La celebrazione del 150° dell'unità d'Italia del 17 Marzo, può essere anche l'occasione per un approfondimento, fuori di retorica, degli avvenimenti e dei protagonisti che portarono alla costituzione di un unico Stato Italiano.
Sarebbe opportuno farlo perchè di questi tempi si sente e si legge di tutto e si è creata così un po' di confusione di opinioni non solo tra gli storici ed i politici , ma sopratutto in chi la storia d'Italia l'ha conosciuta solo nei banchi di scuola e mai più approfondita.

C'è stato perfino una parte politica e di opinione pubblica che ha ritenuto irrilevante l'avvenimento.
La data del 17 marzo non dovrebbe dunque essere solo una occasione in più per fare festa, ma un momento di riflessione su cosa ha voluto dire l'unità del nostro Paese e quali sono i valori che questa unità tutt'ora rappresenta.
Alcuni affermano che festeggiare l'unità sarebbe contraddiorio rispetto al tentativo in atto nel Parlamento di attuare il federalismo nel nostro Paese.
E' una affermazione perlomeno superficiale che non tiene conto che il decentramento amministrativo non è lo sfaldammento dell'unità dello Stato ,ma il suo rafforzamento.
Una sana radice territoriale , un sano campanilismo,devono conciliarsi con una Patria comune.
Era questo il sentimento che animava molti protagonisti del Risorgimento Italiano.
Di qui deriva la necessità di riscoprire il valore dell'appartenenza alla Nazione Italia che oggi purtroppo pare essere sbiadito non solo nella politica, ma anche in ciascuno di noi.
Lo scontro politico esasperato, l'individualismo e l'egoismo, il poco rispetto della vita delle persone e del diverso per razza e religione, sgretolano piano piano la società nazionale. Ci si deve interrogare allora sulle proprie superficialità e sui comportamenti per tendere ad un recupero delle energie morali per avviare , per dirla col nostro Vescovo, un risorgimento dell'identità nazionale. Una identità che sia fondata sui valori della cultura cattolica.Quella cultura che ancora oggi da più parti viene banalizzata ricorrendo magari anche alla amplificazione artificiosa di qualche errore o debolezza degli uomini della Chiesa.
Nel confuso dibattito sui 150 anni dell'unità d'Italia, viene tenuto in sordina o addirittura messo in negativo il ruolo che ebbe la Chiesa nel Risorgimento.
Essa allora esercitava un potere temporale su vasti territori al quale potere dovette rinunciare.
Il Papa di allora è tuttora considerato da molti storici un fiero avversario dell'unità d'Italia.
Anche su questo punto è uile fare chiarezza .
E' vero che la Chiesa non fu anticipatrice del processo risorgimentale, ma è altrettanto vero che l'atteggiamento prudente fu sopratutto dovuto al dilagare di una ideologia liberale e materialista che aveva come bersaglio il cattolicesimo e le sue realizzazione sul territorio.
La repressione messa in atto non era tanto rivolta al potere temporale della Chiesa ,ma al cattolicesimo militante nelle parrocchie e nella produzione di cultura attraverso le scuole o i conventi .
Non vi fu dunque una rinuncia della comunità dei cattolici alla responsabilità verso l'unità del Paese,ma una partecipazione poco rumorosa,ma attiva alla formazione dello Stato Unitario attraverso l'esaltazione delle energie che si esprimevano nel territorio con l'impegno sociale verso i bisogni della gente.
In tanti casi la cultura cattolica ed il cattolicesimo militante furono i collanti che favorirono l'avvento dell'unità d'Italia.
La storia di allora, ma anche quella più recente è ricca di protagonisti fondatori e sopratutto difensori strenui dello Stato Unitario.
La ricorrenza del 150° dell'unità d'Italia, ci aiuti a ristabilire una verità ed a storicizzarla riscoprendo anche quei protagonisti sia di primo piano che oscuri che furono coartefici del Risorgimento.
Per questo è utile quanto va facendo in proposito il settimanale della nostra Diocesi.
Giacomo giacometti
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