“Sono consapevole che siamo differenti, e questa differenza è una enorme ricchezza. In questo Mondo la natura ha voluto che vi abitassero l’uomo e la donna, e ritengo che la normalità delle unioni, sia tra l’uomo e la donna”
Con il passare del tempo le proposte di legge sulle unioni civili, su insistenti pressioni da parte di associazioni per i diritti degli omosessuali come l’Arcigay e gruppi di parlamentari, aumentano sempre più, anche per gli inviti che il Parlamento Europeo indirizza agli Stati dell’Unione, affinché si parifichino coppie gay e eterosessuali così come coppie conviventi e sposate,

prima con una risoluzione per la parità dei diritti degli omosessuali e delle lesbiche dell’8 Febbraio del 1994, poi con una risoluzione del Settembre 2003, sui diritti umani, dove nella sezione dedicata alle discriminazioni ribadisce la propria richiesta di abolire qualsiasi forma di discriminazione - legislativa e di fatto – di cui sono ancora vittime gli omosessuali, in particolare in materia di diritto al matrimonio e all’adozione …. Per non ricordare la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e l’art. 3 della nostra Costituzione.
Ma in tutti questi anni nel nostro Stato non si è promulgata nessuna legge in tal senso, si erano in alcuni casi, solamente istituiti a livello comunale dei simbolici registri anagrafici delle unioni civili. La registrazione anagrafica della convivenza avrebbe assunto solo un significato simbolico, a meno che il singolo Comune non avesse deciso di aggiungere al valore simbolico dell’unione diritti reali (ad esempio, accesso agli alloggi popolari). Ad onor di cronaca la prima proposta risale al 1986, da parte dell’ ”Interparlamentare donne Comuniste” e ad Arcigay.
Ora, nel 2007 è all’esame della commissione Giustizia del Senato il disegno di legge denominato diritti e doveri del convivente, ed indicato con l’acronimo DICO, più precisamente Diritti dei Conviventi, il testo è stato elaborato dal Ministro delle Pari Opportunità, Barbara Pollastrini e dal Ministro della Famiglia, Rosi Bindi e si sviluppa in quattordici articoli.
Come la maggior parte delle leggi che vengono promulgate, anche se questa non lo è ancora, sono il risultato di una enormità di compromessi, di mediazioni tra le varie parti politiche e un’accurata ricerca nel dizionario di lingua italiana di parole che non urtino la sensibilità ideologica partitica affinché il testo risulti digeribile a tutti. Rendendo la giustizia ricca di possibili scappatoie, e la conseguente sensazione di una giustizia incerta.
Anche questo testo presenta le suddette superlative caratteristiche, nonostante sia il risultato di consultazioni governative (e quindi della sola maggioranza), giustificato dall’importanza dell’argomento trattato, che pone problemi e interrogativi alla coscienza di ogni parlamentare.
Il mio intervento si propone solamente di valutare il testo nella sua sostanza e la sua struttura giuridica lasciando i problemi etico-morali e di fede che può suscitare ad altra occasione. Perché indipendentemente dall’esito che avrà questo disegno di legge in Parlamento, il problema c’è e va risolto. Ogni persona dovrà farsi un esame di coscienza e porsi l’interrogativo se è possibile continuare a far finta di niente e voltarsi dall’altra parte schifati alla visione di due persone dello stesso sesso che si abbracciano o si baciano, e continuare a farli vivere nell’indifferenza della comunità sociale e giuridica a volte discriminandole.
Il primo articolo, dal titolo “Ambito e modalità di applicazione”, consta di ben sei commi, dove vengono indicati i soggetti che possono divenire e i soggetti che possono essere definiti conviventi, questi sono: due persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale, non legate da vincoli di matrimonio, parentela in linea retta entro il secondo grado, affinità in linea retta entro il secondo grado, adozione, affiliazione, tutela, curatela o amministrazione di sostegno, sono titolari dei diritti, dei doveri e delle facoltà stabiliti dalla presente legge. Per essere più chiari potrà trattarsi anche di due sorelle, o un fratello e una sorella, o due anziani che rimasti soli, vivono nella stessa casa, e si sostengono e si aiutano a vicenda.
