Non ho certo scritto quattro pagine, con toni a volte anche duri, e fatto le quattro di notte per non aspettarmi nessuna reazione. Dunque benvenuti i commenti e le risposte anche vivaci che stanno arrivando a Lo Spekkietto in seguito alla pubblicazione del mio intervento sui fatti dell’Università della Sapienza.
Detto questo però ritengo che un dibattito, per avere uno sbocco razionale ed una funzione pedagogica costruttiva, debba seguire un filo logico e il filo logico fondamentale, secondo me, è che la discussione si svolga, anche nei dettagli, sulla base di quanto viene effettivamente detto o scritto.

Allora, tanto per essere precisi, amico Libertario, io non ho detto o affermato, che la Chiesa Italiana ed i suoi esponenti non abbiano spazi mediatici sufficienti (d’altra parte i media concedono spazi agli eventi in modo proporzionale alle previsioni di ascolto) o siano regolarmente soggetti ad ostracismo. Io ho polemizzato e condannato solo l’atteggiamento di un filone di pensiero che per principio (non si sa bene quale e su quale base) vorrebbe, che i cattolici, la Chiesa Cattolica ed i suoi esponenti non si esprimessero e non entrassero nel merito su determinati argomenti. E’ l’atteggiamento di questo filone di pensiero che io ho criticato.
Inoltre, poiché nel caso dell’episodio dell’Università La Sapienza, esponenti qualificati, ma mi chiedo quanto, della cosiddetta cultura scientifica, stante anche il contesto di prestigio e di visibilità dell’evento, sono incorsi in un fallo clamoroso ( basta leggere l’ampio intervento critico del premio Nobel per la fisica prof. Rubbia, sull’Avvenire per rendersene conto) ho polemizzato con le affermazioni fatte da uno dei promotori di quella gaffe sul tipo di cultura espressa, a suo parere, dal Cristianesimo e rappresentata in questo caso al massimo livello.
Infine, in chiusura, mi è venuto naturale associare questo episodio ad altri che ci riguardano e che in alcuni casi stanno facendo il giro del mondo, per esprimere un certo mio sgomento di fronte alla deriva di certi settori vitali ed importanti e di certe regioni della nostra nazione.
Quanto sopra per essere precisi e per mantenere la discussione nei giusti binari.

Ora però vorrei anche entrare nel merito di paio di affermazioni fatte dai miei interlocutori che mi sembrano particolarmente bisognose di approfondimento critico, viste le distorsioni di fondo che a mio avviso contengono e che magari non appaiono subito in maniera così palese ed evidente, come sarebbe invece auspicabile, per poterle valutare nella loro esatta portata.
Sulla eticità e sulla laicità
Entrando allora nel merito mi chiedo, carissimo Markav:- Ma perchè i cattolici italiani ed i loro rappresentanti non dovrebbero poter dialogare e dibattere con i loro politici? Le leggi non sono forse ordinamenti che riguardano da vicino tutta la comunità nazionale e che influiscono ed interferiscono sulla vita quotidiana di tutti i cittadini? Sono forse i cattolici ed i loro rappresentanti cittadini di serie B? Cercano forse i cattolici ed i loro rappresentanti, di far valere i propri principi con la forza? Obbligano qualcuno a seguire i loro principi con la forza? No! Semplicemente esprimono il loro punto di vista su cose che riguardano da vicino tutta la comunità ed i principi etici di civiltà e di umanità su cui la società si regge. Sì ! Perchè una società, caro Markav, qualunque cosa ne possa pensare l’amico Libertario, propugnatore dello stato “etico e non laico”, si regge su dei principi, ed i principi etici, fra questi, sono quelli fondamentali e le leggi non sono altro che l’estrinsecazione e la messa in pratica di principi etici. Non è una società quella in cui ognuno fa quello che vuole come gli pare a seconda del proprio estro o tornaconto. Non sono forse principi etici quelli che ci dicono di non uccidere il nostro prossimo, o di non rubare, o di non prevaricare e di non sfruttare, o di pagare le tasse perchè questo va a vantaggio del bene comune e che di conseguenza orientano la legislazione del nostro stato, di tutti gli stati? Si tratta ovviamente di sceglierli questi principi e qui il dibattito è aperto, ma allora perchè, proprio i cattolici, dovrebbero starsene zitti? Per seguire zitti, zitti e la coda fra le gambe, le farneticazioni di Panella?
