Giovedì 19 marzo si è tenuto presso la Sala Consiliare del Comune di Casola un incontro che aveva come argomento la caldaia a biomassa (nello specifico alimentata a legno cippato) che dovrebbe essere installata (entro il 2009 per entrare in funzione nel 2010) nel campetto adiacente la palestra comunale. Sul nostro sito e sul giornale cartaceo l’argomento è già stato discusso con molti interventi (la serata nasceva anche su stimolo dei dubbi e delle preoccupazioni espresse da alcuni nostri lettori) quindi diamo per scontata la conoscenza generale del tema, che potete comunque ricostruire consultando – prima di procedere nella lettura – gli articoli da noi già pubblicati [Senio Energia comincia a funzionare] e [Centrale termica a biomassa: quale convenienza?] (oltre a ciò che era stato precedentemente scritto sul periodico dell’Amministrazione Comunale, «Il Ponte»).

Alla serata erano presenti e sono intervenuti:
- i rappresentanti di Senio Energia – la società che ha progettato e gestirà l’impianto – Leo Iseppi, presidente, e Dino Tartagni, amministratore delegato,
- i rappresentanti dell’Amministrazione Comunale, il sindaco Sagrini e il vicesindaco Giacometti, che coinvolti nella società stessa che è per la maggioranza a partecipazione pubblica, dal momento che gran parte dei finanziamenti sono stati convogliati sul progetto grazie a enti pubblici fra cui il nostro Comune che hanno intercettato finanziamenti pubblici,
- il responsabile dell’Arpa per la zona di Ravenna Dumas Minzoni, che parlava però in qualità di esperto e non esprimeva l’esito di controlli effettuati dall’ARPA, perché su caldaie di questa taglia (1Mw) la legge non richiede autorizzazioni da parte degli organi preposti al controllo della qualità ambientale. Minzoni inoltre ha specificato di non conoscere nel dettaglio il progetto e di discutere quindi la questione “polveri ultrasottili” – quella più scottante – da un punto di vista scientifico e teorico.
Queste le figure “istituzionali” (vale la pena rilevare l’assenza delle forze di opposizione?) e deputate alle spiegazioni, nel corso dell’articolo presenteremo però anche gli interventi di coloro che hanno partecipato più attivamente alla discussione. Vorremmo infatti in quest’occasione fornire un resoconto il più possibile obiettivo di quanto detto durante la serata, non un verbale ma una fotografia fedele delle varie posizioni, cercando di limitare al minimo i pareri personali di chi scrive, come merita l’argomento che è in buona parte legato ad aspetti scientifici. Argomento su cui confesso la mia ignoranza specifica, aspetto che mi sembra paradossalmente garanzia di obiettività nella funzione di “registratore” che mi sono assunto l’altra sera. Sia quindi chiaro che quando riporto dati o affermazioni, non si tratta di farina del mio sacco ma degli esperti intervenuti alla discussione. La necessità di obiettività comporta anche la lunghezza dell’articolo. Proviamo a procedere esaminando i diversi tasselli della questione.

L’ASPETTO LEGISLATIVO
Dato per scontato che da un punto di vista “morale” tutti vedano come necessario lo sfruttamento di fonti di energia rinnovabili al posto dei carburanti fossili, da un punto di vista legislativo esiste un obbligo stringente dettato dal Protocollo di Kyoto e dalla legislatura europea: entro il 2020 si dovrà produrre il 20% dell’energia attraverso fonti rinnovabili, pena il pagamento di multe molto salate (che ricadrebbero sulle tasche dei cittadini sotto forma di tasse). L’intervento della caldaia a cippato va in questa direzione, dal momento che la quantità di legno impiegato annualmente sarebbe inferiore alla capacità di crescita dei nostri boschi, la cui estensione e massa complessiva non verrebbe dunque ridotta (altrimenti non si tratterebbe di fonte rinnovabile). Obiezione sollevata: perché proprio il legno e non altre fonti di energia rinnovabili? Senio Energia ha in cantiere anche progetti relativi all’eolico e al fotovoltaico e la scelta di partire dal cippato è stata dettata semplicemente da questioni di opportunità relative alla disponibilità di fondi pubblici a questo destinati e che andavano intercettati.

L’IMPATTO AMBIENTALE
Da questo punto di vista Minzoni è categorico sulla positività della sostituzione di caldaie a gasolio (ricordiamo che saranno sostituite 13 caldaie, di cui 5 a gasolio, il resto a metano) con quella a cippato: le piante consumano CO2 per la loro crescita, quindi la CO2 emessa dalla caldaia servirebbe al rinnovamento del materiale combustibile stesso. Il bilancio dunque sarebbe in pareggio, mentre il gasolio emette CO2 ma non ne consuma, quindi tutta quella prodotta ed emessa è in accumulo nell’atmosfera.

