Finalmente ho capito qualcosa della manovra economica. Non dei contenuti, di cosa dopo mille variazioni ci è finito dentro. Questo non lo ha capito neanche chi quei contenuti li ha decisi, i nostri bravi governanti. Però ho capito proprio come è possibile che neanche chi la manovra l'ha decisa sappia di preciso cosa ci sia dentro.
Per esempio: ricordate la manovra di inizio luglio, non l'ultima, tanto dibattuta, ma quella che venne approvata in tutta fretta e su cui l'opposizione non fece opposizione per un superiore senso di responsabilità verso la nazione? Ecco, se ricordate bene in quella manovra a un certo si “scoprì” che era stata inserita una delle tante leggi cosiddette “ad personam”, quella che con un piccolo escamotage poteva magari salvare la Mondadori – quindi gli interessi della famiglia Berluska – eliminando il pagamento di 560 milioni e spiccioli dovuti come risarcimento a De Benedetti per una intricata vicenda di corruzione avvenuta qualche anno fa. Alla fine, causa sollevazione popolare, quel codicillo è caduto, ma la cosa che al tempo mi colpì fu che nessuno sapeva come quel provvedimento fosse finito dentro la manovra. Berluska spergiurava che lui non lo voleva, anzi aveva quasi implorato Tremonti di non inserirlo, il buon Giulio (che della manovra dovrebbe essere più o meno “l'inventore” essendo Ministro dell'Economia) non si spiegava chi avesse inserito quelle righe così scarne ma efficaci, forse Alfano in quanto allora Ministro della Giustizia e quindi interessato a un comma che modificava in minima parte il regime giuridico, lui però predicava la sua “innocenza”, d'altra parte uno che si chiama Angelino può ritenersi così perverso da cercare di ingannare un intera nazione?
Ma come è possibile, mi chiesi, la legge non ammette ignoranza e chi fa le leggi non sa neanche che cosa ha scritto?
L'altro giorno ho avuto l'illuminazione vedendo un telegiornale. Uno dei mille servizi sulle mille manovre economiche degli ultimi tempi mostrava una montagna di fogli di carta ammucchiati sopra un tavolo in un qualche ufficio ministeriale, un vero e proprio complesso montuoso, pile di fogli di altezza ineguale, pericolanti e sovrapposte una all'altra, un Monte Bianco di A4. E sotto, appiccicato al bordo del tavolo, un foglietto con una scritta a caratteri cubitali: LEGGE FINANZIARIA. Quella montagna scoscesa era “la manovra”, nella sua concreta esistenza di testo scritto. Qualcuno quindi la scrive, “la manovra”, traduce su carta le geniali idee di Ministri e politicanti vari. Ma vista la mole di carta, credo sarebbe meglio dire: qualcuno la scrive, poi la riscrive secondo vaghe indicazioni giunte dall'alto, poi la ricorregge, poi inserisce, taglia, fa qualche copia/incolla, crea nuove versioni. Immaginate il desktop del PC del poveretto che deve scrivere questo mostro di parole a mille teste (che messe insieme non ne fanno una). Avrà una cartella che si chiama “Legge finanziaria agosto 2011”, per esempio, e dentro ben salvati, i files di tutte le diverse versioni che gli hanno fatto scrivere. Files dai nomi tipo: “Manovra agosto 2011”, “Manovra agosto 2011 corretta da GT” (dove GT è Tremonti ma in realtà l'ha rivista un suo scagnozzo che lui non aveva tempo), “Manovra agosto 2011 corretta da GT e da AA” (dove AA è Alfano e vale quanto detto per GT), “Manovra agosto 2011 corretta da GT, AA e SB” (indovinate chi è SB? È più difficile capire chi l'ha veramente rivista in suo nome, magari un Lavitola qualsiasi), “Manovra agosto 2011 che però ormai è diventata settembre 2011 rivista da uno che passava di qua e ha detto che conosce SB” e via di questo passo. Insomma, alla fine già così chi ci capisce più niente! Ma il problema è che tutte queste versioni vengono stampate per correggerle meglio ed è lì che nasce la montagna di carta vista al TG. Poi però a un certo punto, in tempi di crisi economica, al Ministero dell'Economia finisce la carta (e anche il toner sta tirando gli ultimi) e non ci sono soldi per comprarne altra. Così per risparmiare iniziano a riciclare la carta delle versioni precedenti. Così possono anche dire che abbattono i costi del funzionamento dell'apparato della politica. Ma potete immaginare il casino. La pagina 12 dell'ultima versione finisce sul retro della pagina 23 della versione precedente, pagina 28 sul retro di pagina 34 della penultima versione e il gioco è fatto, non si capisce più qual è la versione definitiva, qual è il fronte e quale il retro, alla fine si mette insieme la cosa più decente possibile ma può anche succedere che un codicillo che nessuno ha voluto finisca dentro al pacco di fogli buono.
Quindi, cari comunisti mangiabambini e malfidati, non è il Governo che è in confusione, non è che Berluska non ci capisce più niente perché passa i giorni (e soprattutto le notti da quel che si sente dire...) a intrattenersi con la sua Corte dei Miracoli fatta di «ballerine, nani, comici e cantanti» (a proposito, sulla Prima Ballerina del personale teatrino berlusconiano leggetevi il P.S. a fine articolo, ma solo dopo che siete arrivati in fondo che manca poco). Niente di tutto questo, anzi, è il lodevole tentativo di risparmiare carta che crea un po' di confusione, giusto quel tanto che basta per mandare a put.... l'economia italiana. Oddio, un dubbio sorge spontaneo: non è che tutto l'ambaradan di cambiamenti, modifiche, interpolazioni, aggiunte, tagli sia orchestrato in maniera sapiente dai governanti proprio per generare il caos, infilare nella manovra quello che fa più comodo a loro, metterci nel sacco a noi e poi scaricare la responsabilità delle porcate su non meglio identificate entità che chissà come hanno messo le mani sul testo della manovra in un imprecisato momento del suo iter?
A pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende, diceva non so chi. L'unica certezza a cui sono giunto è questa, un insegnamento che forse non è valso lo sforzo di tutti questi rimuginamenti ma è sempre meglio che niente: quando vi dicono che un testo è stato stampato su carta riciclata, ricordate che non è sempre una buona notizia.

Michele Righini

P.S.: Chi sia la Prima Ballerina lo si intuisce facilmente, la lap-dancer più famosa sulle due sponde del Mediterraneo, Ruby Rubacuori. Su Internet gira un simpatico gioco di parole che dice più o meno: «Non perdete “Non ci resta che Tangeri”, il primo film interpretato da Ruby Rubacuori», che si spiega col fatto che Tàngeri è città del Marocco ricettacolo di tutti i vizi e le perversioni sessuali. Sì perché, lo dico per i pochi che ancora non fossero convinti (ma ormai l'ha capita anche Ghedini...), Ruby è marocchina, non egiziana, e non è nemmeno la nipote di Mubarak. E questo è un peccato, perché magari a quest'ora la starebbero processando insieme al suo “zietto”. Comunque, per continuare coi giochi di parole, io so che invece le prime parole pronunciate dal Berluska quando si è trovato di fronte la giovane, anzi minorenne, marocchina vestita da infermierina, sono state: “Non mi resta che tangere”. E hop, con un zompo le è saltato addosso.
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