Abbiamo già avuto occasione di parlare sul nostro giornale dei lavori di restauro dell'Abbazia di Valsenio e delle sorprese “archeologiche” che questi hanno riservato. Succede spesso, quando si va a scavare in luoghi ricchi di storia, ma in questo caso sembra davvero che si sia andati oltre ogni aspettativa. Avremo ancora occasione di riparlarne, perché i lavori di scavo sono finiti, ma gli archeologi sono ora impegnati nell'operazione successiva, non meno importante e ardua, cioè dare un ordine, un “senso”, dipanare le trame che legano gli oggetti e gli ambienti rinvenuti. Attendiamo quindi i risultati di questi studi con la curiosità, profana ma intensa, di chi ha sempre avvertito il fascino di quel luogo e ora sa che presto parte di quel fascino verrà “spiegato” ma non diminuito dall'intervento della scienza. Attendiamo cioè non solo l'inaugurazione della “nuova” Abbazia, ma anche il convegno che sicuramente l'accompagnerà per presentare non solo ai cittadini, ma alla comunità scientifica tutta, i risultati di un lavoro che ha trasceso e superato di gran lunga il progetto iniziale. Fin da ora però i lavori svolti a Valsenio hanno ridestato l'interesse per la storia casolana in diversi modi e disparate occasioni.

Sabato 14 settembre infatti, nella sala Biagi Nolasco della biblioteca comunale di Casola, l'architetto Roberto Pistolesi, che del cantiere di Valsenio è direttore del lavori, ha mostrato ai casolani risultanze e scoperte di tre anni abbondanti di scavi, restauri, ricostruzioni. Una relazione che ha ancora più acceso l'interesse per quello che sarà il “prodotto finito”, cioè la nuova veste dell'Abbazia, di cui è stata mostrata un'anticipazione virtuale.Un prodotto che promette di essere pienamente soddisfacente e che incorporerà presente e passato, con la possibilità di vedere e visitare alcune delle parti più antiche rinvenute, in particolare la cripta sotterranea che era con tutta probabilità (ma, ripeto, i risultati scientifici sono ancora in via di elaborazione) una chiesa anteriore a quella attuale.

L'occasione per presentare lo stato dell'arte dei lavori dell'Abbazia è stata il convegno Dalla spada alla regola: etruschi celti e benedettini nella piana di Valsenio, organizzato, con il patrocinio del Comune di Casola, dalla Consorteria dei Ceroni. Proprio il presidente della Consorteria Pier Giacomo Rinaldi Ceroni ha aperto i lavori, introducendo il nostro direttore, Riccardo Albonetti (“Lo Spekkietto” ha contribuito alla promozione del convegno, ci fa piacere ricordarlo) che si è fatto portavoce della proposta di creare una raccolta di documenti antichi che riguardano Casola. La necessità di un'operazione del genere la si è registrata anche durante lo stesso convegno dal momento che Valerio Brunetti, responsabile del Museo Civico di Castelbolognese, ha più volte sottolineato la difficoltà di recuperare documenti o oggetti rinvenuti nelle nostre zone e dispersi in vari musei o biblioteche, spesso, ahimè, dimenticati in sotterranei, non catalogati, esposti alla consunzione del tempo che passa. Proprio per questo la proposta va presa sul serio e studiata nella sua fattibilità, senza facilonerie e improvvisazioni, perché quello dell'archivista è mestiere impegnativo e un archivio, se non gestito con professionalità, diventa solo un'accozzaglia di inutili oggetti.

E i ritrovamenti di oggetti antichi – molti risalenti alla prima età imperiale romana, altri etruschi, alcuni addirittura di età greca e databili a 5° secolo avanti Cristo – nella zona di Valsenio sono stati non solo numerosi ma anche interessanti e di valore, come lo stesso Brunetti ha avuto modo di illustrare nella sua comunicazione intitolata Ritrovamenti archeologici etruschi, celti, romani nella piana di Valsenio (1940-60). Una relazione resa ancora più interessante dall'attenzione rivolta agli elementi spaziali, della conformazione del territorio, aspetto mai da dimenticare dal momento che i manufatti dell'uomo nascono in relazione alle caratteristiche dell'ambiente e allo stesso tempo intervengono a modificare e orientare lo spazio in cui vengono calati. E qui entra in gioco l'Abbazia che ebbe a lungo questa funzione, pur se – dettaglio precisato da Brunetti – con caratteristiche diverse da una Parrocchia. Il luogo monastico era infatti luogo chiuso, non aperto alla popolazione, centro di preghiera più che di “cristianizzazione” della popolazione. Ma con questi argomenti – che qui semplifichiamo per necessità editoriale, chiedendo scusa a chi li ha dettagliatamente esposti e motivati – abbiamo già sconfinato nell'intervento che ha chiuso il convegno, in cui Glauco Cantarella, docente di Storia Medioevale all'Università di Bologna, ha esposto alcune, interessanti note relative al monachesimo nella provincia ecclesiastica di Ravenna. La storia dell'Abbazia è stata così inserita in un più ampio contesto, fatto di grandi personalità monastiche – San Romualdo, San Pier Damiani – e conflitti sociali e politici in cui potere temporale e potere secolare si intrecciavano in maniera inestricabile e Papi e re si spartivano zone di influenza e favori. Una storia che non è certo tutta da scrivere, ma che, lo ha più volte ribadito Cantarella, è stata negli ultimi 15 anni approfondita, arricchita e ri-orientata da nuovi studi promossi soprattutto dai padri camaldolesi e che sono tutt'ora in corso. Una storia in cui, per l'ennesima volta, emerge l'importanza del controllo del territorio, non solo in senso politico ma anche in senso concretamente fisico. E di questo spie importanti sono i toponimi, fossili linguistici del passaggio di popoli e personaggi, come dimostrato da un breve, affascinante inciso con cui Andrea Padovani, che presiedeva il convegno e che presso l'Università di Bologna insegna Storia del Diritto, ha riassunto i motivi per cui a lungo si è creduto – e lo hanno creduto illustri scienziati – che nella zona di Borgo Rivola in epoca antica il Senio formasse un lago. Motivi che rinuncio qui a riassumere ulteriormente, per evitare il rischio di trasformare l'impeccabile trattazione di Padovani in un incomprensibile guazzabuglio di termini, eventi e date. D'altra parte chi è curioso di sapere di più potrà chiederlo in una prossima, speriamo vicina, occasione, allo stesso Padovani, amico di Casola che ricordiamo spesso insieme al compianto don Menetti, che della passione per la storia casolana è stato messaggero e col cui ricordo ci sembra giusto che si sia chiuso il convegno e che si chiudano queste nostre scarne note.

Michele Righini

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