Oggi è il 9 marzo (qualunque giorno voi leggiate questo articolo) e manca un mese esatto alle elezioni. Ieri Paolo Mieli, direttore del «Corriere», ha pubblicamente preso posizione esternando sul giornale le preferenze sue (e, sembra di capire, del quotidiano in generale) fra Prodi e Berlusconi. Noi non sappiamo fare i giornalisti, quindi prendiamo esempio dai luminari della disciplina e esterniamo anche noi.
Vogliamo dunque parlare del dibattito politico che ci sta traghettando verso la data fatidica? Voliamo voliamo, direbbe Greggio a Striscia e il riferimento non è casuale, anzi il parallelo fra il dibattito politico degli ultimi tempi e il TG satirico è fortemente voluto, perché ci sembra che l’uno e l’altro si nutrano degli stessi cibi.
Due sono le caratteristiche fondamentali di Striscia. Anzi, sono tre, dimenticavo le tette e i culi delle Veline, e sia chiaro che lo dico senza un grammo di falso moralismo, anzi con totale consapevolezza dell’importanza del lavoro di Velina nella società italiana, dal momento che il colloquio di lavoro per diventare Veline è una delle poche cose ancora trasparenti in Italia visto che si svolge in TV davanti a milioni di spettatori (mi viene il dubbio che adesso non sia più così neanche per quello, chissà sarà stato licenziato il responsabile delle risorse umane per Striscia, Teo Mammuccari se non sbaglio?).
Torniamo alle altre due caratteristiche fondamentali di Striscia: si può ridere di tutto e si può “dare addosso” a tutti. La satira del TG non ha davvero confini e anche gli argomenti più drammatici, magari dopo i primi giorni in cui la commozione generale è al massimo e scherzarci sopra non sta bene, finiscono prima o poi nel calderone degli autori che in un modo o nell’altro trovano il modo di ironizzare e farci su due risate. Coerentemente con ciò, qualunque personaggio, episodio, istituzione, rischia prima o poi di finire nel mirino di uno Staffelli o di un Jimmy Ghione per essere massacrato, spesso a ragione a volte in verità anche per motivi davvero futili. Ma questo è il compito di Striscia, farci ridere e svelare le magagne (e arrapare qualche nonnetto con gli stacchetti), quindi onore da chi lo svolge da vent’anni, con alti e bassi ma, per quel che ci sembra, con coerenza e con la libertà conquistata sul campo.
Il problema è quando il Modello Striscia viene applicato alla politica.
Da due mesi circa a questa parte i politici stanno in TV più che Simona Ventura. E ci potrebbe anche stare, c’è un appuntamento importante, la TV ormai è il media più diffuso e bla bla tanti altri discorsi. Ma che cosa ci stanno a fare i politici in TV? A fare Greggio e Iacchetti. Fanno battute e attaccano chiunque gli capiti a tiro. Quello è un nano, quello non è laureato, uno si è fatto il trapianto e l’altro dovrebbe farsi la liposuzione, quell’altro ancora è magro come un chiodo e io invece che bell’uomo che sono e c’ho pure il nome doppio che fa sempre figo e spero che mi raddoppino anche il cognome così la scheda elettorale diventa ancora un po’ più lunga dei 65 centimetri che già è (65 centimetri medi, c’è stamattina sui giornali, un formato che in bibliografia si chiamerebbe in-folio e nel senso comune si chiama cazzata, ricordiamoci che le dimensioni non sono tutto, come insegna il celodurismo della Lega che però forse con lunghezze così esagerate avrà anch’esso i propri problemi). Poi ci sono le discussioni di metapolitica: il 90% della campagna elettorale se ne va in dibattiti su come controllare la campagna elettorale. Quante ore ha passato quello in TV, abbiamo le stesse condizioni, la temperatura dello studio è sufficientemente fresca perché non mi coli il