I PINI: un problema
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- Scritto da Roberto Rinaldi Ceroni
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Chi arriva a Casola sulla provinciale da nord ha sott'occhio e in sequenza questi elementi del paesaggio: il cimitero, i pini incombenti sulla carreggiata, il condominio disabitato mattone a vista.
Desolante. Soprattutto per un paese che sulla qualità paesaggistica gioca una carta importante del suo richiamo turistico.
Il cimitero è lì da metà dell'800 e non si tocca. Il condominio resterà lì per secoli. I pini...
Quelli danno e daranno sempre problemi. L'abbiamo visto in occasione delle copiose nevicate che scosciano intere branche facendole crollare sulla strada. Con rischi sulla viabilità. Ma basta anche meno neve perchè la chioma l'accumuli per poi farla schiantare ogni tanto quando supera un certo peso. Con rischi sulla viabilità. Lo vediamo anche tutti i giorni sull'asfalto della carreggiata e sotto i piedi di chi cammina sul vialetto pedonale. Il problema lì è dato dalle radici che crescono molto superficiali creando cunette e gibbosità per niente simpatiche per chi ci gira o ci cammina sopra. Aspetti positivi? I pinoli. Ricordo Giovanni della Benzina che si era costruito un attrezzo per raccattarli. Adesso i pinoli arrivano dalla Cina e costano poco ( e non sanno di niente).
Non mi viene da dire nient'altro di buono su quei pini.
Il pino domestico (pino da pinoli, pino a ombrello, in botanica Pinus pinea) è una conifera introdotta in Italia probabilmente dagli etruschi e che i romani poi assunsero come pianta simbolica ma, soprattutto, da loro usata negli arsenali marittimi per la loro flotta da guerra. E' il caso delle pinete di Ravenna il cui impianto risale a quell'epoca e a quello scopo.
INTENSOFIABESCO Tutti gli eventi dell’estate casolana 2014
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- Scritto da Fabio
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La novità che salta subito all’occhio è la mancata programmazione di una nuova edizione del Mercatino Serale delle erbe nei venerdì di luglio e agosto. Dopo ben trentadue anni il Mercatino lascia il posto ad una nuova formula che vuole rafforzate la Festa delle erbe e quella della Lavanda negli ultimi due week-end di giugno. Proposte che fino allo scorso anno erano circoscritte al Giardino officinale delle erbe e che quest’anno sono state ripensate, interessando nuovi spazi tra cui il centro del paese con espositori erboristi e prelibatezze enoculinarie. Una scelta, quella di interrompere il mercatino tradizionale, probabilmente inevitabile, viste le carenze delle ultime edizioni; così come inevitabili, a parer nostro, alcuni accorgimenti da apportare alle nuove proposte. Difficile riuscire a convogliare gente in paese durante le calde giornate di giugno, meglio limitare le iniziative alle serate del venerdì e del sabato. Ma anche apprezzamento per una piazza Sasdelli dal sapore nomade curata con stile dall’ass.ne dei Creativi sopra la Media. Un altro suggerimento su cui abbiamo riflettuto riguarda la possibilità di riportare il cinema in piazza all’aperto, tuttavia consapevoli del fatto che probabilmente ci siano costi e/o attrezzature insostenibili o al momento non disponibili.
NOTTI MAGICHE…
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- Scritto da Michele Righini
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Avete presente quella scena di “Chi ha incastrato Roger Rabbit” in cui il coniglio animato si nasconde nel retrobottega di un bar e il giudice cattivone, per farlo uscire allo scoperto, tocchetta col suo bastone sul bancone e canticchia “Am-maz-za la vec-chia…”, ben sapendo che nessun cartone riesce a resistere a concludere l’insensata canzoncina? Infatti, all’ennesimo “Am-maz-za la vec-chia…”,” Roger prorompe in uno spettacolare “…coooool fliiiiiiiiiit!!!!!!!” che lo conduce sull’orlo di un’orribile dissoluzione in un barattolo di salamoia. Ecco, qualunque italiano sopra i 35 anni appena sente le fatidiche parole “Notti magiche…” diventa come il coniglio cinematografico e non può trattenersi dall’aggiungere “…inseguendo un gooool!”