Da cosa iniziare? Chissà. Imperversa sulle strade d’Italia e nelle aule di scuola la protesta, l’Onda (che nome penoso) arriva o non arriva? sarà un maremoto, alta marea, onda anomala o uno spruzzo? Chissà. In questi giorni in cui sembra che il liberismo abbia i giorni contati e il socialismo lo abbiamo seppellito da un pezzo che cosa dovrebbero pensare i nostri ragazzi? Si rispolvera sempre il Sessantotto, quando la Fantasia doveva salire al Potere, quando i sogni volavano coi banchi scaraventati giù dalle finestre dell’università. Chissà. Sarebbe forse più logico rispolverare il Settantasette, non quello della compagnia brutta con le P38, ma quello rabbioso che urlava che non esisteva futuro? forse sì. Perché questa volta non si scende in piazza per conquistare qualcosa, non si occupa per rivoltare il sistema, non si scrivono striscioni speranzosi, questa volta si scende per conservare.


(La data di scadenza è imminente e allora Qualcuno sente il bisogno di togliere la muffa, con il sacrificio di quel buono che c’è ancora.)
I ragazzi mobiltano i propri corpi e i propri cervelli per preservare qualcosa, si corazzano per difendersi dalle coltellate che la Santa Trinità Gelmini-Tremonti-Brunetta lancia sul mondo della scuola, della ricerca, del pensiero. Sembra normale che così sia: in tempi di magra chi non è produttivo rimane a casa, chi non porta soldi direttamente alle casse dello stato deve soccombere. Produci, consuma e crepa. Cosa se ne può fare un governo di migliaia di persone che percepiscono uno stipendio mediocre, che spendono anni in laboratrori inadeguati? Niente!!! E allora meglio mandarli a fare altri mestieri, così non pesano sul groppone dello stato, non scassano più con l’aumento, non gli si deve rinnovare il contratto e magari vanno a risistemare il Sistema Inceppato.
L’Onda è la Forza Conservatrice perché ha intuito che lo scatafascio è alle porte, che questa volta il rischio è grosso, se ne sente già il fiato sul collo. E allora chissà se tra qualche decennio leggeremo su strampalati romanzi che un tempo esisteva una scuola pubblica?
Ma qualcuno se ne è accorto che la scuola è sempre l’ultimo baluardo contro la barbarie, contro l’ignoranza e l’arroganza dei governanti, che la scuola è il salvagente di tutte le società allo scatafascio? (Nemmeno il pelato di Predappio riuscì completamente nel piano di imbrigliare le menti degli scolari del Ventennio e migliaia di ragazzi, nati proprio nel Dupilce Decennio dell’Ignoranza avrebbero poi preso la via della montagna per ribellarsi finalmente!!)
La scuola non è serva di nessuno, non può essere schiava della Forbice brunettiana, non deve essere in balia del “non ho un minimo progetto educativo sulla scuola” gelminiano e non si intimorirà del “invieremo le forze dell’ordine per sgombrare le scuole occupate” berlusconiano.
Ma ritorniamo un passo indietro. Una canzone densa di disillusione e di malinconica arrendevolezza recita “che cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero?” dove lo zero ha un significato in più del semplice riferimento cronologico, è il senso di vuoto, è la speranza spenta, è la rasseganzione dei volti.
Si è passati per assurdo da un mondo stabile e sicuro in cui si invocava la mobilità, come segno dello stare al passo col mondo veloce, ad un altrettanto repentino passo indietro e la voglia di avere qualche punto di riferimento fermo.
E allora dopotutto mi piace vedere questi ragazzi che acquistano consapevolezza, che si risvegliano dal torpore in cui sembravano caduti, che vanno in piazza ad ascoltare le lezioni, che dimostrano che non saranno i prossimi fannulloni, che si informano e domandano, navigano su internet, leggono i decreti e usano la fantasia e l’entusiasmo della loro età.
Peccato che in giro ci siano ancora quei candidati all’assemblea di istituto che propongono “noi siamo contro la protesta perché altrimenti non andremo in gita”, come se un briciolo di futuro si potesse barattare con la visita al Museo delle Zanzare di Comacchio.
(L’articolo è stato completato martedì 28 ottobre. Il giorno successivo il Senato della Repubblica ha approvato il decreto. Comunque vada a finire, spero che il senso rimanga lo stesso)

Riccardo Albonetti
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