trucco e sufficientemente calda perché i capelli non mi si drizzino creando uno spiacevole effetto casco mentre l’altro che ha i capelli finti questo problema l’ha risolto brillantemente, a malincuore ma devo ammetterlo? Ma che bisogna c’è di controllare la regolarità della campagna elettorale se tanto nessuno parla di quelli che sono veramente i problemi importanti? E poi quando ne parlano non fanno altro che attaccarsi l’un l’altro? Una volta la matematica non era un’opinione, io ho scelto di studiare letteratura anche perché era un campo in cui invece l’opinione era importante, c’era libertà di interpretazione anche sullo stesso dato oggettivo. Adesso scopro che la vera libertà interpretativa sta nei numeri, che non vogliono ma dire la stessa cosa per due che stanno dalle parti opposte della barricata. Se va bene, perché se va male sulla stessa questione ognuno porta i suoi numeri che non coincidono per niente con quelli dell’altro. Si parla di bilanci: per uno c’è un buco, per l’altro si è in attivo. Ma porca puttana, io forse la faccio troppo semplice ma c’è un bilancio, ci sono dei numeri, almeno lì il bianco sarà bianco e il nero nero, e invece no, tutto grigio, fumoso. Mi viene un sospetto: non è che dopo essersi scannati in TV Fini e D’Alema vanno da Gigi il Troione a farsi una magggnata con tre g e brindano alla mia (tua, sua, nostra, vostra, ma non loro) beata ignoranza di telespettatore abituato a dare credito allo scatolone parlante anche se mi dice che Blardone può risalire dal decimo posto della prima manche di gigante fino a una medaglia? (sentita durante le Olimpiadi appena concluse dal povero Carlo Gobbo costretto, da buon aziendalista RAI, a mantenere viva l’attenzione dell’italiano su una gara in cui i nostri atleti non avevano la minima speranza, con Paolo De Chiesa che invece, spirito libero, ha preferito opporre un dignitoso silenzio alla sparata del compagno di telecronaca).
Come potete vedere io ho la tendenza, mentre scrivo, a divagare dall’argomento principale, mi viene spontaneo. Mi se invece che la divagazione per i nostri politici è un’operazione ben studiata e progettata. E la polemica che è venuta fuori un po’ di tempo fa sui politici che in gioventù si sono fatti una canna? Sarebbe troppo facile fare battute sul fumo negli occhi degli elettori, quindi ce le risparmiamo, ma ribadiamo il concetto: una vaga sensazione che alla fine chi ci rimette è sempre “il cittadino” mi si sta diffondendo in zone intime, là dietro dove si corre sempre il rischio di prendersi qualcosa di indesiderato quando la contraerea di cazzate si fa più intensa.
Concludiamo col terzo aspetto di Striscia, a cui abbiamo appena accennato: le tette e i culi delle Veline. In politica (tralasciando l’indimenticato connubio Pannella-Cicciolina, anche se adesso la presenza di Vladimir Luxuria rinverdisce quei fasti) si era spogliato qualche anno fa il sindaco di Milano Alberini, e va beh. Adesso chi si va a spogliare? Calderoli! E nemmeno ci fa vedere il petto villoso che forse qualche femmina leghista si sarebbe pure attizzata, no, ci fa vedere una maglietta che riesce ad attizzare soltanto i musulmani! Ma dai, allora è meglio far vedere i California Dream Men in prima serata, che magari si attizza un po’ solo qualche cardinale e qualche Associazione di Consumatori e finisce in fretta.
Si è parlato di teatrino della politica, ma già usare la parola teatro mi sembra troppo. Diciamo che siamo al Bagaglino della politica e non è un caso che i politici sguazzino nella trasmissione di Pippo Franco come pesci nell’acqua. In cui, altrettanto non casualmente, tette e culi la fanno da padrone. Insomma, tutto si tiene.
