Caro Alessandro,
il tuo resoconto sulle vicende del Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola (Lo Spekkietto, n 37 – marzo 2009) e gli ultimi sviluppi del contenzioso con le organizzazioni professionali agricole, mi ha sollecitato alcune precisazioni e valutazioni, che vorrei proporre a te e ai lettori de Lo Spekkietto.
il tuo resoconto sulle vicende del Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola (Lo Spekkietto, n 37 – marzo 2009) e gli ultimi sviluppi del contenzioso con le organizzazioni professionali agricole, mi ha sollecitato alcune precisazioni e valutazioni, che vorrei proporre a te e ai lettori de Lo Spekkietto.
Anch’io penso che il rapporto positivo con gli agricoltori, e il loro pieno coinvolgimento e responsabilizzazione nella gestione del Parco sia condizione fondamentale per il suo successo. Il Parco non si fa contro gli agricoltori, ma per mettere a disposizione dell’agricoltura del territorio collinare e montano nuove opportunità di valorizzazione e di sviluppo, di miglioramento delle condizioni di reddito.
Questo è stato l’intendimento mio e di tutte le Amministrazioni locali.
Non so, visti gli esiti odierni, se sia stata la scelta giusta, ma – dopo l’approvazione della legge regionale istitutiva del Parco nel 2005, sostenuta dalle deliberazioni di tutti i Comuni - si è proceduto cercando di evitare strappi e forzature, ricercando un rapporto positivo con il mondo agricolo.
L’esito di questi tentativi è stato l’accordo sottoscritto tra Enti Locali e Organizzazioni professionali agricole il 13 febbraio 2008: “(…) Sulla Rappresentatività, tenuto conto che l’80% dei territori interessati dal costituendo Parco interessano aree private, si conviene che la rappresentanza degli agricoltori nel Comitato Esecutivo sia di n. 2 componenti (su quattro) e che il Presidente nominato dal Consiglio sia indicato sulla base di una concertazione con la parte agricola. Il Presidente sarà espressione degli agricoltori. Si conviene inoltre di assicurare un’adeguata rappresentanza agli agricoltori in tutti gli organismi del Parco, così come previsto dall’atto unilaterale d’obbligo e dalle delibere sottoscritte dalla Provincia di Ravenna, di Bologna, dalle Comunità Montane della Valle del Santerno e dell’Appennino Faentino e dai comuni interessati all’area del Parco”.
Mi pare tutto molto esplicito: nel Comitato Esecutivo del Parco, l’organo di governo del Parco (ciò che in un Comune corrisponde alla Giunta), gli agricoltori sono 2 su 4, e il Presidente (ciò che in un Comune corrisponde al Sindaco) è “espressione degli agricoltori”.
Questo è ciò che in ogni occasione abbiamo ribadito di voler fare, anche nell’incontro che c’è stato con le Organizzazioni professionali agricole, il 29 gennaio, giorno dell’insediamento del Consiglio e della manifestazione degli agricoltori.
Ma c’è il problema del Consiglio e della presenza in esso degli agricoltori.
Chiariamo allora cosa è il Consiglio: è l’organo di rappresentanza degli enti che aderiscono al Consorzio del Parco (ciò che in Comune corrisponde al Consiglio comunale). La sua composizione è regolata dalla legge, che stabilisce che a farne parte siano i rappresentanti legali dei 6 Comuni (i Sindaci), delle 2 Comunità Montane e delle 2 Province (i Presidenti), o loro delegati. Delegati che devono essere amministratori, consiglieri o assessori.
Si tratta, in questo caso, di condizioni note a tutti. L’accordo del 13 febbraio 2008 prevede che anche nel Consiglio sia assicurata “un’adeguata rappresentanza di agricoltori”. E’ del tutto evidente – e come potrebbe essere altrimenti, trattandosi di un consorzio pubblico?! - che la nomina dei componenti del Consiglio spetta agli enti locali e che quindi siano i Sindaci o i Presidenti che abbiano nella propria Giunta o nel proprio Consiglio degli agricoltori, che possono delegare a rappresentarli quei medesimi agricoltori. Questo è quello che avremmo voluto fare.
