Il 15 febbraio 2005, dopo più di vent'anni di animate discussioni una decisione è stata presa: nascerà il Parco Regionale della Vena dei Gessi. Il Parco si svilupperà su di un terrotorio di oltre 6000 ettari e toccherà ben sei comuni: Casola Valsenio, Riolo Terme, Brisighella, Borgo Tossignano, Fontanelice e Casalfiumanese.
Le finalità che hanno spinto i Comuni a portare a termine questo progetto sono quelle di tutelare il patrimonio costituito dalla vena dei Gessi, che è la più grande e importante conformazione gessosa di tutta Europa, proteggere gli importanti valori faunistici e paesaggistici e inoltre valorizzare il nostro territorio per un maggiore sviluppo economico e turistico del nostro Appennino.
Nonstante tutto non sono mancati i dissensi che hanno portato a loro volta a reclami e a polemiche pubbliche.

Vista l'importanza e la delicatezza dell'argomento che coinvolge tutta la nostra comunità abbiamo deciso di chiamare in causa e di porre alcune domande specifiche alle persone più direttamente interessate, nella fattispecie il Sindaco Giorgio Sagrini, l'agricoltore Giovanni Giacometti e il Presidente della Federazione Speleologica Regione Emilia Romagna Piero Lucci.

Intervista a Giorgio Sagrini:

Dopo più di 20 anni dalla prima proposta di istituzione del Parco Regionale della Vena del Gesso, il 15 febbraio di quest'anno il Consiglio Regionale dell'Emilia Romagna ha approvato la delibera a favore. Secondo lei i tempi erano già maturi o si doveva aspettare ancora?
'Con l'approvazione della legge istitutiva del Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola si è conclusa una fase lunga oltre 20 anni, di discussioni e confronti, anche aspri, che ha coinvolto le organizzazioni agricole, le forze politiche, le istituzioni pubbliche locali, le associazioni ambientaliste, le associazioni venatorie, le comunità locali. Al centro del confronto c'era e c'è, il tema della tutela e della valorizzazione di questa straordinaria emergenza naturale - la Vena del Gesso - per farne l'elemento comune e rilevante di una più complessiva strategia di crescita e sviluppo delle Vallate del Lamone, del Senio e del Santerno.
La Regione ha recepito, con la legge, la proposta approvata due anni fa dai Consigli comunali, dai Consigli delle Comunità Montane dell'Appennino Faentino e della Valle del Santerno, dai Consigli provinciali di Ravenna e Bologna. E l'approvazione della legge istitutiva del Parco - come richiesto dal mondo agricolo - è avvenuta solo dopo l'approvazione da parte del Consiglio regionale della nuova Legge quadro sui Parchi che introduce positivi elementi di novità a tutela delle imprese agricole.
Le voci contrarie e di dissenso sono state forti, e lo sono tuttora. Con queste opinioni, con questi sentimenti, ci si dovrà confrontare, come si è cercato di fare in passato e nella fase che ha preceduto l'approvazione della legge. Ora si apre una fase nuova, che è quella della costruzione del Parco. L'affronteremo con la massima disponibilità al confronto, secondo le linee e le modalità indicate dalla nuova legge quadro, che riconoscono nuovi e più ampi spazi di partecipazione al sistema delle imprese agricole e alle loro rappresentanze'.