L’ASPETTO SANITARIO
E’ stato questo l’aspetto più dibattuto, sia durante la serata che nelle discussioni che l’hanno preceduta. Una lettera inviataci da Massimo Menetti, che come sappiamo è medico, aveva infatti posto in maniera preoccupata la questione delle polveri sottili (le PM10 di cui tutti abbiamo sentito parlare in tempi di blocchi del traffico) e soprattutto ultrasottili (PM2,5 ancora più pericolose per la salute perché non si fermano nelle vie respiratorie ma oltrepassano la membrana cellulare entrando direttamente nel circolo sanguigno). Un piccolo intervento personale me lo concedo perché esula dal discorso specifico ma permette di riflettere sulla natura della discussione avvenuta. Fino a poco fa le PM10 erano il male supremo, lo spauracchio agitato che turbava i sonni di chi vive in città e ogni giorno si fa Km in motorino attaccato allo scarico degli autobus. Ora sembrano invece essere diventate un elemento trascurabile, superate in pericolosità dalle ultrasottili. Ma non è che un male più grande cancelli la dannosità di quello più piccolo… a pensare male può venire il sospetto che a volte un po’ di terrorismo psicologico sia concertato ad arte, ma la cosa spesso riguarda non tanto la comunictà scientifica quanto i media. Riflessione che offre il destro per sottolineare come l’utilità della discussione dell’altra sera da un punto di vista ambientale-sanitario – in particolare grazie a Minzoni e Menetti, i più informati su queste specifiche questioni – sia stata proprio nella presenza di esperti seri, non da salotto TV, capaci di discutere e di essere in disaccordo senza per questo degenerare, da ottimi professionisti. Ma torniamo alle polveri emesse dalla combustione del cippato.
Quando accendete la vostra vecchia stufa a legna, o quel bel caminetto che arreda in maniera così scenografica il salotto della vostra casa di campagna appena rimessa a nuovo, siete convinti di stare facendo la cosa più naturale e sana del mondo? Beh, non è proprio così. Magari il vostro fisico si rilassa e smaltisce lo stress da ufficio, ma sta anche assimilando proprio le famigerate PM2,5 (oltre che una notevole quantità di polveri più pesanti) con danni non da poco per la salute. Minzoni ha infatti sottolineato come le polveri (pesanti e sottili) emesse dalla combustione del legno siano molto più numerose di quelle provenienti dalla combustione del gasolio. Una stufa a legna normalmente utilizzata nelle case emette 5000 mg di polveri sottili per ogni m3 d’aria. Una quantità elevatissima. Quando si è arrivati a notare questo, la comunità scientifica è stata percorsa da un grande allarme. Poi gli studi sono stati approfonditi, soprattutto da istituti di Zurigo e di Graz che hanno pubblicato risultati più raffinati. La prima conclusione è stata che le caldaie utilizzate negli impianti tecnologicamente più avanzati (come quello di Senio Energia, assicurano i rappresentanti della società) producono emissioni di polveri sottili notevolmente più basse (20-30 mg/m3), ma ancora superiori a quelle del gasolio. Il passo successivo è stato quello di “guardare dentro” le PM2,5 per capirne la qualità. Non bastano infatti dimensioni e quantità per avere un giudizio scientificamente corretto. Si è quindi visto che in realtà soltanto l’1% delle polveri ultrasottili prodotte in una corretta combustione di legna è dannoso per la salute dell’uomo, perché si tratta di incombusto che contiene sostanze chimiche tossiche. Il restante 99% non è invece rilevante da un punto di vista sanitario. Le polveri ultrasottili emesse dalla combustione del gasolio invece, ancorché minori in quantità, sono peggiori come qualità, in quanto tutte tossiche. Quindi a parità di aria emessa dagli impianti di produzione di calore, quello che brucia gasolio è più dannoso per la salute per quanto riguarda le polveri sottili. Questo a patto che il materiale combusto sia ottimale (legno vergine, non trattato e essiccato nella giusta maniera) e soprattutto che la combustione sia corretta grazie all’uso delle migliori tecnologie disponibili. Quello che fa la differenza insomma è che cosa e come viene bruciato.
Il dubbio sollevato da alcuni cittadini è che però non sono stati forniti i dati assoluti in relazione all’impianto casolano. Infatti Minzoni ha dimostrato la minore pericolosità della combustione da cippato in termini percentuali e nella teoria scientifica, ma se le emissioni della nuova caldaia dovessero essere molto più alte di quelle degli impianti sostituiti, allora si rischierebbe di avere comunque in circolo più polveri ultrasottili. Senio Energia non ha fornito durante la serata dati precisi sulla quantità ipotizzata delle emissioni (elemento che ha lasciato insoddisfazione in alcuni dei cittadini presenti), ma ha assicurato che presto verranno resi noti tramite un’apposita pubblicazione.
Minzoni, su stimolo di un’osservazione di Menetti, ha fatto notare che il suo discorso va oltre quanto stabilito dalle leggi. Non fidandosi dei limiti di legge (che permettono per esempio, dice Menetti, di usare una certa quantità di sostanze cancerogene negli alimenti e che fluttuano in base a convenienze economiche e di dubbia natura) ha voluto impostare un discorso strettamente scientifico, basato sui numeri, che vada oltre la superficialità del discorso: “Abbiamo rispettato la legge quindi è tutto a posto”.
La discussione Minzoni-Menetti ha messo in luce alcuni altri punti:
- con le PM 2,5 non esiste il “rischio amianto”, cioè che fra 30 anni ci dicano che in quell’impianto si producono sostanze nocive sconosciute. Le sostanze tossiche per l’organismo prodotte dall’impianto sono perfettamente conosciute. Si sa quindi che sono tossiche e che effetti hanno,
- quello che non si conosce è la soglia minima di emissione di polveri ultrasottili al di sotto del quale non hanno incidenza sanitaria (se esiste una soglia minima). D’altra parte il beneficio di riscaldarci comporta il pagare un prezzo, che deve essere il più piccolo possibile. Bruciare la giusta legna nel modo giusto, a parità di emissioni, comporta relativamente alle polveri ultrasottili un rischio sanitario minore che bruciare gasolio (che fra l’altro emette altre sostanze tossiche come i metalli pesanti non emesse invece dal legno vergine combusto),
- l’emissione di polveri ultrasottili comunque c’è e la loro dannosità è innegabile, va detto e ricordato, bruciare legna non è senza conseguenze sanitarie. L’emissione zero è impossibile da raggiungere se ci si vuole riscaldare, bisogna fare però di tutto per avvicinarcisi.