Cosa significa che “ i vescovi e Ratzy vanno in Francia o Spagna a parlare e predicare ma solo in Italia si permettono di dire ai politici come legiferare”? Cosa fanno in Italia se non parlare o predicare? Credi forse che i vescovi e Ratzy ed i cattolici dei paesi sopra ricordati se ne stiano zitti quando i loro politici legiferano su argomenti sensibili sul piano del rispetto dei valori umani?
E’ questo che vuole lo stato, cosiddetto laico? Che cioè su queste cose una parte dei suoi cittadini se ne stia zitta e buona e lasci fare a chi se ne intende (staremmo freschi visto con chi spesso abbiamo a che fare)?
Sulla libertà della donna e sulla vita
Le altre affermazioni, su cui vorrei soffermarmi, sono quelle che rivendicano l’unica , totale e “sola” competenza della donna sul tema aborto ( Libertario, Barza, Raga, ). Premesso che questo è un principio che non è affatto sancito, anzi contraddetto, dalle stesse disposizioni della legge 194, che prevede nei suoi ordinamenti, almeno in teoria, anche se poi nella pratica e nella sostanza questi vengono spesso disattesi, che la donna, prima di decidere di abortire, debba compiere un percorso di seria riflessione e soprattutto, che per giustificare l’aborto, debbano sussistere seri e gravi motivi, certificati da operatori sanitari e sociali, che pregiudicano la sua salute fisica e mentale, tutto ciò premesso, dicevo, queste affermazioni mi pare che denuncino proprio nella parola “sola” il loro aspetto più debole e criticabile.
Spesso, anzi spessissimo, anzi quasi sempre, una donna che decide di abortire lo fa perchè, di fronte ad una situazione difficile, si sente in qualche modo lasciata sola o non sufficientemente supportata ed aiutata, ne’ dalla società, ne’ da chi le sta intorno, spesso neanche dallo stesso marito o compagno, spesso neanche dagli stessi genitori o parenti, spesso, diciamolo pure, neanche dall’educazione a certi principi, a sopportare un impegno pesante od un frangente critico. E’ comodo, molto comodo fare i magnanimi e dire alla donna :- Mia cara sei solo tu che devi decidere, tu sola sei la responsabile – e poi lasciarla sola in questi drammatici frangenti. Chi ha avuto esperienze in questo campo, ed anch’io qualcuna ho potuto, per fortuna, constatarla di persona, sa che a volte, spessissimo, basta un niente, basta un minimo di supporto, di aiuto e di comprensione, per far decidere ad una donna di non commettere un gesto di cui poi si pentirà per tutta la vita.
Ma infine c’è un aspetto ancora più grave insito nella parola “sola” ed è che questa sottolinea perfettamente una gravissima distorsione di pensiero ed una negazione della realtà, questa parola di fatto cancella totalmente la realtà del figlio e dei suoi diritti. Il nascituro in sostanza, secondo questo principio diventa un “non essere” lasciato completamente alla mercè dell’arbitrio di un terzo, sia pura la sua mamma. Caro Barza, hai mai visto l’ecografia di un feto di tre mesi? E tu parli di scienza come assolutismo materiale su cui edificare i diritti? Di quale scienza parli? Tu parli addirittura di un processo che dalla fecondazione alla nascita, quindi, se le parole hanno un senso, fin’anche al nono mese, avviene dentro il corpo della donna, lasciando intendere, se ha un senso la logica su cui si basa il pensiero scientifico, che dunque la disponibilità della donna sul corpo del figlio dovrebbe valere fino a che questo non esca dalla vagina. Ma da quando in qua il diritto sulla vita di un terzo, sia pure il proprio figlio, rientra nell’ambito dei diritti privati di una persona? Ma ti rendi conto di cosa dici? Visto che sei un ragazzo intelligente, tu e gli altri interlocutori che in parte conosco, avendoli avuti, come te, nei miei corsi di catechismo (ma che cosa vi ho insegnato? Altro che a piedi a Santiago devo andare ‘st’altra volta per purgare i miei peccati e le mie incapacità).