All’inizio dicevo che Lo Spekki(ett)o prendeva posizione, ma avete visto che non è vero, innanzi tutto perché questo è solo il mio pensiero personale e poi perché non è voglia dire che il disgusto deve prendere il sopravvento e allora tanto vale non andare a votare. Anzi, l’unica cosa veramente certa per me è che a votare bisogna andarci. Bisogna però anche capire qual è la situazione, essere consapevoli di tante cose, fra le quali il fatto che non basta seguire un dibattito in TV per essere consapevoli. Anzi.
Michele Righini
Due sono le caratteristiche fondamentali di Striscia. Anzi, sono tre, dimenticavo le tette e i culi delle Veline, e sia chiaro che lo dico senza un grammo di falso moralismo, anzi con totale consapevolezza dell’importanza del lavoro di Velina nella società italiana, dal momento che il colloquio di lavoro per diventare Veline è una delle poche cose ancora trasparenti in Italia visto che si svolge in TV davanti a milioni di spettatori (mi viene il dubbio che adesso non sia più così neanche per quello, chissà sarà stato licenziato il responsabile delle risorse umane per Striscia, Teo Mammuccari se non sbaglio?).
Torniamo alle altre due caratteristiche fondamentali di Striscia: si può ridere di tutto e si può “dare addosso” a tutti. La satira del TG non ha davvero confini e anche gli argomenti più drammatici, magari dopo i primi giorni in cui la commozione generale è al massimo e scherzarci sopra non sta bene, finiscono prima o poi nel calderone degli autori che in un modo o nell’altro trovano il modo di ironizzare e farci su due risate. Coerentemente con ciò, qualunque personaggio, episodio, istituzione, rischia prima o poi di finire nel mirino di uno Staffelli o di un Jimmy Ghione per essere massacrato, spesso a ragione a volte in verità anche per motivi davvero futili. Ma questo è il compito di Striscia, farci ridere e svelare le magagne (e arrapare qualche nonnetto con gli stacchetti), quindi onore da chi lo svolge da vent’anni, con alti e bassi ma, per quel che ci sembra, con coerenza e con la libertà conquistata sul campo.
Il problema è quando il Modello Striscia viene applicato alla politica.
Da due mesi circa a questa parte i politici stanno in TV più che Simona Ventura. E ci potrebbe anche stare, c’è un appuntamento importante, la TV ormai è il media più diffuso e bla bla tanti altri discorsi. Ma che cosa ci stanno a fare i politici in TV? A fare Greggio e Iacchetti. Fanno battute e attaccano chiunque gli capiti a tiro. Quello è un nano, quello non è laureato, uno si è fatto il trapianto e l’altro dovrebbe farsi la liposuzione, quell’altro ancora è magro come un chiodo e io invece che bell’uomo che sono e c’ho pure il nome doppio che fa sempre figo e spero che mi raddoppino anche il cognome così la scheda elettorale diventa ancora un po’ più lunga dei 65 centimetri che già è (65 centimetri medi, c’è stamattina sui giornali, un formato che in bibliografia si chiamerebbe in-folio e nel senso comune si chiama cazzata, ricordiamoci che le dimensioni non sono tutto, come insegna il celodurismo della Lega che però forse con lunghezze così esagerate avrà anch’esso i propri problemi). Poi ci sono le discussioni di metapolitica: il 90% della campagna elettorale se ne va in dibattiti su come controllare la campagna elettorale. Quante ore ha passato quello in TV, abbiamo le stesse condizioni, la temperatura dello studio è sufficientemente fresca perché non mi coli il trucco e sufficientemente calda perché i capelli non mi si drizzino creando uno spiacevole effetto casco mentre l’altro che ha i capelli finti questo problema l’ha risolto brillantemente, a malincuore ma devo ammetterlo? Ma che bisogna c’è di controllare la regolarità della campagna elettorale se tanto nessuno parla di quelli che sono veramente i problemi importanti? E poi