La classe politica e le scelte mancate, la cattiva gestione della cosa pubblica, i costi, la demagogia e qualche proposta fra le righe, nei pensieri inquieti di un cittadino qualunque.
Qualche anno fa Gino Paoli cantava: “Eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo…”. I politici attuali, sia le new entry, sia le vecchie glorie di un passato non sempre limpido, ricordano tanto quei quattro amici che però, tra un bicchier di wisky ed un caffé, si sono dimenticati di cambiare il mondo. O anche solo di provarci. Qualunquismo? Disfattismo? Catastrofismo? Di questi tempi ognuno ha il proprio “ismo” per bollare le altrui opinioni, ma non è forse vero che, leggendo i sempre meno indipendenti giornali o ascoltando i telegiornali (e qui è anche peggio), l’impressione che se ne ricava è quella che con questa gente non andremo da nessuna parte?
Ok, stiamo generalizzando, qualche personaggio in entrambi gli schieramenti lo possiamo salvare, in effetti c’è qualcuno che giorno per giorno lavora sodo per guadagnarsi la poltrona che ha conquistato. Ma che può fare qualche buon volenteroso contro lo squallore più totale? Da una parte c’è un centrosinistra prigioniero dei propri, risicati numeri, bloccato da una sinistra estrema che come al solito, essendo dotata di scarsa lungimiranza, guarda al presente cercando di tutelare i propri disorientati elettori, senza pensare ai gravi danni che oramai da tempo arreca al Paese in termini di economia, riforme previdenziali, politica energetica ed altro ancora. Dall’altra abbiamo una coalizione di centrodestra capeggiata da un Cavaliere che di cavalleresco ha ben poco, preso com’è dal suo personaggio supervincente ed infallibile. Un uomo convinto di essere un semidio, che se vince è perché è il più bravo, se perde sono gli altri che hanno imbrogliato. Se poi gli capita di avere una buona tornata elettorale alle amministrative (cosa che da qualche anno succede di regola a chi sta all’opposizione) corre a piagnucolare da papà Napolitano insieme ai suoi compagni di gioco, lamentandosi che gli altri bambini sono cattivi e non gli lasciano fare ciò che vuole. E quindi dovrebbero togliersi di mezzo. Siamo all’assurdo che più assurdo non si può.Questo nostro sproloquio di bassa “analisi” politica potrà sembrare pure esagerato nella sua superficialità, ma alzi la mano chi non ha pensato almeno una volta negli ultimi tempi che qui si sta sfiorando il ridicolo. In un tale contesto, il risultato è che si finisce per azzuffarsi su tutto ciò che ha importanza secondaria, dai DICO, alle intercettazioni, per finire al can can che si è fatto per un senatore che si finge ammalato per farsi trasportare velocemente da un’ambulanza attraverso Roma… Chissenefrega! Chi affronta i veri problemi che bloccano l’Italia? Temi quali risanamento economico, seria politica energetica e ambientale, riforma previdenziale, istruzione, famiglia e liberalizzazioni vengono approcciati coi guanti di velluto quando invece servirebbe un maglio d’acciaio. Fare riforme in questi campi significherebbe ottenere un rating più alto a livello europeo. Ed essere promossi in Europa, alla lunga, porterà sempre più ad essere promossi anche dall’elettorato nazionale. Ma questo nessuno sembra crederlo, dato che continuiamo a guardare solo fino alla punta dei nostri piccoli piedi. Eppure il fallimento totale delle risibili contro-manifestazioni (vedi ad esempio quella contro il family-day, ma non solo quella) dovrebbero insegnare qualcosa, se non altro che agli elettori non interessano più i finti problemi che invece sembrano tanto infiammare i sempre più ridicoli demagoghi di palazzo.
La gente comincia ad essere stanca di tutto ciò che viene percepito come falso, inutile, strumentale ed è in quest’ottica che si colloca il prepotente ritorno all’attualità del tema dei costi della politica. E non potrebbe essere diversamente, se è vero che il peso degli organi costituzionali sulle casse pubbliche è cresciuto del 36% negli ultimi cinque anni a fronte di un incremento del 13 % dell’inflazione (dati ISTAT). Si tratta di 343 milioni di euro in più! Se l’attuale classe politica fosse capace di prendere vere decisioni, se avesse la lungimiranza e la forza di assumersi la responsabilità di fare scelte a medio-lungo termine, nessuno avrebbe niente da ridire. Ma non succede niente di tutto questo. E invece le spese correnti di Camera e Senato sono cresciute nell’ultimo lustro rispettivamente di 124 e 147 milioni di Euro, i rimborsi spese a Montecitorio sono cresciuti del 9,5% oltre l’inflazione e, udite udite, i vitalizi per gli ex deputati ci costano 35 milioni di euro in più delle indennità dei parlamentari in carica (127 milioni contro 92)! I dati ci sono, fioccano da tutte le parti, basta cercarli, magari sorseggiando una camomilla per non agitarsi troppo.
