Abbiamo accennato nella “Cronaca degli eventi casolani” alla chiusura della storica ferramenta “Conti “, in via Matteotti , la prima ad essere aperta a Casola Valsenio. Ora, nel centro abitato, non vi è più alcuna ferramenta. C’è la ferramenta di Piazza Roberto, fornitissima e ben organizzata, ma si trova a tre km dal paese, nella zona industriale di Valsenio, e questo, sebbene ora noi viviamo nell’epoca della avanzata motorizzazione, crea a volte un po’ di disagio, perché, anche solo per acquistare qualche chiodo, bisogna fare 6 km fra andata e ritorno. Anche fino alla fine degli anni ’30 del secolo scorso a Casola non vi era alcuna ferramenta e non ne esistevano altre in tutto il comune. Considerando le difficoltà, le carenze e le lentezze dei trasporti in quell’epoca ci si può immaginare quanto questo handicap gravasse sul paese e su chi avesse necessità di procurarsi di certi prodotti. Tanto più che allora tutte le nostre campagne erano abitate da famiglie contadine dedite alla produzione agricola e la popolazione era il doppio di quella attuale.

Per certi rifornimenti ci si rivolgeva in parte alle officine dei fabbri che già servivano gli artigiani e soprattutto i contadini e gli agricoltori nell’approvvigionamento e nel mantenimento delle attrezzature da lavoro: aratri, vomeri, zappe, badili, martelli ecc. ecc.

 

Non a caso dunque, fu proprio nell’officina di un fabbro che prese corpo la risposta a queste esigenze e si delineò l’attività della futura ferramenta Conti.

L’officina di cui parliamo è quella storica dei “Carloni” che aveva sede in piazza Sasdelli , fondata da Carlo Conti , detto “Carlo’ ” e da cui, per assonanza, derivò appunto il soprannome di famiglia “Carloni” .

E’ stata un officina o “bottega da fabbro” che dir si voglia, in cui, oltre ai figli ed alcuni nipoti del fondatore, si è formata tutta una serie di ottimi e noti artigiani che poi hanno sviluppato attività autonome negli anni successivi. Ma andiamo per gradi.

Carlo Conti (Carlo’) con la moglie Agnese Tozzi ebbe sette figli , quattro maschi e tre femmine (due dei quali ,gemelli maschio e femmina, morirono prematuramente).

I figli maschi Giovanni (Gianì), Bruto e Nunzio fin dalla giovane età, come usava allora, iniziarono a lavorare nella bottega del babbo e nel tempo subentrarono nella gestione dei lavori. al genitore, che morì nel 1926 a 61 anni.

Giovanni , detto Gianì, diventò ben presto un esperto maestro fabbro ferraio e progressivamente assunse un ruolo sempre più importante nella gestione del lavoro tecnico e materiale dell’officina. Ricordiamo per inciso che sotto la sua guida si sono formati o hanno mosso i primi passi , oltre ai figli (che poi hanno seguito altre strade) diversi altri artigiani fra cui: i fratelli Pasini, Domenico Spada, Giuseppe Benericetti , Giancarlo Turrini, Daniele Visani tanto per citarne alcuni.

Bruto, anch’egli valentissimo fabbro, dopo un certo numero di anni, si trasferì con la propria famiglia a Bologna dove cominciò ad interessarsi di biciclette e finì per aprire una officina specializzata nella costruzione, riparazione e commercio di velocipedi.

Nunzio invece, fin dalla giovanissima età di 14 anni, supportato dalla madre, si dedicò sempre più alla attività commerciale che, come abbiamo ricordato, veniva già embrionalmente svolta nell’officina del padre e per la quale si sentiva particolarmente vocato. Fu proprio a partire da questo approccio che prese vita l’idea della “ferramenta” che si poi si realizzò compiutamente quando, nel 1938/40 (non mi è stato possibile appurare l’anno esatto), Nunzio , con la collaborazione della moglie Thea e della cognata Rosolina (Lina) decise di aprire in proprio il negozio all’inizio di via Matteotti.

