Un episodio del quale fu protagonista monsignor Angelo Poli, originario di Baffadi e vescovo della diocesi indiana di Allahabad, svela un aspetto poco conosciuto della figura e della vita di Padre Pio.

Giuseppe Poli, nato a Ca’ Rondino nel 1878, a 15 anni entrò nel noviziato dei Fadri Cappuccini assumendo il nome di Angelo. Nel 1901 fu ordinato sacerdote nella Chiesa dei Frati di Casola e nello stesso anno partì missionario per l’India. Nel 1917 diventa vescovo della diocesi di Allahabad, una delle più vaste dell’India, così che gli si presenta l’esigenza di poter disporre della collaborzione di un buon numero di missionari.A tale scopo nel 1920 torna in Italia per ‘reclutare’ dei confratelli, cercando anche in altre province che non avevano ancora una loro missione, come quella di Foggia. Dove  monsignor Poli si recò per ben due volte per conferire con Padre Pio, il quale già nel 1904, diciassettenne, aveva espresso il desiderio di andare in missione. Un deside rio al quale i superiori avevano sempre opposto un netto rifiuto e nei due colloqui che monsignor Poli ebbe con Padre Pio venne deciso un intervento, ma senza esito, del vescovo casolano presso i superiori per assecondare il desideri del frate pugliese. Il quale, deluso e amareggiato per non poter seguire monsignor Poli in India lo salutò chiedendo di essere comunque considerato idealmente uno dei suoi missionari.

 

Padre Pio non potè seguire monsignor Angelo Poli ma lasciò in lui un profondissima impressione, come rivela in una cartolina spedita poco dopo da San Giovanni Rotondo, al dottor Giorgio Festa, il medico  autorizzato da esaminare il fenomeno delle stimmate di Padre Pio: "Veni, vidi et vinctus sum. Ella ha più che ragione. Digitus Dei est hic. Davanti a Padre Pio uno si sente sopraffatto dalla presenza del soprannaturale, e nello stesso tempo la sua naturalezza, il suo contegno sempre uguale e sempre compos sui, inspirano tutta la confidenza. Distinti ossequi. Dev.mo fr. Angelo Poli".

Il frate di Pietrelcina non si era però rassegnato e riprova a chiedere, ma di nuovo inutilmente l’autorizzazione a raggiungere monsignor Poli in missione, come rivela in una lettera inviatagli nel febbraio del 1921.

"Mio carissimo monsignore, Gesù sia sempre tutto vostro, vi assista sempre ed in tutto con la sua vigile grazia e renda sempre più fruttuosa la vostra missione, affidatavi dal divin Pastore e vi faccia santo una con il suo gregge! [...] Sentite, Padre, anch'io ho fatto istanze vivissime presso il mio direttore per essere arruolato tra i vostri missionari ma, povero me, non mi ha trovato degno. E nessuna cosa è valsa finora a farmi ottenere questa segnalata grazia. Debbo ritornare alla carica? Raccomandate anche voi quest'affare a Gesù, e ditegli che se mi vuole tra i suoi missionari disponga le altrui volontà.

 Ed intanto giacché non mi è concesso anche di essere realmente ascritto tra i suoi missionari, mi ingegnerò di esserlo in ispirito. Vi accompagnerò ovunque con preghiere e con gemiti, nella speranza che non isdegnerete di accogliermi come uno degli ultimi vostri missionari. Il giorno venti settembre 1918 mi venne dall'Alto la grande ed immensa umiliazione e confusione [delle stimmate]. Grazie delle dieci lire inviatemi per il cioccolato. Gesù ed il Padre San Francesco vi rimunerino a cento doppi di tanta fiorita carità. Sarei a pregarvi a non incomodarvi per la mia povera persona, ché la divina provvidenza nulla mi fa mancare, serbando tali privazioni per i poverelli di me molto più bisognosi. Del resto vi prometto che abbisognandomi qualche cosa liberamente ve lo farò sapere. Raccomando me stesso alle vostre sante orazioni, vi bacio con rispetto e venerazione il sacro anello e, chiedendovi la pastorale benedizione, mi dico, aff.mo ed um.mo servo, F. Pio da Pietrelcina, cappuccino".

Un anno dopo, in risposta ad una lettera del vescovo Poli, Padre Pio appare oramai rassegnato ad esercitare la sua missione a San Giovanni Rotondo: "Mio carissimo monsignore, Gesù regni sempre sovrano sul vostro cuore, vi assista sempre con la sua vigile grazia, esaudisca tutti i vostri voti e vi renda sempre più degno dei suoi divini amplessi! Con questi voti sincerissimi che assiduamente vi vado facendo dinanzi a Gesù, vengo a dar sollecito riscontro alla vostra lettera giuntami ieri e che mi è riuscita superlativamente gradita.

 Rendo vivissime grazie a Gesù per i copiosi frutti che apporta la vostra missione e lo prego con tutto l'ardore del mio cuore che voglia far scendere ancora più copiosa la sua grazia sopra di voi per la vostra e l'altrui santificazione. Quanto bramerei e quanto sarei contento se potessi trovarmi anch'io costì per apprestare la mia povera opera per l'incremento della fede. Ma questa fortuna non è serbata a me, sebbene ad altre anime più nobili e più care a Gesù. La mia missione la eserciterò coll'umile, fervente ed assidua preghiera. Sì, Padre, io sto qui col corpo, ma con lo spirito sono a voi vicino ed a voi strettamente unito".

Ma rimase in lui per tutta la vita l’amarezza e il rimpianto di non aver potuto assecondare materialmente la sua inclinazione missionaria. Come confidò commosso nel 1966 ad un padre cappuccino in partenza per una missione: “Figlio mio, a te il Signore ha concesso la grazia di andare in Africa e io non sono stato degno di andare in missione. Quando ero giovane come te, ho supplicato, ho pianto, ho pregato e il mio superiore non mi ha ritenuto degno di un simile compito”.

Se Padre Pio non ha potuto essere un missionario che va per il mondo ad evangelizzare i popoli è stato comunque un missionario al quale la gente del mondo si è rivolta per essere evangelizzata. 

Beppe Sangiorgi

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