A metà del XIX° sec. l'Europa venne scossa dal manifesto del partito Comunista di Carlo Marx e Federico Engels. La questione sociale veniva alla ribalta della storia con la forza di una vera rivoluzione: ' Tremino le classi dominanti - diceva il manifesto (1848)-- dinanzi alla rivoluzione comunista. In essa i proletari non hanno nulla da perdere tranne le loro catene e un mondo da guadagnare. Proletari di tutto il mondo unitevi!'. Fu una vera ventata di speranza di fronte alla quale ci si trovò in indiscutibile crisi. Apparve a molti che un nuovo sole dell'avvenire avrebbe illuminato il mondo spazzando via, con la lotta di classe, tutto il vecchio sistema ricco di ingiustizie.

In questo clima, la Chiesa veniva vista in prima fila come avversaria di questa rivoluzione, quindi come una potenza da togliere di mezzo in quanto ostacolava il cambiamento stesso e indirizzava i deboli, i proletari, non alla lotta per il ribaltamento della situazione, ma a porre l'attenzione prima di tutto alla fraternità senza odi e alla salvezza dell'anima, al sole di giustizia che ci attende nell'al di là.In questa visione si coniò per la Chiesa la impietosa definizione di ' Oppio dei proletari'.
Certamente questa propaganda suscitò, per decenni, una crisi di credibilità nei confronti della Chiesa e fu all'origine di un ingiusto abbandono dalla dottrina cattolica della classe operaia.
Poi il 15 maggio 1891 Leone XIII pubblica quella pietra miliare sulla situazione sociale che è la Rerum Novarum. Non fu facile, nel primo impatto, comprendere con quanta novità e saggezza il papa affrontava questa nuova situazione. Come sempre, nelle grandi svolte del pensiero, ci vogliono anni e anni di maturazione perché il pensiero stesso si faccia fermento di mutazione, specie se va contro un andazzo imperante. La Rerum Novarum era veramente un nuovo pensiero che contrastava tanto il manifesto di Marx quanto la cultura liberale frutto della scristianizzazione già seminata dal razionalismo della Rivoluzione Francese e propagandata da quello della Rivoluzione Industriale.
Con l'enciclica, il papa evidenziava mali e dava indirizzi nuovi alla società sulla questione sociale.I MALI: L'ardente desiderio di cambiamento , di novità, può essere un male se resta a livello emozionale, ' Rerum novarum cupiditate'. La spinta al cambiamento dettata solo dal desiderio di novità per la novità: diventa una vertigine.
La conflittualità. Una ricchezza mal distribuita che vede nelle mani di pochi la maggior parte di beni e la miseria nelle moltitudini. Ciò crea inevitabilmente il contrasto.
Il sorgere della nuova schiavitù creata da una situazione che pone il lavoratore a livello di oggetto di produzione privandolo di valore e riducendolo a pura forza di lavoro di cui si può abusare.La libertà. senza un etica. concessa ai due sistemi sia il collettivismo comunista sia il capitalismo liberale.Il chiudere gli occhi davanti allo sfruttamento di donne, bambini, lavoratori sfruttati, anche da parte di cristiani che pensano di risolvere tutta la questione in termini di beneficenza.

Dopo i mali evidenziati l'enciclica scende al pratico e richiama la Chiesa non sempre attenta alla questione sociale a rivedere tutta la questione alla luce di virtù centrali: la giustizia, l'amicizia, la fraternità.Richiama lo Stato cui compete il dovere di promuovere la realizzazione del bene comune a non sentirsi neutrale, incompetente, ma anzi, a schierarsi per la difesa della parte più debole, quella proletaria che non ha, al contrario della classe dei ricchi, ' sostegno proprio'.
L'enciclica propone ben precisi compiti: a)difendere il diritto di proprietà, ma quello di tutti non solo quello dei capitalisti. b) prevenire le lotte che nascono da cause economiche e sociali ( gli scioperi, le agitazioni..) c) migliorare le condizioni di lavoro specie per i più sfruttati ( donne e bambini, minatori ecc.) d) garantire un salario giusto anteriore alla ' libera volontà dei contraenti' ( al di sopra della contrattazione) e) una legislazione che favorisca la proprietà dei lavoratori e il risparmio f) la reintroduzione del riposo festivo che la laicizzazione andava sopprimendo..