quando ne parlano non fanno altro che attaccarsi l’un l’altro? Una volta la matematica non era un’opinione, io ho scelto di studiare letteratura anche perché era un campo in cui invece l’opinione era importante, c’era libertà di interpretazione anche sullo stesso dato oggettivo. Adesso scopro che la vera libertà interpretativa sta nei numeri, che non vogliono ma dire la stessa cosa per due che stanno dalle parti opposte della barricata. Se va bene, perché se va male sulla stessa questione ognuno porta i suoi numeri che non coincidono per niente con quelli dell’altro. Si parla di bilanci: per uno c’è un buco, per l’altro si è in attivo. Ma porca puttana, io forse la faccio troppo semplice ma c’è un bilancio, ci sono dei numeri, almeno lì il bianco sarà bianco e il nero nero, e invece no, tutto grigio, fumoso. Mi viene un sospetto: non è che dopo essersi scannati in TV Fini e D’Alema vanno da Gigi il Troione a farsi una magggnata con tre g e brindano alla mia (tua, sua, nostra, vostra, ma non loro) beata ignoranza di telespettatore abituato a dare credito allo scatolone parlante anche se mi dice che Blardone può risalire dal decimo posto della prima manche di gigante fino a una medaglia? (sentita durante le Olimpiadi appena concluse dal povero Carlo Gobbo costretto, da buon aziendalista RAI, a mantenere viva l’attenzione dell’italiano su una gara in cui i nostri atleti non avevano la minima speranza, con Paolo De Chiesa che invece, spirito libero, ha preferito opporre un dignitoso silenzio alla sparata del compagno di telecronaca).
Come potete vedere io ho la tendenza, mentre scrivo, a divagare dall’argomento principale, mi viene spontaneo. Mi se invece che la divagazione per i nostri politici è un’operazione ben studiata e progettata. E la polemica che è venuta fuori un po’ di tempo fa sui politici che in gioventù si sono fatti una canna? Sarebbe troppo facile fare battute sul fumo negli occhi degli elettori, quindi ce le risparmiamo, ma ribadiamo il concetto: una vaga sensazione che alla fine chi ci rimette è sempre “il cittadino” mi si sta diffondendo in zone intime, là dietro dove si corre sempre il rischio di prendersi qualcosa di indesiderato quando la contraerea di cazzate si fa più intensa.
Concludiamo col terzo aspetto di Striscia, a cui abbiamo appena accennato: le tette e i culi delle Veline. In politica (tralasciando l’indimenticato connubio Pannella-Cicciolina, anche se adesso la presenza di Vladimir Luxuria rinverdisce quei fasti) si era spogliato qualche anno fa il sindaco di Milano Alberini, e va beh. Adesso chi si va a spogliare? Calderoli! E nemmeno ci fa vedere il petto villoso che forse qualche femmina leghista si sarebbe pure attizzata, no, ci fa vedere una maglietta che riesce ad attizzare soltanto i musulmani! Ma dai, allora è meglio far vedere i California Dream Men in prima serata, che magari si attizza un po’ solo qualche cardinale e qualche Associazione di Consumatori e finisce in fretta.
Si è parlato di teatrino della politica, ma già usare la parola teatro mi sembra troppo. Diciamo che siamo al Bagaglino della politica e non è un caso che i politici sguazzino nella trasmissione di Pippo Franco come pesci nell’acqua. In cui, altrettanto non casualmente, tette e culi la fanno da padrone. Insomma, tutto si tiene.
All’inizio dicevo che Lo Spekki(ett)o prendeva posizione, ma avete visto che non è vero, innanzi tutto perché questo è solo il mio pensiero personale e poi perché non è voglia dire che il disgusto deve prendere il sopravvento e allora tanto vale non andare a votare. Anzi, l’unica cosa veramente certa per me è che a votare bisogna andarci. Bisogna però anche capire qual è la situazione, essere consapevoli di tante cose, fra le quali il fatto che non basta seguire un dibattito in TV per essere consapevoli. Anzi.
Michele Righini