“Entrano sottoterra, et di nuovo escono fuori il fiume Lico in Asia, Erasino in Argolica, il Tigri in Mesopotania. Et in Athene quelle cose che son messe nel fonte d'Esculapio riescono nel Falerico. Et in territorio d'Atina un fiume entra sottoterra e scorre venti miglia e di poi sbocca. Il medesimo fa il Timavo in quel d'Aquileia.” Plinio_Historia Naturale_libro II° cap. CIII
Cosi scriveva circa duemila anni fa Plinio nella sua grandiosa Historia Naturale. I fiumi sotterranei hanno da sempre attratto la fantasia e l'immaginazione degli uomini di ogni tempo e luogo. Dai fiumi infernali narrati da Dante a quelli incontrati da Simbad nei mari d'oriente fino a quello capace d'essere via per l'Eldorado nel racconto di Voltaire, l'idea che un fiume possa scorrere sotto un cielo di pietra attrraverso luoghi misteriosi, ha esercitato un fascino potente, capace di fondere in ugual misura attrazione e paura. Proprio il mistero del fiume Timavo che s'inabissa sotto il carso triestino è stato uno dei principali motori che hanno portato alla nascita della Speleologia all'inizio del 19° secolo. Dopo quasi due secoli di esplorazioni speleologiche, le grotte conosciute ed esplorate in Italia e nel mondo sono oggi decine di migliaia; in alcuni casi profonde oltre due chilometri o lunghe molte centinaia. Eppure, se oggi ci domandassimo quale sia e dove si trovi il fiume sotterraneo più grande del pianeta, quello capace di tuonare nel sottosuolo con la maggiore portata d'acqua, a questa semplice domanda ancora oggi non sapremmo rispondere. Anche nell'epoca dei gps e delle foto satellitari accessibili a tutti, la speleologia resta infatti uno spazio d'esplorazione reale dove andare in cerca di luoghi e fenomeni totalmente sconosciuti. Così mentre sappiamo bene dove si trovino le più alte montagne della Terra, poco o nulla sappiamo di dove siano e come siano fatti i più grandi fiumi sotterranei. Partendo da questa semplice constatazione la Società Speleologica Saknussem di Casola Valsenio, ed il Gruppo Speleologico Sacile hanno avviato da alcuni anni un progetto di ricerca denominato Onderaardsche Loop Project (Corso sotterraneo dalla sigla O.L. usata sulle antiche cartografie delle Indie olandesi per segnare quando un fiume scompariva misteriosamente nel sottosuolo). Il progetto, patrocinato dalla Società Speleologica Italiana e dal Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola è oggi alla sua terza spedizione ed è specificamente finalizzato ad individuare ed esplorare i maggiori fiumi sotterranei del pianeta, muovendosi di volta in volta su diverse zone carsiche. In questi primi tre anni le nostre ricerche si sono concentrate su alcune aree nell'estremità orientale dell'enorme arcipelago indonesiano.
Una fascia, quella compresa tra i tropici, che per i suoi caratteri ambientali, permette al fenomeno carsico di manifestarsi con dimensioni sconosciute in altri luoghi. Proprio in ragione della grandiosità di questi fenomeni carsici, vero e proprio geoheritage, abbiamo fin da subito avviato rapporti di collaborazione con il Ministero delle risorse minerarie ed il Ministero dell'ambiente dell'Indonesia, con lo specifico intento di collaborare ai processi di documentazione e candidatura di nuove zone quali Geoparchi sotto l'egida Unesco. Sono nate in questo modo le esplorazioni del fiume Sapalewa e del fiume Hanoea sull'isola di Seram nelle Molucche meridionali. Enormi corsi d'acqua in parte ipogei, con una portata media rispettivamente di circa 10 e 2 metri cubi al secondo. Grotte con ingressi e gallerie alte oltre cento metri, dove la storia geologica si fonde con quella degli uomini attraverso narrazioni e miti capaci di raccontare e intrecciare la nascita dei primi uomini con quella dei primi fiumi. Eppure ancora una volta, studiando la lista dei potenziali obbiettivi, i fenomeni più imponenti sembrano restare avvolti nel mistero, vere e proprie macchie bianche sulle mappe. E' cosi che quest'anno tra agosto e settembre, decidiamo di avviare una survey in Nuova Guinea, nella provincia indonesiana di West Papua. Quasi seguendo le tracce di Luigi Maria d'Alberis, l'esploratore italiano che sul finire del '800 documentò per primo la parte settentrionale di questa enorme isola, vogliamo verificare uno dei più significati tra gli obbiettivi che abbiamo identificato: il fiume Aouk. Localizzata nel centro della penisola testa d'uccello, vicino ai laghi di Aymaru l'area si contraddistingue per la