uno spazio a tutti i casolani e le casolane che, per motivi di studio o di lavoro, hanno avuto l’opportunità di trasferirsi all’estero. Sono per il nostro paese un motivo di orgoglio, simbolo di un sogno che si realizza, di un’aspirazione che prende forma e si concretizza.
Con grandissimo piacere ho intervistato Matteo Magigrana, un nostro compaesano talentuoso che ha sempre dedicato grandissimo impegno, dedizione e passione allo studio della musica, prima iscrivendosi al Liceo Musicale di Forlì e, dopo il diploma, al Conservatorio di Bologna.
Matteo è stato selezionato per il progetto Erasmus e lo scorso settembre si è trasferito nella capitale francese per proseguire gli studi di contrabbasso presso la prestigiosa Accademia Musicale "PSPBB - Pôle supérieur d'enseignement artistique Boulogne Billancourt".
Ciao Matteo! Dove e quando nasce la tua passione per la musica e, in particolare, per il tuo strumento?
“Mi sono avvicinato al mondo della musica in prima media suonando la chitarra a scuola, successivamente sono passato al basso elettrico per creare una band con i miei amici e solo in seguito ho iniziato a suonare il contrabbasso. Volevo iscrivermi al Liceo Musicale per approfondire i miei studi sulla musica quando suonavo ancora il basso elettrico, ma purtroppo il corso che volevo seguire non esisteva nel piano di studi, allora mi sono informato e ho scoperto che molti bassisti passano al contrabbasso per perfezionarsi, così ho fatto e non sono più tornato indietro.”
Parlaci del tuo percorso di studi.
“Ho iniziato a prendere lezioni private di musica in seconda media, successivamente sono entrato al Liceo Musicale di Forlì e mi sono diplomato nel 2019. Attualmente studio al Conservatorio “G.B. Martini” di Bologna e in questi anni ho seguito molte masterclass tenute da alcuni dei contrabbassisti migliori in Italia, per ampliare la mia conoscenza dello strumento.”
Tutti a Casola ti conoscono anche per le tue performance con i WonderRoof, al basso. Parlaci di questa doppia anima, classica e rock.
Un Venerdì Sera a Tutto Dialetto: Successo per "J'Amigh de Dialétt" al Nuovo Cinema Senio
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- Scritto da Francesco Rivola
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Casola Valsenio, 1 marzo 2024 - La cultura e la tradizione romagnola sono state le protagoniste indiscusse al Nuovo Cinema Senio, dove la Compagnia Dialettale Amatoriale "J'Amigh de Dialétt" ha incantato il pubblico con due commedie esilaranti in dialetto romagnolo. La sala, gremita in ogni ordine di posti, ha rivelato l'affetto e l'interesse della comunità per le radici e l'arte locale.
Le due farse "Am Vot Spusè!" e "Una Bòna Ucasiòn" (E.Cola), hanno portato in scena non solo il colore e l'umorismo tipici del dialetto, ma anche un affresco vivace della vita quotidiana e dei caratteri che popolano la Romagna degli anni 50 e 80. Tra equivoci comici e colpi di scena, gli spettatori si sono lasciati trascinare in un vortice di risate e buonumore che ha reso la serata indimenticabile.
L'impegno e la passione degli attori hanno dato vita a personaggi autentici e genuini, interpretati con maestria e un'immedesimazione totale. Ogni battuta, ogni gesto, ogni espressione ha contribuito a trasportare gli spettatori nel cuore pulsante di una comunità che sa ancora raccontarsi e divertirsi.
Questo evento non è stato solo un'occasione di intrattenimento, ma anche un momento di condivisione e di valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale del territorio. Il successo di pubblico dimostra l'importanza di iniziative come questa, che mantengono viva la lingua dialettale e la rendono accessibile alle nuove generazioni.
Il ricavato della serata è destinato a una causa nobile: sostenere la ricerca genetica sulle malattie rare infantili. Questo gesto di solidarietà aggiunge un valore ancora più profondo all'iniziativa, dimostrando come la cultura possa essere anche veicolo di impegno civile e sociale.
La Compagnia "J'Amigh de Dialétt" si conferma così non solo custode delle tradizioni, ma anche attore attivo nella costruzione di una comunità più coesa e attenta al prossimo. Un plauso va a tutti i componenti della compagnia, che con il loro talento e la loro dedizione hanno regalato a Casola Valsenio una serata di puro divertimento e autentica cultura romagnola.
Per chi non ha potuto assistere dal vivo alle performance, ci sono buone notizie: la commedia è stata ripresa dal canale Antenna 306 che a breve la renderà disponibile sul web, permettendo così a un pubblico ancora più ampio di godere di questo splendido esempio di teatro popolare.
Elenco degli Attori:
AM VOT SPUSE'
Giovanni Tagliaferri
Arianna Poli
Marina Bartoli
Anna Tagliaferri
Mauro Poggiali
Romana Fabbri
Marco Mancinella
Arianna Suzzi
UNA BÒNA UCASION
Arianna Poli
Giovanni Tagliaferri
Elio Fabbri
Marina Bartoli
Marco Mancinella
Dietro le quinte: Suggeritore Tamara Bellini, assistenti di scena Valerio Baruzzi e Marisa Perani.
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