Infine l'invito a comportamenti nuovi fra gli stessi lavoratori e datori di lavoro con la collaborazione che supera le barriere di classe suggerendo di dar vita ' a istituzioni adatte a prestare opportuni soccorsi ai bisognosi' e c'è un riferimento alle società di mutuo soccorso, di assicurazione, di associazione operaia vedendo di buon occhio anche ' le associazioni di soli operai' ( la nascita del sindacato). C'è un esplicito invito ad assumere iniziative 'dal basso' da parte degli stessi interessati, senza attendersi la soluzione dei problemi solo dall'alto.
Ma ciò che soprattutto è sottolineato dall'Enciclica è il rispetto per la persona umana senza del quale non c'è progresso economico né giustizia sociale.Fra i frutti di questa Enciclica, vanno evidenziate anche le iniziative di cooperazione, compresa quella del credito.
Si fa risalire l'inizio di questa cooperazione di credito alla nascita delle Casse Raiffeisen, un illuminato borgomastro tedesco, Friedrich Raiffeisen, che concepisce una ' cassa' dove i soci, secondo le loro possibilità, depongono una somma che formerà un fondo per dare ai bisognosi dei prestiti a lungo termine. Le annate del 1848-49 erano state tristissime per l'agricolturaInizialmente l'istituzione incontra molto scetticismo, poi la costanza e la pratica ne garantiscono il successo. Da noi in Italia, attecchiscono verso il 1883 (a Loreggia con Leone Wollemborg)e specie per opera di don Luigi Cerutti che doveva combattere fortemente, nella sua zona d'apostolato, la pratica dell'usura. Nasce un manuale dal titolo significativo: ' Redimere l'agricoltore dall'usura'. Non sarà male ricordare questa figura di sacerdote che avrà una buona influenza anche sul clero della nostra vallata del Senio dove è intervenuto nel giugno del 1895, e precisamente a Palazzuolo, con forte intervento di persuasione per l'istituzione delle Casse Rurali. Non si va errati se si pensa che quell'intervento fu ascoltato anche dai parroci della zona e in particolare da don Egidio Rinaldi Ceroni di Casola Valsenio e da don Francesco Bosi di Castelbolognese. I fondatori, a Casola, e a castelbolognese dell' attuale Banca di Credito Cooperativo. In quell'occasione don Cerutti affermò testualmente: ' Nel mio paese, nel Veneto, gli usurai, se non arrivano ad esigere il 525% (sic!) sono sempre gente onesta'.
In breve un po' dovunque, in Italia settentrionale, sorsero Casse Rurali. Sorsero in massima parte per iniziativa dei Parroci e per questo si definiscono ' Casse sorte all'ombra del campanile'. Promotori anche da noi, i sacerdoti e i laici più vicini alla Parrocchia. Par quanto riguarda Casola: l'Arciprete don Giuseppe Ungania, don Giambattista Lasi Arciprete di Baffadi, don Luigi Frontali Parroco di Riovalle, don Antonio Lasi parroco di Pagnano, oltre, naturalmente a don Egidio Rinaldi Ceroni che ne fu l'anima. . L'atto costitutivo fu firmato il 29 marzo 1904 a rogito del notaio Francesco Tizzi e si denominò: ' Cassa Rurale di Prestiti di S. Urbano' Agli inizi, conforme all'indirizzo già dato dall'abate Cerutti, la cassa agisce solo a sostegno dell'economia rurale.

