“E’ caduto sul campo”: così si dice di un soldato che combatte con tenacia e fermezza fino all’ultimo respiro per assolvere al proprio dovere. Così diremo dunque del nostro amato “Arci” (per “quelli di via”, l’autorevole nostro arciprete mons. Giancarlo Menetti) che improvvisamente ci ha lasciato la sera del 4 febbraio mentre, ad ora inoltrata, rientrava dall’ospedale di Faenza dove si era recato per portare i conforti religiosi ad una parrocchiana colà ricoverata perchè gravemente ammalata e che lo ha poi raggiunto, dopo poche ore, nel grande viaggio.
Tenace, fedele sino all’ultimo al suo ministero, noncurante di alcuni preoccupanti segnali che il suo fisico affaticato ogni tanto gli faceva pervenire, e sempre con quell’atteggiamento discreto, al limite della timidezza, che lo portava costantemente a minimizzare la serietà dei problemi di salute che lo affliggevano ed a mettere la sordina ai suoi affanni personali.
Anche se non erano mancate le occasioni in cui avevo ritenuto opportuno raccomandargli di cominciare a pensare un a un futuro meno carico di impegni e di gravami, ancorché santi, ormai mi ero abituato all’idea di un Arci perenne, se non proprio sempiterno, che con il suo fare pacato e schivo (per ciò che riguardava la sua persona) ci avrebbe lasciati tutti per strada, noi “giovanotti' - si fa per dire - di belle speranze.
Non è stato così e la dura realtà mi si è presentata in tutta la sua crudezza l’altra sera, quando, poco dopo essermi coricato, verso la mezzanotte, sono stato svegliato dal trillo angoscioso del cellulare.
Si può sperare qualcosa di buono da un cellulare che in una notte anonima, estranea a un qualsiasi particolare evento, si mette a squillare a mezzanotte?
Sono attimi di assoluto disorientamento, balzi sul letto e provi a realizzare cosa sta accadendo mentre a luce spenta e a tastoni cerchi di afferrare l’infernale apparecchietto, rovesciando regolarmente la abat-jour ed il bicchiere dell’acqua sul comodino. Poi finalmente lo trovi e lo porti all’orecchio, naturalmente dal lato sbagliato, lo raddrizzi e senti la voce di Giovanna: 'Scusami Alessandro per questo brusco risveglio ma devo...'
Avrebbe anche potuto fermarsi lì, tutto ad un tratto, molto prima che finisse la frase, avevo già capito tutto: Giovanna, la chiamata a quell’ora, il tono della voce...
'Ma come? Ma dove? Ma se ci siamo incontrati alla Messa vespertina delle 18,30, e dopo la celebrazione ci siamo fermati a parlare e anche a scherzare un po’ sulla difficoltà di doversi sfilare senza aiuti la lunga veste bianca con cui aveva poco prima celebrato?'
Ed anche appena prima di iniziare la celebrazione non avevo saputo trattenermi dal fare un po’ d’ironia: “Siamo un po’ ridotti, eh Arci, questa sera? Com è? Gli affari sono in ribasso?” (eravamo in tre, l’Arci, Anna e io, era infatti una delle poche sere della settimana in cui non c’era l’ufficio per qualche defunto). Ma ormai mi conosceva come le sue tasche e invece di mandarmi a quel paese, aveva sorriso bonariamente, come sempre.
Non era poi mancato l’accenno al successo della serata di presentazione della sua ultima fatica storico-letteraria: la trascrizione annotata dell’antico manoscritto del sacerdote don Giovanni Antonio Linguerri Storia della valle del Senio. Un evento ben riuscito, con folta partecipazione di pubblico, che gli aveva procurato una grande soddisfazione e lo aveva pienamente gratificato del gravoso impegno portato a compimento, un prezioso regalo che l’Arci ha voluto lasciare a Casola affinchè nella nostra comunità permanga la memoria delle proprie lontane origini e una più informata consapevolezza della propria identità.
Anche se la settimana precedente aveva superato un attacco di cuore, quella sera nulla, almeno in apparenza, lasciava presagire quello che doveva seguire da lì a poche ore.
'Vengo giù'.
Seguono gli attimi in cui cerchi di vestirti in fretta con il maglione che ti si aggroviglia in testa e non riesci ad infilare le maniche, poi l’affannosa ricerca delle scarpe.
E’ quasi mezzanotte e il telefono torna a squillare, è di nuovo Giovanna:
'Alessandro sei già partito?'
'No, sono per le scale'.
'Allora passa a prendere suor Angela, è già avvertita, ti aspetta sotto casa'.
Via dunque verso Faenza con suor Angela costernata che non riesce a trattenere le lacrime, ed infine l’arrivo al pronto soccorso. Don Giancarlo, ormai privo di vita, è su una barella vegliato dal nipote Massimo e da Giovanna.
