Perchè un disco è un classico? Qualche filosofo risponderebbe che un classico è un sopravvissuto, nel senso darwiniano del termine. È il frutto di una selezione che ha scartato, scelto, abbandonato.
Nel nostro caso quindi il classico è un”qualcosa” che attraversa i tempi, le mode, i gusti del momento e si ripresenta sempre attuale, valido, veritiero, mai superficiale, inutile, mai da buttare.
Nessuno si farebbe troppi problemi a cestinare la discografia di Double You (Dj in voga nei Novanta) se non per lo scupolo che un giorno possa ritornare tremendamente di moda in quelle serate di revival (che a volte prendono la piega del nostalgico e a volte quello della pietà, ma è un altro discorso). Ma qualcuno getterebbe mai nel cassonetto della plastica gli album dei Led Zeppelin o dei Nirvana? Credo nessuno. Perchè?
Perchè un classico continua a parlarci, nonostante il trascorrere inesorabile del tempo, nonostante venga ascotato fuori dal suo contesto originario, nonostante sia stato analizzato dagli esperti, nonostante sia stato di moda, nonostante sia stato venduto in migliaia di migliaia di copie, nonostante lo abbia ascotato tuo fratello, o tuo cugino, o ancor perggio tuo babbo.
Il classico ci dimostra tutta la sua età ma non per questo si colloca male nel mondo contemporaneo.
Volendo The Velvet Underground & Nico può essere tranquillamente ascoltato senza sapere nulla di Lou Reed, di New York, di Andy Warhol e di tutta la controcultura americana degli anni Sessanta.
E lo stesso si può dire per assurdo per Never mind the bollocks dei Sex Pistols? Anche se non ho la più pallida idea di che cosa sia stato il punk o di che cosa abbia voluto dire il 1977 posso ascoltare Anarchy in the uk e rimanerne rapito allo stesso modo se avessi saputo tutto su Rotten , Vicoius e la Buring London.
Un classico inoltre è un sopravvissuto dell’odio che alcuni hanno provato nei suoi confronti.
The dark side of the moon ha oltrepassato la furia punk della fine degli anni settanta che giustamente voleva sbriciolare il barocco dei noiosissimi gruppi progressive. “Fu vera gloria?” Si chiedeva un illustre poeta italiano. È qui il gioco, la gloria del momento non corrisponde all’immortalità, la vetta nelle chart di mezzo mondo non è un’assicurazione contro la dimenticanza, contro la sparizione, contro il nulla. Spesso grandi dischi non hanno venduto milioni di copie, ma continuano ad essere citati da artisti, da riviste, continuano ad essere ascoltati e continuano a parlare agli ascoltatori che vengono propiettati nel regno della felicità (perchè la musica rende felici).
L’invito è quello di scavare alla ricerca dei classici, non necessariamente quelli di ieri, ma quelli di domani, comprate i dischi che vi accompagneranno nella vita e che non vi verrà mai il dubbio di cestinare. Saranno i classici dei vostri figli, nipoti, ecc...
Cosa ho ascoltato mentre scrivevo questo articolo? The queen is dead degli Smiths.
Un disco che non potete non avere in casa, il perchè ve lo spiego un’altra volta
Faccio un’invito a voi tutti lettori.
Raccontate un vostro classico, il disco che è sopravvissuto nella vostra memoria, che ciclicamente riascoltate senza stufarvi mai, che vorreste far conoscere al mondo.
Ciao

Riccardo Albonetti

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