. E nel 90% dei casi imita anche lo schitarramento di Edoardo Bennato e la voce roca di Gianna Nannini. Perché, lo dico per quelli che, per loro fortuna, 35 anni ancora non li hanno (e che quindi dovranno anche recuperare su YouTube la scena di Roger Rabbit), quello era l’inno dei Mondiali di calcio svoltisi in Italia del 1990, evento epocale per il nostro paese per vari motivi. Non tutti positivi, dal momento che qualche furbetto si è fatto le budella d’oro con la pioggia di denaro che sempre si riversa su un paese che organizza una manifestazione del genere, ma fermiamoci al bello, alla passione. Anzi a due delle passioni più viscerali, più dirompenti che si possano provare, soprattutto in gioventù: calcio e musica. Io allora avevo 15 anni e, guarda caso, conoscevo a memoria due cose: la scaletta di tutti gli album ufficiali dei Beatles (e anche quella di alcuni loro “Best of…” comprati in audiocassetta – in audiocassetta! – da Sangiorgi a Faenza) e tutti i marcatori di tutte le partite di quel Mondiale. Ma proprio tutti, anche i nomi impossibili degli Emirati Arabi Uniti (c’erano, c’erano gli Emirati, ma ho dovuto controllare in rete tanto è labile il ricordo). Quintali di neuroni impiegati in questi sforzi di memoria e poi bruciati, volatilizzati, sfumati nelle nebbie degli anni (e Dio solo sa quanto quei neuroni farebbero comodo alle soglie dei 40…). Ma ormai è inutile piangere sul latte versato e mi accontento di ricordare che allora ricordavo queste cose, che confusamente tornano a galla in questi giorni di rinnovato Mondiale (per la cronaca: visti i tempi di pubblicazione dello Spekkietto quando leggerete questo articolo magari Brasile 2014 sarà un ricordo già un po’ annebbiato – a patto che non lo abbiamo vinto – ma oggi è il 18 giugno, siamo freschi di trionfo sulla perfida Albione nella prima partita e ci avviciniamo alla sfida coi “simpatici” costaricani gonfi di quella fiducia e quell’euforia che di solito preludono a catastrofi calcistiche memorabili. A proposito di catastrofi: la Spagna è stata appena eliminata, che gusto…). Dicevamo: calcio e musica, due passioni intrecciate, ricordi (quasi) indelebili. Vogliamo continuare il giochino anche per i giovanotti compresi fra i 15 e i 35?
Casola entra nella storia del Sangiovese
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- Scritto da Francesco Rivola
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Alcuni quotidiani e riviste specializzate, riportando interventi di Beppe Sangiorgi, hanno dato la notizia che Casola è interessata da un’importante scoperta nel campo della viticoltura. Abbiamo intervistato lo Storico Casolano per un approfondimento.
«Lo studioso Lucio Donati di Solarolo – spiega Beppe Sangiorgi - facendo ricerche sulla famiglia Santandrea del Casone ha portato alla luce un atto notarile del 1672 conservato all’Archivio di Stato di Faenza che cita “tre filari di Sangiovese” nel podere Fontanella di Pagnano; un podere oggi in comune di Casola Valsenio, ma allora in comune di Brisighella. Normalmente in tale periodo nei documenti si citavano vigne e terre vitate, mai il nome del vitigno, ma in questo caso la proprietaria, Maria Alpi, vedova di Francesco Santandrea, concedendo in affitto la vigna al parroco di Pagnano si riservava “tre filari di Sangiovese” posti verso la casa e pertanto li doveva specificare indicando il vitigno. Donati, conoscendo il mio interesse per la storia locale, mi ha fatto avere una copia di tale atto perchè riferito a Casola, ma mi è bastato poco tempo per accorgermi che si trattava di una scoperta di notevole importanza per la storia della viticoltura romagnola, nazionale e mondiale, essendo il sangiovese il vitigno più diffuso in Italia e uno dei più diffusi nel mondo, ma le cui origini sono ancora misteriose».
GUGLIELMO ROSSI: CICLISMO E OLIVE
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- Scritto da Alessandro Righini
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Ciclismo, vivai, olivi, una originale emigrazione al sud, poi il ritorno alle nostre terre, il frantoio e in tutto ciò, tanta passione. La storia emblematica ed avvincente di un casolano che ce l’ha messa tutta e ce l’ha fatta.
Guglielmo Rossi è un ex casolano che ho incontrato, quasi per caso, peregrinando al seguito di alcuni amici casolani e bolognesi con piccolo carico di olive, coltivate amatorialmente nella nostra vallata.
E’ così che sono capitato nel “Frantoio Imolese”, ovvero l’unico frantoio per olive “emiliano” della nostra regione.
Attenzione…, ho specificato “emiliano” perché di mulini da olio o frantoi “romagnoli”, a partire da Brisighella e seguendo le colline ad est verso il mare, ve ne sono altri, ma in Emilia no! L’unico esistente è quello di cui parleremo, posto in territorio imolese, in zona Torranello, più precisamente in via di Nola, sul crinale di confine fra il comune di Imola e di Riolo Terme.
Mi si dirà: ma Imola non è ancora Romagna ? ….. ahi, ahi, ahi ! Ci stiamo addentrando in un terreno pericoloso …. allora diciamo: certamente Imola è romagnola sotto il profilo storico, culturale, lessicale, ma sul piano amministrativo è in provincia di Bologna, quindi in una provincia emiliana, quindi il “Frantoio Imolese” è in Emilia ed altri non esistono in tutte le altre provincie emiliane.
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