Ovvero rispondendo a Cristiano e a Giorgio

Sto seguendo con molto interesse il dibattito che si sta svolgendo sul sito de Lo Spekkietto in ordine al prossimo referendum sulla legge 40/2004 avente per oggetto il problema della procreazione assistita e argomenti connessi.
 
Ho letto con molta perplessità l’intervento di Cristiano Cavina, provocato, penso, da un mio precedente articoletto con cui, a nome della parrocchia, preannunciavo l’incontro conferenza con il dott. Mirri che si è svolto martedì 30 Maggio ai Vecchi Magazzini, con buona presenza di un pubblico attento ed interessato, che ha seguito con grande partecipazione la dettagliata e documentatissima esposizione del relatore, intervenendo al termine con numerose domande e richieste di informazioni.
Non ho risposto a Cristiano perché pensavo di poterlo fare direttamente durante la conferenza, visto che lo stesso aveva detto di voler essere presente. Poi purtroppo Cristiano non si è visto e la risposta mi è rimasta in tasca.
Ho letto con sincera ammirazione il ponderoso articolo di Roberta Faziani che con chiarezza esemplare, grande obiettività e correttezza si accollata l’onere di esporre tutti i pro ed i contro del dibattito ed ha fornito veramente a chi abbia seria intenzione di informarsi un materiale prezioso su cui meditare.
Ho letto l’appassionato intervento di Lorenzo che, riprendendo l’intento informativo già sviluppato da Roberta, ci ha offerto ulteriori e questa volta più orientati motivi di riflessione, con l’esplicito invito a non andare a votare al fine di non pregiudicare quanto di buono c’è nella legge 40.
Ho letto infine le considerazioni di taglio più politico inviate dal sindaco Sagrini incentrate soprattutto sul tema della laicità dello Stato e delle relative leggi.
In ordine alla natura dell’embrione, al dovere di tutelarne il diritto all’esistenza in quanto essere umano, alla necessità di evitare il pericoloso slittamento verso pratiche di selezioni eugenetiche, oltre che la deriva disumanizzante verso forme di concepimento completamente svincolate dalle prerogative e peculiarità di un rapporto di coppia ed interamente ridotte ad una mera manipolazione di laboratorio, mi riconosco pienamente nelle ragioni del fronte dell’astensione (o del “no” che dir si voglia) e, come già detto, riassunte magistralmente da Roberta nel suo articolo, oltre che in quelle appassionate ed espresse con molto vigore da Lorenzo.
Ad esse dunque rimando, ritenendo inutile ripeterle, dal momento che sono disponibili e verificabili sul sito de Lo Spekkietto e facilmente consultabili.
Mi interessa invece intervenire in ordine ad alcuni concetti espressi nelle riflessioni di Sagrini e nell’intervento di Cavina perché mi sembrano invero molto “originali”.

