Casola Valsenio maggio 2004
Da Olimpia ad oggi
Non sono mai stato un bambino cattivo e nemmeno molto vivace, ma con l’arrivo della primavera, segno tangibile dell’inizio della costruzione dei carri, il fascino e la magia di queste creazioni che nascevano dal nulla mi attirava come fosse la calamita più potente del mondo.
Impossibile non passare le giornate nel parcheggio dietro al municipio, ad ammirare il lavoro di mani spesso rubate veramente all’agricoltura, trasformarsi magicamente in tocchi di gesso e di genio.
Ed io sempre lì, con lo sguardo rivolto verso l’alto.
La mia attrazione ed ammirazione per queste strane costruzioni era fortunatamente condivisa con altri bambini, tanto che, nascosti furtivamente dentro il magazzino formaggi della latteria di Via Matteotti, insieme a Dudu e Capino, costruivamo i nostri primi carri in versione bonsai.
È la primavera del 1980, e il momento è propizio per creare un nuovo carro, tutto nostro.
Con un po’ di giovane e sana incoscienza, con i soliti furti di pezzi di legno e chiodi ricurvi, con le mani d’oro di Capino e la frenesia di Dudu, nato con il potere del ritmo e del tempo, e con la mia giovane passione per l’arte, riusciamo a costruire “Da Olimpia ad oggi”, un mini carro che affrontava il tema del possibile boicottaggio degli Stati Uniti alle Olimpiadi di Mosca, sulla ricerca dell’unione e della pace, spinta dalla forza e spiegata dal valore simbolico di grandi sculture dell’iconografia classica.
Solo col passare del tempo e con un briciolo di maturità in più, mi sono reso conto che quella creazione nata dall’istinto, dalla passione e dal cuore di tre ragazzini di 10 anni, avrebbe potuto onorevolmente sfilare nell’edizione della festa di quell’anno, ma questo privilegio era stato riservato solo alle generazioni precedenti alle nostre e per i carri dei bambini non vi era più lo spazio, già a quei tempi, per esistere.
Passano le stagioni, le creazioni dei carri si susseguono e le tecniche di costruzione si modificano rendendoli sempre più belli ed imponenti, e noi lì, protagonisti o antagonisti, ma fortunatamente complici di questo splendore Casolano.
Prendere parte alla realizzazione di un carro implica il doversi fare le ossa, e per uno come me, nato sotto il segno dell’ozio, la fortuna più grande è stata quella di trovare compagni di viaggio in grado di sopportarmi e di farsi carico delle mie scarse attitudini al lavoro lasciandomi il tempo di riempire i cassetti della mia memoria e della mia conoscenza di tutto quello che questa strana e incredibile forma d’Arte, tutta casolana, poteva darmi.
Gioie, dolori, sconfitte, dissapori, ulcere, rimpianti, gastriti, trionfi, infiniti pianti, ma assolutamente mai momenti che non mi abbiano lasciato almeno un ricordo per cui non ne fosse valsa la pena.
L’onore di fare parte della Nuova Società Peschiera.
La fortuna di trovare sempre nel mio cammino persone in grado di farmi scoprire le meraviglie di questo pianeta chiamato carro.
Vivere questa passione e condividerla con altri.
Suscitare un assurdo e profondo senso di invidia a persone che nemmeno ti conoscono.
Lo sgomento e la disperazione nel vedere sfilare per le vie del paese un carro che vomita tutto quello per cui noi abbiamo lottato, attaccati con le unghie a quel poco di vivo che ne rimaneva della festa.
Un senso di vuoto profondo in fondo allo stomaco.
All’improvviso la festa diventa un film in bianco e nero, ne percepisco solo la malinconia e il senso nostalgico del ricordo, lo sconforto di un amore che non tornerà più.
La scritta FINE, i titoli di coda e…
…scoprire che nella nostra società, diversamente da me, c’è chi ha ancora voglia di lottare.
Percepire la passione con cui Nicola, stimato compagno da sempre, si rigetta in un’altra avventura.
Continuare ad imparare da Jair a modellare le forme.
Il piacere di scherzare con “ Il Ragazzo ”, sentire la mancanza di una figlia da dare in sposa a Rontini e scoprire il senso di responsabilità di persone che avevo sottovalutato.
Imparare da Cristiano che a noi è concesso il privilegio per cui i sogni si possono anche macinare.
Un gruppo di amici che hanno ancora voglia di starmi a sopportare.
La soddisfazione mia e dei miei compagni la sera prima della sfilata.
Svegliarmi e avere come l’impressione che Hermes e Luisa siano in grado di ridare luce, colore e vita alla mia visione della festa.
Rubare dalla fantasia di Francesco, un piccolo unicorno, la magia di un bosco tempestato di diamanti.
E nel grigiore di questa giornata, uno squarcio di luce, illumina angeli che volano nel cielo.
Sentire pulsare nel sangue iniezioni di ricordi d’infanzia e riscoprire il piacere di vedere ancora i carri sfilare.
Ricevere i complimenti di Capino anche se fa parte di una società rivale, mentre Maestri di epoche diverse, mi mostrano il meglio delle proprie virtù.
Un messaggio al cellulare che porta scritto: “ Stupendo, il vostro carro è bellissimo” Dudu e famiglia.
Persone fiere di portare il numero 84 tatuato nella schiena.
Il cuore che batte.
L’abbraccio appassionato con Pascutti.
Un finale a lieto fine e la consapevolezza che il mio tempo per giocare con i carri è forse terminato.
Riconciliare il presente con il passato.
Scrivere il racconto di un amore che non verrà dimenticato.
Claudio Ricciardelli