Una piscina a forma di cozza val bene un governo. E con questo abbiamo toccato veramente il fondo, ora non ci resta che scavare. Non contento di avere incassato un già equivoco applauso parlamentare, non contento di strumentalizzare la religione per i suoi privati interessi economici, avendo il coraggio di affermarsi perseguitato perché difensore dei valori cattolici, non soddisfatto della sua sfilata a S. Pietro, il buon Clemente non ha trovato nulla di meglio che lanciare il fatidico “si salvi chi può”.
Muoia Sansone e tutti i filistei, che tutto precipiti nella confusione pur di spostare i riflettori dalla collezione di avvisi di garanzia che la sua famiglia è riuscita a mettere insieme. Si abbandoni le riforme si aggiunga pure emergenza ad emergenza. Il trionfo dell’uso privato del bene pubblico, il trionfo dell’irrealtà negli stessi giorni in cui Cuffaro festeggia una condanna a cinque anni come una candidatura al nobel, il trionfo dell’opportunismo negli stessi giorni in cui la chiesa di Roma non sembra interessata ad appoggiare le istituzioni quanto a banchettare sui loro resti, giudicando l’Italia ‘sfilacciata’ ed offrendo una mano con tanto di anello cardinalizio. Il 2008 segna i 60 anni della nostra Costituzione, come qualche spot ogni tanto ci ricorda, sarebbe bello festeggiarla uscendo da questa assurda amnesia collettiva che la sta rapidamente divorando articolo dopo articolo. C’è un gran bisogno di ricordare che l’unità nazionale non può essere messa in crisi da qualche sacco di immondizia, che le responsabilità politiche e malavitose dalla faccenda non possono fornire l’alibi per un folle “si salvi chi può” che equipara i confini amministrativi e regionali quali limes tribali oltre i quali non sussiste responsabilità e solidarietà collettiva. Basterebbe ricordare l’incredibile rete di relazioni tra merci e filiere in cui siamo inseriti, l’incredibile quantità di finanziamenti che transitano da una regione all’altra e da uno stato all’altro dell’Europa, l’incredibile complessità dei problemi ambientali transnazionali per rendere ridicola la faccenda. Ridicola se non fosse drammatica, ridicola se non contribuisse a diffondere come un morbo la cultura ‘leghista’ della piccola patria, l’idea illusoria dell’autarchia tanto della ricchezza quando della monezza. La responsabilità locale è un dovere politico e civile, ma l’idea dello Stato deve essere superiore alla stizza e al bieco tribalismo, e deve esserlo nei cittadini in primis. C’è un gran bisogno di ricordarsi che lo Stato esiste uno e trino fondato su tre poteri equipollenti, che anche se la magistratura non si palesa nei poster 6x3 ha lo stesso peso del parlamento e non può esserne subordinata. Anzi a dire il vero può, è già successo, l’hanno chiamata fascistizzazione della magistratura, ed infatti è stato l’ultimo atto del fascismo prima di transitare dalla sfera politica alla sfera del potere assoluto e naturale. Che non ci può essere fiducia sociale se si mina l’autorevolezza del potere. Che in attesa di una improbabile evoluzione della mente umana il Leviatano è necessario e non può essere sostituito da nessuna presunta legge naturale, ne etica ne morale di cui secoli di guerre civili hanno dimostrato l’inesistenza. C’è gran bisogno di una rinascita della partecipazione politica come antidoto alla delega in bianco che non è sinonimo di democrazia e che porta solo al proliferare dei vari Mastella, Cuffaro et similiae ripieni solo della loro supponenza, arroganza e interessi privati. Veri clan e simboli loro si dell’antipolitica come antitesi del bene pubblico. Di tutto questo e di molto altro abbiamo bisogno, ovviamente a meno di non voler vivere come dice Hobbes in uno stato di guerra di tutti contro tutti.
Andrea Benassi