UNIONE DEI COMUNI ALLARGATA?
SARA’ BENE RIFLETTERCI SU, ATTENTAMENTE
Leggo su certa stampa con una certa perplessità, per non dire altro, di possibili aperture all’idea di una futura Unione dei Comuni allargata a tutto il comprensorio faentino.
Vengono addotte, pare sia da maggioranza che da minoranza, ragioni di opportunità di gestione comune di certi servizi, compresi quelli sociali e sanitari.
Non ho niente da obiettare contro la ricerca di utili sinergie fra enti se ciò vuol dire coordinamento delle azioni, messa in comune delle proprie specificità, acquisto unitario di servizi, sostegno vicendevole, condivisione.
Ma in genere le “Unioni” a cui ci riferiamo non significano solo queste cose.

Quasi sempre significano anche unificazione dei poteri decisionali, accentramenti, deleghe, e spesso tutte queste ultime cose sono fatte e regolate sul principio di proporzionalità, misurato sul “peso” delle varie comunità, a partire dal peso demografico e conseguentemente economico.
Esiste già, come tutti sappiamo, una unione dei comuni che comprende Casola, Riolo e Brisighella e questa mi può stare anche bene, visto che i pesi dei vari comuni, per essendo difformi, sono comunque fra loro paragonabili. Potrei accettare al limite anche l’inserimento di un comune come quello di Castelbolognese, visto che in altri campi, una unione aziendale fra i quattro comuni summenzionati è già stata attuata, ma se dovessimo includere in questa unione anche il comune di Faenza, mi sapete dire dove va a finire l’equilibrio della proporzionalità?
Che peso politico, amministrativo, economico può esercitare un comune di 2.800 abitanti scarsi rispetto ad uno che ne enumera circa 60.000.
Una unione di questo tipo mi pare che più che una messa in comune di interessi finisca piuttosto ed inevitabilmente con il trasformarsi, in breve, nell’annessione o nell’inglobamento di una comunità periferica e fortemente minoritaria da parte di una comunità dominante.
Sappiamo che la politica, soprattutto nelle realtà locali, si esprime essenzialmente nella capacità, nella possibilità e nel potere di gestione di servizi alla propria comunità. Che autonomia politica ed amministrativa potrebbe mantenere la nostra piccola comunità in una gestione fortemente accentrata dei servizi, inevitabilmente condizionata dal peso dei comuni dominanti e, nel nostro caso, soprattutto dal peso decisamente sproporzionato che si vedrebbe assegnato di uno di questi comuni?
Sarei molto curioso di conoscere i dettagli delle condizioni di rappresentanza che il regolamento della ipotetica Unione dei Comuni allargata adotterebbe.
E’ campanilismo questo? Non mi pare, credo sia soprattutto analisi critica e coraggio di esplicitare e chiamare le cose, così come realisticamente si profilano.
Si obbietta che tutta una serie di servizi sociali e sanitari sono già gestiti in maniera associata, tramite il distretto, infatti non sono poche le preoccupazioni e gli interrogativi che questo tipo di gestione pone alle piccole realtà come le nostre.
Anche perchè, è bene sottolinearlo, non sono poche le perplessità che molti di noi nutrono sulla sensibilità, l’attenzione e la capacità di comprensione dei problemi locali che l’aspirante comune dominante di una futura Unione dei Comuni allargata manifesta e ha manifestato storicamente nei confronti della nostra vallata.
Non vorrei mischiare fra loro cose diverse, perchè con i dati di cui sono in possesso non sono ancora in grado di fare comparazioni pertinenti, eppure mi pare che una certa affinità esista, pertanto vorrei fare osservare che, quando si è trattato di fare simili scelte a proposito dell’ASP, la nostra comunità e quelle dei comuni circumvicini si sono opposte fieramente all’inglobamento delle loro IPAB in una unica ASP distrettuale ed hanno optato per la costituzione di una ASP distinta da quella di Faenza e ciò non certamente per motivi di gretto campanilismo, ma per le motivate, realistiche e disincantate ragioni sopra espresse.
A proposito, che fine farebbe la nostra ASP in una prospettiva di Unione dei Comuni allargata?
Alessandro Righini
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