presenza di estesi affioramenti di calcare; proseguendo verso nord, la fascia calcarea carsificata che attraversa longitudinalmente la regione poggia sul primo piede della montagne formando una barriera rispetto ai grandi fiumi che scendono verso sud. Proprio lungo questa fascia si trova a scorrere il fiume Aouk. L’analisi delle fotografie satellitari mostra come in questa zona il suo corso sia caratterizzato da profonde gole e da numerosi tratti sotterranei. Tratti che con un bacino idrografico di circa 600 km², in una zona con un indice di piovosità annuale di oltre 5 metri, portavano ad immaginare una grotta con un bilancio idrologico stimato in 47 metri cubi al secondo di media annuale. In questa prospettiva la zona, del tutto sconosciuta in bibliografia, si candidava quindi ad ospitare il più grande dei fiumi sotterranei ancora inesplorati del pianeta. Anche in questo caso, simili manifestazioni della Natura non sono passate inosservate, ma si sono intrecciate nella poetica e nella visione del mondo degli uomini. Per la mitologia dei Mejprat che abitano questa zona, il mondo è complicato e pieno di piani e luoghi strani attraverso cui transitare. Oltre ad un mondo di sopra esiste infatti un mondo di sotto, attraverso cui fluiscono energie ed entità, nonché sede di fantasmi. Un mondo che comunica con quello di sopra attraverso numerose aperture e grotte di cui il plateau di Ajamaru è pieno. La manifestazione più importante di questa visione del reale la si ha con credenza nel Wor n’su, ovvero in un reticolo di spazi sotterranei che unirebbe l’intera regione e attraverso cui la grande madre Tu'mane si muoverebbe insieme ai demoni delle acque. Il Wor n’su e le sue strade sono rappresentato sotto forma di simboli negli Ikat, i tessuti, sulle case e anche sui corpi degli iniziati: doppi diamanti, ruote da cui si dipartono raggi, reticoli di linee, tutti descrivono un mondo sotterraneo immenso capace di collegare rocce, grotte e acque. Confesso che mentre progettavamo una survey nella zona, ci piaceva pensare di andare a caccia di qualcosa del genere. Inoltre lo studio delle fotografie sembrava mostrarci l’esistenza di qualcosa di molto simile a quanto narrato. Come accade raramente, la realtà in questo caso si è mostrata superiore alle nostre fantasie. Il fiume Aouk, non solo ha confermato la nostra stima sulla sua portata, ma si è dimostrato anche ampiamente percorribile ed esplorabile, ovviamente a patto di saper giocare con i circa 50 cumecs di acqua che costantemente attraversano le sue gallerie. Nei pochi giorni a nostra disposizione, abbiamo cosi percorso e mappato circa 1.3 chilometri di quello che ha tutta l'aria di essere una grotta difficile e complessa, con enormi gallerie fossili capaci di trasportarti anche in grandi valli chiuse, o Tiankeng: le finestre del cielo, dalla parola cinese che meglio descrive questi fenomeni geologici. Con la sua incredibile massa d’acqua, il mondo sotterraneo creato e attraversato dall’Auok è un mondo a parte: le sue gallerie avvolte allo stesso tempo nell'oscurità e nel boato dell'acqua sono difficile da descrivere, uno spazio realmente capace d’incarnare immagini mitologiche, quasi via metafisica per un altra dimensione. Luogo mutevole come abbiamo imparato a nostre spese, capace di trasformarsi grazie all'arrivo di un bandjir, uno tsunami di fiume, in un vero infermo d'acqua. Un mondo che abbiamo appena iniziato ad esplorare e che sarà l’obbiettivo centrale di una prossima spedizione tra alcuni mesi. Eppure in questa nostra ricerca, quasi a prendersi gioco degli esploratori, l'ignoto sembra continuare a fuggirci proiettandosi in avanti. E' cosi che mentre attraversiamo le foreste di Papua sulla via di casa, scopriamo l'esistenza di qualcosa che non avevamo neanche immaginato. Il fiume Kladuk, ovvero il basso corso dell'Aouk, decide ancora una volta di scomparire sottoterra, creando qualcosa di totalmente inaspettato. Un fiume che con un bacino di oltre 2800 km² ed una portata medi di oltre 180 m³ è indubbiamente il più grande corso d'acqua sotterraneo del pianeta (Il fiume Tevere per confronto, alla foce ha una portata media di circa 230 metri cubi al secondo). Qualcosa la cui esistenza ci lascia semplicemente avvolti nella meraviglia. Qualcosa che ci lascia davanti alla perplessità di immaginare come riuscire ad esplorare questo incredibile drago d'acqua. Il Wor n’su attende i suoi esploratori!
Andrea Benassi Onderaardesche Loop Project