“Inqualificante e moralmente vile”, cari amici, è chiudere gli occhi di fronte a queste realtà e lavarsene le mani dicendo “sono questioni di donne.
Mai e poi mai il nascituro “è parte” del corpo della donna, egli “è” nella donna, e lo è come un individuo a se stante. La sua vita dipende dalla donna, così come nei primissimi anni della sua vita dipende dai genitori o comunque da altri che hanno il compito di accudirlo, questo fatto conferisce per caso agli altri il diritto di decidere per la sua vita o la sua morte? Cos’è questo, il diritto della giungla?
Noi abbiamo un solo diritto-dovere salvaguardare la vita, sempre, specie quella di un innocente.
La natura ha affidato alla donna un grande ed altissimo compito, quello di conservare e presiedere alla formazione della vita, fin nei primissimi istanti. La donna deve avere coscienza di questo suo altissimo compito e per questo deve essere al centro delle nostre attenzioni, del nostro rispetto, del nostro sostegno. La donna deve essere aiutata è sostenuta anche nella comprensione del valore di questa sua grande missione e di come, tradendola, tradirebbe anche l’essenza della sua stessa natura ed incorrerebbe in una sua (della natura) perversione, allo stesso modo in cui l’uomo, in generale, avendo avuto in custodia la Terra, tradirebbe la sua stessa natura e la sua missione se questa Terra la distruggesse.
Io, e l’ho detto anche nelle altre occasioni in cui ho discusso questo argomento, non mi permetto e non mi permetterò mai di giudicare una donna che abortisce, così come non mi permetto di giudicare in generale ed in se le persone in qualsiasi altro frangente, non spetta a me, grazie a Dio questo compito. Io però, come ogni altro uomo, ho, non il diritto, ma il dovere di giudicare i fatti ed adoperarmi perchè questi si conformino e si indirizzino verso il retto pensiero. Se non lo facessi, questo sì sarebbe “inqualificante e moralmente vile”.
Sulle figure barbine
Infine sempre sugli strascichi della vicenda dell’Università “ La Sapienza” mi si permetta un’altra ed ultima notazione che per fortuna serve, per come si stanno delineando alcune reazioni, a sfumare un po’ i toni della discussione e a far infine sorridere, come succede un po’, anche se involontariamente ed impropriamente, quando per caso si assiste ad una scenetta in cui il protagonista maldestro scivola su di una buccia di una banana e cade con il sedere per terra. Non è vero che la prima reazione istintiva, specie se si avverte subito che lo sventurato non si è poi fatto troppo male, è quella del riso? Bene, qualcosa del genere sta accadendo anche in questa vicenda.
E’ accaduto infatti che i contestatori sono stati completamente spiazzati dalla decisione del Papa che, visto il clima che stava montando, ha deciso di non andare a provocare inutili turbamenti alla cerimonia di apertura dell’anno accademico e di non creare troppi imbarazzi a quel senato accademico che lo aveva liberamente invitato.
Lo volevano prendere a pesci in faccia, gli intrepidi difensori della laicità della patria, ed il Papa li ha privati (quel “pavido ed antipatico cattivone”, indegno dei martiri che lo hanno preceduto) di questa soddisfazione.
Anzi tutta la vicenda si è trasformata in un boomerang mediatico mondiale negativo per i contestatori che così, andati per gabbare, se ne sono dovuto tornare gabbati e scornati. Sono finiti, per dirla in breve,con il culo per terra. Ed ora hanno anche il coraggio di lamentarsi.
A me scappa un po’ da ridere e a voi?
Infine sulle locuzioni
Ultimissima per Andrea. Hai ragione “laida” è un po’ forzata come significato ma poi non tanto se si considera che le estensioni, un po’ manipolate, sono normali nell’uso e nel gioco della lingua: Basti considerare, tanto per restare in tema, a cosa è diventata, da quello che originariamente significava, la parola “laico” (cfr lo “Zingarelli” dal momento che l’hai a portata di mano). In ogni caso mi serviva a meraviglia per l’assonanza e la rima e si sa che licenze poetiche ( o prosaiche) sono ampiamente ammesse e giustificate, quando servono.
Sempre con tanta amicizia e simpatia per tutti.

Alessandro Righini
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