In qualsiasi lingua la si chiami è comunque il segreto della vita sulla terra. Vita biologica ma, oggi come non mai, vita di una civiltà. Senza scomodare tanto la statistica possiamo dire di trovarci in una zona fortunata della terra che si può permettere perfino di sprecarla tanto ne avanza sempre. Quest’anno poi dopo un inverno fra i piu’ nevosi e una primavera ben innaffiata dal cielo le falde sono riuscite a farne sgorgare per tutta l’estate.
Ma l’acqua non arriva da sé nei rubinetti delle nostre case.
Ma l’acqua non arriva da sé nei rubinetti delle nostre case.
C’è un ciclo naturale dell’acqua e c’è un ciclo tecnologico che va gestito per tutto il suo tragitto. Quindi ci sono strutture ed enti che provvedono a garantircela in cambio di una tariffa.
Per cercare di conoscere la situazione del servizio idrico civile nel nostro territorio abbiamo intervistato Giorgio Sagrini attuale consigliere d’amministrazione di Con.AMI.
1) Intanto che cos’è Con.AMI?
E’il consorzio pubblico costituito dai 23 Comuni dell’imolese, del faentino e dell’Alto Mugello, al quale quegli stessi Comuni hanno conferito le reti e gli impianti del ciclo idrico (Casola lo ha fatto alla fine degli anni ’80). La scelta è chiara: gli impianti e le reti idriche sono di proprietà del ConAMI, quindi dei Comuni soci, perché l’acqua è un bene pubblico che deve rimanere pubblico.
Il Consorzio inoltre, per conto dei Comuni stessi (l’assemblea del ConAMI è composta dai 23 sindaci - ndr), programma e realizza gli investimenti per migliorare la rete idrica e la gestione dell’intero ciclo idrico, dalla captazione, alla potabilizzazione, alla distribuzione, alla depurazione dell’acqua. La gestione degli impianti, a fronte di opportuni canoni, è affidata invece alla società Hera.
2) Ci sono diverse sigle che gravitano attorno alla gestione dell’acqua, ad esempio gli ATO. Ci puoi dire di cosa si tratta?
Una legge regionale del 1999 ha istituito queste Agenzie di ambito territoriale ottimale per promuovere forme di cooperazione tra gli Enti locali per l'organizzazione del Servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani. E’ l’organo di rappresentanza politica composta dai sindaci e presieduta dall’assessore all’ambiente della provincia. Per il settore idrico l’ATO definisce le tariffe insieme al gestore che per la nostra provincia è Hera.
3) Quali componenti economiche sono comprese nella tariffa provinciale dell’acqua stabilita dall’ATO?
Oltre ai costi industriali e cioè approvvigionamento, depurazione, distribuzione, una quota è riservata agli investimenti per migliorare e mantenere in efficienza il servizio. Questa modalità di gestione del servizio ci ha permesso, in provincia di Ravenna, in Emilia-Romagna, di avere reti, impianti e servizi idrici all’avanguardia.
In più, da alcuni anni (è una piccola cosa, ma vale la pena segnalarla) in base a un accordo fra l’allora Comunità montana e la Provincia, dentro questa quota una somma annua di circa 50.000 euro è destinata a opere forestali utili a tutelare e riprodurre la risorsa acqua partendo proprio dai bacini di montagna quindi da quelli del Senio e del Lamone.
4) Qual è il ruolo di Hera?
E’ il conduttore del servizio non il proprietario, che resta Con.AMI. Hera è una società per azioni la cui maggioranza è in mano pubblica, cioè degli stessi Comuni, tra cui quelli che fanno parte di Con.AMI, che detiene l’8,65% del pacchetto azionario di Hera.
5) In sostanza quindi il ruolo dei Comuni è plurimo.
In carico ai Comuni c’è intanto il controllo della gestione, delle quantità e della qualità degli investimenti attraverso l’ATO, e – nel caso nostro – con l’apporto tecnico-politico di Con.AMI. Poi sono i proprietari delle reti, attraverso Con.AMI, e – sempre attraverso Con.AMI – controllano una parte significativa delle quote azionarie di Hera.
6) Nelle nostre campagne abbiamo visto all’opera per la realizzazione di reti acquedottistiche anche il Consorzio di Bonifica. Che ruolo ha?
Intanto, la realizzazione di quegli acquedotti, che si aggiungono all’estensione della rete idrica realizzata negli anni scorsi, con la copertura di gran parte delle aree rurali del casolano, è stata possibile grazie alla collaborazione tra Comuni e Unione dei Comuni e Consorzio di Bonifica. E’ dipesa da questa collaborazione la possibilità di presentare progetti – realizzati dalla struttura tecnica del Consorzio di Bonifica – che hanno potuto beneficiare di importanti risorse del Programma regionale di sviluppo rurale.
Oltre al suo ruolo istituzionale è anche lo strumento di gestione del territorio al servizio delle imprese e delle comunità. Sulla base di una convenzione operante da anni, prima con la Comunità Montana e oggi con l’Unione dei Comuni, svolge un importante servizio di progettazione e assistenza tecnica per la realizzazione di opere per la conduzione e la captazione dell’acqua soprattutto per uso irriguo ma anche civile.
7) Ci puoi dire i programmi di Con.AMI per il nostro territorio?
Stiamo lavorando su tre filoni. Primo: interconnettere le reti anche fra paesi limitrofi in modo da creare compensazione nel caso di carenze che si verificassero solo su di una zona. Secondo: progettazione di un nuovo potabilizzatore a Casola Valsenio che sorgerà in un’area a ridosso della condotta principale che scende dagli invasi del Cestina (tra le ipotesi considerate c’è il campo degli Olmatelli, a valle del campo sportivo). Infine avviare uno studio di fattibilità di una traversa sul torrente Senio – già finanziato dall’ATO - per immagazzinare un volume d’acqua di 300/350.000 metri cubi, sufficiente per garantirsi dai momenti di crisi come successo nel 2004, e assicurare la fornitura d’acqua necessaria per gli usi civili e per gli usi industriali.
8) Nell’ipotesi che si applicasse la norma cosiddetta della privatizzazione dell’acqua varata da poco cosa succederebbe?
Il Governo ha approvato una norma che costringe i Comuni, detentori di quote azionare nelle società di gestione dei servizi idrici, come nel caso di Hera dove oggi il pubblico ha la maggioranza, a detenere una quota non superiore al 30%. La quota eccedente “deve” essere venduta (…o svenduta) e diventare così minoranza, per legge! I Comuni verrebbero estromessi di fatto dalla gestione della risorsa acqua. Anche per questo motivo è partita la raccolta di firme per il referendum che ne ha raggiunto quota un milione e quattrocentomila. Credo che le modalità di gestione del ciclo idrico, ferma restando la proprietà pubblica delle reti e degli impianti, debba essere decisa dalle comunità locali, e non imposta dal governo centrale. Ma che razza di federalisti sono quelli che governano a Roma? E perché mai dovremmo rinunciare a un modello di governo e di gestione dei servizi idrici e del ciclo idrico – qual è quello che si è realizzato nei nostri territori - che funziona, che ha dato e sta dando buona prova di sé, per la qualità degli impianti, delle reti, per la capacità che esprime di investire e innovare?
A casa nostra, vogliamo decidere noi, e la nostra acqua non ce la può portare via nessuno.
Intervista a cura di Roberto Rinaldi Ceroni