Dal suo punto di vista quali sono i punti a favore del Parco?
'Il Parco è un'opportunità, un'occasione per le imprese agricole, per il settore turistico, per il sistema economico locale. Nel Parco, voglio ribadirlo citando la lettera scritta qualche settimana fa dall'assessore regionale Tampieri alle organizzazioni professionali agricole, 'non ci saranno nuovi vincoli a meno che le organizzazioni professionali agricole non li sottoscrivano'.
La legge quadro e la nuova legge istitutiva, fanno della concertazione il metodo di decisione sulla gestione del Parco. E' il tavolo di concertazione che definirà gli accordi agroambientali, che saranno il primo atto del nuovo Parco. E gli accordi agroambientali fisseranno i vantaggi, le forme di sostegno, gli obiettivi di crescita e valorizzazione dell'economia agricola dell'area del Parco. Segnalo poi che la legge regionale prevede per le imprese agricole operanti nel Parco la priorità nell'accesso agli aiuti pubblici.
Ma più in generale, le opportunità - che dovremo cercare tutti insieme di cogliere - saranno per tutto il territorio, per la sua economia, per il turismo. La sfida, la scommessa che vogliamo giocare, riguarda la possibilità di fare della tutela e della valorizzazione ambientale un'occasione di crescita e sviluppo'.

E quelli contro?
'Bisogna, si deve evitare, di fare del Parco una struttura che induce appesantimento burocratico e crea costi aggiuntivi per le nostre comunità. Il Parco deve essere invece una entità burocraticamente 'leggera', in grado di camminare e di operare avvalendosi degli apporti tecnici, amministrativi e di promozione, degli enti e delle istituzioni che già operano nel territorio.
E c'è un altro elemento contrario che voglio richiamare ed è la diffidenza, la preoccupazione di chi teme che il parco sia portatore non di opportunità ma di vincoli, di interferenze esterne nella propria attività e nella propria proprietà. A queste preoccupazioni si dovrà rispondere - ed è una responsabilità prima di tutto degli amministratori locali - con comportamenti coerenti, con azioni positive, dimostrando la possibilità di realizzare politiche di sostegno, sviluppo e valorizzazione'.

I prodotti agricoli delle aziende che si trovano all'interno del Parco potranno avere in futuro una migliore valorizzazione?
'Si, è quello che si dovrà fare. E' il tema sul quale più direttamente dovrà intervenire l'accordo agroambientale previsto dalla legge. Mi aspetto inoltre - e per questo stiamo lavorando insieme alla provincia - che nuove opportunità e forme di aiuto possano venire dal nuovo Piano regionale di sviluppo rurale 2007/2013'.

L'impatto paesaggistico e socio-economico della Cava di Monte Tondo per la nostra valle è consistente: come può essere compatibile con il Parco?
'E' una compatibilità difficile ma che abbiamo cercato in questi anni di rendere possibile. La cava è l'unico polo estrattivo del gesso dell'intera Regione Emilia-Romagna e i limiti e le condizioni dell' attività estrattiva, le modalità del ripristino ambientale dell'area, sono regolate e fissate dai piani e dagli accordi definiti con la partecipazione dei Comuni, della Provincia e con il supporto tecnico di ARPA'.

Visto che la costituzione del Parco (organismi, scopi, ecc.) sarà un percorso ancora lungo, pensa sia possibile partecipare alle diverse fasi in modo che siano soddisfatte le esigenze di tutti?
'Penso di sì, e lavoreremo - i Comuni e la Comunità Montana, la Provincia di Ravenna - perché i vari passaggi si svolgano non solo con il massimo coinvolgimento di tutti i soggetti ma anche con il massimo consenso. Intanto si è costituito il gruppo di lavoro incaricato di definire la proposta di Statuto dell'Ente di gestione del Parco. I prossimi decisivi passaggi riguarderanno l'accordo agroambientale, per le rilevanti implicazioni che avrà sull'attività agricola, e il Piano territoriale che dovrà regolare l'attività e le finalità del parco, definendone l'esatta dimensione e perimetrazione'.


Intervista a Giovanni Giacometti:

Dopo più di vent'anni dalla prima proposta di istituzione del Parco Regionale della Vena del Gesso, il 15 febbraio di quest'anno il Consiglio Regionale dell'Emilia Romagna ha approvato la delibera a favore. Secondo lei i tempi erano già maturi o si doveva aspettare ancora?
'Direi proprio di no!. Non capisco neanche perché abbiano così insistito dopo che io, e moltissimi altri proprietari residenti e non abbiamo ribadito il nostro no!. Io non mi sono mai permesso di comandare a casa d'altri e non voglio che altri lo facciano a casa mia!.'

