Scarpe, scarponcini o sandali? Calzettini o calzettoni, di lana o di cotone? Calzoni lunghi o corti? Anche la felpa? Ci sarà il sole? Sarà molto caldo? Ci saranno nuvole e temperatura mite? Ricordare di portare molta acqua ! E il sacco a pelo e il materassino! E gli zuccheri?! Poche domande prima di partire. Quelle legate al corpo, per sistemarlo al meglio prima e durante i 70 chilometri che riempiono la distanza tra Casola (piazzale davanti alla chiesa ) e Boccadirio ( la grande chiesa sul colle nella quale si svolgerà la Santa Messa conclusiva). Quasi sottinteso il dubbio di non farcela e quindi di dover ricorrere ai pulmini per portare a termine il Pellegrinaggio a Boccadirio.


Forse sono sempre stati questi i pensieri e gli interrogativi al momento di intraprendere per la prima volta questo viaggio. Ma poi, suonata la sveglia alle 2:15 della notte, chiuso lo zaino, dopo essersi vestiti adeguatamente, di corsa in chiesa. Non c’è più tempo per i preparativi! Si parte! Come si è, con quello che si ha! Arrivo e vedo nel piazzale un pulmino aperto strapieno di materassini , borsoni, zaini, lancio il mio ed entro in chiesa :…alle 2: 30 la chiesa è gremita, ma che è? La notte di Natale? Il canto è robusto,basso, quanti giovani! Sono le tre, è buio pesto! Si parte! Qualcuno ha le pile. Piccoli e rari cerchi di luce illuminano la strada vicina ai nostri piedi! I cani che ci sentono passare in questa ora insolita abbaiano insistentemente. C’è qualcosa di strano nell’aria!
Camminiamo in silenzio fino al Cantone. Ce lo ha chiesto Don Euterio, è una buona idea, nel buio e nel silenzio ci concentriamo di più, siamo con noi stessi, ci prepariamo meglio ad accogliere la luce, quando nascerà il giorno, ad accogliere gli incontri quando ci vedremo in faccia, a renderci disponibili alle parole del Vangelo quando si celebrerà la Messa, tutti noi 120 persone che sono partiti per Boccadirio. I piedi vanno, sono freschi, non sanno ancora… Incomincia la salita, lenta tra gli alberi, è ancora buio. Poi si arriva un po’ frastornati a San Rufillo, prima tappa prima di andare su su, attraversare valli e montagne, su quanti piani diversi dovremo passare nelle prossime 36 ore? Grazie Rita! Ha preparato molte cose per riscaldarci: tè, ciambella, caffè ... Ma è ancora buio e sembra che non sia ancora giunto il momento per incontrarci, vederci, raccontarci… Quando sorge il sole siamo a Monte Battaglia. C’è quell’aria grigia e azzurra, il sole rischiara appena il cielo, ma non si vede splendere a est! Poi più avanti la Messa. Finalmente è giorno , ora abbiamo occasione di guardarci, capiamo che ognuno di noi ha una storia, sulle spalle, una grazia per cui pregare e sperare. Siamo sempre più desiderosi di parlare, di incontrarci, di rendere corali i nostri passi .
A Castel del Rio, prima di un altro favoloso punto di ristoro ( grazie Pier Giacomo!)entriamo in chiesa e la testimonianza della signora Maria ( chiamiamola così) ci fa sentire quanto può essere duro camminare nella vita, come sono dolenti i passi di chi sostiene la sofferenza dei propri cari, passi che lasciano sul terreno e sul cuore tracce pesanti, impronte mostruose. Ma tutti, in chiesa, sentiamo che qualcuno, qualcosa, come l’amore per esempio, ci può alleggerire il cuore ed il passo può proseguire più dolce.
Attraversiamo campi, castagneti, colli, boschi, in un’aria splendente, il sole ci illumina, ci scalda, a Belvedere un fresco succo e un tè, una fontana ci disseta. Ciò che sembrava difficile da raggiungere è alle nostre spalle, ciò che sembrava fuori dal nostro percorso, passo dopo passo è sotto i nostri occhi. Basta spostarsi, passo dopo passo, cambiare posizione, assumerne altre, passo dopo passo si raggiungono altri punti di vista, altri traguardi. I nostri passi fanno da sfondo ai silenzi, alle preghiere, alle parole, ai canti. Passo dopo passo, ciò che sembra lontano si avvicina, ( vi ricordate le pale eoliche Donata e Laura ?) Arriviamo a Piancaldoli ed un lauto pranzo ci attende ( grazie Pier Giacomo e cuoche!).Che ristoro! Lungo la strada il professore Andrea Padovani parla dell’eterno, l’esigenza dell’eterno che ci porta a cercare qualcosa in più, qualcosa d’altro, qualcosa al di là, qualcosa di luminoso. Sembra che qui tra noi aleggi un sentimento buono, nel nostro essere viandanti che portiamo con noi solo l’essenziale per il viaggio! Poi verso la Raticosa, sfioriamo il nero sasso di san Zenobio…da dove viene? È come noi un po’ estraneo a questo mondo, è un po’ più in là, un po’ più di un semplice sasso! Ma verso sera sembra di camminare verso una meta che non si raggiungerà mai. Siamo stanchi, fanno male i piedi e stiamo in silenzio per fare meno fatica. I pulmini vanno avanti e indietro come avvoltoi, qualcuno cede e sale per l’ultimo tratto, ma la maggior parte dei pellegrini continua sperando nella fine vicina del viaggio per questa giornata!
Ancora pale eoliche, diverse dalle precedenti, queste sembrano rimanere lì imperturbabili, noi camminiamo, ma non le raggiungiamo mai, sono lì, sembrano scherzare con noi, allontanarsi, non siamo più padroni della nostra strada, non ci muoviamo più, giriamo a vuoto! Quante volte quest’impressione… ma non è vero!!! Finalmente arriviamo e siamo pronti per la cena e un sonno ristoratore in letti super, perfino il vescovo ci ha accolto e ci ha salutato con buone parole! Sera e notte ci attendono a Piamaggio, le docce sono calde, il brodino è super, le uova sode in quantità… Il mattino dopo ripartiamo, dopo un’abbondante colazione, ( grazie Piergiacomo!) verso le sette. La luce è chiara, luce sui muri, sui boschi, sulla strada, noi abbiamo voglia di parlare, di raccontarci e così i passi si confondono con le parole e siccome le parole fluiscono leggere anche i passi sono leggeri, leggerissimi. Oggi sembra tutto più facile, siamo vicini o almeno più vicini alla meta. A Covigliaio una preghiera e un canto ci entusiasmano ancora di più . Camminare è un’arte e come tale si affina: percepire l’aria di un luogo, gli odori e i colori, l’atmosfera, la storia, le presenze, i doni. Arriviamo alla Futa . Poi la strada prosegue fino a San Gacomo,dove abbiamo mangiato benissimo ( grazie Pier Giacomo e cuoche!). Ci siamo incamminati infine sul sentiero per Boccadirio. Ultima fatica e poi la soddisfazione , la pace e la serenità. I settanta chilometri sono tutti nelle nostre gambe , ma nel nostro cuore ci sono pensieri settanta volte più leggeri !
Paola Giacometti

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