Dopo una partenza alquanto silenziosa del ministro Gelmini , negli ultimi tempi abbiamo assistito alla proposta o ratifica di provvedimenti legislativi volti a cambiare radicalmente la struttura del sistema scolastico italiano.
Eventualità alquanto reale considerato che l’attuale governo gode di una maggioranza tale da potersi permettere in Parlamento il bello e il cattivo tempo.
L’inserimento a sorpresa del “ maestro unico “ nel decreto legge del 28 agosto è stato definito un colpo di mano , in effetti ne ha tutti i requisiti.

Ma il vero colpo di mano , sostanziale, sta nell’aver deciso una questione di questa portata con un decreto –legge , in poche righe viene travolto l’ordinamento , il modo di essere di un intero settore scolastico fondamentale, considerato fra i più efficienti anche a livello europeo.
In questo modo si è riusciti a eludere confronto, discussione e un vero esame parlamentare.
La ministra Gelmini si è abbandonata a dichiarazioni perentorie : “ La scelta dei tre maestri alle elementari non ha avuto nessuna motivazione educazionale e pedagogica. E’ stata fatta per aumentare il numero degli insegnanti” La riforma del 90 fu il risultato di un lungo e approfondito dibattito,non soltanto politico e parlamentare ma anche della cultura, anzitutto tra i pedagogisti , del mondo della scuola, tra le associazioni di docenti e nel sindacato.
La ragione della riforma del 90 è stata la consapevolezza del grande ampliamento dell’ambito dei saperi che la scuola elementare era chiamata a impartire ai bambini verso il duemila.
Bambini che giungono alla scuola elementare con numerosi elementi di conoscenza acquisiti dalla TV e dai computer e dagli insegnamenti della scuola materna, bambini chiamati ad affrontare la realtà del loro futuro con il bisogno di padroneggiare conoscenze e strumenti molto più articolati di quanto si proponeva ai bambini di decenni addietro: la scuola elementare non è più soltanto insegnare a leggere e scrivere , a far di conto, un po’ di geografia e storia. L’ampiezza di contenuti che la scuola primaria deve trasmettere e il loro adeguato approfondimento non possono essere affidati a un solo insegnante se non tagliando contenuti o riducendo alla superficialità il loro insegnamento.
Oggi alle elementari si insegna non soltanto italiano, storia, geografia e matematica, ma anche inglese, musica, tecnologia , arte e immagine, scienze, educazione fisica, si realizzano laboratori di teatro, di cinema, di capacità di uso dei materiali. Tutto questo è necessario per i bambini di oggi , come si può pensare che tutto questo venga svolto da un solo insegnante se non con superficiale approssimazione?
La scelta che il governo opera è brutale : l’orario di insegnamento della scuola elementare si contrae, a 24 ore : il tempo che la scuola italiana dedica ai bambini perde molte ore a settimana, trenta ore al mese in meno, non esiste più la parola TEMPO PIENO.
Le famiglie saranno in difficoltà e l’insegnamento impartito ai bambini perderà segmenti importanti di contenuto e scenderà di qualità.
La vera ragione del ritorno al “ maestro unico” è chiarita dalla stessa formulazione della norma del decreto – legge , il risparmio di bilancio, tagliando decine di migliaia di posti di insegnante. Tagliare le spese è bene ma soltanto se l’effetto è il miglioramento del servizio . In questo caso è il contrario: il risultato è una brusca e repentina contrazione della qualità del servizio scolastico primario.
E’ davvero un grave passo indietro ed è un peccato contro il Paese e il suo futuro : la nostra scuola elementare è definita dagli istituti di valutazione internazionali tra le migliori del mondo.
Non si dica , che il bambino è più rassicurato se a scuola incontra una sola figura: bambini abituati a una vita di interrelazioni intensa , in famiglia si rapportano con più interlocutori che possono essere genitori , fratelli se ve ne sono, i nonni, pertanto sono abituati a più figure di riferimento .

Questo per somme linee è il quadro a dir poco preoccupante della situazione
Le novità operative o in cantiere che stanno venendo avanti, sono così tante e sostanziali da mettere in discussione il diritto allo studio e l’attuale modello della scuola pubblica.

Stefania Monducci
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