Dal suo punto di vista quali sono i punti a favore del Parco?
'Nessuno per me, e direi per molti altri agricoltori. Tutti hanno detto che la legge quadro è stata appositamente cambiata per noi ma non è cambiata la sostanza. Lo ribadisco: non voglio vincoli sulla mia terra, non voglio padroni a casa mia, i vantaggi, tanto ventilati e sbandierati, sono solo per i comuni, le comunità montane, la regione e sicuramente per chi si deve sedere su quelle sedie tanto comode e remunerative!.'

E quelli contro?
'Sono un agricoltore, amo il mio lavoro e questo parco distrugge tutto essendo fatto contro la volontà di molti residenti. I vincoli che ci sarebbero imposti peserebbero come macigni sulla mia attività impedendo, di fatto, lo sviluppo della mia azienda. Ricordo a tutti che io sono un contadino che lavora la sua terra e non un albergatore che ha bisogno di più turismo.'

I prodotti agricoli delle aziende che si trovano all'interno del Parco potranno avere in futuro una migliore valorizzazione?
'Anche se è opinione di molti che, per avere un miglior ritorno economico dai nostri prodotti, bisogna mettere dei nomi nuovi e fantasiosi (IGP, QC, DOP, ecc., ecc.) a ciò che produciamo da sempre, io penso che la cosa migliore sia sempre produrre qualità. Dietro ad ogni marchio o qualifica ci sono moltissime persone che pretendono di avere uno stipendio per il lavoro svolto ma che in realtà non ha prodotto nessun bene reale. Vendere i prodotti della nostra zona col marchio 'PARCO DELLA VENA DEI GESSI ROMAGNOLI' vorrebbe dire impiegare i soldi, destinati all'agricoltura, per pagare coloro che nulla producono, quindi io penso che istituire il PARCO non sia sicuramente un vantaggio per gli agricoltori.'

Visto che la costituzione del Parco(organismi, scopi, ecc.)sarà un percorso ancora lungo, pensa sia possibile partecipare alle diverse fasi in modo che siano soddisfatte le esigenze di tutti?
'Credo non ci sia niente da trattare poiché la proprietà è la mia e il PARCO io non lo voglio. Quelli che vogliono istituire il PARCO non hanno mai avuto la cortesia di chiedermi se n'ero contrario o a favore. Non penso che, i sindaci e gli assessori o altri, siano veramente interessati al mio parere ed alle mie esigenze considerando che sono ormai trent'anni che mi oppongo purtroppo senza esito. In conclusione vorrei fare io alcune domande a tutti voi: per quale reale motivo le Amministrazioni comunali s'impegnano tanto per me? Chi ci guadagna veramente ed immediatamente dal PARCO? Perché mi devono essere imposti dei vincoli mentre è permesso estrarre il gesso di fronte a casa mia? Quanti di coloro, che oggi sono a favore, rimarrebbero tali se il PARCO fosse fatto a casa loro?'


Intervista a Piero Lucci:

