In qualità di candidato del centro destra alle prossime elezioni amministrative mi inserisco anch’io (molto più brevemente) nella garbata discussione tra Righini e Sagrini per esprimere l’opinione che l’annosa vicenda del Parco non possa essere presentata come un marginale incidente di percorso tra amministratori tolleranti e agricoltori bizzosi e che alla fine - come sembra adombrare Alessandro e assai meno Giorgio – tutto si risolverà in qualche lodo arbitrale e in qualche posto benevolmente concesso nei fin troppo numerosi organismi di gestione.
Le contestazioni e le contrapposizioni così dure nascono da molto lontano. Da sempre una consistente parte della popolazione non voleva questo modello di parco. Si potevano scegliere decine di soluzioni, meno invasive, per raggiungere lo stesso risultato ma pervicacemente, sulla spinta di alcune incomprensibili posizioni massimaliste, quella è stata adottata. (Se avessero trasferito un poco di questo coriaceo decennale decisionismo a sanare le devastazioni di Napoli forse ne avremmo avuto tutti maggiore giovamento).
Poi, come se non bastasse l’imposizione, arriva l’inganno. Pur sapendo benissimo che la normativa vigente non lo consente, gli enti locali firmano con le associazioni agricole un protocollo di intesa per garantire la rappresentanza degli agricoltori residenti in tutti gli organi di governo del nuovo ente. Impossibile pensare che sei comuni, due provincie, due comunità montane siano così sprovvedute. Sono qualcosa d’altro hanno giustamente pensato le associazioni firmatarie.
Ma è l’intero impianto statutario e regolamentare del Parco che è pieno di lacune, silenzi, omissioni. Non è affatto chiaro, per esempio, come un Comune possa rescindere la propria adesione. Ci interessa perché nell’eventualità di una nostra vittoria elettorale questa opzione sarà esaminata con molta attenzione e al riguardo pensiamo a forme di consultazione diretta dei cittadini.
A mio parere la vicenda ha messo in luce anno dopo anno (e quanti ne passeranno ancora!) un rapporto sempre più difficile, tra gli amministratori delle comunità interessate e le popolazioni direttamente coinvolte.
Ecco parchè la carta bollata non sanerà lo strappo: la frattura che è stata consumata è profonda e lesiva di un rapporto fiduciario e di rappresentanza tra amministratori e cittadini che nei nostri comuni è sempre stato considerato un patrimonio primario e un elemento centrale di coesione della società.
Spero che il Sindaco Sagrini non voglia ora rinfacciare ai suoi concittadini che non condividono le sue speranze e le sue certezze sul futuro del parco anche la colpa di gettare alle ortiche i fondi pubblici (molto pochi per la verità) che potrebbero subire ritardi o cancellazioni per una resistenza delle popolazioni ampiamente annunciata da decenni.
Ma cosa si aspettava Sagrini?
A lui ritorna sostanzialmente quello che ha seminato: diffidenza e indisponibilità.
(Fabio Piolanti) 27/3/2009