Luglio 2010…

Un enorme stormo di nuvole nere e pesanti di pioggia, geometrica e sinuosa minaccia in volo, che sta all’orizzonte, che nello stesso momento pare avvicinarsi e allontanarsi, che improvvisamente vira, seguendo misteriose traiettorie, lungo la corsa del vento, senza alcuna incertezza, confidando un senso delle cose che a me stava sfuggendo… ma che quella sera, sentivo incontrare.

Il giorno precedente, alcuni giornali raccontavano di…

… vento e forte pioggia che hanno messo in ginocchio gli spettatori, il campeggio, l'organizzazione e anche costretto a cancellare l'attesa esibizione dei Green Day. Allagato il capannone dell'ospitalità di Heineken, ristoranti, k.o. tutte le attrazioni, in crisi le apparecchiature elettriche. La gente, memore del precedente del 2007, ha rapidamente guadagnato le uscite del parco evitando di cercare rifugio sotto le torri di amplificazione e sotto le tende. Una strana maledizione meteorologica sembra dunque accanirsi sul Festival (risorto dopo che lo scorso anno era stato annullato per problemi organizzativi) dopo il suo trasferimento nel 2007 dall'autodromo di Imola al Parco San Giuliano di Mestre. Definito dagli organizzatori e dai politici locali l'area ideale per questo tipo di kermesse, sembra però soggetta a perturbazioni improvvise. E’ stata una serata drammatica per oltre 25.000 spettatori che si sono ritrovati sotto una pioggia torrenziale e un vento gelido, mentre fino a pochi minuti prima la temperatura si aggirava sui 40&#730,con oltre 90% di umidità. I fenomeni meteorologici estremi stanno in ogni caso mettendo in crisi molti appuntamenti musicali all'aperto.
Un’ora e mezza di pioggia torrenziale e raffiche di vento. Stavolta il pubblico si è guardato bene dal ripararsi sotto le torri, ci sono stati tre feriti e diciassette ragazzi ricoverati in stato di ipotermia.

Sarebbe bello, il giorno successivo leggere e capire…
… in ragione di quali criteri e vergognosi interessi, organizzatori e politici locali abbiano deciso di trasferire questo festival da Imola a Mestre. Risparmiando di elencare tutti i “crimini” commessi a chi era presente. Solo per fare un po’ di luce, soprattutto per chi andava ad un concerto e si è ritrovato ferito e in stato di ipotermia. Roberto De Luca, Live Nation, dico a voi. Stop.

Anche se la strada è ancora un rivolo d’acqua continuo che amalgama fango e appesantisce il passo, è necessario uscire da questa nostra propensione a generalizzare partendo da ciò che vediamo… e cominciare a raccontare ciò che sentiamo, perché la vita, la musica, sono sempre pronte a stupirci.
La musica che amiamo e che ascoltiamo è dote e maledizione. E’ come una famiglia, per chi non ce l’ha, per gli scontenti, i disillusi, gli esclusi. E’ il nodo alla gola che ti prende quando sei follemente innamorato. Oggi, l’esibizione di Ben Harper e Pearl Jam, ci ha mostrato che cosa significa avere adrenalina. Ha rinforzato la fiducia incrollabile che poniamo su ciò che riteniamo giusto e la convinzione che a reggere, sono sempre i valori autentici. Gruppi testardi, determinati, focosi come il calore deflagrante e incendiario del sole. Mostri sacri, che risvegliano le tue demoralizzanti e comode convinzioni sul mondo circostante.
C’è un pezzo di storia per ogni ombra che tocca terra. Mordendosi le labbra, ognuno di noi ha la sua storia da raccontare. E i Pearl Jam, non possono che essere i principali protagonisti all’interno di questa cornice. Poco più di 3 anni dopo, il famoso intervento di Madre Natura a cancellare l’incontro programmato sempre qua, a Mestre. A vent’anni di musica insieme. Nel decennale che vide morire 9 ragazzi come noi. Sempre ad un festival, ad ascoltare la musica che amavano di più. La loro musica. E la mia storia era di fronte al palco. Con la schiena a pezzi dalla stanchezza e dal caldo. In mezzo a circa 50mila persone. Con le emozioni che esplodono come una grossa onda che s’infrange sugli scogli. Con l’incapacità di tenere a bada l’istinto e la furia del cuore. Ascoltavo il silenzio della tua voce, come solo gli angeli riescono a stare in silenzio. Abbracciato alla tua pelle nuda, pennellata dal tramonto. Immortale, come il soffio del tuo respiro che si appoggia al mio. Vorrei esplodere sul tuo pianeta, e colorare le giornate dei colori che solo l’amore, riesce a concedere.
r.l.
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