La storia del ponte di Casola è molto antica e s’intreccia con quella della nostra Opera Pia.
Se accettiamo l’ipotesi che la nascita di quest’ultima si possa far risalire alla seconda metà del ‘200 in forte affiliazione con quella di Santa Maria della Scaletta di Imola non ci sorprendono alcune analogie. Oltre alla medesima intitolazione a S. Maria (solo dopo il ‘500 l’ospedale di Casola sarà intitolato a Sant’Antonio Abate) entrambe provvedevano per statuto alla cura degli infermi e al governo del ponte. Padre Serafino Gaddoni (Le Chiese della Diocesi di Imola, pag. 224/225) riporta un brano del 1408 tratto dall’Archivio Parrocchiale di Valsenio dove si cita “..Thoma q. Iohanis de Cremona licentiatus in iure, gubernator hospitalis et Pontis Casule..”.
Se accettiamo l’ipotesi che la nascita di quest’ultima si possa far risalire alla seconda metà del ‘200 in forte affiliazione con quella di Santa Maria della Scaletta di Imola non ci sorprendono alcune analogie. Oltre alla medesima intitolazione a S. Maria (solo dopo il ‘500 l’ospedale di Casola sarà intitolato a Sant’Antonio Abate) entrambe provvedevano per statuto alla cura degli infermi e al governo del ponte. Padre Serafino Gaddoni (Le Chiese della Diocesi di Imola, pag. 224/225) riporta un brano del 1408 tratto dall’Archivio Parrocchiale di Valsenio dove si cita “..Thoma q. Iohanis de Cremona licentiatus in iure, gubernator hospitalis et Pontis Casule..”.
Quindi il ponte di Casola, che oggi chiamiamo della Soglia, aveva un’importanza fondamentale per la comunità casolana tanto che molti benefattori avevano donato beni a favore della società di Santa Maria per la sua custodia e la sua manutenzione.
E’difficile per noi immaginare l’importanza di un’opera come un ponte per la gente dell’epoca. Tutti gli attraversamenti del Senio a monte di Castelbolognese erano guadi soggetti alle avversità della cattiva stagione e alle insidie delle piene improvvise dovute al suo carattere torrentizio. Le poche passerelle venivano regolarmente spazzate via dalle piene e ,nella cattiva stagione, era molto difficile trovare un punto dove attraversare il fiume. C’è da ricordare inoltre che nella prima metà del duecento il clima fu particolarmente inclemente. Piene e alluvioni, gelo e freddo sono ricordati dai cronisti emiliani dell’epoca con tinte drammatiche. Nel 1216 “nel mese di gennaio il Po gelò, gli uomini potevano correre da una riva all’altra. Il gelo fu così intenso che il pane, le pere, le mele, il cibo in genere non si potevano tagliare né mangiare se prima non venivano scaldati e sgelati al fuoco e quel gelo durò più di due mesi”. Il 10 giugno 1249 il Crostolo in provincia di Reggio Emilia abbattè i suoi ponti sino a Modolena ( Salimbene) e poco prima, nel 1230, tutte le cronache padane riferiscono di un “diluvio d’acqua grandissimo” da Padova a Bologna.
Nella nostra valle, per il tratto montano, gli unici due ponti ricordati in epoca medievale sono quello di Casola e quello di Baffadi, a quei tempi entità amministrative indipendenti.
C’è un altro aspetto che ,fra i due, fa del ponte di Casola quello più importante.
Per vicissitudini politiche segnò per molto tempo un confine amministrativo che si spostò fra Sintria e Senio fino al 1816 quando, con decreto di papa Pio VII ( il cui segretario, ricordiamolo, era il nostro compaesano Giovanni Soglia, poi cardinale), la contesa fra Casola e Brisighella ( ma si potrebbe dire fra le diocesi di Imola e di Faenza) fu risolta in via definitiva. Un ponte di confine è un ponte di dazi e di contrabbandi. Le angherie, i soprusi, le contese che alimentò il confine amministrativo a due passi dal paese avranno sicuramente segnato la memoria per molto tempo. Molte famiglie campavano sul contrabbando. Qualche pugno di sale, una stoffa, una pecora potevano guadare abusivamente da una sponda all’altra a dispetto dei gabellieri le cui case di guardia erano lì dove ancor oggi, degnamente ristrutturate, le vediamo guardarsi in faccia. Ogni confine, ogni “limes” acquista una valenza simbolica soprattutto quando legato ad un opera di difesa ( ricordiamo in ambito locale il “limes Tiberiacus” di epoca bizantina che darà il toponimo alla grotta di Re Tiberio) o ad un’opera di ingegneria civile.
Lo stemma di Casola tuttavia ricalca graficamente i tratti del ponte di Baffadi almeno per le memorie fotografiche che ci sono pervenute. L’unica immagine che risale ai primi del novecento lo ritrae d’estate con un’arcata ed una possente muraglia sulla sua destra che va a chiudere l’ampio letto ma che , dal punto di vista tecnico, lascia aperta la probabilità dell’ esistenza di un’altra arcata chiusa poi per motivi di sicurezza. Sicuramente fu rimaneggiato diverse volte per la difficile convivenza con un corso d’acqua che ,con il suo bacino stretto e dai ripidi versanti, è capace di piene rovinose.