44 anni di amicizia e di vita parrocchiale trascorsi a fianco a fianco si concludono così, bruscamente, ma stranamente, anche vedendolo esanime sul lettino, non provo angoscia, prevale in me un senso di malinconica serenità. Avevamo parlato diverse volte della morte l’Arci ed io e talvolta avevamo anche scherzato sull’argomento, d’altra parte con chi, se non con un prete, puoi parlare serenamente della morte. E don Giancarlo era un prete vero di quelli con cui, quando parli e discuti sulla vita, sai benissimo che ti riferisci ad una realtà i cui confini vanno ben oltre gli affanni di questa terra e le prospettive si allargano su quegli orizzonti luminosi, ancorché misteriosi, in cui al momento solo lo Spirito e la Fede riescono a penetrare. Basterà a questo proposito rileggere il suo testamento spirituale, reso noto dal Vescovo nell’omelia del rito funebre, e che pubblicheremo presto sia sul sito che sul prossimo numero de “Lo Spekkietto”.
Su don Giancarlo, su ciò che ha fatto ed ha rappresentato per la nostra comunità, su ciò che abbiamo fatto assieme, ho avuto l’occasione e il piacere di scrivere diverse volte (meno su ciò che ha rappresentato per me personalmente), ricordo in particolare l’occasione della sua nomina a Monsignore e quella della ricorrenza del suo 50° di sacerdozio. A quegli scritti, che in questi giorni vengono riproposti anche sul sito de “Lo Spekkietto”, rimando per il momento il lettore che avesse il desiderio di ripercorrere le memorie di una vita interamente dedicata alla propria parrocchia.
Per ora voglio ancora solo registrare la straordinaria partecipazione della popolazione, sia al rito funebre di sabato mattina 7 febbraio, concelebrato nella chiesa Parrocchiale da sua Ecc. Mons. Vescovo Tommaso Ghirelli, unitamente ad oltre quaranta sacerdoti della diocesi, sia al trasferimento ed alla tumulazione nel cimitero di Piancaldoli, nel pomeriggio dello stesso giorno. Ricordiamo che don Giancarlo aveva espresso il desiderio di essere sepolto assieme ai genitori nella tomba di famiglia nel paesino d’origine.
Raramente, forse solo in occasione del funerale di Don Elviro, mi è capitato di vedere tanta partecipazione, tanta gente in lacrime e visibilmente commossa quanto a questa celebrazione. D’altronde si deve pensare che solo i parrocchiani che hanno superato la cinquantina avevano sperimentato l’incontro con un parroco diverso.
Si chiude così un'epoca e se ne apre un’altra. In questi ultimi mesi un giovane sacerdote si è affacciato con discrezione alla ribalta della nostra parrocchia con funzione di sostegno all’attività pastorale svolta da don Giancarlo e ha raccolto subito il favore e la simpatia dei parrocchiani, soprattutto dei giovani. E’ un giovane sacerdote dal nome difficile ed un po’ misterioso (tant’è che un parrocchiano mi ha chiesto: 'Ma anche ai preti cambiano nome quando vengono ordinati?'), è don Euterio. Diciamo subito, senza mezzi termini, che ci pare la persona giusta per coprire il ruolo lasciato dal nostro Arci. E’ giovane e motivato. Finora, come era giusto, si è mosso con molto rispetto e discrezione ma ci pare possedere l’energia necessaria per ricoprire un ruolo di rilievo in un comparto diocesano dove purtroppo, come abbiamo potuto dolorosamente constatare in questi ultimissimi tempi, i sacerdoti anziani, pian piano, scompaiono e le forze restanti, nonostante la dedizione, l’amore e l’attaccamento alla propria missione, devono sempre più fare i conti con la dura realtà dell’età che avanza.
Credevamo che il nuovo arrivo potesse rappresentare, in questo triste frangente, una successione scontata. Purtroppo non pare essere tutto così scontato e la cosa francamente ci preoccupa.
Ci preoccupa anche il fatto che il periodo di interregno e di incertezza si prolunghi eccessivamente.
Si può capire che le fasi di avvicendamento possano richiedere, anche sul piano organizzativo, un po’ di tempo, ma è auspicabile che i parrocchiani vengano tranquillizzati sui tempi certi e soprattutto sulla natura dell’avvicendamento. Dicendo ciò, stanti anche le numerose testimonianze spontanee raccolte, so di interpretare e dare voce anche alle aspettative di gran parte della nostra comunità.
In questo passaggio sono sicuro che don Giancarlo, il nostro caro Arci, ci assisterà dai posti “altolocati” da dove ora ci osserva, così come ha sempre fatto tenacemente per le cose riguardanti la nostra parrocchia.
A proposito di posti altolocati, caro Arci, tutti noi Scouts sappiamo benissimo, come ci ricorda una nostra struggente canzone, che in realtà le stelle -quelle stelle che tu, da esperto e appassionato osservatore scrutavi nei cieli tersi delle chiare notti casolane - non sono altro che i fuochi di bivacco che i beati accendono nelle praterie celesti.
Arrivederci dunque presso la stella che sceglierai e fa’ che il fuoco non cessi mai di ardere presso la tua tenda. Un giorno, anche noi verremo a piantare la nostra tenda presso la tua e allora sarà un gran ricordare i tempi leggendari trascorsi assieme laggiù, quaggiù... (scegli tu quale vocabolo usare) in quel puntino azzurro, quasi invisibile nell’immensità dell’universo, che noi chiamiamo Terra.
Non importa che la stella che tu sceglierai sia “la più bella”, come noi cantiamo nella nostra canzone, basterà che sia vicino a nostro Signore.
Alessandro Righini