Anche la politica locale ha un peso specifico di tutto rispetto: anche se sono previsti tagli considerevoli per un futuro non ben precisato, ad oggi ci costa circa 750 milioni all’anno (ovviamente parliamo sempre di euro) e conta 195 mila cariche tra consiglieri, assessori e Giunte comunali, provinciali e di Comunità montane. Nel nostro ambito locale, che comunque non rappresenta certo una situazione tra le peggiori, basta considerare la Comunità Montana dell’Appennino faentino per chiedersi lecitamente se sia giustificabile una giunta composta da ben otto membri (sei assessori) a fronte di una decina di impiegati che effettivamente svolgono il loro lavoro di tecnici. Non è una critica alle persone, ma un’osservazione obiettiva di una situazione che probabilmente non può durare a lungo. Per la cronaca, la nostra non è neppure una comunità montana al 100%: l’intera popolazione del comune di Riolo Terme e metà di quello di Brisighella viene considerata extra-montana, per quel che può voler dire. Gli unici veri “montanari” siamo solo noi casolani, ma dei lauti contributi ne beneficiano tutti.
In generale, proprio le Comunità Montane, pur essendo solo un pezzetto della grande torta, possono essere prese ad esempio per mettere in evidenza come una certa politica ingorda, cerchi sempre più di alimentare se stessa piuttosto che cercare il bene comune. I casi eclatanti delle comunità montane “pianeggianti”, situate in zone dove l’altitudine massima non raggiunge i 150 metri s.l.m. (ce ne sono varie, sparse in giro per la montuosa Italia), devono far riflettere sulla condizione di bulimia di un sistema politico suicida, che danneggia le persone che si dedicano con passione alla politica in modo serio e pulito e che sottrae risorse alle zone che realmente necessitano di aiuto.
I giochi di equilibrio tra le coalizioni portano a distribuire le varie cariche in base alle appartenenze partitiche piuttosto che alle effettive competenze e tali cariche sono indennizzate con soldi pubblici. La competenza va retribuita ed è giusto e necessario compensare chi si occupa attivamente della cosa pubblica, ma cosa fare quando l’incompetenza, l’assenteismo o la scarsa produttività sono manifesti? Questo è il vero problema: gli accordi e i giochini tra i partiti fanno sì che manchi un sistema competitivo che spinga le persone a concorrere per migliorare la propria posizione e quella dell’ente che rappresentano. Resta solo la buona volontà del singolo, che non in tutti i casi è sufficiente. Tanto per fare un esempio esasperatamente banale, ma non campato in aria: quando si costruisce un’opera civile e a una settimana dal termine dei lavori la si deve ricostruire per almeno la metà, di chi è la responsabilità? E chi paga? Certo, il PIL è cresciuto, ma in realtà solo perché lo stesso lavoro è stato fatto due volte. Alla fine il cittadino onesto che si trova ad osservare simili manifestazioni di incompetenza, si scopre a pensare che probabilmente non tutte le tasse che paga sono spese come si dovrebbe. A proposito, che dire delle tasse? Dato per scontato che si devono pagare, il sistema tributario dovrebbe essere strutturato in maniera tale che un’imposta possa essere considerata non solo un onere, ma anche un investimento. Vale a dire: io pago una certa cifra e ricevo tutta una serie di servizi e tutele per me e la mia famiglia. Utopia? Per ora sì, ma solo perché siamo pieni di furbetti. E di demagoghi. In Campania, ad esempio, la gente si sta facendo seppellire dall’immondizia, eppure c’è chi ancora si ostina ad opporsi ai termovalorizzatori per via delle loro emissioni (che per la verità sono limitate). Ma questa è storia vecchia (successe pure col nucleare) che purtroppo continuerà a ripetersi almeno fino a quando, come disse un amico: “…Un matto non si alzerà una mattina e deciderà di far piazza pulita di tutto il marciume”. Speriamo, aggiungiamo noi, che ciò accada prima che l’Italia diventi un Paese di serie “C”.
Queste non sono che semplici considerazioni di un cittadino inquieto, piccoli esempi, che però possono essere illuminanti per capire, almeno in parte, un quadro molto più ampio e complesso che va affrontato con una decisione e una fermezza che per ora non vediamo da nessuna parte. Ci sono alcune buone idee, ma attualmente non sempre percorribili a causa dell’ostracismo di formazioni politiche che esercitano un peso eccessivo rispetto alle loro reali dimensioni all’interno di entrambi i poli. Forse basterebbe una buona riforma elettorale per risolvere gran parte dei problemi che affliggono il nostro caro, vecchio Paese.
Lorenzo Righini