La frase citata da Stefano Bertozzi, ripresa da un mio intervento nel Consiglio della Comunità montana, si riferiva al voto di fiducia chiesto dal Governo Berlusconi sulla legge finanziaria del 2006. Non ricordo le parole esatte ma la sostanza era certamente quella, non tanto per la democraticità del ricorso al voto di fiducia (che è previsto dalla prassi parlamentare), quanto per l’impossibilità del parlamento di intervenire nel merito dei provvedimenti proposti.
Io confermo quella opinione: i voti di fiducia per l’approvazione delle leggi vanno evitati, ma comprendo che vi si possa fare ricorso quando sia necessario per contrastare l’ostruzionismo dell’opposizione. E’ il caso dei provvedimenti per la competitività e il rilancio dell’economia e per le liberalizzazioni, meglio noti come “decreto Bersani”: la fiducia è servita a superare l’ostruzionismo della destra (centinaia di emendamenti che avrebbero ritardato l’approvazione di 40/50 giorni) e non a compattare la maggioranza, che quei provvedimenti ha sostenuto convintamente e senza eccezione.
Ma vorrei fare io, a Bertozzi una domanda: quando io espressi quel giudizio nel Consiglio della Comunità Montana, lui non dichiarò di condividerlo. Devo pensare che, rispetto allora, ha cambiato idea? Che oggi ritiene inaccettabile una prassi, un metodo – il ricorso al voto di fiducia - che invece qualche mese fa riteneva accettabile?
O i voti di fiducia vanno bene quando a chiederli è Berlusconi e non vanno bene quando invece, a farlo, è un governo di centrosinistra?
Spero che Bertozzi non abbia la faccia tosta dell’on. Fini che in Parlamento ha minacciato di mobilitare le piazze se il Governo Prodi porrà la fiducia sulla prossima legge finanziaria: faccio osservare che il Governo Prodi non l’ha ancora fatto, mentre il Governo Berlusconi, nel quale l’on Fini era Vice Presidente del Consiglio l’ha fatto, e ripetutamente, proprio sulla legge di bilancio. E’ sufficiente scorrere le cronache parlamentari degli ultimi anni per verificarlo.
Ma, al di là di queste schermaglie verbali, la vicenda dei voti di fiducia – di oggi e di ieri – rende evidenti alcuni problemi che i diversi schieramenti dovrebbero sapere e potere affrontare. Uno riguarda i regolamenti parlamentari, che dovrebbero prevedere la possibilità di concedere la corsia preferenziale a quei provvedimenti ritenuti dal Governo “prioritari”, e prevenire così azioni dilatorie o ostruzionistiche. In altre parole si deve mettere in condizione il Parlamento di intervenire nel merito dei provvedimenti e il Governo di potersi assumere la responsabilità dell’attuazione del proprio programma. L’altro, riguarda la legge elettorale approvata con i soli voti del centrodestra (quella che il Ministro Calderoli ha definito “una porcata”), che ha saputo unire gli aspetti peggiori del sistema elettorale proporzionale e del sistema elettorale maggioritario. Quella legge va cambiata, per rafforzare il bipolarismo, contrastare la frammentazione della rappresentanza politica, affidare realmente agli elettori il potere di decidere quale maggioranza, in entrambi i rami del parlamento, debba governare il Paese, per 5 anni.
Ecco, se solo si provasse a superare la logica del rimpallo delle responsabilità, della convenienza immediata, degli argomenti buoni a seconda se si sia in maggioranza o all’opposizione, forse ne trarrebbe vantaggio la capacità di svolgere ciascuno il proprio ruolo, di forza di maggioranza e di forza di opposizione, nell’interesse – si può dire? – del Paese.
Giorgio Sagrini