Scendo al fiume nel pomeriggio di mercoledì 25 luglio, il giorno seguente la riunione tenutasi in comune sull’emergenza idrica . Mi incammino verso il Palgo Freddo.
All’altezza della presa dell’acquedotto del paese il fiume scompare. A valle l’alveo è completamente asciutto. Fino al ponte della Soglia conto 6 pozze.

Nella prima il pesce è quasi tutto morto. Nelle altre ci sono segnali di sofferenza e di affollamento: le creature acquatiche capaci di muoversi sono tutte lì.
L’acqua corrente nell’alveo ricompare all’uscita del depuratore di Casola. E’ scura ma nella prima pozza i cavedani si muovono agili e veloci.
Torno al fiume nel pomeriggio di martedì 31 luglio. Nella pozza sotto il guado del parco fluviale c’è un’ecatombe di pesci. Barbi, cavedani, piccoli e grandi sono tutti morti. Pancia all’aria affrontano una serena e assolata decomposizione. Li aiuta uno stormo di mosche che volteggia sui pesci più a riva. Un filo d’acqua ha ripreso a scorrere, mi dicono, dalla mattina.
Un paio di riflessioni: i punti di approvvigionamento dell’acquedotto di Casola sono due:i bacini di accumulo del Rio Cestina e il fiume Senio. Sul Cestina la quota dell’invaso più a valle è rimasta quasi al massimo. Quindi si è prelevato solo dal Senio. Qualcuno si è accorto del rischio ambientale incombente a valle della presa dell’acquedotto? C’è stata vigilanza e monitoraggio? Se sì perché non si è provveduto a garantire il deflusso minimo vitale previsto dalla normativa per salvaguardare l’ecosistema fluviale ed evitare così l’ecatombe? Come mai nella giornata di martedì l’acqua nell’alveo ha ripreso a scorrere? Come mai il pesce in putrefazione è rimasto fino alla mattina del primo agosto?

Roberto Rinaldi Ceroni
Condividi questo articolo
FaceBook  Twitter