LA COLLOCAZIONE DELLA CALDAIA
Non si poteva spostare la caldaia in posizione più defilata, così che avesse meno impatto sia estetico che relativo proprio alla respirazione delle polveri emesse? Non la si poteva accorpare al deposito in cui verrà conservato il legname? Queste le domande dei cittadini.
La caldaia va sistemata (e così è stato fatto in altri luoghi che già fanno uso di impianti simili) in posizione baricentrica rispetto agli edifici da riscaldare, per ridurre al minimo le spese di realizzazione della rete di teleriscaldamento (circa 1300 metri per circa 390.000 euro). Uno spostamento di 500 metri avrebbe comportato un aggravio della spesa di circa 150.000 euro che avrebbe reso antieconomico il progetto. Che quindi non sarebbe stato realizzato, togliendo un piccolo tassello all’uso delle fonti rinnovabili, percorso sul quale invece la legge ci impone di incamminarci.
Oltre a ciò inoltre Minzoni ha assicurato che le polveri ultrasottili hanno una dispersione aerea tale che 1 Km di distanza non cambia nulla, anzi è facile che le PM2,5 della nostra caldaia le respirino a Castel Bolognese e viceversa. Lo spostamento dunque non avrebbe vantaggi nemmeno da un punto di vista sanitario. Anche per questo cambiare collocazione per sfruttare la corrente del fiume e convogliare le sostanze altrove, come prospettato da Alessandro Lanzoni sulla base di una precedente idea mai arrivata a vero progetto, sarebbe inutile.
L’edificio della caldaia sarà di 120-130 m2, quindi non molto grande. E non ingrandibile (sono impianti non modulari), dato importante per essere sicuri di non trovarsi in futuro un mostro in paese, ma che allo stesso tempo fa cadere l’ipotesi di uno spostamento su un terreno che permetta futura espansione.
Rimane il fatto che il campetto non sarà più utilizzabile per chi ci giocava, ci portava i bambini, ecc. (pur essendo in condizioni tali da richiedere un intervento di sistemazione). La cosa viene fatta notare da Lorenzo Righini che chiede all’Amministrazione (e riceve da essa) un impegno a creare un nuovo spazio in cui giocare a basket o pallavolo o fare divertire i bimbi più piccoli. Noi ci facciamo un bel nodo al fazzoletto tipo Striscia la notizia e veglieremo affinché l’impegno sia mantenuto!

