That's Zen': racconto tratto dal romanzo 'gardo Mongardo alla fine del mondo' di Claudio Menni.
Le chateax è sul mare, lungo strada fra Cannes e Juan les Pins.
Le sorelline ora non gradiscono alla luce del sole che mi vedano i camerieri e gli ospiti panzuti, vecchie decrepite nate alle stesse lande loro, razza dominante e incartapecorita, come se io o un negro qualsiasi le schizzassi saliva dentro a un'anglosassone, non ne spunterebbe un essere eppure torvo, color minchia, ma vivo.
Così, smoking sgualcito, camicia fuori, rossetto sul colletto come sangue, me ne esco che le porte scorrevoli dell'hotel, ignare del mondo e delle gerarchie, s'inchinano, non prima d'aver fatto sù al buffet due banane e uno yogurt. Sotto quest'angolatura di sole del bel mattino di maggio, mi ride il mare, io camminando di passo disinvolto, ho adempiuto al compito, o quasi, che inforcare la femmina, io credo che dio abbia deciso sia sacro, il resto, casualmente son tutte pugnette. Fischietto allora diretto verso Cap D'Antibes.
Arrivo alla villa verso mezzogiorno, arido come a una tappa del Tour, e prosciugo allora dieci bottiglie e mezzo di acqua minerale che Songhja, sollecita, rimedia per me nella ghiacciaia, che son giorni che non incrociamo i passi, dopo quell'apice, quando abbiamo incartato il tempo nell'angolo della vasca da bagno, eppure non ringhia, non guarda nera, avvolta di riserbo, lei merita dieci.
Io invece becco meno di zero, che s'inoltra nell'ambiente, come aureola i suoi milioni di dollari, il produttore galattico di universali film. Mi getta addosso saliva elettrica, negletto esempio di generazioni dal midollo di gelatina, che mentre io fischietto al sole della costa azzurra, lui, ora che grida -la notte dorme già nelle cronache e nei saggi e la tomba che lo attende sono quei libri di storia che se avessi studiato al tempo non sarei così asino, così orango, così crostaceo, da non saperne il verso.- Dovevo accompagnarlo a fare incetta al mercato di fagiolini e noce moscata, egli eppure è col mestolo in mano, un Picasso, un Renoir e per la sera ci sono ospiti divini, pure loro di platino, discendenti di Re David e Carlo Magno. E Susanne insiste, nonostante il buridone, che io a zio Paperone gli cado bene, ed io taccio che spero che non sia finocchio, che se mano nel pacco il vecchio ponendomi, una carriera nel cinema o un bigliettone da diecimila pali giurasse pe!r marcare con lui spruzzi e saliva, sarebbe immorale dire no.
S'è fatto viola, poi cenere il tramonto, e adesso piove come dio comanda. Nella sala i bicchieri importanti specchiano curve le narici di gente celebre, ed io nella camicia cristallina e il paio di braghe, che Songhja ha prelevato per me dal guardaroba padronale, in equilibrio su una sedia luigi diciotto, sono limitrofo alla incantevole Susanne. Il convitato di pietra è Lucas George con donna, assiso a lato del regista divino, e di Nick l'attore, mentre l'uomo che si partorì dal culo medesimo spostando una montagna e che si volle cuoco, sgambetta come una massaia fra tavolaccio e cucina. Sono della raffinata abbuffata gli assistenti e Pamela la bella giornalista e Janet, mentre arriva anche quel tocco di. Topa, Uma. Così, assorto in meditazioni artistiche, dopo un ruttino è sua celebrità il regista che fa, proprio a me, così tradotto dall'inglese al francese alla mia lingua: 'vò c'sa fiv a cà vostra?'
'Je suis recherché par la police.' Chiedo a Susanne di tradurre.
Che poi questi anglosassoni se la ridono del pittoresco e del romantico...
Ben saturati gli orifizi superiori di granaglie salse e liquidi, i commensali stazionano nel salone. Quello stronzone di Nick Nolte ne ha per i maroni delle ciarle, che non gli importa 'na sega delle sottigliezze della conversazione, dell'acume e delle stronzate in generale, tant'è che fruga per qualcosa che non sia champagne. Son'io che lo soccorro, complice la frequentazione della ghiacciaia e della cambusa, trovo il rum che il produttore ha usato per bagnare il suo montone arrostito con spezie indiane e caraibiche, gli sostituisco la sconsolata flûte ancora colma di vinaccio bollito del più caro, e gli porgo il bel bicchierozzo color ambra. 'The friends are friends in the moment of need.' gli dico.
Poi mi viene vicino a bicchiere già vuoto: 'I'm Nick. Your name is Gardo, true?' Questa gente in abito da sera solo adesso scavalca la foto che erano fino a un momento fa, ed ora mi parlano in francese ed inglese. Sarà che, corvino, calzo a pennello con il film dell'italiano, e pure sarà la mia bizzarra presenza a quel consesso che attizza queste donnelle americane che ora un po' brille senz'altro, mi incalzano su Roma e Firenze e Venezia. E parlo allora come un coglione parla. E loro ascoltano.