Comincerò con Sagrini.
Sagrini, dopo una breve premessa in cui constata che vi sono in campo diverse visioni etiche e morali, si chiede se sia giusto che lo Stato assuma, come vincolanti, orientamenti derivati dalle convinzioni di una certa parte piuttosto che tutelare il diritto di ogni cittadino ad esprimere le proprie opinioni “se e in quanto questo non sia limitativo della libertà altrui”.
Alla faccia, dico io! Non sia limitativo della libertà di chi?
Tutto il problema che ruota attorno a questo referendum è che la libertà di alcuni, come conseguenza delle tecniche che vengono adottate nelle pratiche relative alla fecondazione assistita, coincide spesso con la distruzione di altri.
E chi sono gli altri? Il problema sta tutto qui: gli altri sono gli esseri umani nel primo stadio della loro esistenza, quelli che nel linguaggio corrente si chiamano embrioni, così come dopo un po’ si chiameranno feti, poi neonati, poi fanciulli, poi adolescenti, poi ragazzi, poi uomini, poi anziani, poi vecchi.
Ho detto la distruzione perché, è importante ribadirlo, qui non si tratta affatto di decidere sulla innocua libertà di esprimere un’opinione, ma della libertà di mettere in atto pratiche che distruggono esseri umani.
E il fatto che un embrione sia o non sia un essere umano non è un problema di etica o di morale su cui si possono avere idee divergenti e neppure, in nessunissimo modo, è un problema di religione ma è null’altro che un problema di ragione e di verità (e per quanto riguarda le ragioni di considerare una vita umana quella dell’embrione rimando come detto agli interventi di Roberta e Lorenzo).
Il problema religioso, o morale o etico che dir si voglia sta dunque a monte di tutto questo e riguarda in senso lato il dovere di rispettare la vita umana, l’uomo in quanto tale.
Io non so dove i laici (che poi su sta benedetta parola “laico” bisognerà infine intendersi su chi definisce esattamente dal momento che sempre più spesso, inopinatamente, viene utilizzata e fatta propria, in un completo stravolgimento del suo significato, dai neo dogmatici del moderno relativismo materialista, sia esso di stampo edonista, sia di stampo funzionalista, sia di stampo pseudoscientifico) traggano le convinzioni etiche morali circa il dovere di rispettare la vita umana, tuttavia so che in maggior parte questo dato lo danno per scontato ed acquisito, almeno sul piano dei principi. E’ ovvio che per i credenti in genere e per i cristiani in particolare questa convinzione trae ragione e forza soprattutto da motivazioni religiose.
Ad ogni modo, sia che derivi da convinzioni religiose, sia che discenda da convinzioni, diciamo filosofiche, il principio che la vita di una persona innocente (e chi più di un embrione lo è) debba essere tutelata e difesa e rispettata è ormai patrimonio dell’umanità e non appannaggio dei soli credenti religiosi.
E allora che cosa c’entra la laicità?
Si deve dunque, in nome di non si sa bene quale laicità, lasciare all’arbitrio bizzarro e mutevole delle opinioni personali il destino di una vita umana?Ma l’embrione, si dice, non è una vita umana. E’ ovvio che per chi scrive quest’ultima affermazione è una bestialità, sia sotto il profilo scientifico, sia sotto il profilo della corretta ragione (vedi i soliti rimandi) ma quand’anche si volesse continuare a discuterne, è facile constatare che a livello scientifico (dato e non concesso che la scienza sia l’ultima verità), esiste tutt’altro che concordanza di idee e di certezze, e su questo punto almeno mi pare tutti gli interlocutori siano concordi.
Allora non è giusto, che in nome della più elementare norma di prudenza, lo Stato, cioè la società organizzata, adotti nei propri ordinamenti il principio del dubbio in senso cautelativo per la salvaguardia della probabile (assai probabile) vita umana?
Sagrini tira fuori in modo assolutamente non pertinente il referendum sul divorzio, in modo assai più pertinente quello sull’aborto e, ricordandoci che in quelle occasioni i cosiddetti laici vinsero, ci esorta comunque ad andare a votare.
Lasciamo perdere il referendum sul divorzio,in cui la materia del contendere era totalmente diversa e diversissime, ancorché tutt’altro che indolori, le conseguenze sugli attori dei conflitto che la legge voleva dirimere. Per quanto riguarda invece il rimando al referendum sull’aborto, che presenta indubbi collegamenti con le tematiche oggi in discussione (anche se è bene ribadire che la legge 194, quella sull’aborto per intenderci, non viene toccata dalla legge 40/2004 soggetta all’attuale referendum) Sagrini ci ricorda che coloro che difendono la vita umana sin dal suo concepimento, cioè fin dal suo primo essere, furono allora sconfitti.
Vinse infatti lo schieramento di coloro, e allora dimostrarono di essere la maggioranza, che ritengono sia lecito uccidere un figlio quando è ancora piccolo nel seno della madre.
Bene e allora? Dovremmo dunque, assimilarci a tale siffatta compagnia di laici , rinunciare a lottare fino all’ultimo con tutti i mezzi leciti e lasciarci imporre da loro le regole non scritte (e in questo caso assolutamente arbitrarie) del corretto comportamento civico, cosi da permettere a quel fronte di avere più probabilità di vittoria?
L’opzione del non voto in un referendum è una prerogativa di libertà tutelata dalla Costituzione edalla legge, che infatti prevede il raggiungimento di una soglia minima di votanti perché il referendum abbia un senso, inoltre il non votoè anche un chiarissimo pronunciamento di merito in quanto, venendo a mancare il quorum, viene anche dimostrato che le intenzioni insite nei quesiti imposti da un ridotto numero di privati cittadini (il referendum è una iniziativa di privati cittadini) non corrispondono agli interessi della maggioranza della comunità nazionale.
Infatti quasi tutti gli ultimi referendum sono stati invalidati dal mancato raggiungimento del quorum. Inoltre sono certi, tutti coloro che oggi fanno appello al nostro senso civico per indurci ad andare a votare , di esserci andati in tutte le altre occasioni?
La realtà, come sempre, è molto più banale e gli appelli ad andare a votare sono solo dettati dalla speranza degli interessati promotori del “si” di poter così più facilmente vincere.
Dunque, tanto per dire la mia non andrò a votare il 12 e 13 Giugno (a meno che nella tarda mattinata di lunedì non sia abbia la assoluta certezza che il quorum del 50% degli aventi diritto al voto è stato raggiunto ed allora la strategia cambierebbe e si potrebbe valutare l’opportunità di andare per votare NO) e mi auguro che così faccia la maggioranza degli Italiani, e non ci andrò perché ritengo che questa sia la tattica più giusta per vincere questa competizione ed impedire che questo straccio di legge, che pur come cattolico non posso approvare in molti dei suoi punti, ma che comunque costituisce il miglior compromesso raggiungibile per mettere d’accordo tante e diverse sensibilità e che comunque rappresenta il minor male possibile e la miglior arma attualmente disponibile in difesa della vita nascente, non venga affossata per lasciare spazio al caos ed all’anarchia che vigeva prima che fosse varata.
Perderemo un’altra volta? Staremo a vedere, purtroppo la verità e la giustizia non hanno certo la vita facile ma in ogni caso non sarà certo la vittoria o la sconfitta a farci cambiare idea.