IL MATERIALE: QUANTITA’ E QUALITA’
Il progetto è partito da uno studio di fattibilità della durata di 3 anni finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, che ha verificato che il nostro territorio possiede la quantità di legname necessaria ad alimentare la caldaia. Naturalmente, come accennato, questo non comporterà una diminuzione della superficie boscosa, dal momento che la quantità annuale di crescita dei boschi sarà sufficiente per le esigenze dell’impianto, circa 500 tonnellate all’anno, cioè 100 quintali a settimana (come precisa Menetti) non 50 quintali a settimana (come inizialmente affermato da Iseppi). Anche da un punto di vista logistico quindi non si verificheranno troppi problemi di traffico per il trasporto dal deposito alla caldaia.
Fondamentale sarà la qualità del legname, come già visto discutendo gli aspetti sanitari. Il legno dovrà essere lasciato ad essiccare per mesi, anche un anno, per potere bruciare correttamente, e si dovrà utilizzare – come stabilisce la legge – solo legname vergine, cioè non trattato in maniera fitorganica, per evitare che vengano rilasciate sostanze tossiche nell’atmosfera. Senio Energia assicura un controllo rigoroso sulla filiera di produzione e raccolta del legname, filiera regolata da un disciplinare stringente. Chi volesse utilizzare la caldaia come una sorta di inceneritore incorrerebbe in gravissime responsabilità penali.

I CONTROLLI
Abbiamo visto che l’ARPA non deve rilasciare autorizzazioni per caldaie di questa taglia. A chi spetta il controllo del corretto funzionamento? Verranno effettuati i controlli necessari, naturalmente da parte di tecnici preposti a ciò. Esiste una convenzione col Comune, abbiamo già detto che non rispettare leggi, convenzioni e disciplinari comporterebbe rischi gravissimi (economici e penali). Questo basta a pensare che nessuno voglia prendersi questi rischi? Naturalmente no, altrimenti le leggi basterebbero a impedire i crimini. I nostri amministratori, partecipando attivamente al progetto, dovranno essere la nostra garanzia sul rispetto delle regole. Sembra anche interessante la proposta accennata dal vicesindaco Giacometti di istituire un comitato sociale composto da cittadini che “veglino” sul progetto comportandosi in maniera “laica” e obiettiva.

ALCUNI ASPETTI ECONOMICI
Il progetto è per Senio Energia un investimento a lungo termine, che si “ripagherà” dopo circa 15 anni.
Vantaggi economici si avranno per il Comune, che non dovrà sostituire le vecchie caldaie. Inoltre l’energia prodotta dalla caldaia potrà essere acquistata a un prezzo minore rispetto a quello del metano, permettendo così un risparmio di denaro pubblico, ma eventualmente anche a privati che volessero “allacciarsi” alla caldaia (in realtà pochi visto che la taglia della caldaia non è tale da fornire energia per troppi utenti). Un vantaggio economico per la comunità casolana, afferma Tartagni, sarà inoltre l’indotto derivato dall’attivazione della filiera di produzione e raccolta del legname, oltre che dalla costruzione e messa in opera dell’intero impianto. Senza dimenticare che, come accennato prima, non rispettare gli obblighi del protocollo di Kyoto, comporterebbe multe salate e quindi aumento di tasse.

L’INFORMAZIONE SUL PROGETTO
Un elemento di fastidio sottolineato da molti cittadini è stato il fatto di essersi trovati di fronte a un progetto già in avanzato stato di attuazione, su cui è mancata informazione preliminare alla cittadinanza, quando non una qualche forma di discussione o addirittura consultazione della popolazione. Gli amministratori, per natura della democrazia, sono delegati dai loro elettori a prendere le decisioni, ma non c’è dubbio che la mancanza di discussione infastidisca (alla base comunque sembra esserci la cronica mancanza di contraddittorio nelle sedi istituzionali data la totale vacanza di un’opposizione politica alle forze di maggioranza, ma questa è un mia riflessione non emersa l’altra sera), soprattutto su questi temi che vanno a toccare la salute e la qualità della vita in maniera così delicata. L’Amministrazione ha giustificato questi aspetti con la necessità di prendere decisioni veloci per potere intercettare i finanziamenti, dal momento che le scadenze erano estremamente ravvicinate. Si è inoltre impegnata a continuare una campagna informativa con la pubblicazione di tutti i dati del progetto, come accennato sopra, ed eventualmente con altri incontri pubblici.

Soddisfatti che “Lo Spekki(ett)o” abbia contribuito a suscitare la discussione e quindi ad accrescere l’informazione, chiudiamo qui il resoconto di una serata davvero interessante e proficua. Mi scuso per eventuali errori nel riportare dati e opinioni e naturalmente siamo sempre a disposizione per tutte le precisazioni del caso che i lettori vorranno fornirci sull’argomento. Pronti naturalmente a continuare a seguire lo svolgimento del progetto.

Michele Righini
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