Entro in punta di piedi e a fine pagina me ne vado…
W.Thomson era solito dire “la conoscenza è soddisfacente soltanto quando è possibile esprimerla numericamente”. Tento di mettere in pratica, sperando che, per la strada non mi venga un mal di testa.
La normativa europea UN-EN-303-5-2004 stabilisce per le caldaie alimentate a biomassa (potenza installata fino a 300 kW) una emissione massima di polveri fini pari a 60 mg/MJ. L’aggiornamento previsto per il 2015 dovrebbe ridurre alla metà questo valore. Già oggi, comunque, esistono produttori di caldaie a legna che certificano valori di emissione particolato inferiori a 20 mg/MJ (ad esempio la tedesca Georg Fischer), inoltre, un efficiente abbattitore a ciclone potrebbe eliminare ancora circa un terzo del particolato a camino. Si può quindi riassumere che, in condizioni ottimali (modello caldaia, qualità cippato, abbattitore a ciclone e buona conduzione dell’impianto), si ottiene un valore di PM a camino pari a circa 13mg/MJ.
Considerando un combustibile legnoso generico con un potere calorifico di 4000 kcal/kg (circa 17 MJ/kg) ne deriva che in uscita dal camino ci troviamo 13x17=221 mg di particolato per kg di combustibile, ossia 0,221g/kg.

Per meglio comprendere cosa questo significa, si consideri il paragone con un soggetto che tutti noi conosciamo: un’auto equipaggiata con motore Diesel Euro3. Un motore Diesel Euro3, in condizioni di controllo standard (per intenderci, quando si fanno le misure al collaudo), produce, come limite massimo, polveri fini nella misura di 0.05 g/km.
Perciò bruciare 1 kg di combustibile legnoso, nelle condizioni sopra stabilite, rilascia nell’ambiente la stessa quantità di PM di un’auto equipaggiata con motore Diesel Euro3 (in efficienza) che percorre per le vie del paese 4,4 km (0,221: 0,05).
Se il consumo di combustibile previsto per la nuova caldaia a cippato è pari a 60.000 kg/anno, ne deriva che “la nostra” Diesel Euro3 emette nell’ambiente un eguale quantitativo di particolato percorrendo circa 264.000 km.

Certo, una caldaia a metano ridurrebbe molto l’emissione di particolato. Un Nm3 di metano genera per combustione circa 10,5 Nm3 di fumi. L’Hera dichiara per la nuova centrale cogenerativa di Imola, che brucia metano ed installa un dispositivo di abbattimento fumi di tutto rispetto, un limite massimo di PM emesse a camino pari a 3 mg/Nm3. Questo dato, trasformato, equivale a circa 0,9 mg/MJ (per il calcolo si è considerato un p.c. del metano pari a 35,6 MJ per Nm3). Il rapporto di riduzione di PM a camino è quindi, nelle condizioni sopra indicate, circa 1/15 a favore del metano.

Viceversa, il bilancio ambientale di CO2 è sfavorevole al metano rispetto alla legna. Un Nm3 di metano (714,3g) genera per combustione 1964,2 g di CO2 mentre, considerando il ciclo vitale di una pianta, il bilancio ambientale relativo alla CO2 del legno combusto è in pareggio. Questo, ovvio, considerando la sola combustione in caldaia. Va da sé che il cippato, prima di essere bruciato, deve essere prodotto e trasportato. Come del resto qualsiasi altro combustibile.

Le PM andrebbero poi classificate anche qualitativamente. A parere della A.E.L.S.I. (associazione della Svizzera italiana per lo sfruttamento dell’energia del legno), gli incombusti aromatici, le neoformazioni organiche ed i metalli pesanti sono, di norma, presenti in maggior misura nelle polveri fini generate da combustione Diesel e da combustione di tabacco, rispetto alla combustione di cippato (sempre che quest’ultima sia condotta in maniera ottimale).

In definitiva, comunque la si giri, ci sono conseguenze che non piacciono. Resta il fatto che in inverno non si può rinunciare al riscaldamento degli edifici, e qualsiasi combustibile usiamo allo scopo, inevitabilmente, un qualche impatto ambientale c'è. Possiamo solo discriminare nella scelta del minore dei mali. Dopo di che, la selezione delle macchine, il montaggio e l’avviamento dovrebbero essere fatti “al meglio delle possibilità”… gestione dell’impianto (fondamentale) inclusa.

Visto che ci sono, ed ho ancora voglia di scrivere, approfitto per una ulteriore considerazione (anche perché il mal di testa è sopportabile).
In quest’ultimo anno sono stati installati, ben visibili percorrendo la SP306 Casolana, diversi impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. Mi è capitato anche di ascoltare, in pizzeria o al bar, vari commenti che enfatizzavano le opportunità offerte da questo tipo di impianto. Quasi tutti concordavano nell’esprimere giudizi positivi argomentando spesso con la salvaguardia dell’ambiente: il fotovoltaico veniva considerato una valida alternativa alla tradizionale centrale termica.
Nella realtà le cose stanno diversamente. Al momento, fotovoltaico, ed anche eolico, sono ben lontane dal poter essere considerate come tecnologie “alternative” per la produzione di energia elettrica. Ad esempio, il caso della Germania è emblematico: possiede una potenza eolica installata superiore a quella nucleare (circa 24 GW contro 20 GW), inoltre ha una potenza fotovoltaica installata (5,5 GW) pari a quasi la metà del totale istallato nel mondo (13 GW). Ebbene, il contributo effettivo sul totale del consumo energetico annuo del paese è di circa il 6,3% per l’eolico e il 23,5% per il nucleare. Il rapporto di rendimento effettivo, a parità di potenza picco installata, è quindi circa 1 a 4,5 a favore del nucleare. Per quanto riguarda il fotovoltaico, esso contribuisce sul totale del consumo energetico annuo della Germania con un misero 0,5%. In questo caso, il rapporto di rendimento effettivo, a parità di potenza picco installata, è quindi circa 1 a 13 a favore del nucleare (chi volesse verificare può consultare il sito internet di Terna: Il Gruppo Terna, primo operatore indipendente in Europa e settimo al mondo per chilometri di linee gestiti, è il principale proprietario della rete di trasmissione dell’energia elettrica sul territorio italiano).
In altre parole, ben venga la ricerca su fotovoltaico ed eolico (sperando nel domani) ma, ora come ora, occorre essere ben consapevoli che fotovoltaico ed eolico non sono certo alternative credibili alle tradizionali centrali termiche e al nucleare. Ne dal punto di vista ambientale e neanche dal punto di vista economico (per la comunità). Resta il fatto che in virtù della legislazione vigente, la quale propone al privato contratti governativi con elargizione di contributi in denaro (e solo per questo motivo), il fotovoltaico è attualmente il miglior investimento economico che si possa fare.

Pier Ugo Acerbi
Condividi questo articolo
FaceBook  Twitter