Scrivo nel giorno del Lunedì di Pasqua, giorno dedicato alla memoria dei missionari martiri, e che quest’anno coincide con l’anniversario della morte di Mons. Romero, ucciso in chiesa da un killer degli squadroni della morte in Sud America .
Scrivo per ricordare un fenomeno che, chissà perché, è presente solo sporadicamente “en passant” nella distratta memoria dell’uomo moderno occidentale globalizzato, così pronto ad accendersi, giustamente, di sdegno ed a manifestare per tante violazioni dei diritti di alcune categorie di persone o di popoli, e dimentico invece di quelle che colpiscono altre , magari anche assai più duramente e spesso più silenziosamente.
Scrivo per ricordare un fenomeno che, chissà perché, è presente solo sporadicamente “en passant” nella distratta memoria dell’uomo moderno occidentale globalizzato, così pronto ad accendersi, giustamente, di sdegno ed a manifestare per tante violazioni dei diritti di alcune categorie di persone o di popoli, e dimentico invece di quelle che colpiscono altre , magari anche assai più duramente e spesso più silenziosamente.
Mi riferisco, ad esempio, alla persecuzione che intere comunità di Cristiani, ed in particolare di Cristiani Cattolici, subiscono in diverse parti del mondo, in particolare in quelle nazioni in cui impera ancora il modello statalista del comunismo materialista dittatoriale o pseudo tale, come la Cina (nella quale, proprio in questi giorni è emersa con particolare evidenza e risonanza la persecuzione nei confronti di un’altra comunità religiosa e nazionale, quella dei buddisti tibetani) e soprattutto in buona parte del mondo Islamico dove i cristiani, spesso, rischiano pene pesanti e ritorsioni varie, quando non la morte, se manifestano liberamente la propria fede.
Ma mi riferisco anche a quei missionari, apostoli di fede, pace e giustizia sociale, che operano sulle frontiere delle comunità diseredate ed emarginate in nazioni cosiddette cristiane e cattoliche, quali quelle del Sud America, come appunto Mons. Romero, che spesso pagano con la vita il loro impegno a fianco ed a sostegno degli ultimi.
Ne abbiamo un esempio anche assai più vicino, in don Commissari , sacerdote della nostra diocesi, andato missionario in Brasile, nelle favelas, ucciso, a causa del suo impegno e del suo zelo a favore degli ultimi, in un agguato tesogli dai bravi di una delle tante squadre di delinquenti che controllano il potere in quelle realtà disastrate e che si oppongono alla emancipazione ed all’affrancamento di quelle popolazioni.
Noi, quando parliamo di martiri cristiani, siamo soliti andare con la memoria alle prime comunità cristiane della Chiesa nascente ed alle vittime delle sanguinose persecuzioni dei vari imperatori romani, quindi a situazioni ed eventi accaduti diversi secoli fa, e magari non sappiamo che il maggior numero di morti e di perseguitati per la loro fede, nelle varie situazioni storiche e nazionali, si è registrato nel secolo scorso, il XX secolo appena trascorso, e che ancora adesso continuano in modo significativo a verificarsi in varie parti del mondo.
Per fornire un esempio che credo sia assai poco conosciuto e considerato, ma che mi pare molto significativo, riprendo e riporto un breve articolo di Battista Galvagno, pubblicato sul foglio “La Domenica” del giorno di Pasqua.
L’articolo mette in luce una delle tante piaghe e dei tanti disastri che ha prodotto quella disgraziatissima ed infausta guerra voluta da Busch nel 2003, guerra contro la quale anche a Casola, a suo tempo, come certamente ricorderete, si mobilitarono le varie componenti sociali e politiche, unitariamente, per manifestare il profondo dissenso della nostra comunità verso l’improvvida e funesta iniziativa voluta ad ogni costo dal presidente americano.
“ Erano un milione e mezzo prima della guerra scatenata da Busch nel 2003, oggi i cristiani iracheni sono circa 25 mila! Tra i frutti meno noti c’è una feroce liquidazione dei diritti religiosi e civili dei cristiani. Noi vogliamo ricordare questa tragedia nella gornata dei martiri, celebrando la morte di Mons. Romero (24 marzo 1980).
Dopo la caduta del regime, la mancanza di sicurezza è diventata la croce quotidiana di tutti gli iracheni. I più deboli sono le prime vittime. Tra questi i cristiani, che non possono far leva su solidarietà di tipo etnico-religioso. Le violenze vanno dall’ingiunzione di abbandonare la propria casa al pagamento di somme di denaro, dalla chiusura di negozi e chiese, all’accusa di essere collaborazionisti o infedeli.
Poi ripetuti rapimenti di sacerdoti con richiesta di forti riscatti o assassini veri e propri.
Poche voci si sono levate per denunciare. Significativa l’iniziativa di Magdi Allam, giornalista ed intellettuale mussulmano, ( residente in Italia, recentemente convertitosi al cristianesimo e fattosi battezzare, per questo minacciato di morte dai fondamentalisti islamici, vive sotto scorta. n.d.r.) che ha ricordato come la libertà religiosa di tutti dovrebbe essere, secondo una interpretazione corretta del Corano, uno dei valori dell’Islam (5 Luglio 2007).
Il vescovo ausiliare di Baghdad ha dichiarato che “ La cristianità sta dormendo davanti a questa situazione….Dopo l’assassinio di Padre Raghiid Ganni e dei tre suddiaconi di Mosul (3 giugno ) chi ha alzato la voce?”
Dopo gli attentati dell’Epifania a Bagdad e a Mosul, il 2 gennaio sono state colpite due chiese in Kurdistan.”
Tutto ciò e tutte le notizie simili che spesso vengono pubblicate quasi in sordina ed a cui viene dato scarso risalto sui mezzi di pubblica informazione, dovrebbero farci riflettere sul nostro essere cristiani e sul valore e la necessità di pervenire ad una nuova e più convinta testimonianza della nostra fede, non per riesumare vecchi steccati o per innalzarne dei nuovi, ma per acquisire una più lucida, forte e coraggiosa consapevolezza dei valori della nostra fede, che sono valori di libertà, di rispetto, di fratellanza, ma che non significano acquiescenza timida e imbelle all’aria che tira, bensì esigono, come i martiri antichi e recenti insegnano, l’impegno ad una più energica e decisa proclamazione di verità sull’uomo, sulla vita e la necessità di opporsi alle prevaricazioni, alle mistificazioni, alle oppressioni, alle storture ed alle alienazioni che il mondo ci propina, senza cedere all’accidia del “lasciare correre” alla quale, giorno per giorno, siamo tentati di adeguarci, supinamente, per inedia o per amore di quieto vivere.
Alessandro Righini