Mi è capitato di rinvenire alcuni grandi e vecchi fogli seppelliti fra le carte di un archivio. Riportano il censimento delle famiglie della parrocchia di Casola del 1825 per la tassa focatico. Si trattava di un’imposta sul capofamiglia il cui nome derivava dal suo campo di applicazione cioè l’unità familiare che si radunava attorno al camino, servi compresi. In bella grafia sono ordinatamente riportate le famiglie, i loro componenti, il mestiere, la contrada d’abitazione e l’importo della tassa.
I documenti ci restituiscono il profilo di una comunità che, pur in situazione di disagio economico, conosceva allora, dal punto di vista politico e amministrativo, un ruolo sul territorio che né prima né dopo le sarà riconosciuto. Nove anni prima il papa Pio VII le aveva attribuito la funzione di capoluogo di governo del distretto di Imola con giurisdizione anche sui comuni di Castel del Rio, Fontanelice e Tossignano. Nel suo provvedimento il papa aveva spostato a est il confine amministrativo annettendole le parrocchie di Monte Mauro, Presiola e Fornazzano tolte alla giurisdizione di Brisighella. Il ponte della Soglia non era piu’ confine di comune e i gabellieri delle case dirimpettaie rimasero senza mestiere.
Nel 1816 Pio VII abbandona il titolo di vescovo di Imola fino allora mantenuto ed emana un motu proprio con cui riforma l’intero ordinamento amministrativo. Furono abbandonate le province e lo stato della Chiesa venne articolato in 17 delegazioni definite legazioni se governate da un cardinale come appunto era per Ravenna, cui il nostro paese apparteneva.
E’facile immaginare che a guidare la penna del papa nel tracciare i nuovi confini locali fosse la mano del cardinale Giovanni Soglia Ceroni. Avevano condiviso insieme l’avventura Napoleonica e Giovanni Soglia aveva seguito il papa in Francia dopo il 5 luglio 1809 quando i francesi ne avevano negato l’autorità temporale e lo avevano arrestato.
Romagnoli entrambi, uno di Cesena, l’altro di Casola, si erano trovati a gestire una crisi politica profonda. Napoleone pretendeva il riconoscimento dei vescovi da lui nominati e, dopo che il papa aveva scomunicato le truppe dell’invasore, i generali francesi lo avevano fatto arrestare e tradotto a Grenoble in cella. Soglia, suo cappellano personale, aveva seguito il papa e sicuramente aveva offerto la sua fine competenza giuridica per tentare di resistere all’ingerenza napoleonica senza troppo concedere. La storia aveva poi voltato le spalle a Napoleone ma i meriti del nostro compaesano erano stati premiati prima con la nomina a professore di diritto canonico all’università dell’Archiginnasio della Sapienza di Roma, poi con la nomina a cardinale nel 1839, infine, sotto Pio IX, nel 1848, con la nomina a segretario di Stato.
L’attenzione e l’amore di Giovanni Soglia per il paese natale si manifestò ripetutamente anche in seguito, ma già in quegli anni l’aver candidato Casola a capoluogo di governo della legazione di Ravenna fu un evento che maturò parecchi frutti.
Sul piano urbanistico fu subito necessario migliorare la viabilità verso i comuni della valle del Santerno relegata fino ad allora su cavedagne impervie e disagevoli. Nel 1828 inizia il tracciamento della strada. L’innesto sul paese è previsto nel tratto a valle del Rio di Casola ma ciò significa costruire un ponte poiché l’entrata in paese era fin dal medioevo posta sotto la torre del Galbetto. Il rio aveva infatti funzionato come difesa naturale dell’abitato verso Nord. La scoscesa scarpata di cui oggi non resta traccia, e l’andamento irregolare del suo corso a metà dell’ottocento poi rettificato, concedevano ben poco agli eventuali assalitori mentre solo davanti alla torre del Galbetto c’era un guado accessibile. Va detto che l’antica strada che conduceva da Riolo a Casola passava rasente la riva fino alla Buratta. Fu proprio agli inizi dell’ottocento che, un po’ alla volta, il vecchio tracciato fu dismesso sia per le nuove esigenze di mobilità sia per i frequenti smottamenti che lo rendevano pericoloso. Si sceglie quindi di innestare la strada di raccordo fra le due vallate appena dopo il ponte e, contemporaneamente, partono i lavori per la costruzione del palazzo Poggi che sorgerà proprio all’incrocio fra la provinciale e quella che, dopo il 1855, verrà chiamata via Macello.
Casola ha quindi la pretura e le carceri mandamentali. La loro sede è nel palazzo comunale, attuale palazzo Testi, proprio sulla piazza principale del paese dove alloggia anche la guarnigione dei Regi Carabinieri. Le carceri sono composte di sei celle. Ognuna porta il nome di un Santo di venerazione locale: Sant’Antonio ( cui è intitolato l’antichissimo Ospedale), Santa Martina ( patrona del paese dopo il terremoto del 1726), Sant’Urbano ( le reliquie sono custodite nella parrocchiale) San Cristoforo ( per un paese attraversato da tanti rii e un solo ponte le preghiere al santo traghettatore del fiume avevano sicuramente un senso) , San Leo e la cella dell’infermeria. Il servizio di somministrazione dei pasti era delegato alla Congregazione di Carità il cui scopo principale era però la gestione dell’Ospedale. I confratelli amministratori dell’ente erano in difficoltà perché l’unico dipendente era l’infermiere in altri compiti già impegnato. Dovettero allora assumere il servizio di persona e a turni mensili provvedere al vitto dei carcerati. Poi nel 1829 spediscono una lettera di protesta: “ l’amministrazione di codesto Ospedale viene condotta gratis da una Congregazione di otto individui liberi a sostenere o dimettere tale carica. Che le carceri di questo governatorato contengono per lo piu’ Forzati di stretta custodia e pochissimi di larga per cui non trovasi alcuno che voglia assumere l’impegno di somministrare la razioni ai carcerati per la somma fissata”
Ma l’aspetto urbanistico di quegli anni porta un’ altra grande impronta: la costruzione della chiesa e del convento dei Cappuccini.


Roberto Rinaldi Ceroni



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