Elemento essenziale perché la convivenza produca i suoi effetti, e quindi le due persone possano fruire dei benefici di questa legge, è la dichiarazione di comune residenza dei soggetti all’ufficio anagrafe, dichiarazione che deve essere prestata da entrambi i conviventi che si presentano insieme all’anagrafe, ma che individualmente (non congiuntamente), rendono le dichiarazioni di convivenza annotate sulle rispettive schede anagrafiche, al terzo comma è previsto anche il caso in cui uno solo dei conviventi si presenta all’anagrafe e rende la dichiarazione di convivenza. Poi successivamente ne dovrà dare comunicazione all’altro convivente mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Modalità, a mio modesto parere perlomeno bizzarra, dato che il partner ricevente prenderà atto del suo nuovo status e si adeguerà, oppure opporrà ricorso con tutte le complicazioni del caso. Ma si potrebbe configurare anche il caso in cui la raccomandata fosse materialmente intercettata e siglata dallo stesso primo dichiarante all’insaputa dell’altro se effettivamente coabitante.
Nel successivo articolo, sono previste le “Esclusioni”, quelle persone che non potranno beneficiare della legge, vanno dai soggetti condannati per aver commesso il reato di omicidio del coniuge dell’altra persona convivente, a quelle persone legate da rapporti contrattuali, anche lavorativi, che comportino necessariamente l’abitare in comune. L’esempio più palese può essere la badante con l’anziano.
Ovviamente vengono previste le “Sanzioni” in caso di dichiarazioni mendaci in riferimento alla coabitazione e alla dichiarazione di essere convivente, le quali possono variare dalla reclusione da uno a tre anni alla multa da euro 3.000 a euro 10.000.
Viene previsto all’articolo quattro, intitolato “Assistenza per malattia o ricovero”, il diritto di accesso del convivente per fini di visita e di assistenza alle strutture ospedaliere pubbliche e private, nel caso di malattia o ricovero dell’altro convivente, ovviamente mediante le modalità previste da suddette strutture. Ciò che praticamente il nostro diritto prevedeva già, dal momento che nessuna legge impedisce di visitare o accudire il convivente in caso di malattia o ricovero e che è il paziente che decide da chi farsi assistere.
Il successivo articolo, invece tratta delle “Decisioni in materia di salute e per il caso di morte”, dove si prescrive che in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e volere, al fine di concorrere alle decisioni in materia di salute e in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie, ciascun convivente può designare l’altro quale suo rappresentante, tramite atto scritto e autografo o mediante processo verbale alla presenza di tre testimoni. Il nostro codice prevede, in caso di incapacità di intendere e volere, la nomina del tutore legale da parte del giudice che preferirà, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre ... (art. 424 c.c.), in previsione di una futura incapacità, sempre il nostro codice, prevede la possibilità di poter designare il proprio amministratore di sostegno mediante la sottoscrizione di un atto pubblico o scrittura privata autenticata (art. 408 c.c.). In relazione alla donazione degli organi in caso di morte, il convivente legalmente registrato ha già il diritto di decidere in assenza di indicazioni del diretto interessato (legge 1° Aprile del 1999, n. 91). Quindi il problema non è nel riconoscimento dei diritti, ma nel riconoscimento delle unioni civili, che permettono di attingere allo status di convivente.
All’articolo “Permessi di soggiorno”, viene concessa la possibilità al cittadino straniero o apolide, convivente con un cittadino italiano e comunitario, che non possiede un autonomo diritto di soggiorno, di richiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per convivenza. Il rischio che si potrà correre penso sia quello del rilascio di una pioggia di facili permessi di soggiorno a pagamento.
Con questo nuovo status di convivente, la norma introduce un vincolo per tutte le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, un livello essenziale dei diritti, per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare o residenziale pubblica, le modalità saranno scelte dalle Regioni.
