Chi arriva a Casola sulla provinciale da nord ha sott'occhio e in sequenza questi elementi del paesaggio: il cimitero, i pini incombenti sulla carreggiata, il condominio disabitato mattone a vista.
Desolante. Soprattutto per un paese che sulla qualità paesaggistica gioca una carta importante del suo richiamo turistico.
Il cimitero è lì da metà dell'800 e non si tocca. Il condominio resterà lì per secoli. I pini...
Quelli danno e daranno sempre problemi. L'abbiamo visto in occasione delle copiose nevicate che scosciano intere branche facendole crollare sulla strada. Con rischi sulla viabilità. Ma basta anche meno neve perchè la chioma l'accumuli per poi farla schiantare ogni tanto quando supera un certo peso. Con rischi sulla viabilità. Lo vediamo anche tutti i giorni sull'asfalto della carreggiata e sotto i piedi di chi cammina sul vialetto pedonale. Il problema lì è dato dalle radici che crescono molto superficiali creando cunette e gibbosità per niente simpatiche per chi ci gira o ci cammina sopra. Aspetti positivi? I pinoli. Ricordo Giovanni della Benzina che si era costruito un attrezzo per raccattarli. Adesso i pinoli arrivano dalla Cina e costano poco ( e non sanno di niente).
Non mi viene da dire nient'altro di buono su quei pini.
Il pino domestico (pino da pinoli, pino a ombrello, in botanica Pinus pinea) è una conifera introdotta in Italia probabilmente dagli etruschi e che i romani poi assunsero come pianta simbolica ma, soprattutto, da loro usata negli arsenali marittimi per la loro flotta da guerra. E' il caso delle pinete di Ravenna il cui impianto risale a quell'epoca e a quello scopo.


Nel tempo il pino domestico è poi diventato un simbolo dell'italianità nel paesaggio naturale.
Soprattutto durante il fascismo fu assunto a carattere botanico del paesaggio insieme al cipresso e al leccio entrambi simboli dell'immortalità e della gloria. Un esempio: il parco della tenuta del Cardello.
Quando con i miei alunni ragioniamo di progettazione di alberature e giardini a proposito delle conifere in generale e del pino in particolare arriviamo a questa conclusione: i pini sono belli ma devono stare lontano dalle strade e lontano dalle case. L'errore che su via Roma un tempo si fece si può rimediare con un costo che sicuramente è minore di quello che comporterà la gestione di quelle piante nel corso del tempo. Infatti il pino continua a crescere a ritmi normali sia in altezza che in larghezza e sia nello spessore dell'apparato radicale. Si stima che in ambienti urbani tale accrescimento duri almeno fino all'età di 70/80 anni. Ma è una stima approssimativa come lo dimostra il fatto che all'istituto tecnico agrario Scarabelli ,dove insegno, a causa dei pini domestici del viale d'accesso ,la cui piantumazione risale almeno al 1870, a settembre di quest'anno la provincia ha dovuto provvedere alla riasfaltatura per provare a eliminare le gobbe delle radici che sono micidiali per la stabilità del transito soprattutto dei ciclomotori.
Quelli di Casola col tempo avranno poi seri problemi di stabilità della chioma poichè sono impalcati male. Alcuni ad esempio hanno doppi tronchi che si dipartono da metà altezza. Dimenticavo: il pino domestico è una specie il cui polline provoca allergie respiratorie e classificata fra quelle altamente allergogene.
A qualcuno i pini forse piaceranno e queste note non risulteranno gradite. Per quanto mi riguarda suggerisco di valutare la possibilità di sostituire tutta l'alberatura con specie arboree di dimensioni ridotte, a sviluppo più contenuto, con una manutenzione meno costosa e più intonate con il contesto ambientale.

Roberto Rinaldi Ceroni

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