Ma a due metri Uma sembra assorta e poi mi cede due sguardi. Ora esiste un contatto fra la nostra lontananza. Lei mi vede come io la vedo.
Viene Nick, la boccia ormai prosciugata, mi fa con la mano che è ora di squagliare, e annuncia agli invitati che la stanchezza gli piega le cosce ormai, che io lo conduca fino in albergo.
Il primo posto utile per rimediare qualcosa è una trattoria. Tappa. Scendo io con cinquanta dollari suoi. Rimedio un bacardi.
Ci fermiamo a pisciare a un tornante sul mare, ci passiamo la bottiglia, Nick si sente poeta: rutta, declama un verso, scureggia come un sax contralto, i bei capelli biondi mossi dal vento. 'Wonderfull.'
Commenta. Sarà l'immensità del creato.
Direzione Cannes in cerca di casini, Nick è loquace ora, ma passa alla radio una canzone di Sinatra e lui la canta tutta. Parcheggiamo al Ritz. Sulla Croisette lo riconoscono e lo tampinano con gli autografi. Fuga su altre strade, per il retro d'un bar. Tappa.
Cocabacardi. Ci infiliamo in un disco-pub che non è ora del ballo, i pochi indolenti, assonnati culi pallidi troppo detersi con acqua di colonia di mammà: non un briciolo di pepe: subiscono lentamente l'ora incolore che precede droghe varie, sodomie e peggio: intrecci superflui di frasi inutili, sorseggiano birrozzi avariati, cocktail sedimentosi, sgranocchiano noccioline, datteri e salatini. Lo stronzone è vecchio il doppio, è alto il doppio e con l'ano mastica una frittella al tabasco. Per caso passa un flamenco, e lui balza in pista e affonda tacchi e punte sul pavimento, mentre una voce andalusa diffonde lamento e speranza e voglia di fottere mischiate. Nick mette all'angolo le prime due fighe, e non smolla la p!ezza fino a che io gli faccio notare che sono due cessi. Stringe gli occhi e le vede i due scarti degli scarti degli scarti del dio ingiusto e dei suoi fratelli, che non è colpa sua, non è colpa mia, magari pagando, col buco sì, centrale, anteriore ma, cazzo, lui nel film slimonava con Uma, come con Julia Roberts, s'è fatta ora d'andare, e poi commenta.
Passiamo innanzi a un altro locale che da fuori si vede la gente che balla, ed allora dentro, a saggiare il bancone, ad apostrofare la faccia del barman: 'amico.' Ma Nick è americano, perché il mondo dovrebbe odiarlo? Rum, ghiaccio e limone, ci gettiamo nel ballo e balliamo girando nel mondo che gira, che ad occhi chiusi poi aperti, se io sono un idiota, lui cos'è? Ma che importa che questi ridono e avvocatini e assicuratori sculettano, mentre fra le fessure delle loro donne accaldate il sudore gocciola?
Poi al Night a rifiatare. Seduti al tavolo migliore abbiamo ordinato una bottiglia di rum. Facciamo venire le ragazze, che Nickj tiene banco, le teniamo sulle ginocchia e odoriamo le spalle e i capelli. Io non capisco bene, ma lo stronzone sta dicendo un sacco di cagate ed offre alle sgualdrinelle lo champagne della casa, in cambio di due carezzine e balliamo il lento, io con una dell'Estonia sussurrando romanticherie, poiché a tre centimetri ho il suo orecchio. Non capirà, !ma non può non ascoltare.
Ma non ci tratteniamo, ci siamo capiti al volo, pagare per queste qui, fredde come juke-box parlano con noi. Fuori, all'aria fresca è meglio, più bella la gente che cammina e tira tardi, i lampioni riflessi nell'acqua, i bar, gli alberi, più belle le siepi.
E' che siamo alticci, il mondo è gomma, l'aria è molle, uomini lucidi di gel, le donne per bene tirate a troie vanno avanti ed indietro per la Croisette. La gente è ridicola. e ce la godiamo come bambini: guarda che facce. Seduti su una panchina a piccoli sorsi continui. Poi Nick ha una visione che il baldraccone laggiù troppo alto è certo un transessuale, ora piacevoli ricordi illuminano le sue tempie di desiderio, che mi fa, niente di meglio da ubriachi: più bravi delle donne, tu immobile fanno tutto loro, amico credimi, ti fionda dalla spina dorsale al cranio il bene, che cosa? Che cosa?
Oh, no Nick, non ci siamo, che a venti metri con quei polpacci sembri una femmina. che siamo alticci va bene, ma poi, faccia a faccia. I pervertiti. Non è perversione, incalza il senior:
'That's Zen.'
Claudio Menni