Nel luglio del 1893 un articolo dell''Amico delle famiglie', giornale illustrato della diocesi di Genova, illustrava con semplicità il carattere di queste Casse Rurali. ' Il campo d'azione d'una Cassa Rurale vuol essere ristrettissimo: il Comune, se è piccolo, e meglio ancora, la sola Parrocchia' La Cassa Rurale ha un carattere quasi familiare: i soci si conoscono tutti. L'impresa non è basata su ' azioni' che tutti possono sottoscrivere, per far parte della Cassa si richiede una vita onesta, cristiana e laboriosa..L'impresa è garantita dall'onestà e dalla illimitata responsabilità degli associati. I contratti della Cassa sono garantiti da tutti i soci. I prestiti fatti sono praticamente controllati da tutti e fatti esclusivamente ai soci sempre con le dovute cautele. In un ambiente come il nostro della vallata, le operazioni bancarie avevano, agli inizi, una procedura estremamente semplificata. Si svolgevano più durante il mercato, che nei locali della banca. Il presidente girava fra i soci col suo portafoglio ' bancario' in tasca e ascoltava tutti appartandosi in un angolo della piazza. Il primo Presidente fu Foschi Antonio, vicepresidente: Rinaldi Giovanni. Ci si intendeva con facilità le operazioni si basavano sulla reciproca fiducia. ' L'utile di ogni operazione non andava a profitto di estranei, ma esclusivamente a vantaggio della cassa medesima'. Non c'erano utili da dividersi, ma tutto serviva ad aumentare il fondo della Cassa. Le cariche sociali erano gratuite. In un'epoca in cui il credito si offriva largamente all'industria manifatturiera, gli agricoltori trovavano invece mille ostacoli per ottenerlo. Gli agricoltori non avevano larghi mezzi di presunta reale cauzione. Agli agricoltori non rimaneva che mettersi nelle mani degli usurai e ne abbiamo sentito la spaventosa definizione dell'abate Cerutti.
Così, le Casse Rurali sono progredite di numero e di importanza e hanno avuto all'origine la specifica difesa dei più deboli, come voleva l'Enciclica, strappandoli alla tirannia dell'usura e alla schiavitù della mancanza di mezzi per la propria promozione. Non poche di loro ponevano nello statuto di reimpiegare in loco i propri utili e questo carattere, almeno per quanto abbiamo potuto vedere, è stato preminente anche la nostra Banca di Credito CooperativoAssociarsi allora in una cooperazione di credito era veramente un salvagente provvidenziale.
La Cassa rurale riunendo poi i migliori elementi di una parrocchia, favoriva il cementarsi dell'unione fraterna per il reciproco aiuto rendendo meno penosa la condizione degli agricoltori, e degli operai ma apriva anche prospettive nuove ad altre utilissime cooperazioni come l'acquisto collettivo dei concimi, e l'assicurazione collettiva contro la grandine e gli infortuni vari, i vari mutui per la casa ecc Da noi qui a Casola il 20 maggio 1919, sempre emanazione della Cassa Rurale, fiorì una cooperativa agricola che in soli tre anni acquisì un patrimonio di tutto rispetto: macchine agricole, trebbiatrici, locomobili ecc. nonché un officina per la riparazione e il ricoveri di queste macchine in via Fondazza ( gli attuali Vecchi Magazzini). Aveva al momento della liquidazione, nel 1922, ben 196 soci..Una menzione speciale perché per la Cassa Rurale si prodigò per lunghi anni, va tributata all'indimenticabile don Egidio Rinaldi Ceroni che praticamente dal 1921 resta il segretario e l'anima di tutta la Cassa fino alla morte avvenuta il 10 marzo 1942. Fu un uomo aperto e pieno di genialità. Buon musico, appassionato di meccanica, seppe dotare di utili realizzazioni ( un telefono interno e un impianto di luce a gas acetilene che formava l'ammirazione di tutti) la propria canonica. Nel 1929 ebbe la fortuna di vincere alla lotteria nazionale la bella cifra di £ 200.000. Seppe impiegarle per sovvenire tante miserie e non mancò di sostenere, con la vincita, anche la Cassa Rurale.
Non erano tempi facili quelli a cavallo dei due secoli il XIX° e il XX°. Cerano, come ci sono purtroppo ancora,episodi di grande miseria e di gravi scandali ( Ricordiamo quello della Banca Romana con l'implicazione del governo Giolitti che ne fu travolto) e se allora lo spettro della rivoluzione agitato da Marx poteva inquietare le coscienze e agitare illusioni, sono bastati 150 anni di storia per dimostrare che l'odio di classe non ha tolto ma aggravato le catene della povera gente e che solo la cooperazione frutto dell'insegnamento della Chiesa ha tracciato una via più giusta alla soluzione dei tanti problemi della questione sociale. Resti dunque, dopo 100 anni di vita, la nostra vecchia Cassa Rurale ed artigiana di Casola Valsenio, ora unificata con quella di Castel Bolognese col nome di Banca di Credito Cooperativo della Romagna Occidentale, monumento di solidarietà, di cooperazione, di progresso per la nostra Vallata del Senio.

Mons. Giancarlo Menetti
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