Come abbiamo detto a Casola non c’erano ferramente e le necessità erano tante per i prodotti più svariati e Nunzio si diede sempre molto daffare per rifornire il negozio di tutto quello che abbisognava. Agli inizi della sua attività, da ragazzino, ancor prima di aprire il negozio vero e proprio, aveva preso a recarsi presso i commercianti delle città vicine per i necessari acquisti o a frequentare i mercati per incrementare le vendite. Nei primi anni con un calessino trainato da un cavallo, a volte accompagnato dalla madre, a volte da una delle sorelle. E’ rimasto impresso nella memoria la volta in cui, insieme alla sorella Dorina (Tea), tornando con il calesse da una trasferta a Bologna (fra andare e venire occorrevano 2 giorni) si risvegliò nel parco dell’ex piazza d’armi a Faenza sotto lo sguardo incuriosito dei passanti. Era accaduto che, sia lui che la sorella, si erano addormentati sui sedili del carrettino mentre il cavallo, che conosceva a memoria la strada, aveva continuato il viaggio. Non era la prima volta che a Nunzio accadeva di addormentarsi durante il lungo percorso, ma quella volta il cavallo, giunto a Castelbolognese, invece di svoltare per Casola, attratto dall’erba del fosso, aveva tirato dritto ed i due fratelli , al loro risveglio ,si erano trovati a Faenza. Cose di altri tempi assolutamente inimmaginabili oggi.

Dopo il cavallo, a supportare i viaggi di Nunzio giunse il sidecar e poi finalmente il camioncino Fiat, ricavato, con un po’ di modifiche alla carrozzeria, da un’automobile Fiat 501. Con quello Nunzio cominciò a viaggiare non solo nelle città vicine ma in tutta Italia, al nord ed al sud, sempre alla ricerca dei articoli più utili ed interessanti .

I prodotti necessari erano moltissimii perché la ferramenta ben presto aumentò il proprio assortimento fino a diventare un piccolo emporio in cui si vendeva di tutto per tutti: dagli accessori , attrezzature e componenti di metallo, ai prodotti di vetro di ceramica e di porcellana, addirittura certe stoffe e foulard e persino oggetti in argento ed oro. I clienti poi non erano solo i privati cittadini ma per gran parte artigiani, agricoltori, muratori che necessitavano anche di materiale professionale.

Il motto di Nunzio era “il cliente deve uscire dal negozio soddisfatto e servito nelle sue necessità”.

Va ricordato che oltre all’attività nel negozio c’era anche la regolare presenza, con una propria banco di vendita, ad alcuni mercati dei paesi vicini.

Negli ultimi mesi del 1944, con il passaggio del fronte della 2a Guerra Mondiale nella nostra vallata, Nunzio con la moglie Thea ed i figli dovette “sfollare” nelle campagne , come tante altre famiglie del paese, e fu in quel frangente che un incendio doloso distrusse il suo negozio di ferramenta e la sua casa, mentre un piccolo ordigno fece saltare il motore del suo camioncino Fiat 501.

Fu un grave colpo ma finalmente il fronte passò. Dopo le distruzioni c’era necessità di tutto e Nunzio si adoperò alacremente per soddisfare al meglio le richieste, mettendo in atto anche una faticosa attività di riciclo e di recupero del materiale distrutto o danneggiato nell’incendio. Fu necessario anche ricostruire tutto l’arredo del negozio e per questo si avvalse della collaborazione di un altro artigiano famoso casolano, Dardi Pellegrino, che fece tutte le scansie e l’arredo in legno e quella del proprio fratello Giovanni (Gianì) che realizzò le parti metalliche, comprese le caratteristiche scale scorrevoli di servizio alle scansie che costituivano una vera novità ed attrazione per quei tempi.

Abbiamo già detto della collaborazione attivissima della moglie Thea e della cognata Lina ed a questa si aggiunse, con il passare degli anni, quella delle figlie Maria Paola (Paola), Maria Antonietta (Etta), del figlio Giancarlo, della moglie di quest’ultimo, Giordana oltre che dei diversi commessi che nel tempo si sono succeduti ed alternati.

Nel 1962 Nunzio morì e l’attività fu continuata con lo stesso impegno, capacità e passione dal figlio Giancarlo, sempre affiancato e aiutato dalla madre e dalla zia finché vissero , dalle sorelle finché si sposarono e, dopo il matrimonio, dalla moglie Giordana che diventò una colonna della ferramenta.

Giancarlo, nel 2006, per problemi di salute, cedette l’attività della ferramenta alla sig.ra Suzzi Patrizia che l’ha continuata fino al 2013, anno in cui ha cessato il suo esercizio.

Ora la ferramenta è vuota e vuoti sono i suoi scaffali , inutilizzate le sue famose scale scorrevoli e questo ci trasmette una certa malinconia e lascia un po’ “scoperti” i casolani che per rifornirsi devono scarpinare fino a Valsenio. Per fortuna i locali del negozio e le sue vetrine ogni tanto vengono utilizzate per attività estemporanee, vedi esposizioni di ceramiche e, recentemente l’iniziativa del PD “La Bottega del libro”. Così ritorna un po’ di animazione e di colore. La speranza è che questi locali, anche per mantenere vivo il centro del paese, trovino prima o poi una destinazione “attiva”.

Alessandro Righini

Condividi questo articolo
FaceBook  Twitter