Cominciate in modo estemporaneo, le ricerche sul vetro gessoso e la grotta della Lucerna, mi hanno col tempo portato a domandarmi se potessero esserci altre grotte, in cui rintracciare tracce di lavorazione mineraria.
L’altro giorno Beppe mi ha parlato della Sicilia, e di un passo in un libro di viaggio che citava la presenza del Lapis Specularis. Ho subito pensato che sì, in Sicilia di gesso se ne trova e anche parecchio, ma che se qualcuno fosse a conoscenza di una tale miniera, l’avrei trovato nelle ricerche fatte in precedenza. Eppure la cosa non quadrava. Riprendendo il passo della Storia Naturale in cui Plinio parla della pietra e racconta la sua esperienza diretta in una di queste miniere, viene chiaramente citata la presenza di giacimenti oltre che in Spagna, Africa e Cipro anche in Sicilia. Negli stesse ricerche fatte dagli studiosi spagnoli si riconosce che “in Italia insulare i giacimenti di gesso trasparente dovrebbero trovarsi nell’area attorno ad Agrigento, anche se attualmente restano sconosciuti i siti archeologici”. Allora m’è venuto il dubbio che forse anche in questo caso la grotta-miniera poteva essere stata scoperta ma non interpretata come tale. Decido di partire dal libro di cui parlava Beppe: rapidamente viene fuori che si tratta di Viaggio in Sicilia di Carlo Castone delle Terre. Un resoconto di viaggio del 1825, in cui l’autore riconosce la presenza di gesso nella zona e lo definisce Lapis Specularis. Scopro che l’autore parla della zona di Campofranco nella Sicilia meridionale, proprio vicino ad Agrigento. In particola descrive il Monte Conca. Nessuna nota però su eventuali miniere. Anche cercando nel presente, nell’area del comune di Campofranco nessuno parla di miniere antiche, anche se esistono miniere di zolfo, ovviamente associato al gesso. Si parla invece di una piccola riserva naturale, istituita proprio per proteggere l’area del Monte Conca ed in particolare i suoi fenomeni carsici che si sviluppano nei gessi messiniani. Una versione in piccolo del Parco della Vena dei gessi. Nella zona sono presenti antiche strade romane e anche i resti di un grande ponte che collegava l’area ad Agrigento. Noto che curiosamente il nome stesso del monte, Conca, ricorda il nome che i romani diedero alla provincia spagnola di Cuenca dove appunto avevano sede le principali miniere di Lapis. La speleologia in Sicilia è ben sviluppata e forse le informazioni che cerco sono solo da incastrare nel modo giusto. Neanche a farlo apposta, cercando tra le pubblicazioni relative alle grotte esplorate nella zona, viene fuori ‘La grotta del Mortaio’. Descritta come una grotta con andamento orizzontale, sviluppata lungo una frattura tettonica e dove sono presenti tracce di frequentazione umana, consistenti in cocci di vasellame e nicchie scavate nella roccia. Proprio la presenza di fratture tettoniche importanti è la condizione necessaria perché si formi il gesso secondario. Ma si parla anche di “..rudimentali gradini ed appigli realizzati per agevolare gli spostamenti all'interno delle cavità. In particolare nella Grotta del Mortaio vi è una suddivisione di ambienti…” A questo punto la mia ricerca a distanza si concentra sulle foto della grotta, per cercare almeno d’intuire se si possano riconoscere forme o lavorazioni. Quasi a conferma, anche qui le poche foto trovate, ritraggono fratture e gallerie in parte squadrate in modo artificiale. Non sembra che nessuno abbia avanzato idee su perché quella grotta fossa frequentata. Certo per ora si tratta solo di ricerche bibliografiche e analisi a distanza, però molti indizi fanno pensare che anche questa grotta possa essere identificata come una antica miniera di Lapis Specularis. Sicuramente la prossima volta che passerò in Sicilia farò un salto da quelle parti per capire se gli strani casi della storia hanno legato, tanti secolo fa, il Monte Conca a Monte Mauro.
Andrea Benassi