Considerando che il rischio di superare il confine tra confronto e polemica è alto, avevo pensato di fare “una visita e via”. Vengo meno al proposito iniziale ed intervengo di nuovo. Lo scopo vorrebbe essere soltanto informativo. Ma è probabile che, qua e là, una qualche opinioncella mia ci scappi… ovviamente.
Una fonte di energia è definita rinnovabile quanto si rigenera nella scala dei tempi umani. Caratteristica fondamentale è quella di non pregiudicare le risorse naturali delle generazioni future. In contrapposizione, una fonte di energia non rinnovabile è tale perché le sue riserve sono limitate e non sostitubili (è il caso degli isotopi radioattivi) oppure perché le sue riserve sono limitate e rigenerabili, ma solo nella scala dei tempi geologici (è il caso dei combustibili fossili: petrolio, gas naturale, carbone e torbe).

Le fonti di energia vengono poi distinte in fonti programmabili e fonti non programmabili. Fanno parte del primo gruppo i combustibili fossili, le biomasse e l’idroelettrico a bacino. Fanno parte del secondo gruppo il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico fluente e il geotermico.

Questo premesso, si può affermare che il legname rappresenta una fonte di energia “quasi ideale”.
I motivi sono tre. Primo: la legna è una fonte di energia rinnovabile. Secondo: la risorsa è diretta. L’energia del sole non necessita infatti di alcun intervento dell’uomo per essere convertita e immagazzinata nella struttura legnosa, in altre parole, un albero cresce da solo e una pala eolica no. Terzo: il legno è una fonte di energia programmabile che può essere utilizzata, nel momento del bisogno, senza ricorrere a dispositivi esterni di immagazzinamento. Come ad esempio avviene per il fotovoltaico.

Queste tre caratteristiche non sono contemporaneamente comuni a nessun’altra fonte di energia attualmente a nostra disposizione. Sotto questo punto di vista il legname è un combustibile unico e molto “generoso”. Certo, l’aspetto negativo, dovuto alla emissione di polveri fini a seguito della sua combustione, esiste e va contrastato con la tecnologia. Assolutamente. Ma è altrettanto certo che, una volta installata la caldaia di cippato, gli scolari casolani saranno esposti alle polveri fini molto meno del bimbo che ha in casa un genitore che fuma. Ancor peggio quando fuma in macchina con il figlio presente (anche a finestrino abbassato… la scritta sul pacchetto è sempre valida).

Nel mio articolo “Polveri fini, caldaia a biomassa e… altro”, sottolineavo come “il bilancio ambientale relativo alla CO2 del legno combusto è in pareggio”. A tal proposito, devo una risposta al commento di Giacometti, pregandolo di aver pazienza se non sarò sufficientemente chiaro nel tentativo di condensare, in poche righe, processi che proprio semplici da esporre non sono.
Caro Mirko, quanto tu dici è sicuramente vero… come del resto è vero quello che dico io. Mi spiego:
l'anidride carbonica “respirata” dalle piante è divisa in ossigeno e carbonio. L'ossigeno è, in gran parte, liberato nell'ambiente, mentre il carbonio viene legato all'Idrogeno per formare i composti presenti nelle piante (il legno è essenzialmente costituito da cellulosa e lignina). Le piante immagazzinano quindi, nella loro massa, il carbonio ridotto. Se si aumentano le aree destinate alla forestazione, aumenta la custodia di carbonio ridotto. Come dici tu.
A questo punto, se un albero viene tagliato e un bravo falegname ne ricava un tavolo, per tutto il tempo di utilizzo del mobile si mantiene la “custodia”.
Viceversa, quando ad esempio per ragioni naturali un albero cade nel bosco, tronco rami e fogliame vengono lentamente deteriorati da insetti, funghi e batteri, questi tre gruppi ricavano, dalla decomposizione dei vegetali, le sostanze utili al loro sviluppo… il processo digestivo prevede l’ossidazione del carbonio rendendolo ancora una volta libero dall’Idrogeno: all’ambiente ritorna anidride carbonica. Tutta quella fissata inizialmente dal processo di fotosintesi? No. Nella sua complessità, il processo prevede che una parte del carbonio risultante dalla decomposizione del legno “si trasferisca”, come costituente fondamentale, nelle proteine degli organismi decompositori. Ma poiché la popolazione degli organismi decompositori è sostanzialmente in rapporto di equilibrio con la massa organica, di nuovo risulta, nel medio termine, il completamento del ciclo del carbonio. Ciclo che, è da sottolineare, rimane aperto.
Nel caso della combustione del legno, il processo è molto più veloce e assai meno complesso, tuttavia, nei termini finali, il ciclo del carbonio è in egual modo completato. E in egual modo rimane aperto.
Proprio per questo motivo il legname è ascritto tra le fonti di energia rinnovabile. Viceversa, il metano (quello ricavato da estrazione) è una fonte di energia fossile, e il ciclo del carbonio che lo riguardava è oramai chiuso da milioni di anni. Bruciando metano quel ciclo viene riaperto, modificando le proporzioni attuali nella composizione dell’aria con un gas “effetto serra”: la CO2. Come intendevo io.

Concludendo, è giusto e apprezzabile che in tanti si preoccupino e cerchino di capire. Occorre però includere alla lista tutto le informazioni disponibili. Comprese le ragioni per le quali il legname è promosso, nel protocollo di Kyoto, tra le fonti energetiche da valorizzare (con la raccomandazione di utilizzare “la miglior tecnologia a disposizione” e di computare il bilancio forestale).
Pier Ugo Acerbi
Condividi questo articolo
FaceBook  Twitter