Dopo più di 20 anni dalla prima proposta di istituzione del Parco Regionale della Vena del Gesso, il 15 febbraio di quest'anno il Consiglio Regionale dell'Emilia Romagna ha approvato la delibera a favore. Secondo lei i tempi erano già maturi o si doveva aspettare ancora?
'Secondo me i tempi erano più che maturi: vorrei ricordare che già nel 2000 la Federazione Speleologica Regionale dell'Emilia Romagna ed i gruppi speleologici di Faenza e di Mezzano avevano presentato una proposta di parco piuttosto esauriente ed articolata. Del resto, la prima idea di Parco risale nientemeno che agli anni sessanta.
Gli speleologi della regione sono sempre stati favorevoli, e continuano ad esserlo, anche se va sottolineato che il parco della Vena del Gesso romagnola, così come è nato, può essere senza dubbio reso migliore in tante sue parti.
Comunque sia, ci pare un buon punto di partenza e, in fin dei conti, ci sentiamo ottimisti.
Certo, in fase di discussione, molta attenzione è stata posta sulle potenzialità turistiche e 'promozionali' che il parco può offrire, molto è stato detto e fatto anche per salvaguardare l'interesse dei residenti (in primo luogo gli agricoltori). Ciò, sia chiaro, è ben legittimo e condivisibile: assai meno, però, si è discusso di ambiente.
Insomma, la discussione sul perché la Vena del Gesso va difesa e salvaguardata, creando un parco, è sembrata decisamente sottotono.
In questo senso gli speleologi, almeno per quanto riguarda le materie di loro competenza, hanno cercato di colmare un vuoto'.

Dal suo punto di vista quali sono i punti a favore del Parco?
'Mi piace pensare al Parco come ad un organismo che sa aggregare quanti hanno veramente a cuore i problemi della Vena, crea progetti e coinvolge nella loro realizzazione il volontariato, le istituzioni e, come si dice... le persone di buona volontà.
Chissà poi se, nel tempo, il Parco saprà dare risposte a quello che di gran lunga è il problema ambientale più drammatico della Vena: la cava di gesso di Monte Tondo'.

E quelli contro?
'Non vorrei che passasse la logica: 'Bè ora il Parco c'è, concentriamoci su questo ed abbandoniamo a sé stessa la zona di cava'.

L'impatto paesaggistico e socio-economico della Cava di Monte Tondo per la nostra valle è consistente, come può essere compatibile con il Parco?
'La posizione degli speleologi è sempre stata chiara: la cava di Monte Tondo non deve chiudere entro breve tempo, ancora non ci sono le condizioni socio-economiche per poterlo fare.
Tuttavia l'area in questione è di grandissimo pregio ambientale (riconosciuta a livello europeo): pensate che sotto ciò che ancora resta dello stesso Monte Tondo è presente un sistema carsico gessoso tra i maggiori d'Europa che fa capo alla ben nota 'Grotta del Re Tiberio'. Negli anni la cava lo ha parzialmente distrutto, ma restano ancora una decina di chilometri di grotte e molto da scoprire.
Chiediamo quindi che l'escavazione venga condotta tenendo ben conto di tutto questo: è un patrimonio naturale che appartiene a tutti. Ciò forse comporterà spese maggiori, ma non insostenibili: pensiamo ne valga la pena!
Purtroppo, gli studi finanziati in questi ultimi anni dagli enti locali e finalizzati a fornire un quadro complessivo che servisse come base per i futuri piani di escavazione, sono risultati, secondo noi, approssimativi ed insufficienti, con errori ed omissioni.
Infine, agli speleologi è ora vietato l'accesso alle grotte da loro stessi scoperte e studiate: viene così a mancare una indispensabile opera di controllo e monitoraggio che la cava assolutamente non desidera venga fatto.
In sintesi: esistono due esigenze, una economica ed occupazionale, l'altra di salvaguardia dell'ambiente impegnamoci insieme nella ricerca di un possibile (anche se difficile) equilibrio... '


Visto che la costituzione del Parco (organismi, scopi, ecc...) sarà un percorso ancora lungo, pensa sia possibile partecipare alle diverse fasi in modo che siano soddisfatte le esigenze di tutti?
'Lo spero proprio! Per quanto riguarda noi speleologi siamo senz'altro disponibili: ci vantiamo, del resto, di possedere un patrimonio di dati e conoscenze, accumulato in decine di anni di frequentazione e di studio, che ben volentieri vorremmo fosse messo a disposizione di un parco attento, in primo luogo, alle 'unicità ambientali' della nostra Vena del Gesso'.

Intervista a cura di
Nicola Rinaldi Ceroni

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