"Buongiorno a tutti,
oggi 06 aprile 2024 siamo qui riuniti presso il parchetto antistante l’ex campo sportivo Nannini per l’intitolazione al grande campione di ciclismo Marco Pantani. Per noi amanti della bicicletta, in una piccola realtà come Casola Valsenio è un grande onore e motivo di orgoglio, non potranno mai bastare poche righe per descrivere quanto Pantani ha fatto per il ciclismo e per lo sport Italiano, Marco era un campione più unico che raro, completamente fuori dagli schemi, con il suo modo così arrembante di attaccare i suoi avversari quando la strada iniziava a salire, (e per questo lo avevano battezzato il pirata) al primo tornante li sfiancava, al secondo li umiliava, al terzo non lo vedevano più, insomma prendeva il volo, ma la cosa più simpatica era vedere questo omino di una cinquantina di kg di Cesenatico (località marittima e non dolomitica) con questa pelata luccicante, l’orecchino, due orecchie abbastanza importanti, sguardo concentratissimo fisso in avanti, mani basse sul manubrio, battersi contro delle sfingi tutta forza e potenza, per primo lo spagnolo Indurain, poi il russo Tonkov, il tedesco Ullrich, ed infine l’americano Armstrong, nel corpo a corpo in salita non c’era storia, il più spettacolare, incollava allo schermo della tv anche coloro che di ciclismo non importava nulla, si sentiva spesso una celebre frase in dialetto “ u se cavè e capel e ades u saveia “ delirio, ma non solo salita, era anche un grandissimo discesista, si buttava giù in picchiata a 90 all’ora con il sedere dietro la sella sfiorando la ruota posteriore, per stare più basso e aerodinamico, in quella posizione non si ha una gran padronanza del mezzo, bastava una piccola buca per volare in aria, ma Pantani era questo, in tre parole, talento forza follia. L’anno 1998 è stato quello della doppietta Giro d’Italia e Tour de France, impresa riuscita solo a pochi, il primo a riuscirci fu un Italiano, la leggenda Fausto Coppi, e per ultimo sempre un altro Italiano, Romagnolo, Marco Pantani. Attaccando da lontano, in fuga, ribaltando la classifica e vincendo per distacco, un uomo solo al comando.

 

L’anno successivo, quel maledetto 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio, al culmine della sua popolarità ed un altro Giro d’Italia praticamente vinto, anzi stravinto, sarà l’inizio della sua fine, con quella scena terribile assediato da giornalisti fotografi e poliziotti, come un criminale che veniva catturato dopo anni di latitanza, “ mi sono sempre rialzato dopo tanti incidenti, stavolta non mi rialzo più, credo ci sia sotto qualcosa di strano… “ in quel periodo il ciclismo e non solo stava attraversando un momento molto difficile, tra scandali e squalifiche legate al doping, Pantani fu cacciato da quel giro alla penultima tappa, non per una positività ma per valore troppo alto di ossigeno nel sangue, una vicenda che per sempre resterà avvolta nel mistero, se ne sono dette e scritte di ogni, tante cose poco chiare, un grido di disperazione del tutto legittimo, il pezzo grosso facile da colpire e il crollo di un campione con le fragilità e sensibilità umane di ogni comune mortale. Fino al giorno della sua morte, il 14 febbraio 2004, a soli 34 anni, in una stanza d’albergo di Rimini, quando vinceva era circondato da migliaia di persone, tutti sul carrozzone, è morto solo, abbandonato come un cane randagio. Figure molto importanti del giornalismo sportivo gli diedero del traditore, politici incompetenti al di fuori di sport e ciclismo dissero “ è stato tutto tranne che un esempio per i giovani “….. Bene, sempre nel 1998 anche io ho provato a fare il corridore di ciclismo su strada, avevo 16 anni, piena adolescenza, un’ età dove ognuno inizia un po’ a formare una sua identità gettando le basi per la vita da adulti, con i miei compagni di squadra ci sfidavamo sempre in salita, ispirandoci a lui, scatti e contro scatti fino in cima, chi si autodefiniva più scalatore, chi più passista, chi più velocista… e l’allenatore ci riprendeva “ ragazzi, guardate che alla vostra età Pantani vinceva per distacco anche in pianura, non è il giusto atteggiamento, se un giorno arriverete al professionismo allora sarà il momento di specializzarsi “ ….. giusto insegnamento, il talento è un dono, il successo è un mestiere, sfortuna e imprevisti sono sempre dietro l’angolo, la carriera di Pantani è sempre stata ostruita da tanti incidenti, su tutti quello alla Milano Torino del 1995, un auto non si fermò all’ordine delle staffette che controllavano la corsa, lo travolse in pieno spezzandogli tibia e perone, uno stop lungo un anno e mezzo, la sua carriera sembrava stroncata sul nascere, ma sacrifici, passione, determinazione, motivazione, riuscì a tornare più forte di prima, direi che non poteva esserci esempio migliore per tutti quei ragazzi della mia generazione cresciuti nel segno del suo mito. Infine vorrei ricordare alcune sue storie che mi hanno colpito, Pantani raggiunse la massima categoria a metà del 1992, si diede un anno di apprendistato e all’inizio del 1994 disse “ ecco adesso o vinco o deciderò di fare qualche cos’altro nella mia vita, potrei andare a fare piadine con mia madre nel chiosco “ la schiettezza romagnola non si smentisce mai. Alla domanda “ Marco, ma perché vai sempre così forte in salita ? per accorciare la mia sofferenza… leggenda. Poi, al suo primo contratto da professionista gli fu detto “ sarai contento, hai fatto un affare! Risposta, “ NO, l’affare l’avete fatto voi… “ aveva ragione, l’ultima, quella per me più toccante, verso fine carriera “ il ciclismo mi mancherà, ma credo che anche io mancherò al ciclismo… “ dopo la sua scomparsa, il ciclismo non fu più lo stesso.
A nome di tutto il gruppo sportivo Alfredo Oriani ringraziamo di cuore il comune di Casola Valsenio, per noi appassionati sarà sempre un piacere ma soprattutto un dovere ricordare con tanto affetto il grande pirata Marco Pantani. Grazie a tutti"

Discorso di Filippo Cantagalli tenutosi all'inaugurazione del Parco Marco Pantani a Casola Valsenio, 6 aprile 2024

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