Ma secondo le Organizzazioni professionali agricole quel diritto di nomina (!?) spetta a loro o, quanto meno, non esiste l’obbligo per i Sindaci e i Presidenti di delegare a rappresentarli degli amministratori pubblici.
Questo convincimento ha indotto le Organizzazioni professionali agricole a non dare alcuna indicazione sul Presidente e sui loro rappresentanti nel Comitato esecutivo e ha reso inevitabile – visto il termine perentorio fissato dalla legge per la costituzione del Comitato esecutivo – che si procedesse alla sua costituzione chiamando a farne parte esclusivamente dei rappresentanti delle Istituzioni locali. Per non bloccare l’attività del Parco, e in attesa di diversi orientamenti da parte delle Organizzazioni professionali agricole.
Per sbloccare la situazione di stallo, le Amministrazioni locali e le Organizzazioni professionali agricole hanno quindi deciso – come riportato nell’articolo – di affidare “a due giuristi di rispettiva fiducia il compito di dar vita a una specie di lodo arbitrale che dovrà dirimere la questione” sulla composizione del Consiglio.
Il vocabolario dice che il lodo è “la decisione emessa collegialmente e per iscritto dagli arbitri in una vertenza”. Purtroppo a questa decisione collegiale non si potrà arrivare, perché le Organizzazioni professionali anziché affidarsi al pronunciamento di giuristi di rispettiva fiducia, hanno, in questi giorni, presentato ricorso al Tribunale Amministrativo (TAR) dell’Emilia-Romagna per dichiarare l’”illegittimità dello Statuto del Parco in quanto non prevede l’obbligatoria rappresentanza degli agricoltori nel Consiglio del Consorzio”.
Mi pare superfluo ogni commento. Segnalo solo che in nessuna parte dell’accordo del 13 febbraio 2008 era indicato un impegno come quello che le Organizzazioni professionali agricole vorrebbero fosse inserito nello Statuto.
Dirà il TAR chi abbia agito correttamente e chi abbia ragione.
Ma, purtroppo, la cosa non finisce qui. Se il TAR, prima di pronunciarsi nel merito del ricorso, decidesse la sospensiva dell’efficacia di tutti gli atti amministrativi – a partire dallo Statuto – approvati dalle Amministrazioni locali, si otterrebbe l’azzeramento della situazione e la paralisi di ogni attività del Parco.
Non si potranno – in quel caso – destinare e utilizzare gli 800.000 euro messi a disposizione dalla Regione per investimenti nell’area del Parco, e quelle stesse risorse non potranno essere utilizzate per confinanziare altre ingenti risorse di provenienza europea, già programmate dalle Amministrazioni comunali in accordo con la Provincia, per la viabilità del Parco, per la valorizzazione e la promozione delle aziende agricole e delle produzioni del Parco, per la promozione turistica. Si tratta di centinaia di migliaia di euro.
Stessa sorte per il bilancio di parte corrente del Parco. Abbiamo cercato di ridurre al minimo le spese per gli organi del Parco per avere più risorse disponibili a beneficio del territorio. Nel 2009 la Regione metterà a disposizione 100.000 euro, e altrettanti gli enti locali soci del Consorzio. Il bilancio di previsione 2009 del Parco consentirà di riconoscere agli agricoltori il completo risarcimento dei danni da selvaggina, dando il tal modo applicazione a un’altra delle condizioni inserite nell’accordo del 13 febbraio 2008.
Ma sarà possibile approvare il bilancio?
Ripeto: l’eventuale decisione di “sospensiva” del TAR bloccherebbe tutto, impedirebbe di assumere qualunque decisione. Le conseguenze per il territorio, per l’ambiente, per l’agricoltura, per il turismo sono evidenti. E’ bene che si sappia, e che ognuno si assuma le proprie responsabilità.
(Giorgio Sagrini)