Da qualche settimana è uscita nelle librerie un’antologia di racconti dal titolo “Il cammello nero del sonno” edito da Clueb. L’autrice è la nostra compaesana Luciana Baruzzi, che tutti noi conosciamo per essere stata a lungo direttrice didattica nel comprensorio casolano e riolese. Dopo aver pubblicato nel 1998 il primo romanzo dal titolo “Mostri di gesso” (Clueb), ha ora dato alle stampe una scelta di racconti dedicati alla terra natia e ai suoi abitanti.
Ciascun racconto si sviluppa attorno alla testimonianza di uomini e donne che Luciana ha avuto modo di conoscere e che le si sono impressi come un sigillo nella memoria. Sono perlopiù vecchi che hanno vissuto in prima persona gli eventi del novecento. Eventi spesso tragici e dolorosi come lo è la guerra, che riemergono e vengono elaborati lucidamente dai narratori in un bisogno inestinguibile e dovuto di restituire alle generazioni più giovani le atrocità e le miserie di tali sfaceli. Ma anche la memoria dolce di serate passate al caldo delle stalle in compagnia di amici a scambiar pettegolezzi e strani accadimenti. E in ciò sta sicuramente uno dei pregi del lavoro che Luciana ha tessuto: il desiderio di imprimere su carta quel patrimonio che rappresentano il sapere e la cultura orali troppo spesso calpestati e dimenticati.
Leggendo i suoi racconti traspare una realtà volta a sottolineare gli aspetti quotidiani e autentici della vita. Una vena di nostalgia attraversa la narrazione, questa vena talora emerge come lucida consapevolezza del tempo che scorre inafferrabile. Le descrizioni della vita contadina fanno tornare alla mente certe opere dei Macchiaioli, che rendevano le impressioni che ricevevano dal vero attraverso macchie di colori di chiari e di scuri. E’ importante per lei accostare i chiari di un’esistenza fatta di rapporti genuini, semplici e quasi primitivi fra le persone, con le ombre della miseria, della guerra e della fatica del lavoro.
La natura, in gran parte dei racconti, non è solo sfondo entro cui si dispiega la trama, piuttosto si fa protagonista suprema. Una natura che però è forza selvaggia e tumultuosa, che l’uomo disarmato fatica a dominare. Luciana riferisce spesso di leggende contadine e paesane, talvolta funeste e raccapriccianti, altre condite da humor e immagini surreali, quand’oggi si ha la tendenza a mistificare queste visioni che non possono essere spiegate razionalmente, forse perché si ha sempre più bisogno di rimanere aggrappati a delle certezze.
Protagoniste di molti racconti sono donne. Donne forti, instancabili che lottano giorno dopo giorno contro le intemperie dell’universo e il predominio di un’indiscussa autorità maschile. Del resto anche il libro è dedicato a una donna, sua madre. Una donna rimasta vedova proprio durante la Seconda guerra mondiale e che ha cresciuto con le sole sue forze due figlie piccole in un periodo non certo favorevole.
Nella seconda parte della raccolta sono invece presenti racconti ambientati in terre lontane, esotiche. Ma ciò che emerge immediatamente è proprio il desiderio di ricondurre vicende e culture così diverse e distanti nello spazio a quella radice comune che è necessariamente il legame tra gli uomini che si palesa nelle relazioni vive e autentiche di tutti i giorni. Relazioni troppo spesso marchiate dalla violenza e dalla brama di potere.
Desidero ora riportare alcune domande, con relative risposte, poste a Luciana dall’intervistatrice nella serata di presentazione del libro di martedì 16 ottobre presso “Rintocchi e sapori”.
D:Come è nato il libro?
R:La scrittura rappresenta per me una grande forma di libertà, mi consente di calarmi nei personaggi e nelle loro vicende così da farle rivivere ai lettori. Il libro nasce dall’incontro di persone speciali, legate in qualche modo alla vallata, l’intento è stato quello di non perdere il loro sapere prezioso, ma di trascriverlo su carta. La scelta di adottare come forma di narrazione il racconto deriva dal bisogno di condensare in poche pagine di grande intensità le vicende riferitemi.
D:”Il cammello nero del sonno” è il titolo della raccolta, da dove deriva?
R:Il titolo trae spunto dall’ultimo racconto in cui scrivo dell’incontro tra un italiano e un membro del popolo dei Tuareg in un’area sperduta del deserto del Sahara. Ciò che più mi ha colpito di questa comunità è l’affinità che ha con la nostra di porre tra i valori fondamentali la famiglia. In particolar modo sono rimasta deliziata dal racconto di come le conoscenze e i segreti del mondo vengano tramandati dai genitori ai figli attraverso la lettura e l’interpretazione degli astri, delle ombre, dei venti, attraverso la musica e le favole. Il titolo fa riferimento a un misterioso cammello nero che di sera si avvicina alle dimore dei Tuareg e col suo passaggio fa addormentare i bambini. Mi ha subito fatto saltare alla mente la figura di “Pirò” che utilizzavano i nostri vecchi quando ai più piccoli veniva sonno.
D:Qual è la struttura del libro?
R:A spirale. Le vicende raccontano di eventi vissuti nella nostra valle, per poi allargarsi ad altre regioni e paesi italiani ed europei, ed infine giungere alla scoperta di terre lontane come il Messico, la Costa Rica, il Sudafrica e il Marocco. Non ho seguito un vero e proprio filo conduttore, si tratta piuttosto della volontà di salvare dall’oblio alcune vicende umane ricorrendo alla semplicità del quadro complessivo e alla sintesi.
D:Da dove nascono i personaggi dei suoi racconti?
R:Non li ho cercati io, sono loro ad essersi imbattuti nella mia vita, sono forse stati personaggi in cerca d’autore?!
D:Protagoniste di molti racconti sono donne, come mai?
R:Racconto di grandi figure femminili che hanno lottato sapientemente per porre rimedio alle difficoltà di tutti i giorni. Donne come Maria “la bidella” che alleviava gli alunni dai disagi della miseria con pochi gesti impagabili: una stufa mantenuta accesa dentro l’aula gelida d’inverno, la preparazione dell’inchiostro, le faticose scarpinate con la neve alle ginocchia per poter aprire il portone della scuola quando fuori era ancora buio. Ma anche donne stravaganti e uniche come Mariuccia che, appassionata di travestimenti, in occasione di un carnevale cambiò costume per ben trentatre volte.
D:Nei dialoghi fa spesso ricorso all’uso del dialetto, con quale funzione?
R:E’ indispensabile e piacevole fare uso dei dialetti così da poter mantenere la freschezza, la vivacità e il colore nei dialoghi. Alcune forme dialettali risultano inoltre intraducibili nella lingua italiana, se ne perderebbe l’essenza.
D:La guerra è un tema ricorrente…
R:Sì, in alcuni racconti si affaccia appena come sfondo, come quando descrivo l’edificio scolastico del paese andato in parte distrutto proprio in seguito ai combattimenti. In altri invece il tema della guerra prevale, si fa protagonista. E’ il caso del racconto “Paura” in cui Assunta è una staffetta partigiana il cui arduo compito è quello di recapitare messaggi segreti da un insediamento all’altro.
D:Anche alla natura viene dato ampio respiro…
R:Amo la natura della mia valle ed è sempre presente in ciò che scrivo. A volte si innalza a indomita protagonista, rispetto alla quale l’uomo è un essere piccolo e fragile, ma che non demorde, questa forza e coraggio fondano la dignità dell’uomo.
Il libro di Luciana Baruzzi “Il cammello nero del sonno” è in vendita anche nei tabacchi e nelle cartolerie di Casola.