Forse non tutto quello che chiedono di pagare è dovuto?!
La scorsa estate la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, secondo periodo del D.Lgs. n. 546/1992, come modificato dall’art. 1, comma 1, L. n. 248/2005, pronunciando la sentenza n. 238 del 2009.
Di poca importanza risultano essere le disposizioni di legge da me citate, che ho introdotto solo per maggiore completezza nell’esposizione, di sicuro interesse, invece è il principio sancito dalla stessa sentenza costituzionale.
La scorsa estate la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, secondo periodo del D.Lgs. n. 546/1992, come modificato dall’art. 1, comma 1, L. n. 248/2005, pronunciando la sentenza n. 238 del 2009.
Di poca importanza risultano essere le disposizioni di legge da me citate, che ho introdotto solo per maggiore completezza nell’esposizione, di sicuro interesse, invece è il principio sancito dalla stessa sentenza costituzionale.
Ovvero, con tale sentenza, la Corte ha enunciato che la cosiddetta tariffa igiene ambientale, più comunemente conosciuta con l’acronimo TIA, risulta essere un tributo (una tassa) e non una tariffa e pertanto non assoggettabile all’imposta sul valore aggiunto (IVA).
Per questo motivo, sarà possibile richiedere all’ente gestore del servizio sia esso un’impresa privata o il Comune, la restituzione degli importi versati a titolo di IVA, relativi alle bollette pagate negli ultimi dieci anni. La richiesta di rimborso, dovrà intervenire mediante raccomandata con ricevuta di ritorno all’ente gestore del servizio e comunque al Comune di residenza dell’utente. Questa procedura consente di interrompere la prescrizione ed è un primo passo in attesa delle decisioni che prenderà il Governo o il Parlamento.
In questi mesi, durante questo vuoto normativo portato dalla sentenza costituzionale, si sono presentate diverse ipotesi per risolvere il problema, la prima ipotesi vagliata è stata presentata in commissione bilancio al Senato, e consisteva nella sostituzione dell’IVA non dovuta con una ex addizionale, guarda caso dello stesso importo ad effetto retroattivo, la successiva è stata quella di prevedere lo sconto sulla dichiarazione dei redditi degli utenti dell’IVA pagata illegittimamente.
La questione, ora sembra che stia volgendo al termine, con la presentazione di un emendamento in Parlamento in materia di patto di stabilità, gli effetti dello stesso dovrebbero portare all’accoglimento delle richieste di rimborso effettuate dagli utenti ai gestori del servizio, i quali a loro volta, otterrebbero un credito equivalente sulle imposte dei redditi a loro carico.
Nel frattempo alcuni Comuni o Enti si sono già attivati, dando risposte per lo più negative alle richieste di rimborso. Altri Comuni si sono invece organizzati predisponendo direttamente i moduli per chiedere il rimborso.
Tuttavia, nei confronti dei vari atteggiamenti dell’ente gestore si aprono vari scenari, ovvero sarà possibile ricorrere alla Commissione Tributaria provinciale se l’Ente non riconosce la sentenza della Corte costituzionale e nega il rimborso, o non risponde. Si può presentare ricorso come singolo contribuente se il valore della causa risulta inferiore a € 2.582,28=, se il valore é superiore allora sarà necessario rivolgersi ad un avvocato. Il ricorso è presentabile entro 60 giorni di tempo dal momento in cui ricevete la risposta negativa dell’ente o dal termine dei 90 giorni dalla presentazione della richiesta di rimborso (se non si riceve risposta entro 90 gg. vale il silenzio diniego).
Ma purtroppo anche tra le decisioni delle diverse Commissioni tributarie vi è confusione. La Commissione tributaria di Reggio Emilia con la sentenza n. 27/2010, si è uniformata al principio della Corte Costituzionale, secondo il quale ha dichiarato che la TIA ha natura tributaria ed oltre ad accogliere il ricorso, ha dichiarato la nullità della fattura emessa dell’ente gestore del servizio, perché priva delle informazioni obbligatorie per gli atti tributari. Di orientamento opposto, la Commissione tributaria Regionale Toscana, la quale ha riabilitato l’applicazione dell’IVA sulla TIA. Con la sentenza 27/13/2010 i giudici tributari di Firenze hanno stabilito che l’IVA sulla TIA va pagata e che l’imposta è “dovuta quando un servizio destinato al soddisfacimento di un interesse pubblico sia effettuato in regime di impresa”. Quindi almeno nei molti casi, quando il servizio sia svolto da una società, l’imposta è dovuta.
Ritengo sia opportuno un celere intervento legislativo per disciplinare il vuoto lasciato dalla sentenza della Corte Costituzionale.
Per mera completezza, suggerisco la lettura di tutto il punto 7.2. e ss. della sentenza, dove peraltro, vi è anche il richiamo alla normativa comunitaria, che riconduce al novero dei “diritti, canoni, contributi”, il corrispettivo versato sia a titolo di TARSU che di TIA, indirizzo ribadito da una recente sentenza della Corte di Giustizia CE del 16 settembre 2008, in causa C-288/07.
Vedremo se la politica starà dalla parte del contribuente o dalla parte delle imprese che gestiscono il servizio sia esse imprese private che Enti locali, per evitare loro un bagno di sangue.
Questo breve articolo non pretende di fugare tutti i vostri dubbi e nemmeno essere una guida pratica per come attivarsi, vuole solamente porvi a conoscenza di un vostro diritto.
Claudio Dardi