Passiamo ora a Cristiano il quale, a differenza di Sagrini, la butta soprattutto sul religioso, cita San Tommaso, si dimostra molto tollerante e speranzoso nei confronti delle intenzioni della scienza e nei codici deontologici degli scienziati, riduce ad una cosetta da niente l’embrione a cui nega la parvenza di ogni umanità, e ne trae un pour pourri leggero, talvolta frizzante, più spesso scombinato, fino a sfiorare il blasfemo (ma spero non se ne sia reso conto) sul finale.
Caro Cristiano, per quanto riguarda i temi religiosi proporrei di rimandare il tutto ad una mezz’oretta di ripasso del catechismo per il quale mi dichiaro fin d’ora disponibile a fare da trainer, mentre, per quanto riguarda le considerazioni scientifiche e le storielle sulle staminali embrionali che curano le malattie, ti manderei in tutt’altro posto, ma non lo faccio perché ti voglio troppo bene.
Per la parte sfiorante la blasfemia sul finale sono disposto ad assolverti per la mancanza, spero, di intenzionalità.
Quello che invece mi lascia molto perplesso nel tuo intervento sono le affermazioni minimali e quasi spregiative riguardanti l’ammasso di cinque cellule che è l’embrione e che niente, secondo te, avrebbero di umano. La cosa mi sorprende proprio perché detta da te che in tante occasioni hai mostrato di saper cogliere, con felice vena e pregevole acume ed a mettere in evidenza, come ben si conviene ad un narratore ed ad un raccontatore di storie, tutti quegli aspetti intimi e nascosti nelle cose e negli uomini, che spesso sfuggono ai più, attenti solo all’apparenze ma non a chi sa guardare dentro ed al di là.
Su questo tema potrei rifarmi anche con te ad una rilettura seria degli altri interventi pubblicati inquesto sito, ma, visto che sei un narratore di storie preferisco raccontarti una piccola storia.
C’era una volta una ragazza, verso la fine dell’ultima guerra che, partita da una città, si ritrovò per caso, per un po’ di tempo, in un piccolo paese di collina. Qui incontrò un giovanotto un po’ farfallone ma dotato di un certo fascino. I due si piacquero subito e finirono con l’amarsi con grande impeto e passione e poca prudenza.
Finì come poi ben immaginare, poi ci misero gli eventi bellici e la ragazza si ritrovò sola ed incinta nella sua città, separata a causa del fronte di guerra dal suo giovanotto che era rimasto alla macchia sui monti del suo paese.
La ragazza, sola in città, ed in quello stato, non aveva neanche di che sfamarsi e fu tentata dalla disperazione, per di più le persone che le stavano vicine le davano i consigli che ti lascio immaginare:
- Ma come vuoi fare ad andare avanti in quelle condizioni? Sei appena all’inizio, conosco io chi sa risolvere il problema, sarà come avere una mestruazione appena più accentuata, un grumello di sangue e tutto sarà finito e risolto.
Ma la ragazza, dopo un attimo di smarrimento, con grande coraggio decise di tenere custodito quel grumello di sangue, perché sentiva che a quel grumello di sangue era legato il ricordo di un momento felice ed intenso e soprattutto che quel grumello era qualcosa di se ma anche di altro.Quel grumello di sangue, senza necessità di fare altro, e solo per il fatto di essere accettato crebbe pian piano, con difficoltà, viste le enormi ristrettezze esistenti, ma crebbe e, terminata la guerra, finalmente potè contare anche su di una famiglia ricomposta.
Ora quel grumello di sangue ha fatto un po’ di strada, ha più o meno una sessantina di anni, ha condotto una vita interessante ed intensa, ha giocato, ha studiato, ha lavorato, ha ristudiato ha incontrato un’altra grumella, ha fatto cose, ha avuto a sua volta dei figli che a loro volta hanno cominciato a sfornare nipoti.
Questo grumello, ora uomo fatto, è enormemente grato a sua madre perché questa, non considerandolo solo un grumello ma un figlio, da tenere ben stretto al seno, non tanto per sè e per il proprio piacere, perché, ad essere sinceri, forse in quei frangenti di quel piacere ne avrebbe magarianche fatto a meno, ma per ciò che quel grumello rappresentava, gli ha dato la possibilità di esistere e di essere. Quel grumello era lui e nient’altro che lui e lui non è altro che quel grumello un po’ più cresciuto.
Caro Cristiano, noi tutti dobbiamo la nostra vita a delle madri che come quella di questa storia un po’ vera ed un po’ romanzata, hanno accolto e difeso il grumello che eravamo, spesso anche in frangenti difficili e perigliosi. Ricordalo Cristiano e ricordiamocelo tutti quanto dovremo decidere cosa fare domenica 12 e lunedì 13.

Alessandro Righini
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