Per quanto riguarda i diritti sopraenunciati ed i conseguenti benefici sono usufruibili dal momento delle dichiarazioni all’anagrafe, altri diritti invece si consolideranno con il passare del tempo, in base al trascorrere di almeno tre e nove anni di convivenza.
Al trascorrere di almeno tre anni di convivenza o nel caso vi siano dei figli, si potrà beneficiare della norma dal titolo “Successione nel contratto di locazione”, il quale prevede in caso di morte di uno dei due conviventi che sia titolare del contratto di locazione, la possibilità per l’altro convivente di succedergli nel contratto. La disposizione si applica anche nel caso di cessazione della convivenza nei confronti del convivente che intenda subentrare nel rapporto di locazione. Ancora, trascorso sempre questo periodo di convivenza, saranno facilitati i trasferimenti e le assegnazioni di sede in ambito lavorativo.
Per quanto riguarda i “Trattamenti previdenziali e pensionistici”, diritto previsto all’art. 10, il quale sarà regolamentato dalla prossima riforma delle pensioni, che farà in modo di garantire diritti soprattutto a favore dei conviventi più deboli.
Trascorsi almeno nove anni di convivenza il convivente acquisisce i “Diritti successori”, altro diritto riconosciuto dal testo. Egli potrà concorrere alla successione legittima (quando mancherà il testamento, il convivente avrà dei diritti ereditari significativi ma non del tutto equivalenti al coniuge), ovvero avrà diritto a un terzo dell’eredità, se concorre un solo figlio, un quarto dell’eredità, se concorrono due o più figli, metà in caso di concorso con ascendenti legittimi (genitori o nonni) o con fratelli e sorelle, tutta l’eredità in mancanza di figli, di ascendenti (genitori o nonni), di fratelli o sorelle e, in assenza di altri parenti entro il terzo grado. Fatti salvi i diritti dei cosiddetti legittimari (quelli i cui diritti sono comunque intangibili) al convivente spettano i diritti di abitazione nella casa adibita a residenza della convivenza e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.
Nel caso vi sia testamento non cambierà nulla rispetto ad oggi, vale a dire si potrà disporre liberamente della parte di eredità disponibile, salvo non intaccare i diritti intangibili dei riservatari, la cosiddetta riserva, dove il convivente non era ricompreso.
Al dodicesimo articolo, intitolato “Obbligo alimentare”, è previsto il dovere dell’altro convivente, nei confronti del convivente che versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, a prestare gli alimenti oltre la cessazione della convivenza, purché perdurante da almeno tre anni, con precedenza sugli altri obbligati, per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza.
Viene prevista la retroattività, per chi già convive avrà nove mesi di tempo per dichiarare il proprio stato e far valere i diritti eventualmente già acquisiti (esclusi i diritti di trattamento previdenziali e pensionistici).
I diritti patrimoniali, successori o previdenziali e le agevolazioni previsti dalla presente legge cessano qualora uno dei conviventi contragga matrimonio.
Quello che non viene previsto nel testo della legge è come sarà possibile cessare la convivenza, salvo la morte di un convivente, si può dedurre che ciascuno unilateralmente, potrà dichiarare all’anagrafe la cessazione della convivenza, ma le norme precisano che chiunque potrà fornire la prova che la convivenza è terminata in data diversa rispetto alle risultanze anagrafiche.
Riconosco che questa legge aggiunge diritti, anche se alcuni già previsti nel nostro ordinamento, ma qui con la possibilità di avere una tutela più organica e immediata. E perciò non si potrà dire che ne tolga ad altri, sicuramente sono necessari dei regolamenti attuativi per definire e completare questo testo, ma soprattutto si metterà sempre più in crisi l’istituto del matrimonio sia civile che religioso, preferendo instaurare un rapporto meno impegnativo.
Nei prossimi giorni il testo dovrebbe approdare in Parlamento per la votazione, probabilmente prima alla assemblea del Senato per affrontare lo scoglio più difficile poi a quella della Camera, che per evitare ti tornare al Senato lo dovrebbe approvare senza alcuna modifica.


Claudio Dardi

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